SULFAMIDICI
Generalità Scoperti nel 1935, i Sulfamidici, sono stati i primi chemioterapici efficaci ad essere stati utilizzati sistematicamente per la cura delle infezioni batteriche nelluomo. Il primo sulfamidico usato in terapia da Domagk, la sulfacrisoidina doveva la sua attività alla liberazione in vivo di sulfanilamide (Tréfuoel e coll.), dalla quale derivano tutti i sulfamidici attuali. Oggi Il numero dei sulfamidici utilizzati si è notevolmente ridotto a causa dell'avvento degli antibiotici più attivi e meglio tollerati, e dell'insorgenza di resistenze. Tuttavia, l'associazione sinergica con il trimethoprim ha riportato in auge i sulfamidici per un certo numero di indicazioni. Tra i sulfamidici attuali, tre occupano una posizione particolare:
Composizione chimica
La
struttura di base di tutti i sulfamidici è la sulfanilamide (para-aminobenzene
sulfamide) (Figura 12.1).
Proprietà fisico-chimiche I sulfamidici sono polveri cristalline biancastre o giallastre, poco solubili in acqua (ad eccezione della sulfacetamide e della sulfanilamide; i loro sali sodici, solubili in acqua, hanno un pH molto alcalino. Il peso molecolare varia tra i 250 ed i 300 dalton per i sulfamidici sistemici, mentre è leggermente più elevato (350-400 dalton) per i sulfamidici a doppia sostituzione, ad azione topica intestinale.
In base
alla loro farmacocinetica e alla loro utilizzazione clinica i
sulfamidici attuali vengono classificati in varie categorie: 1. Sulfamidici ad emivita breve ed eliminazione rapida (3-4 ore), utilizzati nel trattamento delle infezioni urinarie; ad esempio il sulfametizolo (Figura 12.4). 2. Sulfamidici ad emivita di 10-12 ore, ad eliminazione semiritardo, impiegati nel trattamento delle infezioni sistemiche; ad esempio sulfametossazolo, sulfadiazina, sulfamoxolo (Figura 12.5). 3. Sulfamidici retard, ad emivita prolungata (>24 ore) (Figura 12.6). 4. Sulfamidici ad emivita molto prolungata (>100 ore) ed eliminazione ultra lenta, utilizzati soprattutto nel trattamento della malaria: sulfadossina; anche il dapsone possiede una eliminazione molto lenta (Figura 12.7). 5. Sulfamidici non assorbibili per via digestiva, ad azione topica intestinale: sulfaguanidina, succinilsulfotiazolo, sulfasalazina (Figura 12.8). 6. Sulfamidici ad impiego topico cutaneo: sulfanilamide, sulfasuccimide, sulfodiazina argentica (Figura 12.9) 7. Sulfoni: dapsone (Figura 12.2).
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ACIDO PARA-AMINOBENZOICO + PTERIDINA
SULFAMETOSSAZOLO ACIDO DIIDROFOLICO
fig. 1 - Siti del metabolismo dei folati su cui agiscono, inibendolo, i sulfamidici ed il trimetoprim.
Questi farmaci agiscono su due tappe biochimiche indipendenti; questo spiega il loro sinergismo quando vengono impiegati in associazione.
