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     Louis Armstrong - When the saints go marching in

Albert John Lutuli

Discorso: Africa e Libertà

 

 

Albert Lutuli - Nello studio

Testamento etico-politico del Capo Albert Lutuli

 

Testo delle Nobel Lecture discorso tenuto dal Capo Albert Lutuli all’Università di Oslo l’ 11 dicembre 1961.

 

In anni andati, alcuni dei più grandi uomini del nostro secolo sono stati qui per ricevere questo Premio, uomini i cui nomi ed atti anno arricchito le pagine della storia umana, uomini a cui le generazioni future faranno riferimento in quanto sono quelli che hanno dato forma al mondo del nostro tempo. Nessuno può ritenere di essere chiamato dal villaggio di Groutville, - un nome che molti di voi non hanno mai sentito prima e che non è neanche riportato su una mappa – chiamato dall’esilio di un posto dimenticato in campagna, tolto dai più stretti limiti della politica interna del Sud Africa e messo qui all’ombra di queste grandi figure. È un grande onore per me essere qui su questa tribuna dove molti dei grandi uomini del nostro tempo sono stati.

Il Premio Nobel per la Pace che mi ha portato qui ha per me un triplice significato. Da un lato è un tributo al mio umile contributo agli sforzi da democratici su entrambi i lati delle linee di colore per trovare una soluzione pacifica al problema razziale. Questo contributo non è in ogni caso unico. Non ho iniziato la lotta per estendere l’area della libertà dell’uomo in Sud Africa, altri patrioti africani – uomini devoti – lo hanno fatto prima di me! Io inoltre, come cristiano e patriota, non potrei fare da spettatore mentre sono praticati sistematici tentativi, almeno in ogni ambito di vita, per degradare il fattore Dio nell’uomo o per porre un limite oltre cui l’essere umano nella sua forma nera potrebbe non sforzarsi di agire per servire il suo Creatore secondo le sue migliori possibilità. Rimanere neutrali in una soluzione in cui le leggi della terra criticassero virtualmente Dio per aver creato gli uomini di colore stabilendo un ordine naturale, io come cristiano, non potrei tollerarlo.

Per altro verso il Premio è una dichiarazione di solidarietà democratica con coloro che combattono per allargare i confini della libertà nella mia parte di mondo. Come tale, è il tipo di gesto che da un grandissimo incoraggiamento a me e ai milioni che pensano come io faccio. Ci sono ancora persone nel mondo d’oggi che guardano al problema razziale del Sud Africa come ad un semplice scontro tra Neri e Bianchi. Il nostro governo ha accuratamente proiettato questa immagine del problema davanti agli occhi del mondo. Questo ha avuto due effetti. Ha confuso i problemi reali nella sostanza della crisi razziale. Ha dato alcune forme di forze ai contenziosi governativi  secondo cui il problema razziale è una materia interna del Sud Africa. Questo, di ritorno, ha avuto l’effetto di ridurre l’area oltre cui il nostro caso potrebbe essere meglio capito dal mondo.

 

Un continente in rivolta contro l’oppressione

Da un altro angolo ancora, c’è una buona ricognizione del ruolo giocato dal popolo Africano durante gli ultimi cinquant’anni per stabilire, pacificamente, una società in cui il merito e non la razza, avrebbe fissato la posizione di un individuo nella vita della nazione.

Questo premio non dovrebbe essere soltanto per me, ne solo per il Sud Africa, ma per l’Africa intera. L’Africa attualmente è più profondamente combattuta da un conflitto e più amaramente provata dal conflitto razziale. Quanto strano è poi che un uomo dell’Africa debba essere qui per ricevere un premio dato per servizio alla causa della pace e della fratellanza tra gli uomini. C’è stata poca pace ai giorni nostri in Africa. Dall’estremo nord del nostro continente, dove la guerra è infuriata per sette anni, al centro e al sud ci sono battaglie che sono combattute, alcune con armi, altre senza. Nel mio stesso paese, nell’anno 1960, anno per cui è dato questo premio, si è verificato uno stato d’emergenza  per molti mesi. A Shaperville, un piccolo villaggio, in un solo pomeriggio 69 persone sono state colpite a morte e in 180 sono rimasti feriti da piccole armi da fuoco; ed in parte, come nel Transkei, sta ancora continuando lo stato di emergenza. Il nostro è un continente in rivolta contro l’oppressione. E pace e rivoluzione sono una difficile strana coppia. Non ci sarà pace finchè le forze dell’oppressione non saranno rovesciate.

