Considerata soprattutto in rapporto all'ordine, la politica positiva non avrà mai bisogno, senza dubbio, d'alcuna apologia diretta, per chiunque avrà sufficientemente valutato, in base alle parti precedenti di questo trattato, quale è, a tale riguardo, la tendenza necessaria d'una simile filosofia, a qualunque categoria d'idee essa si applichi. La scienza reale, considerata dal punto di vista più elevato non ha, infatti, altro scopo generale che stabilire e fortificare incessantemente l'ordine intellettuale che, non lo si rammenta mai abbastanza, è la prima base indispensabile di ogni altro vero ordine. Sebbene non sia qui il luogo conveniente per trattare direttamente questa questione fondamentale, riservata ad un ulteriore momento, non posso astenermi dall'indicare quanto il disordine ripugni profondamente allo spirito scientifico propriamente detto, il quale gli è certamente molto più contrario, per sua natura, dello stesso spirito teologico, come sanno oggi tutti coloro che hanno un po' approfondito l'una e l'altra filosofia. Per quanto riguarda le idee politiche, l'esperienza ha ormai sufficientemente provato che soltanto il metodo positivo La
politica positiva è certamente la sola capace di frenare convenientemente
lo spirito rivoluzionario, poiché essa sola può, senza debolezze
ed incoerenze, rendergli un'esatta giustizia, e circoscrivere razionalmente
entro i suoi veri limiti generali la sua indispensabile influenza. Fintanto
che questo spirito non è attaccato, come si vede oggi, che in maniera
essenzialmente assoluta, sotto l'ispirazione della Filosofia reazionaria,
con la quale la politica stazionaria, priva di ogni principio proprio,
coincide allora necessariamente, esso resiste spontaneamente a queste vane
recriminazioni che, per quanto legittimo possa esserne il fondamento parziale,
non potrebbero neutralizzare l'irresistibile bisogno che prova ora la nostra
intelligenza di ricorrere a questa energica spinta, secondo la teoria precedentemente
stabilita. Ma non può più essere così quando la nuova
filosofia, pur manifestando il suo carattere eminentemente organico, si
mostrerà spontaneamente ancora più idonea della filosofia
rivoluzionaria stessa a sbarazzare finalmente la società da ogni
qualsiasi traccia dell'antico sistema politico. Soltanto allora la tendenza
anarchica dei princìpi puramente rivoluzionari potrà essere
direttamente combattuta, nel nome stesso della rivoluzione generale, con
un successo veramente decisivo, che finirà per determinare gradualmente
l'intero assorbimento della dottrina rivoluzionaria attuale, il cui principale
compito politico sarà ormai meglio espletato dalla filosofia positiva.
(pp.
141-143, I vol.) […].
Dovevo
qui preoccuparmi di segnalare soprattutto, essendo più frequentemente
misconosciuta, questa proprietà fondamentale della politica positiva
di potere essa sola oggi sviluppare spontaneamente, con una energica e
feconda efficacia, il sentimento fondamentale dell'ordine, sia pubblico,
sia anche privato, che lo stato presente dello spirito umano abbandona
necessariamente alla difettosa ed insufficiente protezione della politica
stazionaria e di quella reazionaria, in questo senso identiche. Relativamente
al progresso, l'attitudine, molto meno contestata, di una simile filosofia
non esige, in questo momento, spiegazioni così estese. Poiché,
a qualunque soggetto si applichi, lo spirito positivo si mostra sempre,
per sua natura, direttamente progressivo, essendo incessantemente occupato
ad accrescere il cumulo delle conoscenze ed a perfezionarne il legame:
così gli esempi usuali d'incontestabile progresso sono soprattutto
presi oggi dalle diverse scienze positive. Dal punto di vista sociale,
l'idea razionale del progresso, quale si comincia a concepirla, cioè
di sviluppo continuo, con tendenza inevitabile e permanente verso uno scopo
determinato, deve essere certamente attribuita, come avrò occasione
di spiegare specialmente nella lezione seguente, all'influenza inosservata
della filosofia positiva. Infatti essa è la sola capace di togliere
irrevocabilmente questa grande nozione dallo stato vago e fluttuante nel
quale si trova ancora, assegnando nettamente lo scopo necessario del progresso
e il suo vero cammino generale. Sebbene il primo passo in avanti del senso
del progresso sociale sia certamente dovuto in parte al cristianesimo,
in virtù della sua solenne proclamazione d'una superiorità
fondamentale della legge nuova sulla vecchia, è nondimeno evidente
che la politica teologica, procedendo da un tipo immutabile, del quale
soltanto un passato ormai lontano offre la sufficiente realizzazione, deve
essere oggi considerata come radicalmente incompatibile con ogni vera idea
di progresso continuo, e manifesta; al contrario, come ho già mostrato,
un carattere profondamente retrogrado. La politica metafisica, dogmaticamente
considerata, presenterebbe, in un grado quasi altrettanto pronunciato,
per gli stessi motivi essenziali, un'analoga incompatibilità, se
la coesione molto inferiore delle sue dottrine non la rendesse ben più
accessibile allo spirito generale del nostro tempo. Si può rilevare
infatti che le idee di progresso non hanno veramente cominciato a preoccupare
vivamente la ragione pubblica che da quando la metafisica rivoluzionaria
ha perduto il suo primitivo ascendente. È dunque essenzialmente
alla politica positiva che è ormai riservato lo sviluppo generale
dell'istinto progressivo, come quello dell'istinto organico. (pp. 147-148,
I vol)[…].