Meccanismo d'azione I sulfamidici sono analoghi strutturali ed inibitori competitivi dell'acido para-aminobenzoico (PABA) nella biosintesi dei folati; l'azione antibatterica è dovuta alla loro capacità di sostituirsi all'acido para-aminobenzoico, loro analogo (inibizio-ne competitiva) (Figura 12.3). Il PABA entra a far parte della struttura dell'acido folico; a causa della sua sostituzione con il sulfamidico, la diidropteroatosintetasi batterica, enzima presente nei batteri e nei protozoi ma assente nell'uomo, che catalizza l'incorporazione del PABA nell'acido deidrofolico, non può più sintetizzare quest'ultimo, con conseguente arresto della moltiplicazione batterica. I sulfamidici agiscono, dunque, come degli antimetaboliti. I microrganismi che non utilizzano la via biosintetica dell'acido diidrofolico (enterococchi, lactobacilli) presentano una naturale resistenza ai sulfamidici. L'attività antibatterica dei sulfamidici viene inibita dalla timidina o dalle purine presenti nel mezzo di coltura o nel pus. L'attività dei sulfamidici è di tipo batteriostatica. Gli inibitori della diidrofolato-sintetasi (DHPS): sulfamidici e sulfoni, non esercitano effetto antifolico perché la DHPS è assente nell'uomo; di contro, gli inibitori della diidrofolato-reduttasi (DHFR) possiedono una affinità maggiore per la DHFR batterica e protozoaria rispetto alla DHFR delle cellule umane; l'apporto esogeno di acido folico corregge gli effetti ematotossici degli inibitori della DHFR, senza contrastare la loro azione sui batteri e sui protozoi. I sulfoni (dapsone) esercitano anche unazione antinfiammatoria, oltre alla loro azione antibatterica ed antiprotozoaria.
Spettro antibatterico e resistenze batteriche Lo spettro d'azione dei sulfamidici, inizialmente ampio, si è ristretto nel corso degli anni, a causa dello sviluppo di resistenze da parte di numerose specie.
Microrganismi spesso sensibili sono: H. influenzae (in associazione sinergica con i macrolidi), Listeria, Corynebacterium,Clostidrium, stafilococchi, streptococchi, pneumococchi (in associazione con il trimethoprim), Plasmodium, Pseu-domonas pseudomallei. Microrganismi spesso resistenti (30-50%) (sensibilità intermedia con MIC 16-32 µg/ml) sono: Neisseria meningitidis,Neisseria gonorrhoeae, H. ducrey, batteri anaerobi (Bacteroides, Fusobacterium), Shigella, Enterobacter, Vibriocholerae, Serratia, Proteus indolo positivo (per questi ultimi due l'associazione con polimixina-colistina ha un effet-to sinergico). Microrganismi regolarmente resistenti (MIC >64 µg/ml) sono:
Le resistenze possono essere sia di natura cromosomica che plasmidica (quest'ultima si verifica soprattutto negli enterobatteri). I meccanismi della resistenza possono essere dovuti ad una iperproduzione sia di PABA che di deidropteroato-sintetasi (DHPS), sia ad una insensibilità della DHPS (debole affinità per i sulfamidici), sia ad un aumento della produzione di pteridina. La resistenza del Mycobacterium leprae al dapsone è frequente al momento delle ricadute (fino al 90%). La resisten-za primaria per i nuovi casi è circa del 50%, ma essa è di basso livello e di comparsa molto tardiva; per tale motivo la maggior parte dei ceppi sono ancora sensibili agli attuali trattamenti con dapsone al dosaggio di 100 mg/die. L'azione dei sulfamidici è sinergica con quella del trimethoprim (nei confronti dei cocchi Gram positivi, del gonococco e di Toxoplasma, Pneumocystis carinii e Plasmodium), con quella della pirimetamina (nei confronti di Toxoplasma e Plasmodium), con quella dei macrolidi (H. influenzae), e con quella della rifampicina (sinergismo dapsone+ rifampi-cina nei confronti del Mycobacterium leprae).