Il nostro continente è stato suddiviso dalle grandi potenze; governi stranieri sono stati imposti sulla gente d’Africa da conquiste militari e da dominazioni economiche; sforzandosi di agire per il nazionalismo e la dignità nazionale siamo stati battuti di forza; economie tradizionali e vecchi clienti sono stati scombussolati, e le capacità e le energie umane sono state sfruttate a vantaggio dei nostri conquistatori. In questi tempi non c’è stata pace; non può esserci fratellanza senza uomini.

Ma ora, le commoventi rivoluzioni del nostro continente stanno per essere messe da parte. La nostra gente ovunque dal nord al sud del continente vanno reclamando la loro terra, il loro diritto a partecipare nei governi, la loro dignità come uomini, il loro nazionalismo. Così, nel tumulto della rivoluzione, le basi per la pace e la fratellanza in Africa sono state restaurate dalla resurrezione dell’indipendenza e della sovranità nazionale, dall’uguaglianza e dalla dignità dell’uomo.

Non dovrebbe essere difficile per voi qui in Europa apprezzare questo. Il vostro continente è passato attraverso una serie di sconvolgimenti rivoluzionari, in cui il vostro tardivo periodo feudale diede strada al nuovo periodo di industrializzazione, vero nazionalismo, democrazia e innalzamento dei livelli di vita. – il periodo d’oro in cui gli uomini si sono dati molto da fare per generazioni. Il vostro periodo di rivoluzione, allungandosi per anni di sofferenza dal 18° secolo al nostro attuale, comprese alcune delle più sanguinarie guerre civili di tutta la storia. Per comparazione, la rivoluzione Africana si è trascinata per tre quarti del continente in meno di un decennio; il suo completamento finale è nel segno della nostra stessa generazione. Di nuovo, per comparazione con l’Europa, la nostra rivoluzione africana – a nostro credito, si sta rivelando essere ordinata, veloce e in confronto senza spargimento di sangue.

Questo fatto di relativa pacificità della nostra rivoluzione in Africa è attestata da altri eminenti osservatori. Il Professore C.W. de Kiewiet, Presidente della Rochester University in USA, nelle  Hoernle Memorial Lecture for 1960 dice questo: “Non c’è stata, è vero, per lo più alcuna seria violenza nel compimento dell’auto-governo politico. In questo senso non c’è alcuna rivoluzione in Africa – solo riforme …”

Il Professor D.V. Cowen, professore di Diritto Comparativo all’Università di Città del Capo, in Sud Africa, nelle Hoernle Memorial Lecture del 1961, fa luce sulla natura della nostra lotta con le parole che seguono: “Essi (i Bianchi del Sud Africa) sono, di nuovo, fortunati nel calibro morale molto alto degli abitanti non-Bianchi del Sud Africa, che si confrontano favorevolmente con ogni altro dell’intero continente.” Questo non deve essere mai dimenticato da coloro che sono così impazienti da puntare il dito a disprezzo dell’Africa.

Forse per i vostri standard, il nostro impeto alle riforme rivoluzionarie è in ritardo. Se così fosse – se fossimo in ritardo nell’unirci al periodo moderno di illuminismo sociale, in ritardo nel conquistare l’auto-determinazione, l’indipendenza e la democrazia – sarebbe perché in passato la pace non è stata stabilita da noi. L’Europa ha posto il modello per lo sviluppo dell’Africa nel 19° e nel 20° secolo. Solo ora il nostro continente sta rientrando in se stesso e si sta riappropriando del suo destino dal dominio straniero.

L’Africa unita l’obiettivo

Sebbene io parli dell’Africa come un unica entità, essa è divisa in molti modi – per razza, lingua, storia e costume – da frontiere politiche, economiche ed etniche. Ma in verità, a dispetto di tutte queste divisioni, l’Africa ha un singolo comune obiettivo – il raggiungimento della propria indipendenza. Tutta l’Africa, tanto le terre che hanno vinto le loro battaglie politiche ma devono ancora superare il retaggio di un’economia arretrata, quanto i territori come il mio le cui battaglie politiche devono ancora essere portate alle loro conclusioni, tutta l’Africa mira solo a questo; il nostro obiettivo è un’Africa unita in cui gli standard di vita e libertà si stanno costantemente allargando; in cui la vecchia eredità di analfabetismo e malattie sono messe da parte, in cui la dignità dell’uomo è assicurata dal di sotto del tallone dell’imperialismo che l’ha schiacciata. Questo obiettivo, perseguito da milioni di nostre persone con zelo rivoluzionario, per mezzo di libri, rappresentazioni, dimostrazioni ed in alcuni casi con forza armata provocata dall’inamovibilità del governo dei bianchi, porta la sola vera promessa di pace per l’Africa. Qualunque mezzo sia stato usato, gli sforzi sono andati a favore di governi stranieri e oppressione razziale.

