L'oste, uno dei tanti osti del romanzo, quasi tutti furbi e portati alla difesa dei potenti e della Polizia, messo con fatica Renzo a letto, evitato quindi il pericolo che la sua trattoria diventi un covo di rivoltosi, si reca dalla polizia a fare denuncia di ciò che era successo da lui e della presenza di Renzo, descritto come una delle teste più calde, da controllare quindi ed arrestare. La polizia di Renzo aveva già nome e cognome, forniti da un finto spadaio che Renzo nella sua ingenuità aveva eletto a suo confidente. La mattina Renzo destato dal sonno profondo cagionatogli dal vino e dalle fatiche della tumultuosa giornata da un notaio criminale, da una sorta di commissario di polizia, che ha accanto alcuni birri. Arrestato e ammanettato viene avviato verso il carcere. Ma per la strada incontra gruppi di persone che lo guardano con una certa Partecipazione. Furbescamente attira su di sé l'attenzione della gente, che si fa sotto il gruppo, e libera il prigioniero. Gli sbirri davanti al pericolo di essere linciati non oppongono resistenza e se la squagliano. Renzo ormai libero gira a vuoto per la città cercando la persona adatta che gli indichi la strada per Bergamo, dove vorrebbe avviarsi: lì c'è il cugino Bortolo e Bergamo inoltre non fa parte dello Stato di Milano.