Tesi 10 
 MOVIMENTO ANTIGLOBALIZZAZIONE

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L'affacciarsi di una giovane generazione sul terreno della lotta (movimento antiglobalizzazione), ripropone tanto più oggi l'attualità del rilancio di una prospettiva storica rivoluzionaria. La conquista della giovane generazione alla prospettiva socialista è un compito difficile ma decisivo della Rifondazione.

La nascita e lo sviluppo del movimento antiglobalizzazione su scala mondiale non è separato dalla ripresa della lotta di classe. Riflette la stessa crisi di egemonia del liberismo che alimenta la ripresa delle lotte sociali. Così come riflette quello stesso risveglio di ampi settori di giovani, che segna la svolta nella mobilitazione dei lavoratori. La stessa composizione sociale del movimento è spesso segnata da un'ampia presenza di giovani precari.

Ma l'importanza del movimento antiglobalizzazione non è data solo dal sintomo che riflette, ma dalle conseguenze che produce. Le mobilitazioni massicce contro i vertici capitalistici internazionali, lungo l'itinerario di Seattle, Praga, Nizza, Genova, hanno mostrato con grande potenza simbolica alle classi subalterne del mondo intero che le politiche dominanti possono essere contestate, che una massa crescente di giovani ne fa oggetto di una aperto rifiuto. Questo fatto ha favorito un consenso largo e diffuso attorno alle ragioni del movimento, un salto netto della sensibilità critica antiliberista di ampi settori di massa; un incoraggiamento obiettivo alla stessa ripresa di lotta della classe operaia in molti paesi. Peraltro in diversi Paesi, le mobilitazioni antiglobalizzazione hanno visto, in forme diverse, la partecipazione diretta di settori di classe e di loro organizzazioni sindacali e/o politiche. Più in generale il movimento antiglobalizzazione ha capitalizzato e incanalato in un quadro largo tutte le istanze di contestazione dell'attuale ordine del mondo (sociali, democratiche, ambientali, di pace) da un lato riflettendo, dall'altro incentivando un mutamento diffuso della percezione pubblica del capitalismo. Le potenzialità anticapitaliste di questo movimento, per quanto latenti, sono dunque di grande rilevanza.

Tuttavia limitarsi alla lode del movimento antiglobalizzazione o addirittura promuovere un culto della sua spontaneità, come di fatto fa oggi il nostro partito, costituisce un errore profondo. Decisiva infatti è e sarà la direzione di marcia del movimento, in ordine agli orientamenti programmatici che vi prevarranno, alle scelte politiche che ne derivano, al segno di egemonia sociale che esse riflettono.

Larga parte delle culture oggi egemoni nel movimento antiglobalizzazione internazionale sono di tipo neoriformistico. Non si tratta di "disprezzarle" ma di coglierne la radice storico/sociale e la ricaduta profondamente negativa per le ragioni del movimento stesso.

Sullo sfondo dell'arretramento del movimento operaio degli anni '80-'90, entro una situazione storica segnata congiuntamente dalla crisi di egemonia del liberismo e dalla crisi di credibilità del "socialismo" (nella sua rappresentazione storica ereditata) si è determinato un vasto campo di sviluppo di culture "critiche" del capitalismo ma non anticapitaliste: di culture e "programmi" tesi a ricercare un altro mondo possibile entro il capitalismo e non in alternativa ad esso. Queste culture politiche non sono omogenee ed anzi sono segnate da differenze profonde: comprendono tendenze apertamente collaborative con forze e istituti del capitalismo mondiale in una logica di pressione critica sul loro operato; tendenze neokeynesiane votate alla ricerca di una razionalizzazione antispeculativa del capitale (v. i vertici di ATTAC); tendenze basate sulle esperienze di terzo settore e sul recupero culturale di antiche suggestioni cooperativistiche (neoproudhoniane); tendenze anarco/ribelliste portatrici di una sorta di "neo-luddismo " (Black block). Ma il loro tratto comune è o la ricerca illusoria di un capitalismo "equo", o la rivendicazione di un proprio spazio antagonistico all'interno del capitalismo: comunque la negazione di una prospettiva socialista e della centralità della contraddizione tra capitale e lavoro come leva di un'alternativa sociale. In questo senso tali culture minacciano di deviare l'anticapitalismo latente del movimento e i sentimenti antiliberisti di milioni di giovani verso un orizzonte al tempo stesso utopico e subalterno: ostacolando obiettivamente lo sviluppo della coscienza politica del movimento e la sua convergenza di lotta con la classe operaia internazionale e con i movimenti di liberazione dei popoli oppressi.

I comunisti debbono radicarsi a fondo nel movimento antiglobalizzazione, partecipare attivamente alla sua costruzione e alle sue strutture, legarsi profondamente ai sentimenti di massa antiliberisti, cogliendone le straordinarie potenzialità: ogni atteggiamento di distacco, di sufficienza dottrinaria verso il movimento va contrastato apertamente. Ma la lotta contro le posizioni riformiste, per un'egemonia alternativa è la ragione stessa della presenza dei comunisti nel movimento. Egemonia non è né predicazione ideologica né imposizione burocratica: egemonia è lotta aperta per la conquista politica e ideale del movimento a un programma anticapitalista; per collegare tutte le ragioni di fondo che il movimento esprime, nel vivo della sua esperienza quotidiana (ragioni sociali, ambientali, democratiche, di pace) alla prospettiva socialista; per ricondurre di conseguenza tutte le istanze di fondo del movimento all'incontro strategico con la classe operaia. L'affermarsi nel movimento antiglobalizzazione di un'egemonia anticapitalistica della classe operaia, quale soggetto centrale di un blocco storico alternativo su scala mondiale, è tanto più oggi una esigenza vitale per il movimento stesso. Il nuovo scenario di guerra imperialistica pone il movimento di fronte a una prova impegnativa che richiede un salto di coscienza politica e di orizzonte. Lo scontro tra imperialismi e popoli oppressi tenderà ad aggravarsi. Lo scontro di classe sul fronte interno tenderà ovunque ad inasprirsi. Il movimento non può più vivere di iniziative simboliche, di critiche intellettuali delle ingiustizie del mondo, di ricette accademiche utopiche o minimali, senza rischiare di logorare la propria forza. Né può affidarsi ad una pratica generica di "disobbedienza". Una pagina del movimento si è in ogni caso chiusa. E' necessaria una scelta chiara di collocazione sociale e di orizzonte strategico in ogni paese e su scala mondiale. Non è sufficiente una critica del liberismo senza schierarsi apertamente a fianco dei lavoratori e delle loro lotte. Non è sufficiente una critica dei poteri dominanti del mondo senza schierarsi al fianco dei popoli dominati. Su ogni terreno l'alternativa tra opzioni riformiste e anticapitaliste, pacifiste o antimperialiste, sarà posta dai fatti nel dibattito stesso del movimento.

I comunisti possono e debbono impegnarsi su un terreno più difficile ma più avanzato perché un ampio settore della giovane generazione maturi una coscienza politica rivoluzionaria e di classe. Per questo la costruzione di una tendenza rivoluzionaria internazionale nel movimento antiglobalizzazione è tanto più oggi una necessità inaggirabile.