TESI 39
 LA CRESCITA DEL MOVIMENTO
(approvata dal Comitato Politico Nazionale)

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movimenti

Per il Prc, l'impegno della crescita del "movimento dei movimenti" si pone su diversi terreni: il suo allargamento, la sua unità, il suo radicamento nei Social Forum cittadini. L'estensione del conflitto sociale e la costruzione di un forte intreccio tra il movimento operaio "tradizionale" e il movimento no global rappresenta la vera sfida strategica.

L'irrompere sulla scena mondiale del "popolo di Seattle" non ha trovato impreparata Rifondazione comunista: per merito sia dell'impianto analitico di cui il partito si era da tempo dotato (sulla rivoluzione capitalista, sui nuovi processi di globalizzazione, sui segnali di crisi di questi processi) sia della sua capacità di essere, con la propria soggettività, parte integrante del movimento, contro ogni antica tentazione di coscienza esterna. Grazie anche alla pratica politica dei Giovani comunisti, il ruolo del Prc all'interno del Genoa Social Forum è risultato evidente ed importante, proprio perché non determinato da pretese egemoniche.
In questa fase, in cui il movimento ha dato in più occasioni ottima prova di sè e della sua capacità di tenuta e nel contempo sta affrontando una impegnativa discussione sulle proprie prospettive e sulle proprie modalità organizzative, riteniamo utile precisare il nostro indirizzo. Riconfermando la scelta strategica della nostra internità al movimento, il nostro impegno organizzativo, politico e culturale finalizzato alla sua crescita, noi riteniamo che i nodi prioritari di questa fase siano:

1. LA CRESCITA DEL MOVIMENTO, intesa come la sua capacità di persistenza, sviluppo, efficacia, al di là delle scadenze imposte dall'avversario costituisce l'obiettivo centrale. Per questo non vi è un problema di sbocco politico del movimento separabile dalla sua crescita e dal suo sviluppo, nella consapevolezza che i movimenti di massa non hanno necessariamente un andamento lineare, né sono a fortiori tenuti al "confronto" con appuntamenti istituzionali: insomma, nella scelta autonoma dei tempi e dei ritmi della lotta, si esercita fino in fondo la loro sovranità.

2. L'UNITA' DEL MOVIMENTO, così ricco di articolazioni interne, così variegato nelle sue anime e nelle sue opzioni generali, è un bene prezioso, comunque da salvaguardare in termini reali, politici e non "politicistici". Una sfida non semplice, che non potrà svilupparsi su basi puramente soggettivistica o volontaristica: le tendenze alla divisione, se non alla scomposizione e\o all'autonomizzazione delle singole componenti, sono forti e fondate sul pluralismo delle soggettività che compongono il "popolo no global". La costruzione - non frettolosa e consensuale - di un profilo programmatico alto, unito ad un profondo rispetto delle differenze presenti nel movimento, alla capacità di far vivere obiettivi riconoscibili, all'allargamento continuo del movimento oltre i suoi confini, è un impegno che proponiamo, al tempo stesso, a noi e ai soggetti attivi della protesta.

3. LA COSTRUZIONE DEI SOCIAL FORUM cittadini, di paese, di quartiere è, anche rispetto ai fini di questa crescita, uno strumento indispensabile. Essi sono da sviluppare e potenziare con l'attenzione a non trasformarli nei fatti in intergruppi, ma in sedi reali di aggregazione e proposta, capaci ogni volta di coinvolgere soggetti e soggettività finora esclusi - o autoesclusi - dalla politica. Qui si colloca quel lavoro di unificazione tra figure sociali diverse - tra i lavoratori e i giovani, prima di tutto, tra i garantiti e i non garantiti, tra gli operai e gli studenti, tra i "nativi" e i migranti - di cui il movimento non può fare a meno. Si tratta, appunto, di un livello di unità, di interlocuzione diretta, di confronto ravvicinato che non può che avvenire dall'interno delle soggettività e dei bisogni, ma anche in rapporto a eventi concreti, come vertenze di zona, di territorio, di ambiente, che costruiscano via via una conflittualità generale e articolata.

