Nacqui una domenica di maggio, a mezzogiorno, lasciando tutti digiuni per il gran caos e per l’allegria di essere nato maschietto – come desideravano mamma e papà – dopo due femminucce.

Vissi come può vivere un bambino viziato da mamma , ammalata di cuore, e da papà altezzoso di avere avuto, finalmente, il figlio maschio; non mi dilungo a raccontare la gioia delle mie sorelle che avevano avuto il fratellino tanto agognato. Pur nella preparazione alla guerra e quindi nella magrezza delle possibilità economiche non posso lamentarmi della prima infanzia. Si faceva di tutto perché niente mi mancasse , considerando i duri tempi del quaranta-quarantasei per non parlare dell’oltre!

Le prime bombe le udii a quattro anni quando, bambino curioso, svincolandomi dall’abbraccio di mamma malata uscii per vedere dove andavano quegli aerei di cui si udiva il rumore. Bombardavano Sinopoli anzi “ a Bumbardara” ossia una località posta a circa un chilometro da San Procopio – mio paese natale – dove viveva la mia famiglia.

I miei veri guai cominciarono all’eta di sei anni – ossia – quando il cuore ormai debole di mia mamma non resse più( allora non c’erano i trapianti o i pacemaker) e il Signore la volle con se.

Fu per me una mancanza incolmabile anche se l’età e i vari parenti con nonni, zii, cugini e chi più ne ha più ne metta, facevano di tutto per consolare un povero orfanello.

Ma i veri guai cominciarono due o tre anni dopo quando mio padre, ancora giovane, decise di risposarsi……

Ma… scusate se mi sono lasciato prendere la mano, il mio intento era quello di raccontarvi un ricordo della mia fanciullezza e non di riassumervi la mia vita ( cosa che si potrà leggere sul libro in procinto di pubblicazione dal titolo “ Vita di un diseredato” o nelle poesie, anch’esse in procinto di pubblicazione, “ Mimmo Panuccio – POESIE”.

Cercherò di riassumervi – il racconto originale comprende quindici pagine – l’episodio a cui ho assistito a cinque anni.

( RICORDO D’INFANZIA) – Riassunto di riassunto -

Eravamo “sfollati” in località “Sevina” perché in paese era pericolosissimo abitarci in quanto si trovavano accampate le milizie tedesche e gli americani  - venuti a liberarci  - ben conoscevano le loro posizioni, quindi c’era pericolo di bombardamenti. La Sevina è un fiume sormontato da un ponte in cemento (ora sdarrupatu) con le stradine che la collegano a Cosoleto, a San Procopio e paesi limitrofi: ottimo posto, quindi per soggiornarvi. L’acqua, allora, era buona, la legna per il fuocherello si trovava e la casa era in mattoni grossi. Eravamo, dicevo, sfollati “ a sevina” quando un bel mattino arriva mio padre –che allora faceva servizio militare in un paesino vicino Paola.

Io, ovviamente, dormivo quando il bacio di papà mi svegliò: aveva in mano un regaluccio – credo fosse un pupazzetto di stoffa comprato in chissà quale mercatino rionale. Dico credo perchè aveva l’aspetto di un grossissimo batuffolo di cotone con cui si era  levato il sudiciume dai piedi non lavati da un mese– sfido chiunque a trovare altra definizione: l’aveva portato in tasca da Paola dormendoci sopra quando poteva dormire e inzuppandolo di acqua piovana mentre camminava sotto la pioggia per godere la brevissima licenza con noi figli e con mia madre. La mia gioia fu immensa sia per il regalo che per la presenza di mio padre che ancora una volta ( lo faceva quando poteva) aveva affrontato mille pericoli e peripezie per passare qualche ora con i familiari.

La mia gioia ebbe breve durata, ero in braccio a mio padre quando una gragnola di bombe scoppiò a breve distanza dalla nostra casa: Mio padre ci condusse, anzi ci portò di peso, in un posticino sotto un’architrave e scappò fuori per rendersi conto di quanto stesse succedendo.

Dopo circa dieci minuti rientrò tenendo in braccio una bambina col il volto pieno di sangue e tenendo sottobraccio un uomo che aveva un braccio maciullato da una scheggia di legno di una trave della casa dove abitavano: fu un via vai di mia madre e delle mie sorelle a trovare pezze ( leggi striscie di lenzuolo) e alcool – di cui eravamo forniti – per tamponare e lavare il braccio di quel poveretto e lavare il viso della bambina.

Io ero esterrefatto, arrivò anche una donna che vedendomi pronto a scoppiare in lacrime mi prese in braccio e mi consegnò a mia madre a cui diede il cambio nel da fare. La sicurezza delle braccia di mia madre mi fecero passare il terrore e scoppiai in un pianto liberatorio.

Mio padre che aveva finito di aiutare a pulire il sangue mi prese a sua volta in braccio e mi fece vedere che la bambina stava bene anche se piagnucolava ( cosa che cessò quando col permesso di mio padre le regalai il pupazzo di stoffa) - si era macchiata di sangue strusciandosi contro il braccio del nonno – il nonno ( l’uomo dal braccio ferito) a sua volta aveva riportato una seria ferita al braccio destro che era stato ben bene ripulito, disinfettato e fasciato a dovere: la brutta avventura sembrava dovesse avere un lieto fine.

Il lieto fine fu invece, per me, che mia madre trovò un bel pollo casereccio e invitò i due nonni e nipotina a pranzare con noi per festeggiare lo scampato pericolo e la venuta di mio padre che a sera sarebbe dovuto ripartire per fare la guerra e chissà se sarebbe ritornato – il padre della bambina non è più ritornato -.

Pensierino finale per tutti e in specie per i giovani: la guerra è una cosa seria!

  Mimmo Panuccio