IL GRANDE TORINO SUL CAMPO
Il "sistema" fu interpretato dal Grande Torino
in una maniera assolutamente nuova ed originale: in realtˆ il 3-4-3 si
tramutava spesso in un 4-4-2, con Grezar (mediano destro) che arretrava a dare
manforte alla difesa. Aldo Ballarin e Rigamonti giocavano fissi in difesa, il
primo come terzino destro ma spesso accentrandosi, il secondo nel ruolo di
stopper. Maroso partiva largo sulla fascia destra per proiettarsi in lunghe
discese, interpretando a meraviglia un ruolo di terzino fluidificante ante
litteram.
Castigliano e Loik si scambiavano spesso di
posizione, e oltre ad essere straordinari goleador, si occupavano dei
costruttori di gioco avversari in un efficace azione di contenimento. Questo
continuo scambiarsi di posizione, sia in termini di lato di gioco, che in
profonditˆ, portava gli avversari a confondersi, non essendo mai chiaro chi di
loro due fosse la mezzala e quale il mediano.
Dalla linea dei centrocampisti partiva
Ossola (e prima di lui Ferraris II) per lanciarsi in sgroppate sulla fascia
sinistra, in qualitˆ di uomo assist con i suoi cross pennellati, non
disdegnando il tiro.
Valentino Mazzola era ufficialmente una
mezzala, ma nel suo gioco a tutto campo era assolutamente imprevedibile e
fondamentalmente interpretava lui il ruolo di centrhalf, facendo ripartire le
azioni dalla propria area e seminando avversari per strada, aprendo i varchi
per gli attaccanti e realizzando egli stesso una valanga di goal.
Gabetto e Menti stazionavano fissi in
attacco: il primo, centravanti, svariava su tutto il fronte d'attacco per fare
spazio agli inserimenti di Mazzola, Loik e Castigliano; Menti svariava dalla fascia
destra fino a centrocampo, per coprire le avanzate di Loik e Mazzola.
Strateghi di questa tattica rivoluzionaria
furono inizialmente Roberto Copernico e Luigi Ferrero; giunse alla perfezione
con Egri Erbstein e Leslie Lievesley, rispettivamente direttore tecnico e
allenatore del Toro, che caddero a Superga insieme ai loro campioni.