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Mentre deperiscono le sedi storiche di governo delle relazioni tra gli stati, come l'Onu, si rafforzano strutture come il G8 e la Nato. La guerra diventa la modalità stessa della politica internazionale: essa è costituente nel senso che tende a costituire sia un nuovo assetto unipolare ("amicizia" di lungo periodo tra Usa, Russia e Cina) sia i propri organi di dominio, sia alleanze a geometria variabile.
Gli organismi internazionali che erano preposti al governo
delle relazioni internazionali conoscono una profonda crisi ed una
cancellazione del loro ruolo sia possibile che reale. E' il caso
dell'ONU sostituito sul piano politico e militare dal G8 e dalla
Nato e su quello delle politiche economico - sociali dall'OMC e da
altri organismi e momenti di incontro specifici tra i paesi più
ricchi e dominanti.
La stessa politica internazionale subisce
una profonda torsione. La guerra non è più soltanto la prosecuzione
della politica con altri mezzi, secondo la celeberrima definizione,
ma è sempre più - con un'accelerazione intensissima nei recenti anni
'90 - la dimensione stessa della politica internazionale nell'epoca
della globalizzazione: il passaggio dalla guerra minacciata alla
guerra guerreggiata avviene senza soluzione di continuità, senza
atti di dichiarazioni internazionali che l'annuncino, al di fuori di
sedi istituzionalmente predisposte ad assumere decisioni di questa
natura limitando il ruolo degli stati nazionali a quello di offrirsi
come semplici pedine all'interno di strategie militari decise in
altro luogo. Con la guerra del Golfo e in particolare con quella dei
Balcani, la guerra ha assunto il ruolo di costituente di un nuovo
ordine mondiale, che ora, nella prima guerra della globalizzazione,
cominciata con l'attacco anglo-americano dell'Afganistan, sembra
dotarsi di ulteriori nuovi strumenti di governo a geometria
variabile (al di là degli stessi G8 e Nato, essendone evidenti,
soprattutto per quest'ultima, i limiti di fronte alla nuova
situazione mondiale), attorno a un asse costituito dagli Stati Uniti
d'America, dalla Russia e dalla Cina.
In sostanza il processo di
globalizzazione pur non essendo né lineare né privo di
contraddizioni, è tutt'altro che anarchico e incontrollato. Al
contrario produce e rinnova continuamente i suoi organi di governo,
entro i quali cerca di compensare le contraddizioni e le tensioni
che si producono al suo interno e tra i suoi stessi protagonisti.
Questi organi di governo sono costruiti su base assolutamente
a-democratica, estranei e contrapposti agli organi legittimamente
fondati e riconosciuti da governi, nazioni e popoli, impermeabili
alla volontà popolare e violentemente ostili e ferocemente
repressivi verso qualunque movimento o istanza contestativi.
I poteri decisionali dello Stato-nazione vengono erosi, in basso, dalla spinta alla frammentazione localistica, che in Italia ha assunto la forma del federalismo. Una scelta funzionale allo smantellamento progressivo del Welfare
Contemporaneamente il ruolo degli stati-nazione è attaccato dal basso, ossia da un processo di frammentazione su scala locale del residuo potere decisionale, che nel nostro paese ha assunto la forma di una modificazione in un senso cosiddetto federalista della stessa Costituzione.
E' un processo che si accompagna ed è funzionale ai processi di privatizzazione - che nel nostro paese sono stati negli ultimi anni particolarmente massicci - e di distruzione del welfare state sul piano interno, nonché alle tendenze - del resto apertamente teorizzate - delle aree forti, cioè delle aree omogenee per "affari", a collegarsi direttamente tra loro saltando ogni mediazione statuale e sfruttando incentivi e legislazioni favorevoli a livello sovranazionale.
Anche in questo caso non assistiamo ad un avvicinamento delle sedi decisionali al cittadino, ma al contrario ad un'ulteriore occupazione dello spazio pubblico da parte dell'interesse privato e del mercato, ad una sottrazione di democrazia, ad un ulteriore indebolimento della coesione della comunità nazionale.