Farmacocinetica L'assorbimento digestivo è rapido e pressoché completo (90%), ad eccezione dei sulfamidici non assorbibili, ad azione esclusivamente di tipo intestinale, come la sulfaguanidina (assorbimento del 10-30%) ed il succinilsulfatiazolo (assorbimento del 5%), che presentano concentrazioni intestinali molto elevate; altra eccezione è costituita dalla sulfosalazina che libera la sulfopiridina a livello del colon. Un quarto della dose ingerita di sulfasalazina viene assorbita immodificata a livello del tenue ed eliminata nelle urine; la restante quota raggiunge il colon dove la flora batterica riduce il legame diazo e libera la sulfopiridina; questa viene assorbita dal colon ed eliminata dalle urine, mentre la frazione attiva (acido 5-aminosalicilico) resta in gran parte nel lume del colon e viene escreta con le feci. L'assorbimento digestivo è inibito dall'elevazione del pH gastrico, che rende i sulfamidici insolubili (soprattutto il dapsone). Tassi sierici: i picchi sierici con i sulfamidici sistemici si aggirano sui 20 µg/ml dopo assunzione di 400 mg di sulfodiazina, sui 40-60 µg/ml dopo 800 mg di sulfametossazolo, sui 105 µg/ml dopo 600 mg di sulfofurazolo, e sui 2 µg/ml dopo 100 mg di dapsone. L'emivita plasmatica è variabile: -molto breve (3 ore) con il sulfametizolo; -breve (6 ore) con il sulfafurazolo; -media (9-12 ore) con sulfadiazina, sulfametossazolo, sulfamoxolo, sulfanilamide, sulfasalazina (per quest'ultima esistono grandi variazioni: tra le 6 e le 14 ore, a seconda del tipo di acetilatore)*; -lunga (> 24 ore) con i sulfamidici ritardo ed il dapsone (per quest'ultimo con delle grandi variazioni: tra le 10 e le 50 ore, a seconda del tipo di acetilatore. Ogni soggetto può essere distinto in acetilatore lento o acetilatore rapido )*; -molto lunga (> 100 ore), con la sulfadoxina. Il legame alle proteine plasmatiche è variabile:-elevato (> 70%), con sulfamoxolo (75-85%), sulfafurazolo (85%), sulfametossazolo (70%), sulfasalazina (83%), sulfametrolo (80%) e sulfisoxazolo (90%). -medio (50%) con sulfadiazina e dapsone -debole (< 30%) con sulfametizolo, sulfanilamide e sulfacetamide. Può essere possibile, per i sulfamidici fortemente legati alle proteine plasmatiche, una competizione con la bilirubi-na nel legame alle proteine, con conseguente rischio d'ittero nucleare nei neonati. La diffusione tessutale è buona a diversi livelli: liquor (50% dei tassi sierici), occhio, placenta, latte materno, liquido amniotico e feto; meno buona nelle secrezioni bronchiali, ad eccezione del trimetoprim. Il volume di distri-buzione (VD) è circa di 0.2-0.5 l/kg (15-30 l). La biotrasformazione metabolica è variabile: essa si compie soprattutto per acetilazione in N4 e, per alcuni sulfamidici, anche per glicuronoconiugazione (sulfadimetossina). Il metabolita N4 acetilato, contrariamente al metabolita glicuronoconiugato, è molto poco solubile nelle urine, più tossico ed inattivo sul piano antibatterico. Come per l'isoniazide anche per i sulfamidici esistono, dal punto di vista metabolico, individui acetilatori lenti ed individui acetilatori rapidi. L'acetilazione lenta porta alla formazione di metaboliti tossici, soprattutto nei soggetti con AIDS. La percentuale di biotrasformazione metabolica è molto variabile: -sulfamidici poco metabolizzati: sulfametizolo (5%), sulfadiazina (30%) e sulfaguanidina (30%) -sulfamidici fortemente metabolizzati: sulfametossazolo (80%), sulfamoxolo (65%) e sulfametrolo (80%). Eliminazione L'eliminazione dei sulfamidici sistemici avviene soprattutto per via renale, per filtrazione glomerulare, talvolta associata a secrezione tubulare. L'eliminazione renale viene accelerata dall'alcalinizzazione. I tassi urinari sono molto elevati (>100 µg/ml). I sulfamidici non assorbili vengono eliminati per via fecale. Tossicità ed effetti indesiderati Sebbene i sulfamidici attuali siano meglio tollerati rispetto ai precedenti, essi possono tuttavia provocare tutta unaserie di effetti indesiderati, talvolta gravi o anche mortali: sindrome di Lyell, agranulocitosi, vasculiti, LED, etc.Gli effetti indesiderati possono riconoscere due meccanismi: quello di tipo tossico, dose-dipendente, e quello daipersensibilità. Essi sono dovuti al metabolita idrossilaminico del sulfametossazolo.I primi, dose-dipendenti, comprendono disturbi digestivi, neurotossicità, anemie emolitiche ed ipocromiche (dadapsone), metaemoglobinemia e cristalluria.A seconda della localizzazione, si possono anche verificare:-Disturbi digestivi tipo anoressia, nausea, vomito, diarrea (soprattutto con dosi elevate).