Chiesa ortodossa.

Inni e tropari liturgici per valicare il terrestre

Presentazione della confessione greco ortodossa da parte di Thomas Theologau

Presentazione della confessione serbo ortodossa da parte di Vladimir Soso

STORIA LONTANA DELLA CRISTIANIZZAZIONE

I Serbi, nei tempi in cui arrivarono sulla penisola balcanica, erano pagani insieme alle altre tribù slave. Era il VI secolo dopo Cristo. Della loro vecchia religione dell'epoca si conosce molto poco. Della primitiva adorazione della natura e dei diversi dei, rimangono pochissimi monumenti storici. Le fonti affermano che lo sradicamento della religione e il passaggio al cristianesimo era piuttosto difficile e lungo nel tempo. A mo' di curiosità: i morti venivano arsi e si credeva nell'immortalità dell'anima; le mogli spesso si facevano sacrificare dopo la morte del marito. Bisogna dire che gli elementi della religione pagana sono sopravvissuti, trasformati dal Cristianesimo, ancora oggi e sono presenti in tante ricorrenze. Ne sono ricche le feste di Natale e di Pasqua, ma soprattutto una particolare celebrazione familiare ed ecclesiastica, che distingue il popolo serbo anche dagli altri ortodossi, la "slava". È la festa che viene tramandata dal padre al figlio. Ogni famiglia ha il proprio santo protettore che nei giorni della sua ricorrenza viene celebrato con delle usanze e costumi che rappresentano l'arca di tesoro dell'etnologia serba. La cristianizzazione avveniva gradualmente nell'ambito dello stesso processo con tutti i popoli slavi nei Balcani. L'ambiente che trovarono al loro arrivo era già cristianizzato. All'inizio erano le singole persone ad entrare nella cultura cristiana, poiché pochi venivano a conoscere il latino e a capire i libri ecclesiastici. Altrettanto il processo era più rapido vicino alle città, soprattutto quelle affacciate al mare Adriatico con la cultura latina. Ci sono due testimonianze della cristianizzazione "ufficiale" dei serbi. La prima è degli anni 6l0-64l e di un'altra ripresa ci sono i documenti degli anni 867-886. I tempi sono quelli dell'ormai imminente divisione della Chiesa e l'area geografica ne sarà fortemente segnata. Le influenze culturali provengono da ambedue i centri, più forte in questa prima fase è quella occidentale. Il buon successo della seconda ripresa di cristianizzazione era dovuto in buona parte al lavoro dei due fratelli santi Cirillo e Metodio, che costruirono l'alfabeto slavo e tradussero la Sacra Bibbia e altri testi cristiani. Si succedono diversi avvicendamenti: una ritrovata coesione nel Cristianesimo tra i popoli slavi nei Balcani, dopo il lavoro dei due fratelli; la nascita del primo Stato serbo nel IX secolo; l'allontanamento politico e culturale da Roma verso Romea (questo è il nome ufficiale di Bisanzio) e si arriva al periodo medioevale più importante, quello della dinastia dei Nemanja. Santo Stefano I Nemanja, principe di Serbia, da monaco - Simeone mirroblita, era nato nel 1113. Durante il suo governo riuscì a raccogliere tante regioni abitate dai serbi in un grande, e per l'epoca moderno, Stato. Fondò la dinastia che nei tre secoli, fino alla sottomissione ai turchi, aveva posto le basi di quello che è l'autentica cultura serba e che molto più tardi risorgerà, dopo le guerre di liberazione, nello stato e nel popolo moderno serbo. Durante questo periodo il Cristianesimo e la Chiesa si erano sviluppati in modo da poter sopravvivere sotto i cinque secoli dell'occupazione musulmana. Il figlio di Nemanja, Santo Sava (corrisponde nel nome a San Sabba) era il primo arcivescovo della Chiesa autocefala serba, che riuscì ad ottenere l'autonomia dalla Chiesa di Constantinopoli. L'autonomia è intesa nel senso amministrativo, poiché la Chiesa ortodossa dogmaticamente è una. Il contributo di Santo Sava allo sviluppo della Chiesa e al suo radicamento nel popolo è tale che si usa indicare la Chiesa come "Svetosavska Srpska Crkva" - la Chiesa serba di San Sava.

