TESI 63
PER RADICARE L'INTERVENTO TRA LE GIOVANI GENERAZIONI

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La precarietà come chiave di lettura della condizione giovanile. Il ruolo dei giovani comunisti nella costruzione del movimento.

Per condurre a fondo il processo di autoriforma del partito, una forza centrale è l'attivazione delle giovani generazioni e l'assunzione di una priorità di intervento in direzione loro, sia sotto il profilo della prassi politica che attraverso la costruzione dell'organizzazione giovanile del Prc. Il paradigma della precarietà, che abbiamo definito generale nella rivoluzione neocapitalista, si applica in primo luogo proprio alla "condizione giovanile" e determina il suo ruolo materiale nel quadro dei rapporti sociali di classe.
La disoccupazione e l'inoccupazione, la svalorizzazione e l'espropriazione dei diritti e delle garanzie del lavoro, fino ad una nuova e superiore alienazione, il comando del profitto sui saperi sempre più centrali nella produzione di valore, il controllo pervasivo della vita quotidiana anche attraverso la privazione di spazi di socialità ricca, l'appropriazione capitalistica delle stesse forme di vita nel loro insieme, sono tratti caratteristici di quest'epoca del dominio del mercato: in essa, si affaccia una generazione che dal futuro, senza mutamenti, può attendersi solo una condizione peggiore, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, di quella che l'aveva preceduta.
In questo senso vanno letti i movimenti degli ultimi anni e mesi, che proprio nel protagonismo di giovani e giovanissimi vedono un inizio di replica conflittuale e alternativa a tale stato di cose. Il movimento presente materializza per le nuove generazioni la sola occasione per una riconquista di massa della dimensione politica, e per la sua liberazione dall'abbraccio mortale della gestione di un potere sempre più distante e nemico: "un altro mondo è possibile" è parola d'ordine che evoca in primo luogo, per queste generazioni, il tema centrale della riappropriazione del proprio futuro e d'una cittadinanza ricostruita nella partecipazione al conflitto e alla trasformazione.
I Giovani Comunisti sono stati, fin dall'inizio, uno dei soggetti politici più attivi nella costruzione, nel nostro paese, del "movimento dei movimenti", presentando così i tratti di una feconda anomalia rispetto alla storia e al panorama, fino a qualche tempo fa, delle organizzazioni giovanili comuniste e di sinistra, troppo spesso incapaci di aprirsi davvero alla ricerca di nuove prassi rivoluzionarie e di riconoscere la dimensione soggettiva del movimento reale e porsi al servizio della sua crescita.
I Giovani Comunisti non hanno cercato e trovato nelle recenti mobilitazioni solo un maggior riconoscimento: bensì e soprattutto hanno cercato e trovato una nuova fase di vita, in cui farsi attraversare dalla sperimentazione che coinvolge il corpo sociale del movimento e in cui aprirne un'altra, sul terreno dell'organizzazione non più disgiunto da quello della comune costruzione del movimento stesso. In questa direzione è andata anche la scelta di tentare un esperimento prioritario, quello definito nel "Laboratorio della disobbedienza sociale": tutt'altro dalla riproposizione di una "stretta" organizzativista su una parte del movimento e tanto più dall'annullamento del valore dell'organizzazione in un afflato spontaneista e immediatista, ma invece una sfida importante di comunicazione e confronto tra culture nella stessa intenzione di promuovere il conflitto, al contempo costruendo consenso attivo e partecipativo.
I Giovani Comunisti contribuiranno ulteriormente a questa discussione definendo il proprio autonomo profilo nella loro Conferenza Nazionale.