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Italo Turri  

Il testo della presentazione, tenuta dalla prof.ssa Maria Teresa Valeri in occasione della inaugurazione della mostra il 28 settembre 2000, è stato pubblicato in "Terra Nostra", anno XXXIX, settembre-ottobre-novembre 2000 - n. 9-10 - 11 -12, pp. 24-28.

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LA POESIA DEL QUOTIDIANO

 Sala Giubileo di Palazzo Valentini

                    Roma, 25 settembre - 2 ottobre 2002

Inaugurazione mercoledi 25 Settembre ore 17.30

orario di apertura  10.00-13.00 ---16.00-18.30

Il giorno dell'inaugurazione la mostra sarà presentata dal critico    d'arte Giuseppe Selvaggi  e dalla prof.ssa,

              Maria Teresa Valeri docente di Storia dellArte

Italo Turri è nato ad Anagni il 13 febbraio 1926 in via del Trivio, uno dei più caratteristici vicoli del centro storico. E' il terzogenito di Vincenzo Turri, calzolaio, e Caterina Baldassarri. Hanno avuto quattro figli, tre maschi e una femmina.

Frequenta con profitto le cinque classi elementari, come si legge nel suo certificato di studio, Al termine del secondo corso della scuola professionale (sezione ebanisteria)di Anagni, finito nel 1940 viene data valutazione "sufficiente" ("lodevole", invece il giudizio sulla condotta, il rispetto all'igiene, pulizia e cura della persona).

Dal 15 settembre 1943 al 4 giugno 1944 fa parte della formazione partigiana "Anagni" con la qualifica gerarchica "partigiano gregario", motivo per il quale viene arruolato nell'Esercito, da dove viene congedato definitivamente il 22 novembre 1948.

Due anni dopo si sposa e va vivere a Santa Chiara dove nasceranno (nel 1951 e 1953) le due figlie. Nel 1955 il matrimonio finisce e Italo torna nella casa paterna di via del Trivio insieme al fratello minore. Dopo un breve periodo di occupazione presso il Comune di Anagni come netturbino, si dedica completamente alla pittura, una passione coltivata da sempre. Disegna esclusivamente su materiali da scarto, sui quali realizza i suoi "cartoni" che quasi sempre regala.


Muore ad Anagni il 9 aprile 1995 all'età di 69 anni.

Il 28 settembre 2000 nel Palazzo del Collegio "Martino Filetico" di Ferentino si è tenuta l'esposizione delle opere del pittore Italo Turri (Anagni, 1926-1995), in arte detto "Monzon". L'inaugurazione avvenne in occasione dell'inizio della VII edizione di "Ferentino dentro e fuori", rassegna curata dal Comune e dalla Pro Loco di Ferentino per la promozione dei prodotti dell'industria, commercio ed artigianato della città e dei Comuni limitrofi di Anagni, Alatri e Veroli. La rassegna vide le città sopra menzionate unite a Ferentino anche sotto la simbolica denominazione di "città fortificate", a significare il riconoscimento doveroso delle loro specifiche identità culturali, ma anche l'innegabile consapevolezza, testimoniata dai monumenti, di comuni radici culturali, che affondando nello stesso humus storico e geografico, accomunano ed affratellano tali città.

È interessante riflettere sulla stretta connessione che lega l'edificio storico, che ci ospitò, con l'utilizzo a sede espositiva di opere d'arte della sua ala meridionale, da poco aperta al pubblico dopo un più che decennale restauro.

Il Palazzo del Collegio "Martino Filetico" da sempre è stato luogo di accoglienza e formazione spirituale, culturale e professionale della "persona", educando le coscienze dei giovani al rispetto dei valori dell'uomo. Di quei valori la cultura rinascimentale riscoprì la straordinaria importanza e il pensiero illuminista ne individuò la massima realizzazione proprio nel riconoscimento della diversità e del confronto, da attuare nella vita quotidiana e nel lavoro, quale strumento benefico di aggregazione, riordino e crescita sociale.