4. L'ALLARGAMENTO DELLA PRATICA DELLA DISUBBIDIENZA CIVILE E SOCIALE. Non si tratta solo di una metodologia, ma di un contenuto: la capacità di trasferire e rielaborare la violazione delle zone interdette dai grandi summit del potere alla messa in discussione delle infinite "zone rosse" che compongono la vita quotidiana, e la sfera della vita civile. La capacità di mettere in campo pratiche di disubbidienza civile, dagli scioperi alla rovescia dei disoccupati alla valorizzazione sociale degli spazi urbani dismessi all'obiezione fiscale alle spese militari, è una delle leve di radicamento sociale e territoriale del movimento e di avanzamento del medesimo. La "pratica dell'obiettivo" deve essere tolta dalla dimensione estetica del "gesto esemplare" per essere riconsegnata alla pratica collettiva di un percorso di lotta che intreccia rivendicazione e autogestione.

5. LA NON VIOLENZA, pratica di lotta non distruttiva e, insieme, disubbidienza a leggi ingiuste, è la metodologia da un lato più in sintonia con l'anima profonda del movimento e dall'altra più efficace per combattere un potere che si presenta fortemente caratterizzato dal suo volto repressivo e che punta a trasformare la questione sociale in questione di ordine pubblico. Essa non va intesa come negazione del conflitto, e neppure della forza, ma all'opposto gestione altra, e più alta, del conflitto stesso: per essere efficace, infatti, questa scelta chiede un'organizzazione più e non meno forte, più e non meno capillare. Essa è parte integrante di quella riforma della politica - che riguarda i partiti come i movimenti - che implica il rifiuto di ogni militarizzazione del proprio agire e che assume la coerenza tra fini e mezzi come dato d'identità. In questo senso, nell'epoca della globalizzazione neoliberista, la pratica disubbidiente della nonviolenza è, in verità, ubbidienza ai valori più radicali della democrazia, della fratellanza, insomma, dell'umanità.

