TESI 29
IL SINDACATO

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Dopo un decennio, la politica della concertazione viene attaccata frontalmente da destra e dal nuovo estremismo di Confindustria. Si apre nel sindacato, e nella Cgil in specie, una fase di profonda riflessione strategica: sui temi della rifondazione di un sindacalismo di classe, e di una rappresentanza democratica del lavoro. Ma i gruppi dirigenti oscillano tra l'incapacità di revisione critica e la scorciatoia politicista.

La politica della concertazione - culminata negli accordi del '92-'93, ma variamente praticata negli anni precedenti - ha costituito, a sua volta, una delle "riforme" più significative del sistema politico. Grazie ad essa, i diversi governi che si sono succeduti nella fase più tumultuosa della "transizione italiana", hanno potuto usufruire di una lunga fase di tregua sociale. In parallelo, la crisi del sindacalismo confederale trovava in essa lo sbocco di una legittimazione dall'alto: il prezzo, pagato soprattutto dalla Cgil, era un processo di istituzionalizzazione del sindacato, che via via lo svuotava di contenuti rivendicativi, sociali e di classe, ne impoveriva drammaticamente la vita democratica, ne riduceva drasticamente la capacità di rappresentanza.
Oggi la concertazione è messa in causa, pressoché irreversibilmente, da destra, dalla sferzata iperliberista di Confindustria che, sostanzialmente, "vuole tutto": comando totale della forza lavoro, fine dei contratti nazionali, libertà di licenziamento. In quest'ottica, al sindacato confederale è consentito soltanto un ruolo marginale, o di complemento, come sembrano avviate a fare Cisl e Uil..
Nella Cgil, dunque, è aperta necessariamente una riflessione strategica. Essa, per essere davvero efficace, non può non comprendere un bilancio veritiero del decennio concertativo, nel corso del quale tutto il lavoro dipendente ha perduto in forza contrattuale, diritti, salari, stipendi, garanzie, dignità. Per questo riteniamo necessaria una svolta, nella direzione di un nuovo sindacalismo democratico e di classe: al centro del quale ci siano i contenuti, le piattaforme, l'iniziativa sociale e rivendicativa oggi necessaria, la ricomposizione di classe del lavoro - e del non lavoro - oggi disperso e frammentato. La sinistra della Cgil ha iniziato un percorso di mobilitazione e di confronto per rivendicare questa svolta. Questa è una battaglia di grande rilevanza per il futuro della Cgil e che comincia a maturare i suoi risultati. Questo è anche l'impegno verso il quale è avviata la Fiom e che il più grande sindacato confederale non può eludere né con la riproposizione delle scelte passate né con fughe di tipo politicistico, che rischiano, oltre tutto, di minare gravemente l'autonomia sindacale e il suo valore strategico. Il problema rimane quello della rifondazione di un sindacato di classe. Come tale, concerne anche le diverse realtà del sindacalismo extraconfederale di base: il quale ha sicuramente raggiunto in alcuni settori (scuola, trasporti) punti di eccellenza e capacità rappresentativa, ma soffre di un limite organico di frammentazione.
Ciò significa che nei prossimi anni permarrà l'obiettivo strategico della ricostruzione di un sindacato confederale unitario, democratico e di classe adeguato ai nuovi compiti derivanti dalla frammentazione del lavoro e non lavoro, e dall'obiettivo di una ricomposizione della classe scomposta, sia nel lavoro più tradizionale come nei servizi e nel pubblico impiego, dalle politiche liberiste e di liberalizzazione/privatizzazione.
La nostra parola d'ordine deve tornare ad essere: "lavoratori di tutto il mondo unitevi".
Per questo è importante che la sinistra sindacale, ovunque collocata, sperimenti azioni e percorsi unitari, anche attraverso la ricomposizione del sindacalismo di base, e approfondisca la ricerca di una nuova linea politica-rivendicativa e di un nuovo modello sindacale, nazionale e sovranazionale, adeguato alla globalizzazione e all'obiettivo dello sviluppo più complessivo del movimento e della sinistra d'alternativa. Azioni e percorsi unitari che rompano con logiche d'apparato, il prevalere di tattiche interne alle varie burocrazie, rendite di posizione d'apparati piccoli o grandi, confederali, spostando il baricentro nel conflitto, nella ricomposizione di classe, nella costruzione del movimento, nella sperimentazione di nuove forme di unità sindacale democratiche di base e di reti europee e internazionali dei lavoratori. In primo luogo costruendo le condizioni di una mobilitazione generale per riconquistare l'effettivo esercizio del diritto di sciopero gravemente compromesso nei servizi e per i lavoratori precari. In secondo luogo con la formazione di RSU liberamente elette e la costruzione di modalità di controllo delle lavoratrici e dei lavoratori sulle piattaforme rivendicative. In questo senso l'appartenenza di iscritti al partito a sindacati quali l'Ugl e sindacati di destra appare inconciliabile con gli obiettivi generali delineati.
Al fine di rifondare un sindacato di classe decisivo è il ruolo delle Rsu, la loro legittimazione ed il loro riconoscimento che deve essere perseguito anche attraverso l'approvazione di una legge sulla rappresentanza che rispecchi le reali volontà dei lavoratori e lavoratrici, eliminando le attuali rendite di posizione.
Tuttavia, come già affermato nella conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori di Treviso, il livello sindacale appare insufficiente a rideterminare la ricomposizione delle frammentate forze del lavoro.
Si tratta infatti di ricostruire, al fine della ricomposizione di classe, una nuova regolamentazione, nuovi diritti in opposizione al Libro Bianco del Ministro Maroni ed alle leggi federaliste in materia di lavoro. Ciò deve avvenire anche per via legislativa in quanto la deregolamentazione è avvenuta in gran parte attraverso leggi e normative italiane ed europee. La via legislativa è altresì necessaria a supportare e integrare la socializzazione e politicizzazione dello scontro nel momento in cui l'impresa chiama in causa la necessità di un'iniziativa nel mondo del lavoro che non sia solo sindacale ma direttamente politica che affronti i temi della guerra e dell'ambiente e della necessità della trasformazione. La questione di genere deve connotare e attraversare l'intero mondo del lavoro. Si tratta dunque, di dispiegare nuovamente lo scontro sociale e politico fra lavoratori e padroni, tra condizioni del lavoro e modello di società complessivo. Per questo il partito deve essere luogo di discussione, elaborazione e di orientamento unitario di tutti i comunisti che operano nel mondo del lavoro.