SIMONA MIELE

mailto:simonamiele@libero.it

http://w3.uniroma1.it/saggio/


 

 

 

RECENSIONE DEL LIBRO “NUOVE BIDIMENSIONALITA’”

 di Alicia Imperiale

Il libro vuole analizzare il rapporto esistente tra bidimensionalità e superficie. La bidimensionalità è qui intesa come supporto cartaceo o come schermo del computer su cui sono rappresentate le opere progettuali. La superficie è invece intesa come uno spazio di flussi e di condizioni variabili. L’autrice analizza, attraverso esempi progettuali, “la teoria e la produzione di spazi architettonici virtuali” e “in particolare il rapporto fra reale e virtuale in termini spaziali, sociali e computazionali”. Mark Taylor afferma, come già fece Brunelleschi, che l’architettura è formata di pelle ed ossa, ma al contrario di quest’ultimo, Taylor sostiene che è la pelle ad essere la parte più importante di un corpo poiché è una superficie continua che, ripiegandosi su se stessa, annulla l’opposizione tra interno ed esterno.

Oggi, grazie alle nuove tecnologie, le informazioni relative ad un’analisi corporea possono essere ridotte ad un codice binario digitale ed essere quindi riportate sul computer. Questa tecnica di elaborazione d’immagini è stata acquisita dagli architetti per progettare, in modo digitale, spazi simili a corpi che si muovono nel tempo, cosa impossibile sul foglio di carta.

Michel Webb tenta di sfidare la bidimensionalità del piano di lavoro creando uno spazio infinito all’interno del computer. In uno spazio cartesiano, egli utilizza un veicolo, una prospettiva monopolare, che sia in grado di viaggiare fino all’infinito. Tale veicolo è efficace solo al centro del quadro visivo, più ci si allontana da questo, più si avrà una distorsione. In questo modo, egli mette “in discussione la nostra visione quotidiana di spazio e tempo”. Alicia Imperiale chiama questa procedura “mappatura del tempo”.

L’autrice analizza poi le tipologie definite “appiattite” portando l’esempio di un progetto di Neil Denari: l’Interrupted Projections, realizzato per la galleria MA in Giappone. Egli crea uno spazio ripiegando su se stesso, una superficie che segue la mappa di Homolsine. Denari si ispira a tipologie continue annullando il concetto di interno e di esterno.

La seconda parte del libro è dedicata alle superfici architettoniche dividendole in varie categorie.

La prima è chiamata superficie senza profondità. L’analisi parte dal libro di Fredric James, Il postmoderno e la logica culturale del tardo capitalismo, dove è analizzata la mancanza di profondità nella cultura postmoderna poiché sostituita da superfici multiple.

La seconda categoria di superfici è quella caratterizzata da immaterialità e trasparenza. Già il Modernismo aveva assunto la trasparenza come catalizzatore, ma solo nel Postmodernismo la trasparenza è utilizzata per la sua capacità di riflettere, di creare spazi evanescenti sovrapponendosi al contesto.

 La trasparenza della pelle, non ha solo uno scopo funzionale, ma assume una propria identità distaccandosi dal volume. E’ proprio su questo concetto che l’Imperiale fonda la terza categoria sostenendo che “la bellezza è profonda come la pelle”.

La quarta categoria è rappresentata dalle superfici medianiche. Già dagli anni ’70 con il Centro Pompidou, gli architetti hanno iniziato a pensare alla pelle come una superficie in continuo movimento. Oggi, grazie alle nuove tecnologie, questo modo di intendere la superficie si è notevolmente diffuso.

La quinta categoria è costituita dalle superfici piegate. Nel Postmodernismo gli architetti progettano oggetti a partire da frammenti di forme attraverso un processo di collage. Oggi anche questa fase è stata superata giungendo a un trattamento più omogeneo della forma e dello spazio.

Grazie ai libri di Deleuze e di Guattari e alla teoria delle catastrofi, si è portato in primo piano il problema della morfogenesi; gli architetti hanno quindi subito “l’influenza del pensiero di Deleuze [che] ha promosso transizioni spaziali più fluide, scambi interattivi fra superfici attraverso connessioni casuali e temporanee che esistono all’interno del sito edificato”. Soprattutto con il libro La piega l’architettura è stata intesa come un processo di trasformazione capace di generare cambiamenti nella forma. La piega è quindi usata per creare un’architettura priva di forma.

La sesta categoria è quelle delle superfici mappate. L’ambiente è visto in stretta relazione con l’edificio, “il terreno diventa un piano attivo costruito, da cui l’architettura emerge come una figura improbabile, fluttuante”.

La settima categoria è rappresentata dalle superfici topologiche. Le recenti scoperte scientifiche hanno mutato profondamente il concetto di spazio; esso viene reinterpretato come qualcosa di mutevole nel tempo. Le deformazioni spazio-temporali hanno portato a un’architettura in cui piani esterni ed interni si intersecano tra loro in un continuo mutamento.

La terza parte del libro è dedicata all’analisi delle nuove tecnologie informatiche e di come l’architettura abbia saputo sfruttarle prendendo spesso in prestito concetti propri di altre discipline. Per far ciò l’autrice analizza diversi progetti mettendo in evidenza il tipo di logica e di programmi alla loro base. Esempi di tali applicazioni sono riscontrabili nel campo dell’urbanistica dove si passa dalla tradizionale griglia ad una superficie omogenea animata; altro esempio e dato dalla prefabbricazione in cui le superfici sono collegate in rete ed un qualsiasi cambiamento si ripercuote su tutte le parti. Queste variazioni sono possibili solo grazie all’utilizzo di una tecnologia robotica computerizzata. Inoltre le macchine a controllo numerico hanno consentito l’abbandono del modello standardizzato di produzione permettendo di progettare edifici anche molto complessi. Attraverso il programma Maya e stato possibile poi ibridare oggetti di natura diversa in modo da creare architetture singolari ed interessanti.

Attualmente gli architetti stanno concentrando i loro studi sulla possibilità di relazionare reale e virtuale attraverso il mezzo informatico in cui “ lo spazio fisico occupi di fatto una spazialità intermedia fra piattezza dello schermo e lo spazio pluridimensionale”. Questo nuovo modo di progettare, pur essendo molto interessante, come afferma la stessa Imperiale, rischia di distaccare l’architetto dal suo reale scopo cioè quello inevitabile di costruire un edificio statico. Infatti, il computer, grazie alle sue vastissime possibilità di animazione e distorsione, spesso porta a pensare e concepire forme irrealizzabili.

Ho trovato il libro molto interessante anche se il linguaggio estremamente complesso e la mancanza di spiegazioni sulla logica dei numerosi programmi informatici citati rendono la sua lettura estremamente complessa e riservata ad un pubblico esperto.Herzon & de Meuron, Technical School Library in Eberswalde, Germania

Alicia Imperiale, Full-scale original negative portraits exposed in camera obscura

Herzon & de Meuron, Technical School Library in EbersHerzon & de Meuron, Technical School Library in Eberswalde, Germaniawalde, Germania

Neil Denari, modellazione digitale degli spazi di Interrupted Projections

 

Eisenman, progetto per il West Side

 

 

Assaggi

Home page