SIMONA MIELE

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L'ARCHITETTURA MARSUPIALE

Un esempio per me significativo di architettura come comunicazione ed informazione di determinati valori attraverso l’uso della metafora è senz’altro il Centro culturale ebraico a Diusburg, Germania, di Zvi Hecker (1996).

L’edificio viene progettato a forma di mano poiché nella lingua ebraica la parola “Ya’ad” significa appunto mano, ma anche memoria. Il ricordo trova, per il popolo ebraico, espressione nel libro piuttosto che nel territorio negato dalla diaspora. Zvi Hecker intende quindi il libro come patria e come luogo di memoria.

Le “dita della mano” si protendono verso il fiume seguendo una curva dalla quale emergono le lame in cemento oltre il volume edificato  creando, così, corti erbose intersecate da telai obliqui che disegnano portali monumentali ed evocano l’enigma della parola ripetendo le prime lettere dell’alfabeto ebraico.

La sinagoga diventa l’elemento cruciale. La stella di Davide che, nel progetto di concorso, ne definiva il perimetro e la separava dal resto del complesso, è stata deformata a tal punto da rendere illeggibile l’icona originaria condensandola nell’astrazione monumentale ed interrogativa del nero volume scultoreo che interrompe il fluire armonioso della raggiera di setti e lo conclude.

Hacker, dunque, riesce a comunicare, attraverso l’architettura, tutta la storia ed il dramma del popolo d’Israele.

 

 

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