Fratellanza di uomini esiliati

C’è un paradosso nel fatto che l’Africa qualifichi per tale un Premio nel suo periodo di tumulto e rivoluzione. Tanto grande è il paradosso tanto più grande l’onore che un premio a favore della pace e della fratellanza degli uomini dovrebbe venire a uno che è un cittadino di un paese dove la fratellanza degli uomini è una dottrina illegale, fuorilegge, bandita, censurata, prescritta e proibita; dove lavorare, parlare o lottare per la realizzazione di fatto ed in atto della fratellanza degli uomini è un azzardo, punito con l’esilio o la prigionia senza processo, o l’incarcerazione; dove non sono mai esistiti questi 300 anni di effettivi canali democratici che hanno portato a pacifici accordi sui problemi razziali; dove il potere della minoranza bianca in Africa resta per lo più pesantemente armata come una macchina militarmente equipaggiata. Questo è il Sud Africa.

Anche qui, dove il governo dei bianchi sembra determinato a cambiare le sue idée per il meglio, lo spirito dei militanti combattenti per la libertà, l’uguaglianza e l’indipendenza dell’Africa, si fa valere. Io, insieme a migliaia di miei connazionali con cui abbiamo in corso una battaglia per questi ideali, siamo stati assillati e imprigionati ma non siamo stati dissuasi dalla nostra ricerca di una nuova era in cui potremo vivere in pace ed in fratellanza.

Copertina di Let my people go!

Il culto della superiorità razziale e la supremazia dei bianchi

Per me non è necessario parlare a lungo del Sud Africa; il suo sistema sociale, le sue politiche, le sue economie e le sue leggi l’hanno di già spinta all’attenzione del  mondo. È un pezzo di museo nel nostro tempo, un rudere dell’oscuro passato del genere umano, una reliquia di un’era che in ogni altro posto è morta o è moribonda. Qui il culto della superiorità razziale e la supremazia dei bianchi è adorata come un dio. Poche persone bianche fuggono la corruzione e molti dei loro bambini imparano a credere che gli uomini bianchi sono indiscutibilmente superiori, efficienti e intelligenti, industriosi e capaci; che gli uomini neri sono, ugualmente indiscutibilmente, inferiori, pigri, stupidi, cattivi e maldestri. Sulla base della mitologia per cui “il più piccolo tra loro è il più alto dei più alti tra di noi,” si dichiara che gli uomini bianchi costruiscono tutto ciò che è lodevole nel paese; le sue città, le sue industrie, le sue miniere e la sua agricoltura, e che essi solo sono adatti e titolati come è giusto per noi e controllano queste cose, mentre gli uomini neri sono solo residenti temporaneamente in queste città, adatti solo a lavori da servi, ed incapaci di condividere il potere politico. Il Primo Ministro del Sud Africa, il Dr. Verwoerd, poi Ministro degli Affari Bantu, quando ha spiegato la politica del suo governo sull’educazione degli africani, ha detto questo: “Non c’è posto per lui (l’Africano) nella comunità Europea a livello di certe forme di lavoro.”

C’è una piccola novità in questa mitologia. Ogni parte dell’Africa che è stata soggetta alla conquista dei bianchi ha, ad un certo momento o ad un altro, ed in un modo o in un altro, sofferto a causa sua anche nella sua forma più virulenta di schiavitù simile a quella che si ebbe in Africa fino al 19° secolo.

 

La missione della Chiesa

Il supporto mitigante nell’oscurità di quei giorni lontani fu il raggio di luce scaturito dalle missioni cristiane, un raggio di luce a cui noi dobbiamo la nostra illuminazione iniziale. Con i governi successivi del tempo si fece poco o nulla per migliorare la straziante sofferenza dell’uomo nero nelle mani degli schiavisti, uomini come il Dr. David Livingstone ed il Dr. John Philip ed altri uomini illustri di Dio sostennero la giustizia sociale di fronte alle schiaccianti contese. È di nessun valore che i nomi che ho riferito siano ancora un anatema per alcuni Africani del Sud. Dunque il fantasma della schiavitù che sopravvive oggi nella forma di lavoro forzato continua in quelle che sono chiamate le prigioni-fattorie. Ma la tradizione di Livingstone e Philip sopravvive ancora, perpetuata da pochi sulle loro posizioni. Va di moda dire che anche nelle condizioni odierne, le missioni cristiane sono state all’avanguardia nell’avvio dei servizi sociali previsti per noi. Il nostro progresso in questo campo è avvenuto a dispetto del governo e non soprattutto per la sua opera. In questo la Chiesa in Sud Africa -  sebbene tardivamente – sembra essersi risvegliata  ad una più larga missione nel suo ministero tra noi. Sta cominciando a sostenere seriamente le parole del suo Fondatore che disse: “Sono venuto perché avessero vita e l’avessero in modo più abbondante.”