6. UNIFICARE I MOVIMENTI. La ripresa del conflitto operaio (e più in generale dell'iniziativa di lotta dei lavoratori) costituisce l'altra grande novità, insieme alla nascita del movimento pacifista e no global, della fase che si è aperta. Di ciò sono testimonianza lo sciopero e le grandi manifestazioni dei metalmeccanici del 6 luglio e del 16 novembre, quelli della scuola e del pubblico impiego, la compatta sospensione del lavoro con i cortei interni alla Fiat e più in generale le mobilitazioni che si stanno producendo in difesa dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, contro la destrutturazione delle regole del mercato del lavoro e dello stato sociale, caratterizzata da una asfissiante pratica concertativa.
Il conflitto non torna soltanto ad investire realtà in cui le capacità di lotta si erano affievolite, ma coinvolge una giovane generazione di lavoratori che per la prima volta si affaccia sulla scena politica, e vede partecipi fasce rilevanti di precariato che dimostrano la propria disponibilità a lottare pur in presenza dei ricatti derivanti da un rapporto di lavoro frammentato in misura sempre maggiore. Infine, risulta evidente, che tale conflitto trascende l'immediatezza della condizione di lavoro assumendo un carattere più generale.
Non solo. La ripresa di un conflitto di classe nel nostro Paese crea le premesse per la costruzione di uno schieramento sociale ampio. Da questo punto di vista, un obiettivo fondamentale è rappresentato dalla saldatura fra mondo del lavoro e movimento no global. Tale saldatura fino ad oggi si è verificata, ancora troppo saltuariamente, a partire da Genova, con il concorso determinante della Fiom oltre che del sindacato extraconfederale. Non vi è dubbio, tuttavia, che nella prospettiva della costruzione di uno schieramento sociale in grado di sostenere una piattaforma di opposizione, molto resta da fare. E non solo perché va coinvolto in modo più esteso lo stesso mondo del lavoro, ma perché occorre che emergano proposte programmatiche unificanti e occorre che tale unificazione si esprima compiutamente sul terreno della lotta e della mobilitazione comune.
E' necessario appoggiare, dentro e fuori le istituzioni, le vertenze a difesa dei posti di lavoro oggi sotto attacco; rilanciare le nostre proposte per il riallineamento periodico e automatico delle retribuzioni e delle pensioni all'inflazione reale; favorire l'incontro di lavoratori "tipici" e "atipici", reclamando nuove "rigidità" nei rapporti di lavoro e l'estensione dei diritti garantiti dallo Statuto dei lavoratori ai precari e alle aziende sotto i 15 dipendenti; porre ancora all'ordine del giorno l'acquisizione di livelli normativi e contrattuali certi e valorizzare il ruolo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie in ogni luogo di lavoro, investendovi risorse umane. In questa prospettiva, poi, la riproposizione forte della questione salariale e della riduzione d'orario a parità di salario rappresentano terreni oggettivamente unificanti.
L'impegno per la crescita del movimento dei lavoratori, per la realizzazione di uno schieramento sociale più ampio, per la convergenza all'interno di una comune piattaforma sociale costituiscono obiettivi fondamentali dell'iniziativa del partito. Senza questo orizzonte il suo stesso ruolo come soggetto politico sarebbe inadeguato rispetto alla complessità della fase. Peraltro, solo in questa prospettiva è possibile seriamente porsi il problema dell'opposizione al governo delle destre. La natura dell'attacco che infatti viene condotto dal governo, investendo elementi essenziali della vita sociale, dall'aggressione allo stato sociale all'attacco ai diritti del mondo del lavoro impone infatti una risposta di massa che si generalizzi e duri nel tempo passando per la convocazione di una mobilitazione generale.

TESI 39
(alternativa)
LA CRESCITA DEL MOVIMENTO

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L'irrompere sulla scena mondiale del "popolo di Seattle" non ha trovato impreparata Rifondazione comunista: per merito sia dell'impianto analitico di cui il partito si era da tempo dotato (sulla rivoluzione capitalista, sui nuovi processi di globalizzazione, sui segnali di crisi di questi processi) sia della sua capacità di essere, con la propria soggettività, parte integrante del movimento, contro ogni antica tentazione di coscienza esterna. Grazie anche alla pratica politica dei Giovani comunisti, il ruolo del Prc all'interno del Genoa Social Forum è risultato evidente ed importante, proprio perché non determinato da pretese egemoniche.
In questa fase, in cui il movimento ha dato in più occasioni ottima prova di sè e della sua capacità di tenuta e nel contempo sta affrontando una impegnativa discussione sulle proprie prospettive e sulle proprie modalità organizzative, riteniamo utile precisare il nostro indirizzo. Riconfermando la scelta strategica della nostra internità al movimento, il nostro impegno organizzativo, politico e culturale finalizzato alla sua crescita, noi riteniamo che i nodi prioritari di questa fase siano:

1. LA CRESCITA DEL MOVIMENTO, intesa come la sua capacità di persistenza, sviluppo, efficacia, al di là delle scadenze imposte dall'avversario costituisce l'obiettivo centrale. Per questo non vi è un problema di sbocco politico del movimento separabile dalla sua crescita e dal suo sviluppo, nella consapevolezza che i movimenti di massa non hanno necessariamente un andamento lineare, né sono a fortiori tenuti al "confronto" con appuntamenti istituzionali: insomma, nella scelta autonoma dei tempi e dei ritmi della lotta, si esercita fino in fondo la loro sovranità.