ORTODOSSO

La parola, di origine greca, letteralmente vuol dire "della retta fede". Nella lingua serba lo stesso significato è dato dall'espressione "pravoslavna". La Chiesa orientale si era assunta questa distinzione dopo l'infelice e reciproco scisma con la Chiesa cattolica romana dell'XI secolo. Succedeva che la Chiesa di Roma, durante il tempo, introduceva delle novità nel dogma. Il credo della Chiesa orientale è che la fede era più pura e più forte, più vicini si era alla sua origine nel tempo e per questo non volle né introdurre le novità né togliere niente nel credo e nel dogma durante i secoli. Ancora più in fondo di questo atteggiamento c'è il credo che Dio, l'assoluto, non viene alterato col tempo nonostante il cammino storico dell'umanità. Il riferimento, in questa materia, è necessariamente alla Chiesa cattolica romana che, complessivamente, è la meglio conosciuta da tutti ed è anche la più vicina all'ortodossa. Le cose introdotte e che quindi oggi fanno la differenza, sono complessivamente poche rispetto a tutto il dogma e comunque per un semplice credente neanche percettibili. Per esempio il famoso "Filioque" o l'Immacolata concezione della stessa Maria Vergine, introdotti dalla Chiesa romana, sembrano gli aghi nel pagliaio quando tante altre cose sono uguali. Per esempio tutti i santi Sacramenti di fatto sono uguali tra le due Chiese. Le differenze ci sono invece nell'organizzazione mondiale, dove la Chiesa cattolica ha nella persona del Papa il proprio sommo Pontefice, mentre nella Chiesa ortodossa esiste soltanto il "primus inter paris". Prima della separazione lo era il patriarca di Roma e dopo lo divenne quello di Costantinopoli, che non è il capo della Chiesa in quanto per gli ortodossi esso non esiste in terra. Tutte le importanti decisioni vengono prese soltanto dal Concilio di tutte le Chiese locali. Tra tutte le celebrazioni che vengono officiate nella Chiesa ortodossa, il posto centrale e più importante appartiene alla sacra Liturgia. Essa è costituita da due parti: quella dei catecumeni e quella dei soli fedeli. La prima, che è preceduta dalla preparazione del pane e del vino, consiste in preghiere e letture sacre, comprende il piccolo ingresso dei sacri ministri con il Nuovo Testamento, che simboleggia l'avvento del Vangelo e le orazioni del giorno; quindi si canta l'inno del Trisagio e si procede alla lettura dell'Epistola e del Vangelo. La prima parte della Liturgia termina con il congedo dei catecumeni. La Liturgia dei fedeli comprende il canto del Cherubikon, il grande Ingresso con la processione dei venerandi Doni - il pane e il vino per il Sacrificio - dall'altare della preparazione alla sacra Mensa. Questa processione rappresenta il procedere del Signore verso la sua santa Passione. Seguono la preghiera eucaristica in cui è inclusa la consacrazione dei venerandi Doni, la preparazione alla Comunione con il canto del Padre nostro, l'elevazione del Santo Pane - immagine dell'elevazione di Cristo sulla Croce - l'unione del venerando Corpo con il Sangue incontaminato del Salvatore nel santo Calice. Segue la comunione degli officianti e dei fedeli. Una preghiera di ringraziamento e la benedizione del sacerdote precedono il congedo dei fedeli, ai quali viene distribuito il pane benedetto, non consacrato ma già preparato per il Sacrificio. Grande importanza nel servizio religioso ha l'accompagnamento corale e vocale in genere, che non è mai accompagnato da musica strumentale. Nel canto si fondono insieme l'elemento della lode del Signore e quello dell'incapacità umana ad esprimere il divino. Gli inni e i tropari liturgici rappresentano un superamento dei confini della lingua umana, sono, come dicono i santi Padri, l'ingresso della voce umana nei cori angelici. Il testo del canto del Cherubikon dice. "Noi che misteriosamente rappresentiamo i cherubini e cantiamo alla vivificante Trinità l'inno tre volte santo, valichiamo il terrestre e partecipiamo alla liturgia eterna celebrata da Cristo stesso nel cielo". È interessante come si sono formate, nel tempo, le melodie dei canti che vengono usate nella Chiesa. In origine assunte dai greci, insieme al rito, hanno avuto un loro sviluppo con forte impronta della tradizione popolare. Circa cent'anni fa sono state pazientemente raccolte e messe in note formando il cosiddetto canto ecclesiastico-popolare. Si tratta quindi nominalmente di otto, ma in pratica sono una quindicina di modalità diverse che il cantore deve conoscere per poter improvvisare tutte le preghiere che si alternano nel corso dell'anno. Ne avremo una piccola dimostrazione, alla fine di questa presentazione, di una stessa preghiera cantata in alcune modalità delle otto esistenti. Una curiosità: il primo libro stampato nella lingua serba dell'epoca, un poco più di cinquecento anni fa, era proprio "Oktoih" - la raccolta di preghiere cantate alternativamente in diverse melodie.