 

Questa è una chiamata alla Chiesa del Sud Africa ad aiutare nel presente lo sviluppo a tutto tondo dell’UOMO, e non solo per il futuro. A questo riguardo, la gente del Sud Africa, specialmente quelli che si dichiarano Cristiani, vorrebbero essere ben messi sull’avviso per prestare ascolto alle decisioni della Conferenza  del Concilio Mondiale delle Chiese, tenuto a Cottesloe, Johannesbourg, nel 1960, e che diede un chiaro indirizzo alla missione della Chiesa nei nostri giorni. Non ha lasciato spazio a dubbi circa la rilevanza del messaggio Cristiano relativamente ai problemi attuali che il genere umano ha di fronte. Noto con gratitudine questa lucida previsione del Concilio Mondiale delle Chiese. Essa ha un senso ed un grande significato per noi dell’Africa.

 

Realtà delle condizioni in Sud Africa

Nel Sud Africa non c’è nulla di nuovo circa le idée dell’apartheid, ma il Sud Africa è unico in questo: le idee non solo sopravvivono nella nostra epoca moderna, ma sono ostinatamente difese, estese e sostenute dalla legislazione nel momento in cui per la maggior parte del mondo sono ora un fatto largamente storico e sono sia state vergognosamente nascoste dentro ermetiche formulazioni o sono state continuamente accartocciate. Tali idee sopravvivono in Sud Africa perché coloro che le sostengono da esse ne traggono profitto. Queste, infatti, forniscono una mano di bianco alla morale per le condizioni che esistono nel paese: per il fatto che il paese è governato esclusivamente da un governo di bianchi eletto da un elettorato esclusivamente di bianchi che è una minoranza privilegiata; per il fatto che l’87% della terra e tutta la migliore terra per la produzione agricola ricca di città, mercati e ferrovie è riservata per la proprietà e l’occupazione dei bianchi ed ora con la recente legge delle Group Areas i non-bianchi stanno perdendo più terra per l’ingordigia dei bianchi; per il fatto che tutti i lavori qualificati e ben pagati sono solo per i bianchi; per il fatto che tutte le università per ogni corso accademico sono un’esclusiva riserva dei bianchi; per il fatto che l’educazione di ogni bambino bianco costa circa 64 Rand (la valuta ufficiale del Sudafrica n.d.t.) l’anno mentre quella di un bambino africano costa circa 9 Rand l’anno e che quella di un bambino indiano o di colore è di circa 20 Rand l’anno; per il fatto che l’educazione di un bianco è universale ed obbligatoria fino all’età di 16 anni mentre, l’educazione di un bambino non-bianco è scarsa e inadeguata, e per il fatto che circa un milione di africani all’anno sono arrestati e imprigionati o multati per violazione di innumerevoli permessi di passaggio e leggi sui lasciapassare che non si applicano ai bianchi.

 

Manifesto

Potrei far confusione in questo sforzo e parlare di ogni sfaccettatura della vita nel Sud Africa dalla culla alla tomba. Ma questi fatti oggi stanno diventando noti in tutto il mondo. Uno spietato faro dell’attenzione del mondo è puntato su di loro. Provate, come vogliono il nostro governo ed i loro sostenitori, con parole amorevoli circa lo “sviluppo separato”  e l’eventuale “indipendenza” nella così detta “patria Bantu”: niente può nascondere la realtà delle condizioni del Sud Africa.

Io, come Cristiano, ho sempre sentito che c’è soprattutto una cosa circa “l’apartheid” o “lo sviluppo separato” che è imperdonabile. È la completa indifferenza alla sofferenza delle persone come individui, che perdono la loro terra, le loro case, il loro lavoro, nel perseguire quello che è il sogno più terribile del mondo. Questo sogno terribile non è tenuto stretto da qualche gruppo eccentrico ai margini della società, o dalle persone del Ku-Klux-Klan di cui abbiamo qualche sentore. È la deliberata politica di un governo, supportato attivamente da una grossa parte della popolazione bianca, e tollerata passivamente da una schiacciante maggioranza di bianchi, ma ora fortunatamente rigettata da una incoraggiante minoranza bianca che ha associato il suo destino a quello dei non-bianchi che sono la massa opposta al così detto sviluppo separato.

