TESI 51 
I COMUNISTI E L'OTTOBRE

(approvata dal Comitato Politico Nazionale)

vai a

socialismo

La Rivoluzione d'Ottobre resta uno spartiacque del XX secolo, primo straordinario esempio contemporaneo di "scalata al cielo". Dal successivo fallimento del "socialismo reale" non derivano "pentitismi" di sorta, ma la necessità della rifondazione comunista.

Il movimento comunista, nella sua ispirazione sostanziale, ha alle spalle una storia lunga, anzi secolare, che per molti aspetti coincide con i tanti tentativi di liberazione umana che l'hanno percorsa, con le molte "scalate al cielo" che sono state sperimentate da milioni di esseri umani. In questa molteplicità di riferimenti, la Rivoluzione d'Ottobre mantiene un valore peculiare: essa è stata uno spartiacque del XX secolo. Ha consacrato il valore della soggettività organizzata, e del suo ruolo: primo straordinario esempio del "si, se puede". Ha modificato in profondità gli equilibri del mondo, rompendo il monopolio planetario del mercato capitalistico e influenzando l'intero corso rivoluzionario del '900, fino alle liberazioni anticoloniali. Ha costretto le classi dominanti dell'occidente capitalistico a compromessi significativi con il movimento operaio. Ha contribuito in termini decisivi alla sconfitta del nazifascismo.
Questi indiscutibili meriti politici e storici non hanno impedito il profondo processo involutivo e degenerativo delle società post-rivoluzionarie, che è stato tra le cause principali della loro sconfitta. Al di là del necessario bilancio storico, politico e ideale che è ancora largamente da compiere, in un lavoro di ricerca collettiva, è proprio dalla dialettica tra la validità dell'ottobre e il fallimento dei tentativi di transizione che emerge la necessità strategica della rifondazione di un pensiero, di una pratica e di una politica comunista. Questo ci pone il tema della definizione di un'identità comunista complessa anche dal punto di vista storico-metodologico: una via originale, capace di continua innovazione, non di semplice aggiornamento, senza che questo significhi desertificazione della memoria. Capace di imparare dai suoi errori. Capace di critica (e anche rifiuto) radicale del passato, non di formali autocritiche e non di pentitismi, senza che questo alluda a fughe opportunistiche dal peso e dalla responsabilità della propria storia.

TESI 51 (alternativa)
I COMUNISTI E LA LORO STORIA

(sostitutiva delle tesi 51 e 52)

