vai a
Il centrodestra al potere ha aperto una fase nuova e pericolosa, che va fronteggiata con un'opposizione sociale e politica risoluta. Per evitare che si trasformi in un vero e proprio regime.
Il passaggio di governo dall'Ulivo al centrodestra ha aperto in
Italia una nuova e pericolosa fase politica. Tuttavia la vittoria
delle destre del 13 maggio non costituisce di per sè l'avvio di un
ciclo lungo o di un vero e proprio regime. Questo per almeno due
ragioni: in primo luogo, perché si è trattato prima di una sconfitta
dell'Ulivo che di una vittoria del Polo; in secondo luogo, perché
comunque al successo politico ed elettorale del centrodestra non
corrisponde un blocco sociale ad oggi maggioritario. La stessa
unificazione elettorale realizzata dalla Casa delle libertà non ha
dato vita ad un soggetto politico unitario della destra: al di là
della leadership di Silvio Berlusconi, le destre erano e restano
almeno due. Due tendenze, non due partiti; anzi, due anime che
variamente convivono all'interno della stessa forza politica, talora
in un impasto efficace, talora in un cocktail contradditorio Nel
comune orizzonte neoliberista, l'una è internazionalista, americana,
borghese, l'altra è localista, nazionale, populista.
Nasce qui
l'incertezza che ha caratterizzato tutti i primi mesi del nuovo
governo: realizzare uno sfondamento violento del blocco storico
delle sinistre, con un'aggressione generalizzata all'intero sistema
di diritti e garanzie sociali, oppure procedere con una tattica più
graduale, di erosione continua e progressivo smantellamento delle
conquiste (e degli istituti) del mondo del lavoro. Dopo una prima
fase in cui l'atteggiamento prevalente è stato quello della
prudenza, prende sempre più consistenza una linea che punta alla
destrutturazione dello stato sociale, delle tutele del lavoro e
degli istituti contrattuali, come si evince dalla volontà di
modificare l'art.18 dello statuto dei lavoratori e le normative sul
mercato del lavoro, così come dal decreto sul contenimento della
spesa sanitaria.
Allo stesso tempo, si inviano segnali forti ai
soggetti sociali più atomizzati, come i pensionati poveri e il
"popolo delle partite Iva" e si sperimentano scelte estremiste sul
terreno "dell'attacco alla civiltà", sul quale il consenso è già (o
si ritiene) acquisito: come è avvenuto sulla legge
dell'immigrazione, come, prima o poi, rischia di avvenire sulla
legge 180, o sulla legge 194. Occorre inoltre segnalare come
l'abbandono della concertazione nelle relazioni sindacali si
accompagni ad un forte dialogo concertativo con le amministrazioni
regionali all'interno della conferenza stato -
regioni.
Nell'insieme, pur in un contesto in cui le
contraddizioni interne alla borghesia si mischiano ad una forte dose
di empirismo reazionario e di attenzione da parte di Berlusconi alla
tutela dei propri interessi personali, il governo sta comunque
agendo per operare una saldatura di un blocco sociale reazionario
maggioritario, cementato da interessi materiali e dal tema della
sicurezza. L'attacco sistematico alla magistratura, la richiesta di
impunità per le classi dirigenti e la proprietà, la ripresa di un
forte controllo sul territorio da parte della malavita organizzata,
sono tutti aspetti - non coincidenti ma non privi di superfici di
contatto - che caratterizzano questo processo. Occorre ora impedire,
attraverso una dura lotta di opposizione sociale e politica, che si
dia avvio ad un ciclo lungo di dominio delle destre o ad un vero e
proprio regime. Solo la ripresa del conflitto e del protagonismo
sociale possono infatti impedire a questo disegno reazionario di
fare significativi passi in avanti.