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Adesso voglio invitarvi a scoprire passo per passo i brividi, le sensazioni e le difficoltà che un atleta deve superare durante una gara.

Dopo aver fatto la ricognizione conosciamo la pista a memoria, malgrado questo ci troviamo in partenza con la tensione che sale sempre di più. Mentre ascoltiamo le ultime informazioni via radio dateci dagli allenatori in pista, ci avviciniamo alla piazzola del tecnico degli attacchi, dove lo skiman ha già appoggiato i nostri sci da gara, per infilarli e regolarli con la dovuta precisione.

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Veniamo chiamati in partenza perché tocca a noi. Stringiamo gli scarponi e il "biip" dell’orologio ci segnala già i dieci secondi alla partenza. In questo momento la tensione sparisce e iniziamo a tirar fuori la cattiveria. Appoggiamo i bastoni fuori dal cancelletto e con solo due o tre spinte (perché la partenza è subito molto ripida) dobbiamo affrontare due leggeri cambi di direzione, prima verso destra poi sinistra, per portarci fino a sfiorare la rete di protezione sulla nostra sinistra. Qui la velocità è già molto alta e dobbiamo affrontare un lungo curvone verso destra, nel quale da metà in poi la velocità ci fa perdere l’aderenza fino a raggiungere la compressione che affrontiamo già ai 130 all’ora e veniamo schiacciati energicamente verso il suolo. L’uscita da questo curvone è determinante per portar fuori il massimo della velocità sul successivo primo tratto pianeggiante. Cercando la massima scorrevolezza ci avviciniamo al primo salto, consapevoli di avventurarci in un volo di quasi 60 m.

All’atterraggio ci troviamo nel "Gran mur", davanti a quattro leggeri cambi di direzione, che affrontiamo in posizione e con la massima sensibilità dei piedi cerchiamo di tenere alta la velocità. Dopo di che ci troviamo davanti alla famosa "Bosse Collombin", un salto molto pericoloso temuto da tutti gli atleti specialmente in condizioni di vento: il suo nome è dedicato appunto a Roland Collombin, che in questo punto cadde per tre volte in modo così rovinoso da vedersi costretto a chiudere la carriera. Oggi questo salto è stato addolcito ed anche evitato il più possibile dagli organizzatori per via delle numerose spettacolari cadute verificatesi negli ultimi anni. Con l’atterraggio del salto, su una specie di rampa di lancio veniamo proiettati verso la parte più pianeggiante della pista. Dopo circa 10 – 15 secondi ci troviamo davanti alla "Curva del Telefono", una curva verso sinistra che può far perdere decimi preziosi perché la velocità è bassa, la curva è molto chiusa ed inoltre all’uscita c‘è il "Salto del Telefono" da affrontare. In questa curva cerchiamo di stare molto leggeri e sfruttare la sciancatura dello sci per poterla finire al più presto e prepararci per il salto, che ci butta per una trentina di metri, e durante il quale siamo costretti ad invertire in volo verso destra. L’atterraggio è all‘ombra e da qui in poi la velocità aumento rapidamente. Dopo un destra – sinistra rapido chiamato "Carrousel" ci portiamo con un lungo curvone verso destra nella diagonale che porta al secondo intermedio.

Superate le due onde, che danno sempre molto fastidio, attacchiamo con grande velocità e precisione verso sinistra la "S" che porta al salto del tunnel, detto anche "La Bosse Emile". Prendendo solo un po' di spazio da dietro lo affrontiamo in piena pur sapendo di rischiare molto, dal momento che all’atterraggio la rete sulla destra è molto vicina. Dopo questo salto di 40 metri circa ci lanciamo con velocità sempre più alta verso la famosa e temuta compressione. Qui le cose si complicano per chi ha delle carenze tecniche, perché la velocità è molto alta (130 Km/h) e dobbiamo affrontare in brevissimo tempo una compressione, una curva e di seguito una grande perdita di aderenza, il tutto farcito con poca visibilità perché ci troviamo in piena ombra.

Chi è in grado di eseguire una serie di movimenti con il giusto tempismo riesce ad uscire stretto da questa compressione, e può cambiare subito verso destra portandosi dietro tutta la velocità verso lo "schuss" d’arrivo. Da qui ci facciamo portare ben raccolti, ma stando attenti al terreno mosso, fino all’arrivo.

Dopo quasi due minuti dalla nostra partenza siamo di nuovo fermi all’arrivo; fissiamo subito il tabellone sperando di vedere il nostro nome al primo posto.

Indipendentemente dal risultato, la nostra discesa ci ha lasciato tante bellissime sensazioni che spero di essere riuscito a trasmettere anche a voi, cosicché possiate sentirvi più partecipi mentre tifate per i nostri discesisti ammirandoli alla TV.  

Werner Perathoner

 

 

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