Così succede che il periodo d’oro dell’indipendenza dell’Africa sia anche il periodo buio del declino e della regressione del Sud Africa, portato da quegli uomini che quando i cambiamenti rivoluzionari, che si radicano fondamentalmente con i diritti umani, avvengono in Europa, sono portati nell’immondezzaio del Sud Africa e così nascosti al vento del cambiamento progressivo.

Sulla scia di quel declino e di quella regressione, l’amarezza tra gli uomini cresce ad altezze allarmanti; l’economia declina e la fiducia rifluisce via; aumenta la disoccupazione; il governo diventa incrementalmente dispotico ed intollerante alle procedure legali e costituzionali, incrementalmente violento e oppressivo; c’è una costante che porta a maggiori poliziotti, più soldati, più armamenti, più gente mandata al confino senza processi e più espiazioni penali. Tutti gli sfarzi del tardo medioevo e le crudeltà vengono in prima linea. L’educazione è ridotta ad uno strumento di sottile indottrinamento, la tendenziosità ed il  pregiudizio sono riportati negli organi di pubblica informazione, una censura che avanza furtivamente, libri banditi e liste nere: tutti questi stendono la loro ombra sulla terra. Questo è il Sud Africa oggi, nell’era della grandezza dell’Africa.

 

Una lunga tradizione di lotta

Ma sotto la superficie c’è sempre uno spirito di sfida. La gente del Sud Africa non è mai stata molto docile, almeno fra tutta la gente d’Africa. Noi abbiamo una lunga tradizione di lotta per i nostri diritti nazionali, tornando indietro agli inizi del colonialismo e della conquista da parte dei bianchi 300 anni fa.

 

La nostra è una storia di opposizione alla dominazione, di protesta e rifiuto a sottomettersi alla tirannia. Considerate alcuni dei nostri grandi nomi; il grande guerriero e patriota Shaka, che riunì le tribù tutte insieme nella nazione Zulu e da cui sono nato io; Moshoeshoe, lo statista e patriota che fu il padre della nazione Basuto che ne pose i confini oltre la portata delle tenaglie dei bianchi del Sud Africa; Hintsa del Xhosas che scelse la morte piuttosto che cedere i suoi territori agli invasori bianchi. Tutti questi ed altri nobili nomi, come quelli di altri grandi capi, resistettero strenuamente all’intrusione bianca.

Considerate anche la robustezza della nutrita riserva  di grandi nomi precedenti. Mi riferisco ai nostri antenati, che secoli fa nell’emigrare dal nord alla punta più estrema del sud dell’Africa, affrontarono fiumi che sono perennemente gonfi; si fecero strada attraverso giungle e foreste infide; sopravvissero alla peste della malattia letale, poi vinta, di una molteplice natura che abbondava nell’Africa equatoriale e strapparono loro stessi dalle bocche fameliche di bestie feroci. Resistettero a tutto. Si stabilirono in queste parti dell’Africa per costruire un futuro radioso per tutti noi, la loro discendenza. Mentre le condizioni sociali e politiche sono cambiate ed i problemi che abbiamo di fronte sono diversi, noi anche, la loro progenie, ci troviamo di fronte ad una situazione in cui dobbiamo combattere per la nostra sopravvivenza di essere umani. Sebbene le forme di lotta possano differire di volta in volta, l’universale ed umana voglia di agire per la libertà rimane la stessa. Noi, nella nostra situazione, abbiamo scelto volontariamente la strada della non-violenza. Lungo questa strada abbiamo organizzato molte eroiche campagne di lotta. Tutta la forza dei capi del Sud Africa, tutta la mia vita e la mia forza, sono stati dati per persuadere all’uso di questo metodo, nel tentativo di evitare un disastro nell’interesse del Sud Africa, si che ne abbiamo coraggiosamente pagato il prezzo per questo.

 

L’inconquistabile spirito del genere umano

Può ben essere che il sistema sociale del Sud Africa sia un monumento al razzismo ed all’oppressione etnica, ma la sua gente è testimone vivente dell’inconquistabile spirito del genere umano. Indietro negli anni, apparentemente contro schiaccianti contese, essi hanno visto l’obiettivo di una vita più piena e di libertà, sforzandosi di fare con incredibile determinazione e forza d'animo per il diritto di vivere come uomini – come uomini liberi.

 

In questo, il nostro paese non è unico. La vostra recente e stimolante storia, quando i Poteri degli Assi sovrastavano la maggior parte degli Stati Europei, erano testimoni di questo spirito inconquistabile del genere umano. La gente dell’Europa formò Movimenti di Resistenza che alla fine aiutarono a rompere il potere della combinazione Nazismo e Fascismo con le loro credenze di arroganza razziale e mentalità di superiorità etnica.

