Tesi 23 
OPPOSIZIONE DI CLASSE A BERLUSCONI E VERTENZA GENERALE

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La classe operaia e il mondo del lavoro è il soggetto centrale dell'opposizione a Berlusconi e la leva del suo possibile ribaltamento. Ma alla condizione di ricomporre nella lotta, sul terreno di una vertenza generale unificante, un proprio polo di classe indipendente, alternativo al centrosinistra liberale.

L'esperienza stessa degli anni Novanta reca un insegnamento prezioso per i comunisti e per il movimento operaio italiano. Solo il movimento operaio, con la sua azione di classe concentrata, è stato capace di arrestare l'ascesa di Berlusconi, incrinare il suo blocco sociale, porre le condizioni della sua caduta: è l'esperienza dell'autunno '94. Questa lezione va recuperata alla memoria di vaste masse e assunta come bussola di una nostra nuova politica di fronte al secondo governo delle destre.

La ricomposizione di un movimento unitario di lotta della classe lavoratrice non ha solo valenza sindacale ma una valenza politica generale. Per questo la proposta di una vertenza generale unificante del mondo del lavoro e dei disoccupati può e deve costituire l'asse immediato di intervento del nostro partito sul terreno del rilancio di un'azione di classe indipendente. Non si tratta di elencare in modo ordinario gli obiettivi della nostra opposizione di partito. Si tratta di selezionare un insieme combinato di rivendicazioni per lo sviluppo dell'opposizione di massa, per una sua espressione radicale e concentrata, per la riunificazione in essa del blocco sociale alternativo. La proposta di una vertenza generale del mondo del lavoro e dei disoccupati, nella prospettiva dello sciopero generale contro governo e padronato, risponde tanto più oggi a questa necessità.

La rivendicazione di un forte aumento salariale unificante per tutto il lavoro dipendente è tanto più oggi in diretta contrapposizione alla politica di attacco alla contrattazione nazionale promossa dal nuovo governo. La rivendicazione dell'abolizione del "Pacchetto Treu" e di ogni forma di lavoro precario (a partire dall'assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari attuali), cozza frontalmente più che mai con la linea strategica di frantumazione del lavoro dipendente. La richiesta del salario minimo garantito intercategoriale (quantificabile in 1000 Euro al netto di ogni trattenuta, punto di riferimento anche per le pensioni dei lavoratori) per l'insieme del lavoro dipendente si contrappone tanto più oggi alla politica di regionalizzazione salariale incorporata al federalismo liberista. La rivendicazione del riconoscimento ed estensione dei diritti sindacali a tutti i lavoratori subordinati, indipendentemente dal tipo di contratto e dalla dimensione dell'impresa, è in aperta collisione con i programmi congiunti di Confindustria e governo, a partire dall'attacco all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La rivendicazione di un vero salario garantito per i disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione (quantificabile nell'80% del salario minimo intercategoriale o di quello contrattuale precedentemente percepito), finanziato in primo luogo con l'abolizione dei trasferimenti pubblici alle imprese, fuori da ogni logica di compromesso col lavoro "minimo" cioè precario, contrasta con le politiche di precarizzazione dilagante e indica un'arma di resistenza al ricatto della scelta tra disoccupazione e supersfruttamento. La riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di salario senza flessibilità e annualizzazione, con l'abolizione dello straordinario, indica l'unica via per una lotta efficace contro la disoccupazione di massa. La rivendicazione di una tassazione progressiva di grandi rendite, profitti, patrimoni ("paghi chi non ha mai pagato") come fonte di ampliamento e riqualificazione della spesa sociale (a partire dalla sanità e dalla scuola) può e deve contrapporsi alla linea governativa di detassazione dei profitti pagata dalla distruzione dello stato sociale.

Questa piattaforma rivendicativa immediata non va considerata come piattaforma chiusa, o come piattaforma sostitutiva delle specifiche rivendicazioni di settore e di movimento. Ma va assunta nella sua logica di fondo di piattaforma unificante cui ricondurre l'intervento di massa dei comunisti: nei movimenti, sul territorio, nelle organizzazioni di massa. La sua funzione è di far leva sulla piattaforma reazionaria di padronato e governo per contrapporvi la radicalità speculare di una piattaforma di classe alternativa. E di far leva su una piattaforma di classe alternativa per unire attorno alla classe lavoratrice tutti i settori e frammenti delle masse subalterne: al di là di una pura logica sindacale, e contro l'attuale dinamica di frantumazione.

In questo quadro e su questo terreno il PRC avanza la proposta più generale del fronte unico di classe contro il governo Berlusconi e il padronato. Il suo significato è semplice: se il governo ricompone oggi attorno a sé l'unità d'azione della borghesia, occorre realizzare la più ampia unità d'azione dei lavoratori e delle lavoratrici contro il governo e il blocco di interessi che lo sostiene. Si tratta di rivendicare la più ampia unità di lotta dei lavoratori, al di là di ogni barriera politica e sindacale, favorendo ovunque possibile la convergenza nell'azione su un comune programma. Più in generale va rivolto un appello a tutte le forze e tendenze che si richiamano al movimento operaio perché convergano nell'azione attorno a un programma di classe indipendente, in aperta rottura con le forze del centro borghese. Se la subordinazione del movimento operaio al centro borghese ha preparato in cinque anni la vittoria di Berlusconi, solo la rottura col centro borghese può consentire al movimento operaio di cacciare Berlusconi. La proposta incalzante di unità d'azione del movimento operaio contro il governo va quindi apertamente contrapposta ad ogni proposta frontista con le forze borghesi. La lotta per l'egemonia di classe nell'opposizione al governo delle destre in alternativa al centrosinistra borghese, definisce esattamente il nuovo campo di battaglia dei comunisti.