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Gli stati nazionali crescono di numero, ma vanno progressivamente smarrendo potere. La politica economica viene esercitata dalle multinazionali, da grandi organismi internazionali (dal Fmi al Wto), mentre le priorità di bilancio (ma anche le politiche di sicurezza) sono decise a livello sovranazionale (la Ue). Si svuota la tradizionale funzione di mediazione dello Stato che diventa "garante" degli investimenti del capitale internazionale e dell'espansione del mercato.
Se queste sono le principali modificazioni intervenute sul piano
strutturale ed economico, quelle che riguardano il terreno
istituzionale e delle relazioni internazionali possono essere
riassunte nelle seguenti.
Assistiamo da tempo ad un processo di
crisi dello stato-nazione.
Questo non significa la sparizione degli
stati - anzi il loro numero è in continuo aumento - ma una rilevante
perdita di potere e di autorevolezza in molti campi ed una marcata
modificazione di ruolo. Lo stato-nazione è messo in discussione da
due lati e da due processi, dall'alto e dal basso.
E' messo in
discussione perché perde la sovranità su molte materie che un tempo
erano di sua tradizionale pertinenza. Nel campo della politica
economica assistiamo ad una drastica limitazione delle stesse
possibilità di programmazione economica, poiché le leve di comando
dell'economia risiedono nei grandi organismi costruiti su basi
a-democratiche a livello internazionale, come il Fondo monetario
internazionale (FMI), l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC),
la Banca mondiale (BM), l'organizzazione per lo sviluppo e la
cooperazione economica (OCSE).
Le decisioni di politica economica e
di bilancio sono condizionate in modo assolutamente prevalente da
accordi sovranazionali, come, nel caso europeo, dal trattato di
Maastricht e dal conseguente Patto di Stabilità. La tradizionale
funzione mediatoria che lo stato ha avuto, pur nella sostanziale
difesa della società capitalistica, anche sul terreno di una certa
ridistribuzione del reddito e della organizzazione dei servizi
sociali, tende ad essere sostituita da quella di porsi come migliore
garante dell'allocazione degli investimenti del capitale
internazionale e della creazione di nuovi terreni per il mercato,
con la riduzione dello spazio pubblico.
Nello stesso tempo le
forme sovranazionali di comando spingono verso una costante
diminuzione della democrazia, verso sistemi a-democratici e di
democrazia autoritaria all'interno degli stati nazionali. Questi
processi sono ulteriormente amplificati dallo stato di guerra
permanente instauratosi in questi ultimi anni, dai conseguenti
fenomeni di militarizzazione in atto e dall'enfatizzazioni di
logiche sicuritarie.
Persino le funzioni di ordine pubblico che
venivano gestite dai governi nazionali entro il proprio territorio,
dipendono sempre più da decisioni e ordini che provengono da centri
di comando internazionali, come si è verificato in occasione dei
recenti vertici, come quello di Genova.