UNA FINESTRA SULL' UMBRIA
lAUDI E POESIE
Jacopone da Todi
In questa poesia si esprime pienamente la drammaticità di Jacopone e il suo
considerarsi essere piccolissimo davanti a Dio in questo componimento egli
invoca su di se tutte le malattie possibili non per puro autolesionismo ma perchè
vuole morire di una morte dolorosa per poter diventare uno spirito vicino a Dio.
Il componimento comprende 74 versi nella prima parte Jacopone invoca a se
tutti i mali fisici; nella seconda parte jacopone prega Dio affinchè gli conceda
di morire di una morte dolorosa; nella terza tratta l’argomento dell’abiezione
post-mortem. Infine nella conclusione cio nell’ultima strofa spiega perch l’uomo
ha meritato queste sofferenze:
O Signor per cortesia
manname la malsana!
A mme la freve quartana,
la
contina e la terzana,
la doppla cotidiana
co la granne ydropesia.
A mme
venga mal de dente,
mal de capo e mal de ventre;
a lo stomaco dolur'
pognenti
e 'n canna la squinanzia.
Mal dell'occhi e doglia de flanco
e
la postema al canto manco;
tiseco me ionga enn alto
e d'onne tempo
fernosa.
Aia 'l fecato rescaldato,
la melza grossa e 'l
ventr'enflato
e llo polmone sia 'mplagato
cun
gran tssa e parlasia.
A mme venga le fistelle
con migliaia de
carvuncilli,
e li granci se sian quelli
che tutto replen ne sia.
A mme
venga la podraga
(mal de cglia s me agrava),
la bisinteria sia plaga
e
le morroite a mme sse da.
A mme venga 'l mal de l'asmo,
iongasecce quel
del pasmo;
como a can me venga el rasmo,
entro 'n vocca la grancia.
A
mme lo morbo caduco
de cadere enn acqua e 'n foco
e i mai non trovi
loco,
che eo afflitto non ce sia.
A mme venga cechetate,
mutezza e
sordetate,
la miseria e povertate
e d'onne tempo entrappara.
Tanto sia
'l fetor fetente
che non sia null'om vivente,
che non fuga da me
dolente,
posto en tanta enfermaria.
En terrebele fossato,
che Riguerci
nomenato,
loco sia abandonato
da onne bona compagnia.
Gelo, grando e
tempestate,
fulgure, troni e oscuritate;
e non sia nulla
aversitate,
che me non aia en sua baila.
Le demonia enfernali
s mme
sian dati a menestrali,
che m'essrcino en li mali,
ch'e' ho guadagnati a
mea follia.
Enfin del mondo a la finita
s mme duri questa vita
e poi, a
la scivirita,
dura morte me sse da.
Allegom'en sseppultura
un ventr'i
lupo en voratura
e l'arliquie en cacatura
en espineta e rogara.
Li
miracul' po' la morte,
chi cce vene aia le scorte
e le deversazioni
forte
con terrebel fantasia.
Onn'om che m'ode mentovare
s sse deia
stupefare
e co la croce s segnare,
che reo escuntro no i sia en
via.
Signor meo, non n' vendetta
tutta la pena ch'e' aio ditta,
ch me
creasti en tua diletta
et eo t'ho morto a villania.
È
questo il più antico esempio a noi pervenuto di quelle laude
dialogate da cui ebbero origine le prime forme di dramma. Jacopone
infatti, rifacendosi con libertà al Vangelo, ha trasferito il
tema della Passione da un piano dottrinale e meditativo a uno
spettacolare e teatrale: nella sua lauda si rappresenta un'azione, in
cui compaiono come personaggi il nunzio (forse san Giovanni
evangelista) che espone e commenta gli avvenimenti, il popolo, Cristo
stesso e Maria che è la figura principale. Il linguaggio,
nonostante qualche latinismo, è più popolare che dotto,
sia nel lessico, in cui prevalgono forme del dialetto umbro, sia nella
sintassi, per lo più fondata sul semplice allineamento delle
proposizioni (paratassi). La teatralità, la centralità
attribuita alla madre - e quindi alla sua ingenuità e al suo
pianto -,l'insistenza con cui è descritta la sofferenza fisica
della crocifissione, il dialetto che tende a una violenta
espressività, sono tutti elementi che concorrono ad "abbassare"
la divinità, e che consentono quindi al credente di
"familiarizzare" con il dio-uomo, di identificarsi con la sua pena e
con la sua morte. Questa fanfarizzazione del divino è evidente
soprattutto nell'ultima parte della lauda, il corrotto di Maria, che
ricalca i pianti funebri rituali diffusi nel costume
popolare.
Donna de Paradiso
«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo
beato.
Accurre, donna e vide
che la gente l'allide; 5
credo che lo
s'occide,
tanto l'ò flagellato»
«Cristo, la spene mia, 10
om l'avesse
pigliato».
«Madonna, ello è traduto,
Iuda sì ll'à
venduto;
trenta denar' n'à auto,
fatto n'à gran mercato». 15
«Soccurri,
Madalena,
iona m'è adosso piena!
Cristo figlio se mena,
como è
annunzïato».
«Soccurre, donna, adiuta, 20
cà 'l tuo figlio se
sputa
e la gente lo muta;
òlo dato a Pilato».
«O Pilato, non
fare
el figlio meo tormentare, 25
ch'eo te pòzzo
mustrare
como a ttorto è accusato».
«Crucifige,
crucifige!
Omo che se fa rege,
secondo la nostra lege 30
contradice al
senato».