2. L'UNITA' DEL MOVIMENTO, così ricco di articolazioni interne, così variegato nelle sue anime e nelle sue opzioni generali, è un bene prezioso, comunque da salvaguardare in termini reali, politici e non "politicistici". Una sfida non semplice, che non potrà svilupparsi su basi puramente soggettivistica o volontaristica: le tendenze alla divisione, se non alla scomposizione e\o all'autonomizzazione delle singole componenti, sono forti e fondate sul pluralismo delle soggettività che compongono il "popolo no global". La costruzione - non frettolosa e consensuale - di un profilo programmatico alto, unito ad un profondo rispetto delle differenze presenti nel movimento, alla capacità di far vivere obiettivi riconoscibili, all'allargamento continuo del movimento oltre i suoi confini, è un impegno che proponiamo, al tempo stesso, a noi e ai soggetti attivi della protesta.

3. LA COSTRUZIONE DEI SOCIAL FORUM cittadini, di paese, di quartiere è, anche rispetto ai fini di questa crescita, uno strumento indispensabile. Essi sono da sviluppare e potenziare con l'attenzione a non trasformarli nei fatti in intergruppi, ma in sedi reali di aggregazione e proposta, capaci ogni volta di coinvolgere soggetti e soggettività finora esclusi - o autoesclusi - dalla politica. Qui si colloca quel lavoro di unificazione tra figure sociali diverse - tra i lavoratori e i giovani, prima di tutto, tra i garantiti e i non garantiti, tra gli operai e gli studenti, tra i "nativi" e i migranti - di cui il movimento non può fare a meno. Si tratta, appunto, di un livello di unità, di interlocuzione diretta, di confronto ravvicinato che non può che avvenire dall'interno delle soggettività e dei bisogni, ma anche in rapporto a eventi concreti, come vertenze di zona, di territorio, di ambiente, che costruiscano via via una conflittualità generale e articolata.

4. L'ALLARGAMENTO DELLA PRATICA DELLA DISUBBIDIENZA CIVILE E SOCIALE. Non si tratta solo di una metodologia, ma di un contenuto: la capacità di trasferire e rielaborare la violazione delle zone interdette dai grandi summit del potere alla messa in discussione delle infinite "zone rosse" che compongono la vita quotidiana, e la sfera della vita civile. La capacità di mettere in campo pratiche di disubbidienza civile, dagli scioperi alla rovescia dei disoccupati alla valorizzazione sociale degli spazi urbani dismessi all'obiezione fiscale alle spese militari, è una delle leve di radicamento sociale e territoriale del movimento e di avanzamento del medesimo. La "pratica dell'obiettivo" deve essere tolta dalla dimensione estetica del "gesto esemplare" per essere riconsegnata alla pratica collettiva di un percorso di lotta che intreccia rivendicazione e autogestione.

5. LA NON VIOLENZA, pratica di lotta non distruttiva e, insieme, disubbidienza a leggi ingiuste, è la metodologia da un lato più in sintonia con l'anima profonda del movimento e dall'altra più efficace per combattere un potere che si presenta fortemente caratterizzato dal suo volto repressivo e che punta a trasformare la questione sociale in questione di ordine pubblico. Essa non va intesa come negazione del conflitto, e neppure della forza, ma all'opposto gestione altra, e più alta, del conflitto stesso: per essere efficace, infatti, questa scelta chiede un'organizzazione più e non meno forte, più e non meno capillare. Essa è parte integrante di quella riforma della politica - che riguarda i partiti come i movimenti - che implica il rifiuto di ogni militarizzazione del proprio agire e che assume la coerenza tra fini e mezzi come dato d'identità. In questo senso, nell'epoca della globalizzazione neoliberista, la pratica disubbidiente della nonviolenza è, in verità, ubbidienza ai valori più radicali della democrazia, della fratellanza, insomma, dell'umanità.