Particolarmente significativa, quindi, appare la continuità di uso dell'edificio, che dalla sua prima fondazione (metà del XIII secolo) alle soglie del terzo millennio, si propone come sede di accoglienza, cura e promozione dell'uomo. Emblematica è, pertanto, l'apertura del Palazzo al pubblico con l'esposizione di opere d'arte, frutto dell'operosità e della creatività dell'uomo. L'allestimento di mostre d'arte è sempre un'operazione di grande risonanza culturale: le peculiari qualità artistiche ed estetiche delle opere esposte alla pubblica visione inducono l'uomo contemporaneo alla riflessione sui valori dell'esistenza e sulla sua personale responsabilità nel processo di crescita individuale e comune, vitale per ogni società civile.

Dal 14 al 29 agosto 2000 si tenne in questo Palazzo storico, promossa dalla Fondazione "Umberto Mastroianni" di Arpino, la mostra di opere di Eugenio Carmi, fine artista genovese di apprezzata fama internazionale, attento in particolare nella sua ultima produzione ai valori percettivi dei piani geometrici, delle assonanze cromatiche, del nitore del segno, sempre orientato nelle sue sperimentazioni linguistiche alla ricerca estetica dell'armonia fondante il Cosmo, di cui l'uomo è specchiato riflesso.

La mostra dedicata a Italo Turri , comprendeva 30 opere del pittore anagnino, che ha lasciato nei suoi dipinti e collage, realizzati con deciso segno espressionista, la semplice e vigorosa denuncia contro il male del secolo XX: l'emarginazione e il tragico disagio dell'uomo, schiacciato dalle leggi dell'egoismo e dell' "apparire", imposte dalla logica disumana della società consumistica e materialista.

Le opere di Italo Turri esposte nella mostra ferentinate ci pongono direttamente in contatto con l'artista, ma soprattutto con l'uomo, che emerge a tutto tondo con la sua profonda aspirazione alla semplicità, alla verità dei rapporti umani, al rispetto della dignità della persona, al canto delle piccole cose che fanno bella la vita.

I soggetti di Italo Turri, che firmava le sue opere con il soprannome "Monzon", sono ripresi dalla vita quotidiana: semplici scene di vita di paese, paesaggi, nature morte, personaggi senza espressione che sembrano parlarsi ma non comunicano, città fitte di case senza finestre, riprese di interni domestici, animali, geometrie. In ogni opera si riscontrano pochi colori utilizzati e sempre in accostamento tonale, i rossi, i verdi, i blu, il nero, i grigi, rari tocchi di bianco, il marrone, il beige. La ristretta gamma di colori è forse condizionata dal reperimento spesso occasionale delle tinte utilizzate per dipingere o anche dalla necessità di essenzializzare il linguaggio cromatico, per rendere più efficace la comunicazione degli stati d'animo da trasmettere. La ricostruzione dello spazio, luogo dell'azione dei personaggi della realtà da Turri-"Monzon" indagata, è a volte sacrificata alla resa bidimensionale dei soggetti oppure è raggiunta mediante gli effetti di profondità prospettica ottenuti con la sapiente giustapposizione di gradienti cromatici, con pennellate costruttive decise e materiche, che si scontrano, o con l'uso di impellicciature di compensato, disposte sul supporto in modo da generare ordinate suggestioni di piani e volumi. Il supporto è quasi sempre cartone o cartoncino, materiale di scarto, raccolto con cura tra gli avanzi della opulenta società del benessere economico.

L'opera del Pittore anagnino non può passare inosservata. Sin dalla prima vista la pittura di Italo Turri - "Monzon" cattura l'attenzione del riguardante: si presenta inizialmente con la dolcezza sommessa di una nenia familiare e poi si impone come sinfonia di colore e suoni; ti giunge dritto al cuore con il suo linguaggio semplice e vero; ti parla nel profondo dell'anima quasi come creatura vivente; ti scuote la coscienza e commuove nell'intimo, tanto è intrisa di dolore e tenace attaccamento alla vita. Non è facile sottrarsi al dialogo che l'Autore intavola con l'osservatore: Italo Turri è vivo nelle sue opere e, testimone di sé, lascia il suo messaggio con il linguaggio arcano e universale dell'arte.