Una volta o l’altra, nella sua storia, ogni popolo è stato spinto a qualche forma di lotta. Ma generalmente il passare del tempo ha visto cadere le barriere alla libertà, una per una. Ma non così in Sud Africa. Qui le barriere non vanno giù. Ogni passo che facciamo in avanti, ogni successo che riportiamo, sono annullati dall’innalzare di nuove e più alte barriere sul nostro cammino. Gli ostacoli colorati non sono più deboli; sono più forti. L’asprezza della lotta cresce man mano che la libertà arriva sempre più vicina alla portata di chi lotta per essa. Tutte le proteste e le dimostrazioni del nostro popolo sono sempre state respinte con la forza; ma non sono mai state zittite.

Nonostante tutti questi maltrattamenti nel nome della legge e dell’ordine, il nostro popolo, con poche eccezioni, è rimasto non-violento. Se oggi questo Premio per la pace è dato ad un uomo nero del Sud Africa, non è perché noi nel Sud Africa abbiamo vinto la nostra battaglia per la pace e la fratellanza umana. Siamo lontani da questo. Forse siamo più lontani dalla vittoria di ogni atro popolo d’Africa. Ma niente di quello che abbiamo sofferto dalle mani del governo ci ha fatto cambiare idea rispetto alla strada di una resistenza disciplinata. È per questo, credo, che questo premio sia stato dato.

 

La visione di un Sud Africa non-razzista e democratico

Quanto sarebbe stato facile in Sud Africa avvertire naturalmente del risentimento alla dominazione dei bianchi e cominciare a nutrire odio e desiderio di vendetta contro la comunità bianca. Qui, dove ogni giorno in tutti gli aspetti della vita, ogni non-bianco si alza contro l’onnipresente segno, “Solo Europei”, e lo stesso onnipresente poliziotto che lo rafforza, – qui ci si potrebbe ben aspettare che un razzismo uguale a quello degli oppressori fuoriuscisse per opporsi all’arroganza dei bianchi verso i neri.

Questo non è avvenuto così per caso. È perché, deliberatamente e opportunamente, la leadership africana degli ultimi 50 anni, con l’ispirazione dell’African National Congress che io ho avuto l’onore di dirigere nell’ultimo decennio o finchè è stato bandito, si è posta risolutamente contro il razzismo vanaglorioso.

Sapevamo che nel fare così passavamo su opportunità di facile demagogia appellandoci alle naturali passioni della gente cui veniva negata la libertà; abbiamo scartato la possibilità di un appello facile e quasi come espediente emotivo. La nostra visione è sempre stata quella di un Sud Africa democratico e non razzista che sostenesse i diritti di tutti coloro che vivono nel nostro paese e perché vi rimangano come veri cittadini, con uguali diritti e responsabilità, con tutti gli altri. Perché questo ideale fosse messo in pratica abbiamo lavorato in modo risoluto. Continueremo a lavorare risolutamente.

È questa visione che spinge l’African National Congress ad invitare membri di altri gruppi etnici che credono con noi nella fratellanza degli uomini e nella libertà di tutti i popoli e che si uniscono a noi nel stabilire un democratico e non razzista Congresso dell’Alleanza e dando il benvenuto all’emergente Partito Liberale ed al Partito Progressista che sostengono in modo incoraggiante tali ideali.

Visita a Cato Manor 1950

 

Questo è l’oggetto della nostra attenzione

I veri patrioti del Sud Africa, per cui io parlo, saranno soddisfatti per non meno dei più pieni diritti democratici. Nel governo non saremo soddisfatti con niente di meno del suffragio dei maggiorenni, diretto ed individuale, e del diritto di rappresentanza e di essere eletti in tutti gli organi di governo. In materia economica saremo soddisfatti con niente di meno delle pari opportunità in ogni ambito e del godimento di tutte quelle eredità che formano le risorse del paese che fino ad ora sono state proprietà su basi razziali dei “soli bianchi”. Nella cultura saremo soddisfatti con niente di meno dell’apertura di tutte le porte di apprendimento delle istituzioni non-segregazioniste con l’unico criterio delle capacità. Nella sfera sociale saremo soddisfatti con niente di meno dell’abolizione delle barriere razziali.

