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Principale controriforma di questi anni, l'introduzione del sistema elettorale maggioritario ha aggravato la crisi della politica e imposto un bipolarismo dell'alternanza, unito a crescenti tentazioni bipartisan.
Sono le istituzioni repubblicane ad aver subito in questi anni le
maggiori trasformazioni. In particolare dopo Tangentopoli abbiamo
assistito ad una ossessiva riproposizione della centralità delle
"riforme" del sistema politico, del meccanismo elettorale,
dell'assetto dello Stato. Nel volger di meno di dieci anni, questo
processo si è largamente affievolito, perdendo in spinta propulsiva
e, soprattutto, in consenso attivo di massa, come hanno dimostrato
tutte le ultime consultazioni referendarie. Ciononostante, ha
prevalso tra le principali forze politiche un vero e proprio patto
consociativo per consolidare il maggioritario, introdurre
controriforme (di fatto) come la elezione diretta del presidente del
consiglio, lavorare allo spezzettamento federalista del Paese, che
sta già fungendo da leva privilegiata per lo smantellamento del
Welfare.
Il bipolarismo ha determinato una grave involuzione
della politica, in quanto tale, con i fenomeni ormai plurianalizzati
della fine dei partiti di massa, della drastica riduzione della
partecipazione, della leaderizzazione e personalizzazione crescente
(che si è estesa a tutti i livelli istituzionali, dal parlamento
nazionale alle municipalità ). Un processo degenerativo che non è
nato e cresciuto nelle stanze dei Palazzi, ma nel cuore dei processi
reali, della rivoluzione capitalistica di questi anni, che ha
bruciato i residui margini di autonomia della politica, la sua
funzione storica di mediazione tra interessi sociali e costruzione
del consenso: il caso dell'imprenditore Berlusconi che "scende in
politica", assume direttamente la gestione degli interessi propri e
della propria parte, assume la leadership del governo è, da questo
punto di vista, emblematico. Così come è significativa la tendenza
di Confindustria a proporsi come soggetto governante del Paese,
nonché come sede produttiva di ideologia e "disegno sociale".
In
questo quadro, la debolezza dell'assetto politico bipolare viene
supportata da una crescente tendenza consociativa e bipartisan, che
si produce sulle scelte di fondo: guerra, politica internazionale,
politica economica. Un altro fattore che aggrava la crisi di
credibilità di cui soffrono la politica e la sua qualità
democratica.
E tuttavia l'assetto attuale non costituisce, a
tutt'oggi, un esito stabile per il Paese. Non solo non ha realizzato
uno dei suoi obiettivi essenziali, l'espulsione dalle assemblee
elettive delle forze antagoniste, ma non è riuscito a dare vita a
coalizioni solide e omogenee. Soprattutto, non ha costruito
un'egemonia diffusa. Dal disgelo sociale dell'ultimo anno e
dall'insorgere dei movimenti, è emersa una domanda di democrazia che
conflige con ogni "normalizzazione" bipolaristica.