L'opera d'arte è ontologicamente comunicazione, trasmissione della riflessione sul mondo che l'artista elabora in modo originale e creativo, perché dotato naturalmente di capacità interpretative della realtà in cui vive. Tali innate capacità vengono affinate con lo studio e l'esperienza del fare, consentendo all'Artista di giungere alla sintesi, che più si avvicina alla intuizione della Bellezza, aspirazione profonda e comune dell'intera umanità. L'Arte, come ricorda De Chirico, è comunque metafisica, non è mai una mera copia della realtà, ma di essa è sempre la libera interpretazione dell'Artista. Ogni Artista per comunicare la sua visione del mondo sceglie il linguaggio più consono alle sue capacità espressive e più adatto ai contenuti da trasmettere. La forma ampiamente approssimativa, il colore alterato, la mancanza di proporzioni, la radicale sovversione dello spazio empirico riescono a tradurre efficacemente il mondo del sentimento, la gioia e l'infelicità, la serenità e la paura, il disagio e la speranza mediante l'efficacia dinamica del gesto, la valenza materica e linguistica del colore o dei materiali utilizzati. La scelta di un linguaggio deformante, che si allontana dalla ripresa mimetica della realtà fenomenica, è significativa di una precisa volontà, tipica degli artisti del XX secolo, di rappresentare in toni drammatici ed incisivi il mondo interiore dell'uomo, cioè quella realtà della coscienza travagliata, che è pur vera, ma inconoscibile in pienezza con il solo ricorso ai sensi fisici.

Italo Turri "Monzon", come molti tra i grandi protagonisti dell'arte del XX secolo, adotta lo stile espressionista e a volte informale nelle sue opere, che si rivelano autentici brani di poesia, potente strumento di comunicazione e stimolo alla riscoperta del valore della dignità dell'uomo.

La formazione culturale ed artistica del Pittore anagnino è legata alle esperienze dell'infanzia e agli studi professionali dell'adolescenza: figlio di calzolaio, è abituato sin da piccolo ad osservare il lavoro artigianale del padre, quotidianamente intento a modellare pelle e cuoio, semplici materiali organici, per ottenere calzature utili per le necessità dell'uomo. Terminati gli studi primari, Italo Turri si iscrive alla scuola professionale della sua città, sezione di "Ebanisteria", che termina nel 1940. La scuola professionale rinforza le attitudini artistiche di Turri e acuisce la sua attenzione ai materiali naturali, che, "manipolati" dall'artigiano - artista, raggiungono nuova forma e nuovo valore, acquistano significato estetico e comunicano bellezza. Diciassettenne, Italo Turri partecipa alla formazione partigiana "Anagni" come "partigiano di gregario" e, arruolatosi nell'esercito, si congeda il 22 novembre 1948. Trova lavoro nella sua città come netturbino e si sposa nel 1950. Due figlie nascono dal suo matrimonio, che finisce nel 1955 in seguito alla decisione fondamentale della vita dell'Artista: rinunciare al mondo per iniziare una nuova vita in opposizione alle regole; vivere "ai margini" del mondo per assicurarsi l'osservatorio privilegiato per la ricerca del senso recondito delle cose e per cogliere la verità, nascosta dal velo dell'apparenza. La sua spiccata sensibilità, già forse traumatizzata dalle esperienze tragiche della guerra, deve aver ricevuto una insanabile ferita dalla repentina trasformazione culturale degli anni successivi al dopoguerra, quando la società agricolo - pastorale del territorio, fondata sulla logica di una vita semplice legata ai bisogni primari della sussistenza, fondata sui valori riconosciuti nelle piccole cose della vita quotidiana quali la solidarietà e lo spirito di abnegazione, il lavoro e la sobrietà, cede improvvisamente il posto all'economia del "consumo", catapultata nella provincia di Frosinone in seguito agli sviluppi della produzione industriale, che segnerà il boom economico degli anni '60 del XX secolo con il conseguente repentino sovvertimento dei tradizionali valori, mentalità, usi e sistemi di vita.

Qualche evento, noto solo all'Artista, gli determina il cedimento delle capacità di resistenza contro le difficoltà della vita sempre più schiaccianti: l'incomprensione, il disprezzo dell'altro, l'egoismo. La società appare a Turri un inferno per le sue convenzioni, che, mascherate di perbenismo, violano la dignità personale dell'uomo e soffocano la sua libertà. Italo Turri ha inconsciamente una visione hobbesiana della vita, in cui vale l'amara definizione homo homini lupus. Egli, sicuro di non avere altra scelta, abbandona la normale convivenza sociale e torna a vivere nella casa paterna, nido protettivo, rifugio dall'ipocrisia imperante che distrugge l'uomo, perché, negandogli il diritto di "parlare", di essere sé stesso, gli sottrae il diritto di esistere.

