RECENSIONE
DEL LIBRO “NUOVE BIDIMENSIONALITA’”
di Alicia Imperiale
Il libro vuole analizzare il rapporto esistente tra
bidimensionalità e superficie. La bidimensionalità è qui intesa come
supporto cartaceo o come schermo del computer su cui sono rappresentate le
opere progettuali. La superficie è invece intesa come uno spazio di
flussi e di condizioni variabili. L’autrice analizza, attraverso esempi
progettuali, “la teoria e la produzione di spazi architettonici
virtuali” e “in particolare il rapporto fra reale e virtuale in
termini spaziali, sociali e computazionali”. Mark Taylor afferma, come
già fece Brunelleschi, che l’architettura è formata di pelle ed ossa,
ma al contrario di quest’ultimo, Taylor sostiene che è la pelle ad
essere la parte più importante di un corpo poiché è una superficie
continua che, ripiegandosi su se stessa, annulla l’opposizione tra
interno ed esterno.
Oggi, grazie alle nuove tecnologie, le informazioni
relative ad un’analisi corporea possono essere ridotte ad un codice
binario digitale ed essere quindi riportate sul computer. Questa tecnica
di elaborazione d’immagini è stata acquisita dagli architetti per
progettare, in modo digitale, spazi simili a corpi che si muovono nel
tempo, cosa impossibile sul foglio di carta.
Michel Webb tenta di sfidare la bidimensionalità
del piano di lavoro creando uno spazio infinito all’interno del
computer. In uno spazio cartesiano, egli utilizza un veicolo, una
prospettiva monopolare, che sia in grado di viaggiare fino all’infinito.
Tale veicolo è efficace solo al centro del quadro visivo, più ci si
allontana da questo, più si avrà una distorsione. In questo modo, egli
mette “in discussione la nostra visione quotidiana di spazio e tempo”.
Alicia Imperiale chiama questa procedura “mappatura del tempo”.
L’autrice analizza poi le tipologie definite
“appiattite” portando l’esempio di un progetto di Neil Denari: l’Interrupted
Projections, realizzato per la galleria MA in Giappone. Egli crea uno
spazio ripiegando su se stesso, una superficie che segue la mappa di
Homolsine. Denari si ispira a tipologie continue annullando il concetto di
interno e di esterno.
La seconda parte del libro è dedicata alle
superfici architettoniche dividendole in varie categorie.
La prima è chiamata superficie senza profondità.
L’analisi parte dal libro di Fredric James, Il postmoderno e la
logica culturale del tardo capitalismo, dove è analizzata la mancanza
di profondità nella cultura postmoderna poiché sostituita da superfici
multiple.
La seconda categoria di superfici è quella
caratterizzata da immaterialità e trasparenza. Già il Modernismo aveva
assunto la trasparenza come catalizzatore, ma solo nel Postmodernismo la
trasparenza è utilizzata per la sua capacità di riflettere, di creare
spazi evanescenti sovrapponendosi al contesto.
La
trasparenza della pelle, non ha solo uno scopo funzionale, ma assume una
propria identità distaccandosi dal volume. E’ proprio su questo
concetto che l’Imperiale fonda la terza categoria sostenendo che “la
bellezza è profonda come la pelle”.
La quarta categoria è rappresentata dalle superfici
medianiche. Già dagli anni ’70 con il Centro Pompidou, gli
architetti hanno iniziato a pensare alla pelle come una superficie in
continuo movimento. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, questo modo di
intendere la superficie si è notevolmente diffuso.
La quinta categoria è costituita dalle superfici
piegate. Nel Postmodernismo gli architetti progettano oggetti a
partire da frammenti di forme attraverso un processo di collage. Oggi
anche questa fase è stata superata giungendo a un trattamento più
omogeneo della forma e dello spazio.
Grazie ai libri di Deleuze e di Guattari e alla
teoria delle catastrofi, si è portato in primo piano il problema della
morfogenesi; gli architetti hanno quindi subito “l’influenza del
pensiero di Deleuze [che] ha promosso transizioni spaziali più fluide,
scambi interattivi fra superfici attraverso connessioni casuali e
temporanee che esistono all’interno del sito edificato”. Soprattutto
con il libro La piega l’architettura è stata intesa come un
processo di trasformazione capace di generare cambiamenti nella forma. La
piega è quindi usata per creare un’architettura priva di forma.
La sesta categoria è quelle delle superfici
mappate. L’ambiente è visto in stretta relazione con l’edificio,
“il terreno diventa un piano attivo costruito, da cui l’architettura
emerge come una figura improbabile, fluttuante”.
La settima categoria è rappresentata dalle superfici
topologiche. Le recenti scoperte scientifiche hanno mutato
profondamente il concetto di spazio; esso viene reinterpretato come
qualcosa di mutevole nel tempo. Le deformazioni spazio-temporali hanno
portato a un’architettura in cui piani esterni ed interni si intersecano
tra loro in un continuo mutamento.
La terza parte del libro è dedicata all’analisi
delle nuove tecnologie informatiche e di come l’architettura abbia
saputo sfruttarle prendendo spesso in prestito concetti propri di altre
discipline. Per far ciò l’autrice analizza diversi progetti mettendo in
evidenza il tipo di logica e di programmi alla loro base. Esempi di tali
applicazioni sono riscontrabili nel campo dell’urbanistica dove si passa
dalla tradizionale griglia ad una superficie omogenea animata; altro
esempio e dato dalla prefabbricazione in cui le superfici sono collegate
in rete ed un qualsiasi cambiamento si ripercuote su tutte le parti.
Queste variazioni sono possibili solo grazie all’utilizzo di una
tecnologia robotica computerizzata. Inoltre le macchine a controllo
numerico hanno consentito l’abbandono del modello standardizzato di
produzione permettendo di progettare edifici anche molto complessi.
Attraverso il programma Maya e stato possibile poi ibridare oggetti di
natura diversa in modo da creare architetture singolari ed interessanti.
Attualmente gli architetti stanno concentrando i
loro studi sulla possibilità di relazionare reale e virtuale attraverso
il mezzo informatico in cui “ lo spazio fisico occupi di fatto una
spazialità intermedia fra piattezza dello schermo e lo spazio
pluridimensionale”. Questo nuovo modo di progettare, pur essendo molto
interessante, come afferma la stessa Imperiale, rischia di distaccare
l’architetto dal suo reale scopo cioè quello inevitabile di costruire
un edificio statico. Infatti, il computer, grazie alle sue vastissime
possibilità di animazione e distorsione, spesso porta a pensare e
concepire forme irrealizzabili.
Ho trovato il libro molto interessante anche se il
linguaggio estremamente complesso e la mancanza di spiegazioni sulla
logica dei numerosi programmi informatici citati rendono la sua lettura
estremamente complessa e riservata ad un pubblico esperto.Herzon & de
Meuron,
Technical School Library in Eberswalde, Germania
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Alicia Imperiale, Full-scale
original negative portraits exposed in camera obscura |
Herzon & de Meuron,
Technical School Library in EbersHerzon & de
Meuron,
Technical School Library in Eberswalde, Germaniawalde, Germania |
Neil Denari, modellazione
digitale degli spazi di Interrupted Projections
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Eisenman, progetto per il West
Side
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