UN ACCENNO SULLA COMUNITÀ TRIESTINA SERBO ORTODOSSA

All'inizio del Settecento con le patenti imperiali di Carlo VI e successivamente di Maria Teresa che proclamarono Trieste "porto franco", si favorì l'immigrazione degli uomini attivi dei vari gruppi nazionali tra i quali c'erano anche greci e serbi. Questi provvedimenti erano fortemente improntati a una grande tolleranza anche religiosa, il che permise la costituzione, con la patente dell'imperatrice del l75l, della comunità ortodossa greco-serba, e la costruzione del loro tempio, che iniziò lo stesso anno. La comunità venne costituita nel 1756. I problemi che nacquero tra le due componenti erano causati dalla lingua da usare nelle funzioni religiose, il che portò alla separazione nel 1782. Da allora ebbe inizio la vita separata delle due comunità ortodosse, anche se in fraterna armonia. I serbi che all'epoca costituivano la comunità triestina erano quasi esclusivamente i commercianti e armatori provenienti da Erzegovina, Bosnia e Dalmazia interna. Il primo tempio, a causa dei problemi provocati dalle infiltrazioni d'acqua, dovette essere demolito e al suo posto fu costruito, nel 1869, l'attuale, dedicato sempre a San Spiridione Taumaturgo. Anche se piccola, la confraternita ebbe, nel corso dei burrascosi eventi degli ultimi duecento anni, una vita molto intensa, sia nell'ambito cittadino che nelle questioni impegnative del popolo di origine. Tutt'oggi essa giova, insieme ad altre presenti nella città di Trieste, di questo speciale clima di tolleranza vera e produttiva, che rimane un altissimo valore nel suo patrimonio culturale e umano.