Italo Turri sceglie lo "scandalo della debolezza", la "povertà" totale, l'emarginazione da una società matrigna e disumana, che, rifiutando il "diverso", gli impedisce il dialogo paritario, schietto e autentico. La sua vita diviene semplice, povera, ma proprio per il distacco dal peso delle cose ritenute indispensabili per raggiungere il successo e il potere, Italo Turri diviene "libero" e "ricco", perché nel suo spirito egli può possedere ogni cosa, facendo ricorso alla sua fantasia, alla sua poesia, alla sua arte. L'Artista anagnino rifiuta il dialogo convenzionale della parola abusata nella convivenza comune per scegliere il suo linguaggio, quello universale della pittura, quello che non può essere equivocato e che rimane nel tempo sempre autentico, vero e liberante. Significativo è il nomignolo che la gente del suo paese gli veste addosso: "Monzon", come il famoso pugile. Italo Turri accetta il soprannome, che utilizza nel firmare le sue opere: egli dimostra, così, di non rinunciare alla lotta e continua a combattere pacificamente con i "suoi pugni", cioè con le sue mani di artista, dimostrando come le mani dell'uomo riescano a produrre bellezza, manipolando la materia apparentemente priva di valore, rinnovando e dando vita alle cose morte, quelle scartate e ritenute inutilizzabili.

Da tale concezione del mondo deriva la preferenza per il segno espressionista e la scelta delle tecniche utilizzate con analoghi scopi artistici dalla Pop Art americana e dall'Arte Povera, mediante il recupero dei materiali poveri, preferibilmente quelli di scarto. Infatti Italo Turri - "Monzon" usa come supporti alla sua pittura cartone, stoffe, manifesti pubblicitari, impellicciature di compensato, smalti e acrilici, che spesso recupera nelle zone di raccolta cittadina dell'immondizia. "Monzon" realizza in tal modo una vera operazione culturale, riconoscendo con la sua vita "ai margini" il grande valore oggettivo che ciascuna cosa, sia essa naturale o prodotta dall'uomo, porta in sé e affermando contemporaneamente l'infinito valore della dignità di ogni uomo, ricco o povero, potente o debole, autorevole o ingiustamente senza diritto di parola, di cui l'oggetto di scarto diviene nelle mani dell'Artista poetica metafora.

La mostra delle opere di Turri-"Monzon" è stata allestita dall'architetto Giacinto Porretti, che, coadiuvato dal solerte Magno Carroccia, genero dell'Artista, ha costruito un percorso visivo perfettamente funzionale alla piena conoscenza del Pittore, dei suoi modi espressivi e del suo mondo spirituale. I temi predominanti nelle opere esposte sono: "il rapporto uomo-natura"; "la società chiusa nei suoi preconcetti e ostile all'uomo", "l'indagine interiore e la riflessione sulla vita".

Il "rapporto uomo - natura" è celebrato nelle opere La contessina, Il gatto bianco, La ciammotta, Il cardo, Il cervo, Il pappagallo, Vegetazione acquatica, Natura morta con locuste, fiasco e case. In esse l'Artista rappresenta le figure degli animali, quali il lupo, il gatto, il pappagallo, le locuste, i pesci, che, proposti nel loro valore di creature complementari all'uomo, si qualificano come gli unici referenti credibili della spontaneità e verità, oltre le diffidenze preconcette avallate dall'egoismo della società contemporanea.

La "società chiusa nei suoi preconcetti e ostile all'uomo" è rappresentata particolarmente nei bozzetti di vita sociale quotidiana come Donne che confabulano, Nuche svanenti (Uomini che parlano senza dialogare), Le Aristocratiche, La Familiare, L'Aristocratica, La città non è di petra, Donne che vanno alla Messa. In queste opere le figure umane sono inserite entro riquadri geometrici che ne evidenziano i limiti di azione; anche se più figure si fronteggiano, esse appaiono statiche e prive di espressione. È singolare notare con quale efficacia iconica l'artista raffiguri la chiusura dell'uomo al suo simile mediante l'indicazione di soli bottoni neri, disposti in fila verticale su corpi conici, rigidi e privi di arti, dotati di volti grigi senza contorni e caratterizzati solo dalla chioma, da occhi, naso e bocca ottenuti con macchie di colore nero. Tali figure, da Turri -"Monzon" definite le Aristocratiche, sono rigide, incapaci di parlare e di comunicare, di entrare in relazione con l'altro, perché dalla loro interiorità nessuna luce traspare; esse sono rigorosamente "abbottonate", prive di gambe per camminare insieme, prive di braccia per collaborare. Tuttavia un sentimento di tenerezza accompagna tali immagini: qualche pianta è riprodotta al loro fianco, simbolo, forse, della speranza che il profumo della Natura possa addolcire la durezza del cuore umano, schiavo dei pregiudizi.

