Le veglie

In autunno e in inverno, a semine ultimate, il contadino si riposava e partecipava ad incontri serali, in cui poteva finalmente conversare e giocare nella sua casa o in quella dei vicini. L'ambiente in cui avvenivano gli incontri serali, in pianura era la stalla calda dei bovini, in collina la cucina con il camino acceso. Nelle sere della domenica o degli altri giorni festivi, gli uomini smettevano di intrecciare vimini o vinchi per cesti o fiaschi spagliati e sedevano a tavola per giocare a tressette o marafone. Quest'ultimo, che si chiama anche becaccino, è un gioco romagnolo diffuso nella valle del Savio da circa 50 anni, infatti sarebbe comparso a Sarsina e dintorni durante l'ultima guerra. Nelle osterie e nelle locande in palio si metteva la consumazione, nelle veglie il vino era offerto gratis dal padrone di casa e chi perdeva doveva pagare castagne, lupini o "brustolini" (semi di zucca).

Dopo l'immancabile rosario recitato in fretta, le donne sferruzzavano, filavano la lana o la canapa, divertendosi con storielle curiose, indovinelli, scioglilingua o barzelette.

L'azdora, quando portava in tavola il vino, controllava sempre che il bicchiere non fosse sbeccato, non servire mai l'acqua prima del vino e si preoccupava di colmare sempre il bicchiere.

Un consiglio era:  "Se offri Sangiovese per far bella figura bicchiere sottile e bottiglia scura"

Durante le veglie i piccoli si addormentavano sulle sedie e i ragazzi cercavano lo sguardo delle ragazze fino a che non nasceva l'amore.