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Anche l'attuale insorgenza terroristica internazionale, è un fenomeno che nasce nella sfera separata della Politica. Esso intende sfruttare la situazione di disagio e oppressione dei popoli musulmani, ma non ne costituisce né l'espressione politica né la rappresentanza.
Il terrorismo non è certo un fenomeno nuovo e si è presentato
più volte e in modi diversi sulla scena della storia. In ogni caso
esso ha rappresentato un progetto politico, costruito entro
un'accentuata concezione dell'autonomia della politica, che lo ha
portato a contrapporre l'azione di pochi a quella delle masse. In
questo senso esso non deriva meccanicamente e necessariamente né dal
disagio sociale né dalle varie forme di fondamentalismo o di
integralismo religioso. Ma certamente il terrorismo cerca di
mettersi in connessione e di utilizzare le condizioni di sofferenza
e ingiustizia sociale, l'intolleranza etica e l'integralismo
religioso per diffondersi e cercare consensi e appoggi.
L'attuale
fenomeno terroristico internazionale - che sfrutta particolarmente
il diffondersi dell'islamismo radicale, lo stato di oppressione, di
disagio, e la volontà di riscossa di quelle popolazioni e di
quella parte del mondo a prevalente religione musulmana - si avvale
anche di una forza economica che è data in massima parte dallo
sfruttamento e dal controllo dei giacimenti e delle vie del
petrolio, che costituiscono allo stesso tempo un terreno di sfida
nei confronti del governo oligarchico della globalizzazione e delle
maggiori potenze.
Per questi motivi la scelta della guerra oltre
che eticamente, politicamente e umanamente inaccettabile, risulta
del tutto inefficace nella lotta al terrorismo.
Questa richiede
invece un impegno ben diverso da parte della comunità
internazionale, che deve intervenire contemporaneamente su
molteplici terreni.
In particolare è decisivo lavorare per
rimuovere le enormi diversità e ingiustizie sociali ampliate dal
processo di globalizzazione al fine di eliminare ogni spazio di
conquista di disperati consensi da parte del terrorismo. Vanno
risolti i punti di crisi presenti nella situazione internazionale, a
partire dalla composizione del conflitto palestinese-israeliano, per
avviare la quale sono indispensabili l'immediato ritiro da tutti i
territori occupati delle truppe israeliane, il rapido smantellamento
degli insediamenti coloniali israeliani e l'invio di una forza di
interposizione internazionale, come chiede da più di un anno
l'Autorità Nazionale Palestinese, al fine di realizzare il diritto
di entrambi i popoli ad avere uno stato proprio. Bisogna ricostruire
le ragioni della solidarietà tra le nazioni basate su legittimi
organi internazionali. L'ONU dovrà essere profondamente riformata
con l'eliminazione della funzione di membri stabili del Consiglio di
Sicurezza, con una priorità decisionale all'Assemblea generale e con
l'abolizione del diritto di veto. A quest'ultimo, quindi, e alla
collaborazione fra tutti gli stati, va affidata l'opera specifica di
prevenzione e di repressione del fenomeno terroristico, con
l'impegno delle capacità investigative e di azioni di polizia
internazionale, nel pieno rispetto dei diritti e della democrazia,
che sono l'unica condizione per ottenere un attivo sostegno in
quella lotta da parte delle popolazioni. E' necessario risolvere il
problema dell'esercizio della giustizia a livello internazionale e
quindi è indispensabile la costituzione di quel Tribunale Penale
Internazionale alla cui nascita si oppongono proprio gli Stati Uniti
d'America.