«Prego che mm'entennate,
nel meo dolor pensate!
Forsa
mo vo mutate
de que avete pensato». 35
«Traiàn for li
latruni,
che sian soi compagnuni;
che spine s'encoroni,
ché rege
ss'è clamato!».
«O figlio, figlio, figlio, 40
figlio, amoroso
giglio!
Figlio, chi dà consiglio
al cor me' angustïato?
Figlio
occhi iocundi,
figlio, co' non respundi? 45
Figlio, perché
t'ascundi
al petto o' si lattato?».
«Madonna, ecco la croce,
che la
gente l'aduce,
ove la vera luce 50
déi essere
levato».
«O croce, e que farai?
El figlio meo torrai?
E que ci
aponerai,
che no n'à en sé peccato?». 55
«Soccurri, plena de
doglia,
cà 'l tuo figliol se spoglia;
la gente par che voglia
che
sia martirizzato».
«Se i tolli'el vestire, 60
lassatelme
vedere,
com'en crudel finire
tutto l'ò ensanguenato».
«Donna,
la man li è presa,
ennella croc'è stesa; 65
con un bollon l'ò
fesa,
tanto lo 'n cci ò ficcato.
L'altra mano se prende,
ennella
croce se stende
e lo dolor s'accende, 70
ch'è plu
multiplpicato.
Donna, li pè se prenno
e clavellanse al
lenno;
onne iontur' aprenno,
tutto l'ò sdenodato». 75
«Et eo comenzo el
corrotto;
figlio, lo meo deporto
fioglio, chi me tt'à morto,
figlio
meo dilicato?
Meglio aviriano fatto 80
ch'el cor m'avesser
tratto,
ch'ennella croce è tratto,
stace descilïato!».
«O
mamma, o' n'èi venuta?
Mortal me dà' feruta, 85
cà 'l tu plagner me
stuta
ch'el veio sì afferrato».
«Figlio, ch'eo m'aio
anvito,
figlio, pat'e mmarito!
Figlio, chi tt'à firito? 90
Figlio, chi tt'à
spogliato?».
«Mamma, perché te lagni?
Voglio che tu
remagni,
che serve miei compagni,
ch'êl mondo aio aquistato». 95
«Figlio,
questo non dire!
Voglio teco morire,
non me voglio partire
fin che
mo 'n m'esc'el fiato.
C'una aiàn sepultura, 100
figlio de mamma
scura,
trovarse en afrantura
mat'e figlio affocato!».
«Mamma
col core afflitto,
entro 'n le man' te metto 105
de Ioanni, meo
eletto;
sia to figlio appellato.
Ioanni, èsto mea mate:
tolilla en
caritate,
àginne pietate, 110
cà 'l core si à
furato».
«Figlio, l'alma t'è 'scita,
figlio de la
smarrita,
figlio de la sparita,
figlio attossecato! 115
Figlio bianco e
vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio e a ccui
m'apiglio?
Figlio, pur m'ài lassato!
Figlio bianco e biondo, 120
figlio volto
iocondo,
figlio, perché t'à el mondo,
figlio, cusì
sprezzato?
Figlio dolc'e piacente,
figlio de la dolente, 125
figlio àte la
gente
mala mente trattato.
Ioanni, figlio novello,
norto s'è 'l tuo
fratello.
Ora sento 'l coltello 130
che fo
profitizzato.
Che moga figlio e mate
d'una morte
afferrate,
trovarse abbraccecate
mat'e figlio impiccato!».
San Francesco
Cantico di Frate Sole
Altissimu onnipotente bon signore,
tue so le laude, la gloria e l’honore et
onne benedictione.
Ad te solo, altissimo, se konfano,
et nullu homo
ene dignu te mentovare.
5Laudato sie, mi signore, cun
tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual’è iorno,
et allumini noi per loi.
Et ellu è bellu e radiante cun grande
splendore,
de te, altissimo, porta significatione.
10Laudato si, mi signore, per
sora luna e le stelle,
in celu l’ài formate clarite et pretiose et
belle.
Laudato si, mi signore, per frate vento,
et per aere et nubilo
et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai
sustentamento.
15Laudato si, mi signore, per
sor aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et
casta.
Laudato si, mi signore, per frate focu,
per lo quale
enn’allumini la nocte,
ed ello è bello et iocundo et robustoso et
forte.
20Laudato si, mi signore, per
sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce
diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si, mi signore, per
quelli ke perdonano
per lo tuo amore,
25et sostengo infirmitate et
tribulatione.
Beati quelli ke ’l sosterrano in pace,
ka da te,
altissimo, sirano incoronati.
Laudato si, mi signore, per sora nostra
morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare.
30Guai a quelli, ke morrano
ne le peccata mortali:
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime
voluntati,
ka la morte secunda nol farrà male.
Laudate et benedicete
mi signore,
et rengratiate et serviateli cun grande humilitate.
Audite Poverelle
Audite, poverelle dal Signore vocate
ke de multe parte et province sete
adunate:
vivate sempre en veritate
ke en obedientia moriate.
5Non guardate a la vita
de fore,
ka quella dello spirito è migliore.
Io ve prego per
grand'amore
k'aiate discrecione de le lemosene ke ve dà el
Segnore.
Quelle che sunt adgravate de infirmitate,
10et le altre che per loro sò
adfatigate,
tutte quante lo sostengate en pace,
Ka multo venderite cara
questa fatiga,
ka ciascuna serà regina
en celo coronata cum la Vergene
Maria.
©sissynene
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