 

Noi non chiediamo queste cose solo per la gente che discende dagli africani. Li chiediamo per tutti i neri ed i bianchi del Sud Africa. Su questi principi non accettiamo compromessi. Il compromesso sarebbe un espediente, il più traditore della democrazia, che a seconda degli eventi, i dolci privilegi economici politici e sociali, che sono monopolio di una sola parte della comunità, diverrebbero acidi anche nelle bocche di coloro che li hanno già mangiati. Così l’apartheid in pratica sta cercando di essere un mostro creato da Frankestein. Questa è la tragedia sulla scena del Sud Africa.  

Molti falsi slogan sono stati inventati nel nostro paese nel tentativo di redimere difficili relazioni razziali – “amministrazione controllata”, “sviluppo separato”, “federazione etnica”, e altrove “associazione”. Questi sono tentativi per distrarci dalla strada della democrazia, mezzi di diversivo tattico che non ingannano nessuno se non gli incauti. Nessuna definizione eufemistica nasconderà mai la loro orribile natura. Noi rigettiamo queste politiche perché esse non si dimostrano all’altezza del miglior genere umano che si è dato da fare per attraversare tutte le ere; rendono una grande offesa alle sublimi aspirazioni degli uomini che sono rimaste vere nel continuo mutamento di tutte le ere, aspirazioni di cui la Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ne è il culmine. Questo è l’oggetto della nostra attenzione. Questo è quello per cui combattiamo.

 

Sostegno da tutto il mondo

Nella loro lotta per i valori eterni, ci sono molte cose che hanno sostenuto lo spirito della gente amante della libertà del Sud Africa e coloro nelle parti ancora schiave dell’Africa dove i bianchi si dichiarano risolutamente proprietari dei diritti democratici – una eredità universale. Dell’altro tra loro, le cose che ci hanno sostenuto, sono il magnifico supporto della gente e dei governi progressisti di tutto il mondo, tra cui la gente ed il governo di cui sono ospite oggi; i nostri fratelli in Africa; specialmente negli Stati Indipendenti dell’Africa; le organizzazioni che condividono le nostre prospettive noi le abbracciamo in tutti i paesi sparsi per la faccia del globo; l’Organizzazione delle Nazioni Unite tutte insieme ed alcuni dei suoi membri singolarmente. Nella loro difesa della pace nel mondo, col sostegno attivo e la qualità dell’uomo di tutti questi gruppi, hanno rafforzato la nostra incrollabile fede nella inattaccabile diritto e giustezza della nostra causa. A tutti loro dico: Da soli avremmo paura. Non possiamo esprimere adeguatamente il nostro sincero apprezzamento per il supporto che ci avete dimostrato, ne potremo mai dimenticarlo sia ora che in futuro, quando la vittoria sarà alle spalle e la libertà del Sud Africa riposerà nelle mani di tutta la sua gente.

Il coraggio che cresce col pericolo

Noi Sud Africani, comunque, capiamo ugualmente che molti altri potrebbero fare per noi, la nostra libertà, però, non può venirci come dono dall’esterno. La nostra libertà dobbiamo costruirla da noi stessi. Tutte le persone oneste ed amanti della libertà hanno dedicato loro stessi a questo compito. Quello di cui abbiamo bisogno è il coraggio che cresce col pericolo.

Qualunque possa essere il futuro  dei nostri sforzi per la libertà, la nostra causa è la causa della liberazione della gente a cui è negata la libertà. Solo su queste basi può essere fermamente fondata la pace in Africa e nel mondo. La nostra causa è la causa dell’uguaglianza tra nazioni e popoli. Solo così si può stabilire fermamente la fratellanza tra gli uomini. È un incoraggiamento ed una gioia ricordarvi che a dispetto delle sue umiliazioni e dei suoi tormenti a causa delle leggi dei bianchi, lo spirito dell’Africa ha fatto la sua richiesta di libertà generalmente con mezzi estremamente pacifici.

Se ho indugiato a lungo sul problema razziale nel mio paese, non è perché altri paesi di altri continenti non trattino con questi problemi, ma perché è qui nella Repubblica del Sud Africa che il problema razziale è più acuto. Forse in nessun altro paese del continente viene asserita la supremazia dei bianchi con maggiore vigore e determinazione e senso di rettitudine. Questo pone gli opponenti l’apartheid allo stesso livello di chi combatte la dominazione dei bianchi.