L' "indagine interiore e la riflessione sulla vita" è dominante nelle opere Paesaggio con carretto: il ritorno dal lavoro, Nudo di Anna, Cambio di guardia, Pensiero lontano, La Madonna, Anagni - Anna (Anna, la figlia, davanti al caminetto), Sognando l'Abruzzo, Senza titolo ("Visione d'Interno"), Case viaggianti, Geometria, ma permea anche le sue nature morte come tutta la sua produzione artistica.

Paesaggio con carretto: il ritorno dal lavoro esprime il rispetto sacrale che l'Artista nutre per il lavoro dei campi, che pone l'uomo a diretto contatto con i ritmi naturali e gli permette di vivere in sintonia con l'ordine cosmico. Anche se il contesto ambientale conserva i toni molto scuri di colore, allusivi alle insidie e alla fatica del vivere, luminose pennellate accendono di toni rosati il paesaggio, evidenziando le figure animali, l'uomo, le case, e riescono a dare come per incanto valore prospettico al paesaggio, suggerendo lo sfuggire in profondità dei piani. Tale percezione visiva di uno spazio articolato, in cui l'uomo assume una funzione compositiva rilevante, è prepotente soprattutto guardando a distanza il dipinto, che deve essere osservato, scoperto nelle sue parti costituenti, quasi a significare la necessità di osservare attentamente il reale, per imparare a conoscerne gli aspetti positivi, che sono nascosti dal "buio" della nostra disattenzione.

Pensiero lontano (96x64) rappresenta di spalle un uomo dal vestito grigio e dalla folta chioma nera, che in solitudine e in piedi sul molo osserva una grande nave scura, galleggiante sul mare, riprodotto con collage di impellicciatura di compensato lasciato nel suo colore originario. Della nave è rappresentata la prua e parte dell'albero maestro, che si stagliano su un cielo grigio; il resto della nave e la parte terminale dell'albero maestro fuoriescono dal limite del campo percettivo e coinvolgono l'osservatore nel completare la figura con la sua immaginazione, partecipando emotivamente all'evento raffigurato: il canto dell'uomo - artista, che vagheggia l'"Esodo", la "Terra promessa", il luogo della libertà, dove sarà saziata la sua fame di giustizia e la sua sete di felicità, desideri insopprimibili dell'animo umano. L'Artista Italo Turri, deluso dal mondo, crede la Terra promessa irraggiungibile se non attraverso l'arte: perciò affida il suo accorato canto, sottolineato dal tono grigio predominante nel dipinto, al topos del viaggio per mare, da sempre nella cultura umana metafora della vita dell'uomo alla ricerca della verità tra le insidie dell'esistenza.

La Madonna è un'opera di squisita raffinatezza estetica, segno di una concezione positiva della bellezza, che Turri -"Monzon" comunica con la semplicità e franchezza che gli sono peculiari. L'Artista recupera un manifesto pubblicitario dei prodotti di bellezza ipoallergenici Phas, proposti alle consumatrici come ottimali contro qualsiasi rischio di allergia. Il primo piano di un perfetto volto di giovane donna, campeggiante su sfondo nero quale testimonial del successo del prodotto, è finalizzato alla trasmissione di un persuasivo messaggio promozionale, che è rinforzato dal testo verbale del supporting - evidence, stampato sotto l'immagine. Turri -"Monzon" con larghe pennellate color crema copre il volto della giovane donna: lascia intravedere appena una porzione di fronte, dall'epidermide liscia e vellutata, le arcate sopracciliari con l'inizio delle cavità orbitali e parte del testo scritto sotto la foto. Non sembra frutto del semplice caso la soluzione adottata dall'Artista nel manipolare il manifesto pubblicitario. Intenzionalmente "Monzon" vela il volto della modella, proposto come ideale di bellezza esteriore, oggetto di consumo e di profitto dell'industria, per svelarne la vera bellezza, quella che ogni donna e ogni madre deve possedere e che né il tempo né la moda può offuscare: quella bellezza, che, custodita nell'interiorità, traspare luminosa dal pensiero e dai sentimenti della donna, raffigurati poeticamente dall'Artista nella fronte e negli occhi. Ad un modello di bellezza artefatta ed omologata, costruita su criteri persuasivi al largo consumo del prodotto reclamizzato, "Monzon" oppone il richiamo alla semplicità, alla scoperta dei valori nascosti nell'intimo della persona.