6. CENTRALITA' DEL MOVIMENTO OPERAIO E DEL CONFLITTO SOCIALE
La ripresa del conflitto operaio (e più in generale dell'iniziativa di lotta dei lavoratori) costituisce l'altra grande novità, insieme alla nascita del movimento pacifista e no global, della fase che si è aperta. Di ciò sono testimonianza lo sciopero e le grandi manifestazioni dei metalmeccanici del 6 luglio e del 16 novembre, quelli della scuola e del pubblico impiego, la compatta sospensione del lavoro con i cortei interni alla Fiat e più in generale le mobilitazioni che si stanno producendo in difesa dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, contro la destrutturazione delle regole del mercato del lavoro e dello stato sociale. A nessuno può sfuggire l'importanza che tale ripresa del conflitto assume dopo anni di pace sociale, caratterizzata da una asfissiante pratica concertativa
Il conflitto non torna soltanto ad investire realtà in cui le capacità di lotta si erano affievolite, ma coinvolge una giovane generazione di lavoratori che per la prima volta si affaccia sulla scena politica, e vede partecipi fasce rilevanti di precariato che dimostrano la propria disponibilità a lottare pur in presenza dei ricatti derivanti da un rapporto di lavoro frammentato in misura sempre maggiore. Infine, risulta evidente che tale conflitto trascende l'immediatezza della condizione di lavoro assumendo un carattere più generale.
Non solo. La ripresa di un conflitto di classe nel nostro Paese crea le premesse per la costruzione di uno schieramento sociale ampio. Da questo punto di vista, un obiettivo fondamentale è rappresentato dalla saldatura fra mondo del lavoro e movimento no global. Tale saldatura fino ad oggi si è verificata, ancora troppo saltuariamente, a partire da Genova, con il concorso determinante della FIOM oltre che del sindacato extraconfederale. Non vi è dubbio, tuttavia che nella prospettiva della costruzione di uno schieramento sociale in grado di sostenere una piattaforma di opposizione, molto resta da fare. E non solo perché va coinvolto in modo più esteso lo stesso mondo del lavoro, ma perché occorre che emergano proposte programmatiche unificanti e occorre che tale unificazione si esprima compiutamente sul terreno della lotta e della mobilitazione comune.
A livello generale, queste dinamiche dimostrano che nell'attuale fase della globalizzazione capitalistica permane ed anzi si potenzia, in tutta la sua obiettiva e visibile dirompenza, la contraddizione capitale-lavoro: dalle grandi imprese essa si estende alle realtà produttive minori toccando le fasce di lavoro frammentato, delocalizzato, precarizzato dai nuovi modelli dell'organizzazione produttiva, creando le premesse per un processo di ricomposizione attorno a comuni interessi di classe. Le diverse soggettività, i diversi luoghi del lavoro subordinato: qui troviamo ancora il principale motore del conflitto. La complessità delle articolazioni sociali, unificate dal comune interesse di battere lo sfruttamento di cui sono vittime, non fa svanire ma al contrario conferma il carattere dominante delle contraddizioni di classe. Non corrisponde al vero, quindi, la tesi secondo cui il "post-fordismo" avrebbe fatto scomparire il lavoro salariato e gli stessi luoghi fisici nei quali esso si svolge, dissolvendoli in mille rivoli inafferrabili. Restano peraltro numerosi, anche nel nostro paese, i grandi insediamenti lavorativi, con una presenza di centinaia e in qualche caso di migliaia di lavoratrici e lavoratori.
