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L'ipotesi della costruzione di una sinistra plurale - un campo più largo di forze, che includa settori della sinistra moderata - si fa oggi più ardua. E' tuttavia da respingere l'alternativa perdente tra settarismo e politicismo: in mezzo, c'è la pratica a tutto campo della nostra proposta, contenuti, capacità di dialogare con chiunque sia portatore di istanze alternative.
In questo quadro la prospettiva della sinistra plurale, cioè la
concreta attivazione di un campo più ampio di quello fin qui
descritto e il coinvolgimento in esso di settori consistenti della
sinistra moderata e riformista, pur rimanendo irrinunciabile ai fini
della costruzione di una alternativa di governo, appare un cammino
reso più difficile e tormentato dalle scelte compiute dalla
maggioranza dei DS e dell'Ulivo di schierarsi con la guerra e con
l'ingresso diretto nel conflitto da parte del nostro paese, cui si
aggiunge una crescente insensibilità verso le questioni sociali e la
subordinazione culturale e politica ai paradigmi del
liberismo.
Tuttavia le conseguenze dell'aggravarsi della crisi
economica, del prolungarsi della guerra e dell'appesantirsi del
coinvolgimento del nostro paese in essa, possono ulteriormente
allargare divergenze che già appaiono all'interno della sinistra
moderata e soprattutto aprire una crisi di consenso. Allo stesso
tempo gli esiti di questi processi dipendono dalla nostra capacità
di iniziativa politica di consolidare una piattaforma di opposizione
al governo delle destre, dalla crescita del movimento, dalla
evoluzione del rapporto della sinistra moderata stessa, da un lato,
con la società nel suo complesso e con il movimento sindacale in
particolare, e dall'altro con il blocco di potere che attualmente
sorregge le destre e che non nasconde la sua ambizione di cooptare
questa forza, in posizione subordinata, all'interno del governo
allargato della società.
Per tutti questi motivi dobbiamo sapere
articolare la nostra proposta politica, trovare le forme per
portarla sul terreno, per noi strategico e decisivo, della società e
dei movimenti, ove dobbiamo spostare con decisione il baricentro
della nostra iniziativa per una uscita plurale e dal basso dalla
crisi della sinistra. Nello stesso tempo dobbiamo praticare la
nostra proposta nelle istituzioni e nel sistema delle relazioni
politiche a ogni livello.
Dobbiamo perciò sapere condurre
direttamente vertenze territoriali, sulla base di un'articolazione
di obiettivi che nessuna piattaforma per quanto perfetta può da sola
risolvere, ma da cui anzi quest'ultima deve essere continuamente
arricchita.
Dobbiamo intendere e praticare la nostra presenza
negli Enti Locali sia come costruzione di elementi di controtendenza
rispetto al quadro politico nazionale - nelle modalità di governo e
nelle relazioni e alleanze politiche -; sia come capacità di fare
avanzare in modo concreto gli obiettivi e le rivendicazioni che
partono dalla individuazione dei bisogni popolari; sia per mantenere
aperta e viva l'interlocuzione tra i movimenti e gli organi di
governo locale, sia per avanzare nuove esperienze che permettano di
tradurre in pratica un incrocio tra democrazia diretta e delegata, e
quindi per iniziare dal basso un processo di ridemocratizzazione su
basi nuove della nostra società. L'istituto del "bilancio
partecipato" che ci giunge dall'esperienza della municipalità di
Porto Alegre, rappresenta in questo quadro un'esperienza preziosa e
paradigmatica da generalizzare e applicare alle nostre
condizioni.
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La costruzione, come obiettivo strategico di fase, di una sinistra alternativa si lega come passaggio alla prospettiva di una alternativa di governo, sbocco di un percorso politico e della creazione di uno schieramento sociale in grado di sconfiggere il blocco delle destre.
In questo quadro la prospettiva della sinistra plurale, cioè di un campo più ampio di quello sin qui descritto e il coinvolgimento in esso di settori consistenti della sinistra moderata e riformista rimane irrinunciabile, pur apparendo nell'immediato il cammino reso più difficile e tormentato dalle scelte compiute dalla maggioranza dei Ds e dell'Ulivo di schierarsi con la guerra e con l'ingresso nel conflitto da parte del nostro paese, cui si aggiunge una crescente insensibilità verso le questioni sociali e la subordinazione culturale e politica ai paradigmi del liberismo.
Per tutti questi motivi dobbiamo sapere articolare la nostra proposta politica, trovare le forme per portarla sul terreno, per noi strategico e decisivo, della società e dei movimenti, ove dobbiamo spostare con decisione il baricentro della nostra iniziativa per una uscita plurale e dal basso dalla crisi della sinistra. Nello stesso tempo dobbiamo praticare la nostra proposta nelle istituzioni e nel sistema delle relazioni politiche a ogni livello.
Dobbiamo perciò sapere condurre direttamente vertenze territoriali, sulla base di un'articolazione di obiettivi che nessuna piattaforma per quanto perfetta può da sola risolvere, ma da cui anzi quest'ultima deve essere continuamente arricchita.
Dobbiamo intendere e praticare la nostra presenza negli Enti Locali sia come costruzione di elementi di controtendenza rispetto al quadro politico nazionale - nelle modalità di governo e nelle relazioni e alleanze politiche -; sia come capacità di fare avanzare in modo concreto gli obiettivi e le rivendicazioni che partono dalla individuazione dei bisogni popolari; sia per mantenere aperta e viva l'interlocuzione tra i movimenti e gli organi di governo locale, sia per avanzare nuove esperienze che permettano di tradurre in pratica un incrocio tra democrazia diretta e delegata, e quindi per iniziare dal basso un processo di ridemocratizzazione su basi nuove della nostra società. L'istituto del "bilancio partecipato" che ci giunge dall'esperienza della municipalità di Porto Alegre, rappresenta in questo quadro un'esperienza preziosa e paradigmatica da generalizzare e applicare alle nostre condizioni.
CONFALONIERI, FERRARI, BORDO, BOZZI, Giovanna CASATI, MARAGLINO, COLZANI, SCIANCATI, BANDINELLI