La definizione dell'identità comunista non può prescindere dalla riflessione sull'esperienza storica del movimento operaio nel corso degli ultimi centocinquant'anni. Le tesi congressuali di un partito non sono la sede più appropriata per un pur sommario bilancio di questa esperienza, tanto più che siamo ancora troppo prossimi alla fine dell'Urss e degli altri paesi dell'est europeo e che "non conosciamo ancora quale sarà l'effetto di lunga durata di quei regimi" (Hobs-bawm). Tuttavia, benché su tali questioni la storiografia sia ancora lontana da ri-sultati definitivi, è indispensabile individuare i principali criteri ai quali la nostra riflessione storica dovrebbe ispirarsi.
Non si tratta di ripudiare quella che è comunque la nostra storia, gloriosa o tragica che la si consideri. Vanno evitate semplificazioni apologetiche o liquidatorie che, sempre improprie, sarebbero grottesche in relazione a una vicenda che segna tutta un'epoca della storia del mondo e nella quale ha vissuto - e in parte vive tuttora - l'anelito alla libertà di miliardi di esseri umani. Non ci appartiene la tesi di chi traccia quadri apocalittici nei quali il Novecento vede il trionfo di una furia distruttiva in cui il nazismo e il comunismo si confondono approdando a una comune barbarie.
Occorre guardare in faccia, senza reticenze, anche i momenti più bui della nostra esperienza: l'assenza di democrazia diffusa, le esasperazioni dirigistiche, le deformazioni burocratiche denunciate già da Lenin, gli stessi crimini che hanno macchiato la storia del "socialismo reale". A chi ci incalza evocando le violenze commesse nel nome del comunismo, non rispondiamo ri-ducendone la portata né semplicemente additando le immani devastazioni e gli stermini prodotti dal capitalismo. Siamo consapevoli anche del peso del nostro passato e accettiamo di assumercene la responsabilità, cercando di imparare anche dai nostri errori.
Nello stesso tempo, ribadiamo che l'azione del movimento operaio e le rivoluzioni vittoriose nel nome del comunismo hanno liberato dal servaggio enormi masse di popolo, hanno impresso una formidabile accelerazione ai processi di liberazione del terzo mondo dal colonialismo, hanno fornito un decisivo sostegno alle lotte operaie e antifasciste nell'occidente capitalistico costringendo le classi dominanti a compromessi significativi con il movimento operaio. Per sconfinate masse di proletari la nascita dell'Urss ha significato la fine dell'asservimento e, per la prima volta, l'accesso a condizioni di vita progredite e ad elevati livelli di istruzione e protezione sociale. È bene altresì rammentare che difficilmente la seconda guerra mondiale avrebbe visto la sconfitta dell'Asse senza il sacrificio di venti milioni tra civili e militari dell'Armata rossa.
L'Ottobre bolscevico ha rappresentato una rottura epocale che ha mostrato al mondo la ma-turità della classe operaia quale soggetto in grado di affermare la propria autonomia storico-politica. Ma contrapporre la rivoluzione alla vicenda politica che ne è seguita - scorgere nelle società sorte dall'Ottobre soltanto un tradimento della rivoluzione - sarebbe un'operazione altrettanto astratta e ingenua quanto ri-tornare a Marx accantonando la ricerca teorica e il dibattito politico sviluppatisi sulla base delle sue indicazioni.
Marx ha elaborato le categorie fondamentali dell'analisi critica del capitalismo e ha gettato le basi di una teoria rivoluzionaria che ha messo il proletariato in condizione di affermarsi quale autonomo soggetto politico. Ma proprio Marx ha sempre insistito sulla necessità di sottoporre la teoria a continui aggiornamenti. Con l'analisi leniniana del colonialismo e dell'imperialismo la teoria rivoluzionaria si è liberata da ogni angustia eurocentrica, collocandosi all'altezza della dimensione mondiale del dominio capitalistico. La riflessione di Gramsci, nella quale l'eredità teorica di Lenin è assunta e originalmente ripensata, rappresenta un ulteriore arricchimento, sia per quanto concerne la concezione del partito comunista come "intellettuale collettivo", protagonista del processo rivoluzionario e della costruzione dello Stato operaio, sia in relazione al tema della rivoluzione in Occidente, concepita - sullo sfondo di una idea della politica quale ambito non separato dal terreno sociale - come processo di radicamento della classe nella società e come progressivo consolidamento della sua capacità di di-re-zione egemonica.
Non si tratta di allestire un corpo di dogmi, ma di valorizzare strumenti teorici per procedere oltre, concentrando l'attenzione su problematiche cruciali non ancora adeguatamente indagate dalla cultura marxista. Appaiono centrali al riguardo le questioni poste dai movimenti femministi e ambientalisti. Da un lato è necessario ripensare a fondo la struttura dei processi di riproduzione e i temi della soggettività, dell'esperienza affettiva e della mercificazione del-le relazioni umane. Dall'altro si impone la necessità di assumere il concetto di "sviluppo sostenibile", evitando di assolutizzare i valori dello sviluppo economico e della crescita produttiva.
In una parola, non si può guardare all'esperienza del movimento comunista come a un cumulo di macerie. La storia dell'umanità si troverebbe oggi a uno stadio ben più arretrato se le rivoluzioni socialiste non avessero segnato vaste aree del mondo.
Un grande contributo alla lotta per l'emancipazione del proletariato hanno fornito anche intere generazioni di comunisti del nostro paese. La fine, per molti versi sconcertante, del Partito comunista italiano ci impone di cercare le radici della mutazione che ne ha decretato nel corso degli ultimi decenni il declino e infine la dissoluzione. Le cause di questa mutazione - che rendono improponibile ogni continuismo - debbono essere valutate in tutta la loro portata, per trarne severe lezioni. Ma esse non cancellano i meriti storici del Pci, come non impediscono di riconoscere il contributo dato da migliaia di militanti comunisti e socialisti, anche fuori delle sue file (ad esempio nei movimenti del '68-69 e nella nuova sinistra), alla lotta antifascista, per la democrazia e contro lo sfruttamento capitalistico.
Queste compagne e questi compagni hanno scritto alcune tra le pagine più intense della guerra di Spagna e della Resistenza e hanno dato corpo alla lotta di liberazione dal nazi-fascismo. Alla capacità di direzione politica di Togliatti e del gruppo dirigente del Pci negli anni della Resistenza e della prima fase repubblicana - come pure alle intuizioni di Eugenio Curiel in tema di "democrazia progressiva" e all'impegno di grandi dirigenti socialisti tra i quali Lelio Basso e Rodolfo Morandi - gli italiani debbono una carta costituzionale avanzata. In essa il quadro delle libertà democratiche diviene strumento di trasformazione della società esistente e presidio possibile delle conquiste sociali e politiche di massa; leva per l'eguaglianza effettiva tra tutti i cittadini e per la loro partecipazione al governo della società e dell'economia. Non si comprenderebbe l'ulteriore storia italiana ove si prescindesse da queste premesse, in virtù delle quali l'Italia è divenuta un laboratorio del conflitto di classe per molti versi unico in Europa.

PESCE, GRASSI, PEGOLO, BRACCI TORSI, CAPPELLONI, SACCHI, CASATI BRUNO, CURZI, FAVARO, GHIGLIONE, GUAGLIARDI, MANGIANTI, SORINI, VALENTINI, ABBA', BANDINELLI, BELISARIO, BURGIO, CANCIANI, CANONICO, CAPACCI, CIMASCHI, COLOMBINI, CORRENTE, CRISTIANO, DE PAOLI, GAMBUTI, GIANNINI, GIAVAZZI, KIWAN, LEONI, LICHERI, LUCINI, MACRI', MARCHIONI, MASELLA, MORO, MULAS, NOVARI, OKROGLIC, ORTU, PACE, PATELLI, PETRUCCI, PINTUS, PUCCI ALDO, RICCIONI, SCONCIAFORNI, SIMINI, SOBRINO, STERI, TEDDE, TORRESAN, VALLEISE, VERZEGNASSI.