Tesi 27 
QUESTIONE MERIDIONALE

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Lavoro

mezzogiorno

Le masse meridionali sono un alleato strategico decisivo della classe operaia nella prospettiva anticapitalistica, ed una forza determinante per l'affermazione di tale prospettiva. La questione meridionale si ripropone come questione centrale della vita nazionale e uno dei punti di massima intersezione di questione sociale e questione democratica.

Già la storia degli anni Ottanta ha segnato la continuità del processo di emarginazione economico e sociale del Sud all'interno della divisione nazionale e internazionale del lavoro. La svolta degli anni Novanta e l'avvio della II Repubblica ha indotto la situazione meridionale a una vera e propria precipitazione: il taglio dei trasferimenti assistenziali, il disegno liberista del federalismo, la flessibilizzazione dilagante (v. i contratti d'area esemplari di Manfredonia, Crotone, Castellamare) si pongono su uno sfondo sociale già segnato da una profonda deindustrializzazione e dall'ulteriore espansione di una disoccupazione di massa, specie giovanile già da tempo drammatica. L'ingresso nell'Europa di Maastricht consolida e accentua queste tendenze di fondo: confermando una volta di più che là crescente marginalità dell'economia meridionale lungi dall'essere un'espressione di arretratezza e di "ritardo" è il risvolto di una reale integrazione nel moderno mercato capitalistico e un laboratorio di sperimentazione delle forme più avanzate di sfruttamento.

Peraltro l'ulteriore declino del Sud produce al suo interno una polarizzazione della ricchezza e del contrasto di classe. Da un lato abbiamo una borghesia meridionale emergente legata alle costruzioni, al terziario e all'economia turistica, protagonista spregiudicata delle operazioni speculative sulle aree industriali dismesse e che moltiplica i propri capitali attraverso i meccanismi della rendita. Al polo opposto il pesante ridimensionamento della classe operaia industriale si accompagna ad un processo di più ampia pauperizzazione segnato dal peso crescente dei disoccupati, dalla precarietà del lavoro stagionale, dal declassamento del pubblico impiego, dal supersfruttamento del lavoro femminile.

In questo quadro la criminalità organizzata trova il suo spazio naturale di riproduzione sociale: essa si intreccia profondamente con la borghesia meridionale di cui è organica frazione, attraverso un complesso rapporto: da un lato esercita su di essa un prelievo fiscale illegale e diffuso, largamente sostitutivo del fisco statale, entrando così in contraddizione con l'interesse complessivo della borghesia nazionale, ma dall'altro le assicura protezione sociale e credito bancario (anche attraverso l'utilizzo di settori dello Stato). Inoltre la criminalità agisce come ufficio di collocamento di giovani disoccupati e quindi, paradossalmente, come ammortizzatore sociale, tanto più in una fase in cui lo Stato borghese, da sempre esattore e gendarme, giunge a negare persino l'assistenza. In questo quadro nessuna sentenza di tribunale o iniziativa giudiziaria, nessun proclama solenne di lotta alla mafia possono rimuovere peso sociale e radici della criminalità organizzata, obiettivamente incorporata al blocco storico dominante.

Il nuovo governo delle destre costituisce oggi un fattore di ulteriore aggravamento della situazione meridionale. Le politiche di flessibilizzazione selvaggia del lavoro e di attacco alle conquiste sociali ricadranno in forma concentrata sulle condizioni materiali di ampi settori di giovani e di donne meridionali. Parallelamente il rilancio delle politiche delle "grandi opere" mira a rafforzare il blocco affaristico speculativo con l'aperto coinvolgimento di settori malavitosi del capitale, a scapito dell'ambiente e della stessa occupazione (v. ponte sullo stretto).

La piattaforma di lotta per la vertenza generale unificante di lavoratori e disoccupati acquista dunque una valenza centrale per le masse del Mezzogiorno. Le rivendicazioni del salario garantito ai disoccupati e ai giovani in cerca di prima occupazione, della trasformazione dei lavoratori precari in lavoratori a tempo indeterminato, dell'abolizione del "Pacchetto Treu" e delle leggi di flessibilizzazione del lavoro vanno assunte, tanto più oggi, come terreno di unificazione del blocco sociale alternativo nel sud e come ambito di ricomposizione in esso dell'egemonia di classe. In questo senso vanno ricondotte a un programma anticapitalistico più complessivo, basato su un vasto piano di rinascita e di sviluppo generale del Mezzogiorno, e sulla necessita di un'azione di lotta radicale a suo sostegno da parte dell'insieme del movimento operaio, in rottura con la logica delle politiche concertative adottate fino ad oggi dal sindacato.

Occorre organizzare comitati di lotta che vedano come protagonisti ovunque possibile lavoratori, disoccupati, precari, migranti e studenti, che sostengano scelte occupazionali in netta controtendenza con quelle attualmente dominanti, ponendo anche l'obiettivo della nazionalizzazione delle fabbriche che licenziano, evadono, sfruttano mano d'opera a basso costo (con scarse norme di sicurezza, bassi salari, scarsa specializzazione, part-time, ecc. Occorre rivendicare come politica sociale per la rinascita del Mezzogiorno l'eliminazione dei privilegi di classe della borghesia: l'abolizione del segreto bancario, commerciale, finanziario quale unica condizione per la lotta all'elusione ed evasione fiscale; l'imposizione di una patrimoniale ordinaria e straordinaria sulle grandi ricchezze; la tassazione fortemente progressiva dei profitti e delle grandi rendite; l'abolizione dei trasferimenti pubblici alle imprese, vera assistenzialismo di Stato che sottrae ogni anno all'erario pubblico decine di migliaia di miliardi.

In conclusione al blocco storico dominante tra la grande borghesia del Nord e la borghesia meridionale, ivi inclusa la sua frazione criminale, occorre contrapporre il blocco storico tra la classe operaia e le masse popolari del Sud, a partire dai lavoratori e dai disoccupati, sulla base di un programma anticapitalistico. Ed anzi questo blocco di classe è il solo che può trasformare la questione meridionale in una leva decisiva dell'alternativa anticapitalista.