L'assunzione della centralità della classe operaia e della contraddizione capitale-lavoro non comporta la sottovalutazione dei profondi mutamenti della società, dei processi produttivi e della composizione di classe. Obiettivo prioritario del movimento operaio e dei comunisti resta ancor oggi la ricomposizione e l'organizzazione in termini di soggettività politica delle diverse articolazioni del proletariato messo al lavoro (dal salariato classico al post-salariato, dal lavoro dipendente tradizionale al lavoro autonomo "eterodiretto", dal precariato alle aree del lavoro "atipico" e sommerso), in quanto soggiacciono a una comune condizione di subalternità.
Il partito è chiamato ad un impegno forte a sostegno delle istanze espresse dal mondo del lavoro. Occorre pazientemente riprendere i fili che abbiamo cominciato a tessere a Treviso, aggiornando gli assi di fondo che hanno guidato i lavori di quella conferenza, a cominciare dall'inderogabile esigenza di ridare compiutamente voce ai lavoratori attraverso l'approvazione di una legge che finalmente sancisca criteri democratici di rappresentanza sui luoghi di lavoro. E' necessario appoggiare, dentro e fuori le istituzioni, le vertenze a difesa dei posti di lavoro oggi sotto attacco; rilanciare le nostre proposte per il riallineamento periodico e automatico delle retribuzioni e delle pensioni all'inflazione reale; favorire l'incontro di lavoratori 'tipici' e 'atipici', reclamando nuove "rigidità" nei rapporti di lavoro e l'estensione dei diritti garantiti dallo Statuto dei lavoratori ai precari e alle aziende sotto i 15 dipendenti; porre ancora all'ordine del giorno l'acquisizione di livelli normativi e contrattuali certi e valorizzare il ruolo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie in ogni luogo di lavoro, investendovi risorse umane ed economiche. In questa prospettiva, poi, la riproposizione forte della questione salariale e della riduzione d'orario a parità di salario rappresentano terreni oggettivamente unificanti.
L'impegno per la crescita del movimento dei lavoratori, per la realizzazione di uno schieramento sociale più ampio, per la convergenza all'interno di una comune piattaforma sociale costituiscono obiettivi fondamentali dell'iniziativa del partito. Senza questo orizzonte il suo stesso ruolo come soggetto politico sarebbe inadeguato rispetto alla complessità della fase. Peraltro, solo in questa prospettiva è possibile seriamente porsi il problema dell'opposizione al governo delle destre. La natura dell'attacco che infatti viene condotto dal governo, investendo elementi essenziali della vita sociale, dall'aggressione allo stato sociale all'attacco ai diritti del mondo del lavoro impone infatti una risposta di massa che si generalizzi e duri nel tempo passando per la convocazione dello sciopero generale
Nel contempo, l'apertura di un processo in controtendenza nella sinistra moderata e nel sindacato possono determinarsi solo se si intreccia con una forte mobilitazione sociale. Non vi è dubbio, infatti, che la dialettica apertasi nei Ds e la loro crisi di consenso (che investe milioni di persone, in gran parte lavoratori) possono evolvere e non regredire solo se viene dalla società una forte istanza di cambiamento. Analogamente, la crescita di una sinistra sindacale e orientamenti di classe nella Cgil, che ha trovato nel congresso un riscontro importante, e l'affermazione di posizioni di classe nei sindacati extra-confederali hanno bisogno di trovare riscontro nel rilancio di un movimento ampio e articolato capace di configurare una prospettiva di cambiamento.

GRASSI, PEGOLO, BRACCI TORSI, CAPPELLONI, SACCHI, CASATI BRUNO, FAVARO, GHIGLIONE, GUAGLIARDI,MANGIANTI, SORINI, VALENTINI, VACCARGIU, ABBA', BANDINELLI, BELISARIO, BURGIO, CANCIANI, CANONICO, CAPACCI, CIMASCHI, COLOMBINI, CORRENTE, CRISTIANO, DE PAOLI, GAMBUTI, GIANNINI, GIAVAZZI, KIWAN, LEONI, LICHERI, LUCINI, MACRI', MARCHIONI, MARCONI, MASELLA, MELIS, MONTECCHIANI, MORO, MULAS, NOVARI, OKROGLIC, ORTU, PACE, PATELLI, PETRUCCI, PINTUS, PUCCI ALDO, RICCIONI, SCONCIAFORNI, SCREPANTI, SIMINI, SOBRINO, STERI, TEDDE, TORRESAN, VALLEISE, VERZEGNASSI.