Fedeli alla Traditio

Presentazione della confessione greco ortodossa da parte di Thomas Theologau

La presenza della Chiesa greco-orientale nella città di Trieste risale alla prima metà del Settecento, quando attorno ai primi nuclei familiari greci, che si stabilirono allora nella città, si formò la prima parrocchia ortodossa con denominazione "Nazione Greca" o, più tardi, "Comunità greco-orientale di Trieste". Questi greci avevano eretto la loro prima chiesa, dedicandola a San Spiridione. Poi, per motivi pratici, lasciarono questo tempio ai fratelli di fede serbo-ortodossa, nel frattempo giunti a Trieste, ed eressero nell'anno 1784 l'attuale chiesa di San Nicolò e della Santissima Trinità. Dopo tre anni di intenso lavoro, venne finalmente ultimata l'edificazione della chiesa e il 18 febbraio 1787 si poté celebrare la prima Messa, dopo la sua consacrazione da parte di mons. Antimo, già Vescovo di Modone.Il tempio è stato dedicato a San Nicolò e alla Santissima Trinità perché, essendo Trieste a quei tempi un florido emporio grazie anche ai commercianti greci, al porto approdavano ogni anno migliaia di fratelli da tutto il Levante dove il santo è molto venerato, come d'altronde in tutto il mondo cristiano. Inoltre San Nicola è patrono dei marittimi, degli armatori, di tutti coloro, in generale, che lavorano con i traffici del mare, come pure protettore degli orfani, dei perseguitati e massimo difensore della fede ortodossa, in quanto combatté duramente nel primo Concilio ecumenico di Nicea nel 325 d.C. Il tempio è stato dedicato anche alla Santissima Trinità per testimoniare al mondo occidentale l'appartenenza alla stessa Chiesa dei Padri e degli Apostoli. La Chiesa e la Comunità greco-orientale di Trieste dipendono giurisdizionalmente dal Metropolita ortodosso d'Italia ed Esarca per l'Europa meridionale del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Fa parte della Chiesa cattolica ortodossa che è la Chiesa dei Santi Apostoli, dei Padri; è la Chiesa dei primi sette Concili ecumenici, la cui fede, da allora fino ad oggi, mantiene intatta ed inalterata, non contaminata cioè da eresie e dogmi estranei alle Sacre Scritture e alla Tradizione apostolica e patristica. È la continuità fisiologica della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica; ha il sacerdozio sacramentale-ministeriale e gli altri Sacramenti della Chiesa degli Apostoli e dei Martiri. In essa il Governo è sinodale. Massima autorità nella definizione della fede sono i Concili ecumenici. Secondo gli ortodossi nessun Vescovo, Patriarca o Papa può appropriarsi delle facoltà di un Concilio ecumenico per creare nuova Tradizione e definire la fede. Nella Chiesa ortodossa l'infallibilità si trova in tutto il corpo ecclesiale, quando esso si esprime attraverso i suoi Vescovi radunati in Concilio ecumenico e quando la definizione di un dogma ha le caratteristiche del "consensus Ecclesiae" di tutti i tempi; perciò noi ortodossi - come scrive Vincenzo di Lerino - manteniamo "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est": ciò che dovunque, ciò che sempre, ciò che da tutti è stato creduto (Commonitorium, prim.2 PL 50, 640), in obbedienza al criterio dell'universalità e dell'antichità del consenso in materia di fede. I Vescovi che partecipano al Concilio rappresentano la Chiesa nella sua totalità e sono obbligati ad esprimere e ad interpretare fedelmente ed esattamente la fede comune e cattolica e la Tradizione ininterrotta della Chiesa universale, quale deriva dalle Sacre Scritture ed è espressa in tutta la vita religiosa del "pleroma ecclesiale", principalmente nella Tradizione scritta della Chiesa. In Oriente, la Chiesa ortodossa resta una Chiesa essenzialmente popolare: ciò le consentì di sopravvivere al giogo turco e mongolo e ai regimi totalitari dell'Est europeo. La presenza di diverse Chiese autocefale, oltre agli antichi e venerabili Patriarcati, non crea confusione, anzi, c'è unità di fede e piena comunione nella comune eredità della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Il primo nella Gerarchia è "primo inter paris" nella carità, nell'amore e nel servizio al corpo ecclesiale, di cui unico Capo insostituibile è il suo fondatore, Gesù Cristo nostro Signore. La Chiesa antica non conosceva alcun "primato d'autorità" in alcun Vescovo, Patriarca o Papa. Il presunto "primato d'autorità" del Papa è stato lentamente introdotto nella Chiesa occidentale dai Vescovi di Roma dopo la caduta dell'Impero d'Occidente: trovando propizio il momento, colmarono il vuoto di potere rimasto con l'introduzione dello spirito e la disciplina romana nella Chiesa occidentale e la sua organizzazione secondo i modelli statali romani e acquisirono un potere temporale che vollero così imporre in tutta la Chiesa universale. Tale pretesa provocò nel 1054 il grande Scisma, dopo di che, mentre la Chiesa orientale ha mantenuto intatta ed inalterata la fede, come era definita dai primi sette Concili ecumenici, la Chiesa occidentale romana, oltre all'esistente disputa sul "Filioque", creò nuovi dogmi, come l'infallibilità del Papa, l'Immacolata Concezione della Beata Vergine e Madre di Dio Maria e il dogma dell'Assunta. Così è aumentata ancora di più la distanza che la separa dal Corpo della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica dell'Oriente ortodosso. Poi, per motivi storici che tutti conosciamo, nell'interno della Chiesa occidentale venne la Riforma che produsse una miriade di Confessioni di varia denominazione. Trieste non rimase estranea a queste realtà. Ed in questo contesto vennero a trovarsi i greci commercianti che trafficarono con Trieste e vi si stabilirono già dal 1732. Il loro numero aumentò fino a 5.000 anime. Per l'istruzione dei loro figli istituirono una scuola, che non cessò mai di funzionare; la dotarono di una ricchissima biblioteca, oggi in riallestimento; attualmente la scuola funziona per i figli dei greci come scuola complementare, in quanto i ragazzi seguono lezioni nelle scuole statali e, a quanti vogliono apprendere la lingua greca, è offerta la possibilità dell'insegnamento gratuito. Inoltre crearono un ospedale per i loro malati sito in via Silvio Pellico, oggi non più esistente. Dispongono di un cimitero in via della Pace nel quale costruirono una Cappella dedicata ai Ss. Apostoli, che è considerata dalle autorità competenti "Monumento nazionale". La comunità dispone anche di un museo. I greci hanno contribuito allo sviluppo della città di Trieste, al suo commercio, alle arti e alle scienze. Erano banchieri, industriali, armatori, fondatori di Società assicurative, di navigazione e di vari Istituti e Fondazioni di beneficenza. Il Comune di Trieste ha dedicato loro molte vie della città. Oggi nella Provincia di Trieste risiedono all'incirca seicento anime e quasi mille in tutta la Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia. I greci, nonostante stranieri in ambiente straniero, ma molto ospitale, si sono bene inseriti nella società cosmopolita e pluriconfessionale. Tengono buoni rapporti con la popolazione, le Autorità locali religiose e civili e sono membri attivi del Movimento ecumenico per l'unità dei Cristiani.

Invocando coi salmi la salvezza

Vladimir Soso presenta un saggio dei toni melodici usati nella Chiesa serbo ortodossa Il testo di questo canto, che si fa durante il Vespero, è tratto dal 141° salmo e dice:

" O Eterno, t'invoco, esaudiscimi, senti la voce del mio pregare, senti la mia voce ".

 


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