TESI 55 
LA DEMOCRAZIA COME STRATEGIA

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La democrazia non è uno strumento, ma è un valore in sé: una strategia di società organicamente plurale. Un'idea di potere, e di non separazione tra mezzi e fini.

All'interrogativo classico sulla democrazia - se essa sia uno strumento o un fine - oggi siamo in grado di rispondere positivamente: la democrazia come fine è un dato fondante della nostra identità attuale e, insieme, una strategia. Se è vero che essa non si esaurisce affatto nelle sue espressioni e modalità liberali - o in quello schema di rappresentanza per altro oggi sostanzialmente ripudiato dalle classi dominanti - è vero anche che il superamento di questi limiti deve essere proposto oltre, al di là non al di qua dell'orizzonte borghese. I momenti più bui della nostra storia ci offrono, in questo senso, indicazioni molto chiare, anche per ciò che concerne il funzionamento delle organizzazioni politiche, e di un Partito comunista: quando e se si oscura la vita democratica interna, è la proposta politica in quanto tale che perde forza e credibilità.
Si ripropone anche qui il tema del rapporto tra mezzi e fini: contrariamente al luogo comune di origine machiavelliana, che ha profondamente influenzato tutta la politica e tutta la sinistra italiana, oggi non possiamo che rifiutare l'idea di una separazione organica tra la "meta finale dei nostri sforzi" e gli strumenti attraverso i quali raggiungerla. Non si tratta di un imperativo morale, ma di una scelta di coerenza politica e di laicità: bruciare nel presente le proprie identità e certezze strategiche, fino al punto da rovesciarle nel nome di un obiettivo finale metastorico, sottintende in realtà un'alienazione di tipo religioso. E implica, nei fatti, il passaggio ad una pratica politica iperrealistica e moderata come spesso è avvenuto.
Dal punto di vista del contenuto, la democrazia si pone oggi come scelta e pratica del pluralismo politico, culturale, associativo. Plurale è la nostra concezione della sinistra: e rifiutiamo radicalmente lo schema storico del partito unico, che tanti guasti ha prodotto nelle società post-rivoluzionarie. Plurale è la nostra concezione dell'alternativa e del suo farsi: anche e sopratutto nel senso qualitativo del termine, cioè della sua capacità di costruire dialoghi, relazioni, luoghi di incontro efficaci tra culture diverse - tesi non solo alla costruzione dei conflitti e alla rappresentanza dei soggetti, ma alla definizione di nuovi legami sociali . Plurale è l'orizzonte politico che accompagna il percorso della transizione: dove si tratta di mettere davvero in discussione, insieme ai rapporti di sfruttamento, le gerarchie tra dominanti e dominati, tra ideatori ed esecutori, tra capi e subalterni. In breve: siamo al nodo del potere, da reimpostare radicalmente rispetto ai suoi tradizionali statuti. In una prospettiva di transizione, la conquista del potere politico centrale resta, certo, un passaggio ineludibile,: non, tuttavia, come un punto di partenza dal quale avviare il mutamento dei rapporti economici e sociali, ma come la tappa pur rilevante di un percorso di trasformazione politica e sociale più ricco e articolato. Come una rottura che definisce, contestualmente un terreno di lotta più favorevole, gli strumenti del proprio controllo sociale, la possibilità della propria estinzione. In questo senso, il comunismo è anche un'idea radicale di democrazia.