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Delfi: l'uomo antico e le divinità

Grecia: culla della civiltà, regione della Focide, un pugno di chilometri dal golfo di Corinto, queste sono le coordinate del sito archeologico e, allo stesso tempo, del centro di religiosità antica e di mistero di Delphi.

Ai miei occhi, che scrutavano incuriositi dal finestrino del pullman, si aprivano creste montuose, aride, brulle e assolate, solenni guardiane da un'epoca infinita. Due tra queste cime sono le Fedriadi, alle pendici del monte Parnaso; il loro nome significa "brillanti, rilucenti", da esse sgorga la prodigiosa fonte Castalia.

Allontanando lo sguardo, al di là delle distese di ulivi...il mare.

Passando in quelle zone, era come calpestare le orme di Apollo: dio della musica, del sole e della medicina.

Egli, secondo il mito, aveva ucciso il serpente Pithone e fondato lì il suo santuario, con il celebre oracolo.

Da tempi immemorabili, in alcune giornate dell'anno, provenivano da tutto il Paese persone che, per risolvere i loro problemi, chiedevano consiglio alla Pithia: donna "medium" tra Apollo e i terrestri, donna che, in stato di estasi, dava i suoi responsi misteriosi, interpretati poi dai sacerdoti.

La prima tappa della nostra visita fu il museo archeologico: uno scrigno pronto per essere aperto a chi vuol conoscere, ricco di opere immortali.

Mi è piaciuto immensamente l'Auriga (475 a. C.) statua di bronzo di un giovane vincitore delle gare; il suo viso, incorniciato dai capelli a ricciolo, era perfetto, affascinante, solenne, il naso dritto, le labbra carnose. I suoi occhi "vedevano" veramente! Il cerchio d'ametista posto al centro era una vera iride, il granello di carbone, una vera pupilla! Questa statua faceva parte di una quadriga della quale purtroppo i cavalli sono andati distrutti.

Bellissima anche una coppa su cui era raffigurato Apollo, con in mano una cetra argentata, e un corvo divenuto nero a causa di una maledizione.

Molto interessanti alcune steli su cui si leggevano inni, accompagnati dalle prime note musicali.

E ancora... due kuroi (ragazzi) di pietra, dalla posizione statica, che, racconta il mito, dopo aver trainato la carrozza della anziana madre fino al tempio di Era, si erano addormentati per sempre, divenendo beati.

La visita continuò poi all'aria aperta: quel luogo sembrava un paradiso: il cielo turchino, l'aria tersa, gli oleandri fucsia smagliante, le melodie dei passeri... che pace!

Mi rese di stucco il "tesoro degli Ateniesi". un tempietto dalle colonne doriche che fungeva da ambasciata, qui la città offriva i suoi doni al dio.

La via sacra, un tempo fiancheggiata da splendide statue, saliva; una roccia ricoperta di verde era il luogo dove l'antica Sibilla dava i suoi responsi. Proseguendo, tra alberi ombrosi e massi ciclopici ricoperti di iscrizioni fittissime, si giunse alle rovine del tempio di Apollo di cui restano alcune grigie colonne adagiate su una base marmorea. Al tempo del suo massimo splendore, esso era il "signore" indiscusso del santuario, la residenza della Pithia e la dimora del dio.

Alzando lo sguardo. .. il teatro disteso sulla collina e lo stadio.

Infine... ecco la sorgente Castalia dove avveniva la purificazione della medium e dei fedeli. Ancora oggi, quel ruscelletto fresco e ristoratore è attivo e la sua acqua cristallina, che rendeva immortali, salta di pietra in pietra, anche se non più per l'antico percorso.

In questo ambiente sereno, il cuore era più aperto, si respirava un'aria speciale e si vivevano indimenticabili momenti a contatto con la Storia!

Silvia Tessari 1997

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