Senza titolo ("Visione d'Interno") è un'opera singolare, che per la sua configurazione iconografica richiama alla memoria le vedute di interni fiamminghe, altrettanto cariche di significati e di richiami morali nascosti. Su un piccolo frammento di cartone di formato rettangolare le vernici nere dominano la superficie, che sul lato destro presenta due ampie strisce verticali bianche, facilmente riconoscibili come i vetri di una finestra. Mi piace cogliere nell'opera la sottile metafora di sé, che l'Artista propone all'osservatore con il suo linguaggio apparentemente contraddittorio. "Monzon" non dipinge l'interno squallido e buio di una casa, cui nemmeno la potente luce diurna riesce a donare chiarore. L'Artista dipinge dall'esterno la sua casa, che tutti credono di vedere scura e di poco valore, ma essa, come si vede dalla sua finestra, è illuminata all'interno da un'intensa luce. Per tale motivo mi pare suggestivo proporre il titolo "Visione d'Interno", dove con la parola "Interno" possiamo indicare l'animo dell'Artista, percepibile solo in una "visione" con un atto di volontà e fiducia. Come nell'architettura ravennate il rivestimento esterno in mattoni celava il fulgore dei mosaici parietali interni, metafora dell'anima e dello spirito, così Turri -"Monzon" vuole invitare l'uomo distratto a riflettere sulla "luce" dell'interiorità, di cui anche un uomo umile e debole è detentore.

Case viaggianti (54,5x85) appare quasi un testamento spirituale: il formato rettangolare orizzontale e le linee - forza orizzontali e curve orientate da sinistra a destra favoriscono la percezione del movimento e la rappresentazione di un evento in fieri, facilmente leggibile dall'osservatore. Su un grande prato azzurro, solcato orizzontalmente da spesse pennellate bianche e nere, corre un treno, composto da sette vagoni, tutti senza pareti, con due o più passeggeri dalle teste nere seduti dentro ogni vagone. Sullo sfondo il paesaggio continua fino all'orizzonte alto, segnato dal profilo dei monti raffigurati con la stesso colore azzurro. É inevitabile il confronto con la familiare vallata del Sacco attraversata dalla ferrovia e caratterizzata dai freschi toni del verde della fitta vegetazione, che in lontananza e sui monti Lepini acquistano particolari sfumature azzurrine in particolari condizioni di luce diurna. Nel dipinto la striscia celeste del cielo, solcato da qualche pennellata bianca, è incupita dalla presenza incombente di tre grandi uccelli neri, raffigurati in posizione centrale, in volo sopra il treno. In alto a sinistra una pennellata circolare nera è appena percepibile, figura di una stella lontana, un sole nero che non illumina, né scalda. Il paesaggio semplificato e privo di dettagli pone in maggior risalto il treno, interpretato dall'Artista come "Case viaggianti", cioè case con i loro abitanti in corsa verso una meta sconosciuta, inseguiti dalle insidie, di cui i grandi corvi, ripresa forse di quelli più famosi di van Gogh, sono presagio, e accompagnati costantemente dalla stella nera, interpretata da Italo Turri -"Monzon" come figura benefica di Beatrice/Morte. L'Artista non trascura la "sorella Morte", che sempre in secondo piano e quasi nascosta accompagna l'uomo nella sua esperienza di vita terrena e che sola lo conduce alla liberazione, allo svelamento ultimo e totale della verità. Straordinari gli effetti luministici provocati dall'accostamento dei colori e dalla robustezza del tratto delle pennellate: oltre a suggerire effetti di profondità e di dinamismo, conferiscono al dipinto un potente effetto drammatico, rendendolo rappresentazione di un dramma, che senza soluzione di continuità è recitato sulla scena del mondo, emblema della condizione umana.

