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Si è irrimediabilmente incrinato uno dei miti portanti della globalizzazione: quello di una crescita continua, di una vita più facile. In questa disillusione collettiva, la crisi assume forme contradditorie: esplode il terrorismo, ma cresce anche l'opposizione sociale e politica.
In ogni caso si è definitivamente incrinato uno dei miti del
processo di globalizzazione, quello di una crescita forse non sempre
travolgente, ma continua e sicura; quello che cercava di espungere
la parola crisi dal vocabolario economico e dall'immaginario
collettivo, quello che avrebbe dovuto assicurare, almeno alla
porzione degli abitanti della zona più fortunata del pianeta, una
esistenza senza incertezza. La globalizzazione - per bocca dei suoi
apologeti e dei suoi propagandisti - prometteva l'allargamento della
sfera dei consumi e una vita più facile, pur in un clima di
competizione.
Questa promessa era sostenuta da un apparato
ideologico potente e articolato, tale da costituire una sorta di
"pensiero unico", come è stato felicemente definito, capace di
intervenire in ogni campo e di proporsi come risolutivo per ogni
problema.
Insomma il processo di globalizzazione è stato sospinto
e a sua volta ha alimentato una vera e propria egemonia delle classi
dominanti su scala mondiale fondata sul primato del calcolo
economico, sulla logica dell'interesse e dell'impresa,
sull'imperativo del mercato e della competitività.
Tutto questo
conosce oggi una profonda crisi. La promessa di sicurezza nel futuro
è irrimediabilmente incrinata per milioni di persone cui era stato
fatto credere; l'esclusione da una condizione di benessere - anche
se relativa - è invece drammaticamente confermata per la maggioranza
dell'umanità. La logica dell'impresa continua ad essere l'unico modo
con cui viene organizzata la produzione, ma la sua egemonia sulla
società e sul sistema conosce delle profonde incrinature. Le grandi
crisi ambientali mordono nel profondo le condizioni di vita e la
riproduzione sociale.
Il terrorismo è un progetto politico
nemico mortale di un'esigenza di trasformazione, ma allo stesso
tempo è esso stesso prodotto e manifestazione della crisi della
globalizzazione. Nei paesi più poveri cresce una opposizione in
diverse forme alla sottomissione dei rispettivi governi alle
politiche neoliberiste. Nel mondo prende corpo un vasto, duraturo,
articolato movimento contro la globalizzazione, che unisce varie
figure sociali, diverse culture e opzioni ideali e politiche.
Insomma la normalizzazione del mondo sotto l'egida del dominio del
capitale non è riuscita.