Albert Lutuli con sua figlia

Le sfide e le opportunità dell’Africa

Nel condurre il mio discorso verso la fine, lasciatemi invitare l’Africa a gettare lo sguardo oltre il passato e a qualche limite attuale di dolore e problemi, scioperi e sbagli, e qualche successo, e a vedere se stessa come continente emergente che scoppia di libertà fuori dal guscio di secoli di schiavitù. Questa è l’era dell’Africa – l’alba del suo appagamento, si, il momento in cui deve confrontarsi col destino per raggiungere l’apice della sublimità dicendo – la nostra era una lotta per nobili valori e degni fini e non per la terra e la schiavitù dell’uomo. L’africa è un’importante soggetto vitale nel mondo d’oggi, un punto focale per la preoccupazione e l’interesse del mondo. Non potrebbe essere stata la storia che ha ritardato la sua rinascita per qualche scopo? La situazione esige il suo confronto con sfide inevitabili ed in modo più importante con le opportunità di servire se stessa ed il genere umano. Se non fosse il suo destino evaderebbe le sfide e trascurerebbe per sua vergogna le opportunità. Ma lei vede il suo destino  come una ricerca più vitale e soddisfacente di quanto abbia lamentato in passato per le sue umiliazioni e le sofferenze.

 

Il discorso non potrebbe non porre alcune questioni e lanciarle affinché i capi ed il popolo africani trovino risposte soddisfacenti e risposte dalla loro preoccupazione di valori più alti e dalle loro nobili azioni che potrebbero essere:

 

“… orme sulla sabbia del tempo;

Orme, che forse un altro,

Veleggiando sulla solenne linea della vita,

Uno sconsolato e derelitto fratello,

Vedendolo, rincuorerà di nuovo.”

 

Ancora leccandosi le ferrite di sbagli del passato su di lei perpetrate, non potrebbe essere magnanima e non vendicarsi? La sua mano amichevole rigettata sprezzantemente, la sua preghiera per la giustizia e la correttezza rifiutate con disprezzo, non dovrebbe nondimeno cercare di cambiare inimicizia in amicizia? Sebbene derubata delle sue terre, della sua indipendenza e delle sue opportunità – questo, abbastanza stranamente – spesso nel nome della civilizzazione e della cristianità, non dovrebbe vedere il suo destino essere quello di dare un distinto contributo al progresso ed alle relazioni umane con un nuovo gusto africano arricchito dalla diversità delle culture che riunisce, costruendo così alle sommità degli attuali successi umani un edificio che sarebbe uno dei più bei contributi al genio dell’uomo? Lei dovrebbe vedere quest’ora di appagamento come una sfida al suo lavoro continuo fino al termine della dominazione razziale, e come un’opportunità per riassicurare il mondo  che la sua aspirazione nazionale giace, non nel rovesciare la dominazione dei bianchi per sostituirla con la casta dei neri, ma nel costruire una democrazia non-razziale che sia un monumento alla fratellanza, una “comunità fraterna” con nessuno ancora discriminato sul terreno della razza o del colore.

La figlia albertina con un quadro del padre

Quali dei tanto pressanti e complessi problemi politici, economici e colturali l’attendono nei prossimi anni di nuovo stato indipendente? Questi ed altri che sono il retaggio dei giorni coloniali, metteranno alla prova l’abilità politica, l’ingenuità, l’altruismo e la risolutezza della direzione africana e la sua inflessibile dichiarazione di principi democratici nel controllo statale. A tutti noi, liberi e non  liberi, l’ora chiama a redimere il nome e l’onore di Madre Africa.

In un conflitto mondiale, vacillare sul ciglio della completa distruzione per mezzo di armi costruite dall’uomo, un’Africa libera ed indipendente è in costruzione, in risposta all’ingiunzione ed alla sfida della storia: “desta e splendente di luce è arrivata”.

Agendo di concerto con altre nazioni, essa è l’ultima speranza dell’uomo in quanto mediatrice tra l’Est e l’Ovest ed è qualificata a chiedere dei grandi poteri per “volgere le spade in aratri comuni” perché due terzi del genere umano è affamato ed ignorante; impiegare l’energia, le capacità ed il talento del genere umano al servizio della pace, in alternativa, è impensabile – (ci sarebbero solo n.d.t.) la guerra, la distruzione e la desolazione; per costruire una comunità mondiale che stia ritta, come un monumento imperituro ai milioni di uomini e donne, a tali devoti e distinti cittadini del mondo e combattenti della pace, come lo scomparso Dag Hammarskjold, che hanno dato le loro vite per cui noi possiamo vivere in pace e felicità.

La qualifica dell’Africa per questi nobili compiti è incontestabile, la sua stessa lotta non è mai stata e non è ancora oggi una lotta di conquista di territori, per accumulare ricchezze o dominare popoli, ma è una lotta per la ricognizione e la conservazione dei diritti dell’uomo e la realizzazione di un vero mondo libero per popoli liberi.

 

Tratto da Nobel Lectures in data 08/08/2008

 

 

 

 

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