Spesso nelle opere di Italo Turri-"Monzon" lo spazio è assente o alterato prospetticamente, probabilmente a significare una realtà ritenuta fissa, immutabile, colta nella sua tragica e dolorosa portata universale. Tuttavia sempre si coglie nella pittura di "Monzon" una felice e certamente intenzionale partitura geometrica della struttura compositiva, sovente suggerita anche dalle pieghe dei cartoni utilizzati a supporto della sua pittura.

Gli stessi cartoni "riciclati" divengono valido mezzo espressivo nelle mani di "Monzon": grazie alla loro movimentata texture, lasciata visibile dalle pennellate trasparenti, essi ci parlano sommessamente della luce che sfiora le superfici, dà sostanza alle forme, vitalità alla realtà. Come aveva intuito Picasso, anche nell'opera di "Monzon" l'inserimento di frammenti di realtà (cartone, impellicciatura, stracci) conferisce valore di concretezza reale al dipinto, che non è più una semplice riproduzione del fenomeno, ma è la ricostruzione e l'epifania della realtà profonda dell'esperienza umana, che l'artista avverte per via di sentimento e comunica quale sua personale visione del mondo.

Sintomatica la scelta dell'Artista anagnino di non datare i suoi dipinti: ciò che raffigura è la realtà quotidiana, è la storia dell'uomo Italo Turri nel suo quotidiano rapporto con la realtà, fuori da schemi che, incasellando rigidamente l'esistenza, rendono l'uomo prigioniero del passato e delle sue convenzioni oppure schiavo dell'ansia scaturita dalla paura del futuro. Italo Turri -"Monzon" nella sua disarmante semplicità inconsciamente ricalca il pensiero crociano secondo cui "la storia è il presente", è l'intervento che l'uomo riesce a compiere con le sue scelte e comportamenti nell'esperienza concreta del vivere, che si attua solo e sempre nel momento presente dell'esistenza di ciascuna persona.

La coerente cifra stilistica evidente nelle opere del Pittore anagnino denota la problematica costante dell'Artista, sofferente comunque del disagio provocato dalla profonda delusione provata nei confronti della comunità umana. L'uso continuato dei medesimi segni e mezzi espressivi, se non permette di seguire un itinerario spirituale in evoluzione, assicura, tuttavia, il riconoscimento della lucidità del pittore "Monzon", sempre attento a comunicare con chiarezza e decisione il suo essere uomo e il suo messaggio di pace.

Ciò che colpisce dell'opera di Italo Turri è, infatti, l'invito ad individuare nella sua pittura l'Uomo con le sue sofferenze e desideri profondi, il suo desiderio di libertà che coincide con l'aspirazione alla bellezza: tutta la produzione artistica di Turri-"Monzon" è il riflesso di un animo di bambino innocente ferito dal rifiuto, ma privo di risentimento verso chi lo umilia, allontanandolo. Italo Turri non ha abbastanza forze fisiche per lottare ed esprimere verbalmente il suo dissenso, preferisce la fuga dalla realtà angosciante, ma non sceglie il silenzio: "Monzon" si serve della pittura per continuare a proclamare con coerenza la sua identità.

In questo paradossalmente l'uomo Italo Turri diviene vincente, poiché la sua arte continua a parlarci di lui, ma anche di noi stessi: continua a denunciare quegli atteggiamenti che spesso adottiamo verso l'Altro quando ci rifiutiamo di incontrarlo nella sua "diversità", di accoglierlo in nome dei valori universali dello spirito, di cui ogni persona è portatrice.

L'arte di Italo Turri-"Monzon" è un nobile richiamo all'uomo del terzo millennio a rispettare i valori fondanti della dignità dell'uomo, profondamente intuiti dalla civiltà greco- latina e faticosamente conquistati nella nostra civiltà durante i due millenni trascorsi dell'era cristiana

 

Il testo della presentazione, tenuta dalla prof.ssa Maria Teresa Valeri in occasione della inaugurazione della mostra il 28 settembre 2000, è stato pubblicato in "Terra Nostra", anno XXXIX, settembre-ottobre-novembre 2000 - n. 9-10 - 11 -12, pp. 24-28.

 


 

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