Oltre
alla comune partecipazione fondamentale di tutte le diverse classi della
società all'anarchia intellettuale e morale che caratterizza così
profondamente la nostra epoca, ognuna di esse ha anche la sua maniera di
manifestare più particolarmente le proprie tendenze anarchiche.
È ciò che fanno innanzitutto gli scienziati di oggi con gli
inutili conflitti quotidiani che sorgono tra di loro a proposito delle
rispettive attribuzioni, ogni volta che una stessa questione, che interessi
contemporaneamente più branche principali della filosofia naturale,
solleva dibattiti senza soluzione, che testimoniano chiaramente l'assenza
di ogni vera disciplina scientifica. Qualunque sia l'importanza molto significativa
di questa prima considerazione, l'anarchia scientifica si rivela oggi tuttavia,
in maniera ben più caratteristica e pericolosa, con l'unanime avversione
dei nostri scienziati contro ogni sorta di generalizzazioni, con la loro
esclusiva predilezione, dannosamente presa a sistema, per le specializzazioni
sempre più particolari. Non è questo il luogo adatto a porre
in modo appropriato la grande questione filosofica della vera armonia fondamentale
che deve regnare tra lo spirito del generale e quello del particolare,
e la cui esatta valutazione non può costituire che una delle principali
conclusioni finali di questo trattato. Nell'analisi storica dello sviluppo
intellettuale avremo ben presto occasione di valutare più direttamente
lo specioso paradosso, gradualmente elaborato durante gli ultimi due secoli,
che permette oggi a tanti spiriti mediocri di farsi anche un facile merito
scientifico dell'eccessiva restrizione delle loro occupazioni quotidiane,
in nome di quella strana organizzazione del lavoro, incidentalmente segnalata
nel secondo volume, la quale stabilisce minuziosamente i quadri rispettivi
delle minime specializzazioni, senza lasciare alcun posto determinato allo
studio dei rapporti generali, essenzialmente abbandonato alle digressioni
accidentali dei diversi scienziati, che le coltiverebbero, a titolo di
passatempo, senza alcuna preparazione adatta. Diventerà di conseguenza
incontestabile che questo preteso principio costituisce un'irrazionale
sistematizzazione metafisica, tendente a consacrare, come assoluta e indefinita,
la situazione transitoria della nostra intelligenza durante il primo stadio
della filosofia positiva, in cui lo spirito del particolare dovrebbe, in
effetti, necessariamente regnare, fino a quando la positività non
fosse successivamente penetrata in tutti gli ordini di fenomeni naturali,
condizione ormai sufficientemente adempiuta. Comunque sia, devo qui indicare
con esattezza, a questo riguardo, solo la semplice considerazione politica,
che impone, con tanta evidenza, l'indispensabile obbligo d'una completa
generalizzazione ad ogni filosofia che aspiri realmente al governo morale
dell'umanità. È per questa unica qualità, come ho
detto, già spesso, che la filosofia teologica e la metafisica, nonostante
l'insufficienza e la decrepitezza incontestabile, prolungano ancora la
loro inutile supremazia politica. Fintanto che la filosofia positiva non
adempirà convenientemente questa condizione fondamentale, non potrebbe
uscire dal suo stato presente di subalternità politica. (pp.
157-159, I vol)[…].
I più sdegnosi uomini di Stato non potrebbero mettere in dubbio che la teoria che tentiamo di costruire direttamente sia veramente suscettibile di una grande utilità pratica, poiché è ora dimostrato che il bisogno fondamentale delle società attuali è, per sua natura, eminentemente teorico, e che, di conseguenza, la riorganizzazione intellettuale, e perciò morale, deve necessariamente precedere e dirigere la riorganizzazione politica propriamente detta. (pp. 161-162, I vol). |