-Neurotossicità diffusa, sotto forma di astenia, cefalea, insonnia, disturbi psichici; essa è particolarmente frequente in corso di AIDS. -Polinevriti, soprattutto motorie, osservate con l'impiego del dapsone nei soggetti acetilatori lenti. -Reazioni allergiche, osservate soprattutto con i sulfamidici ad emivita lunga o molto lunga: rezioni cutanee (prurito, orticaria, eruzioni di vario tipo, eritema nodoso, soprattutto con la sulfasalazina ed il dapsone); fotosensibilità (fornirsi di adeguata protezione solare durante il trattamento), eritema polimorfo, tossidermia ed epidermolisi bollosa (sindrome di Lyell), soprattutto con i sulfamidici ritardo e nei soggetti con AIDS; dermatiti da contatto in seguito ad applicazione locale, edema di Quincke, malattia da siero, vasculiti, LED iatrogeno, glome-rulonefriti, nefrite interstiziale. Evitare, quindi, l'applicazione topica cutanea, particolarmente allergizzante. La desensibilizzazione per incremento progressivo delle dosi deve essere effettuata solo sotto controllo medico. La spiegazione delle gravi tossidermie tra i pazienti con AIDS risiede nel fatto che questi soggetti sono degli acetilatori lenti (producono, quindi, metaboliti idrossilaminici tossici) e sono anche carenti in glutatione, il quale non riesce più a detossificare questi metaboliti tossici. -Disturbi ematologici: leucopenia, eccezionalmente agranulocitosi (più frequentemente in corso di AIDS); trombocitopenia con porpora (AIDS); anemia emolitica acuta, per deficit di glucosio 6 fosfato deidrogenasi, o per fenomeni di sensibilizzazione; fattori favorenti sono dosi elevate e soggetti acetilatori lenti; anemia ipocromica (dapsone), dose-dipendente, favorevol-mente rispondente al trattamento marziale (controllare l'emocromo durante la terapia); anemia megaloblastica, soprat-tutto in associazione con il trimethoprim, in presenza di fattori favorenti: denutrizione, dosi elevate, trattamenti prolungati (sulfosalazina); metaemoglobinemia, dose dipendente (soprattutto con il dapsone e la sulfosalazina). -Disturbi urinari: cristalluria con ematuria e coliche renali, in caso di sulfamidici a scarsa solubilità urinaria (sulfasalazina, dapsone); la prevenzione deve mirare all'idratazione ed all'alcalinizzazione delle urine. -Nefriti interstiziali, da ipersensibilità. -Epatopatie: hanno un meccanismo allergico o tossico; si verificano soprattutto per trattamenti prolungati (dapsone, sulfasalazina); itteri nucleari possono manifestarsi nei neonati e nei prematuri, per meccanismo di competizione con la bilirubina (controindicazione). -Crisi di porfiria acuta; possono sopravvenire in corso di porfiria cronica. -Pancreatiti sono state segnalate con la sulfasalazina. -Reazioni polmonari (infiltrati, fibrositi), dovute ad ipersensibilità, sono state segnalate soprattutto con la sulfasalazina. -Disturbi endocrinologici: ipotiroidismo, oligoastenospermia ed infertilità sono stati segnalati dopo trattamenti prolungati, soprattutto con la sulfosalazina. -Reazioni lepromatose sono state segnalate con il dapsone. Indicazioni cliniche I sulfamidici hanno perso molte delle loro indicazioni in seguito all'avvento degli antibiotici. Essi conservano tuttavia alcune indicazioni, soprattutto in associazione con un altro farmaco (trimethoprim, pirimetamina, macrolidi). -Terapia delle infezioni delle basse vie urinarie non complicate (cistiti) con un sulfamidico a rapida eliminazione. -Terapia della nocardiosi: il sulfamidico può essere impiegato da solo o insieme ad un macrolide. -Terapia delle infezioni respiratorie da H. influenzae e Moraxella catarrhalis: otiti, bronchiti, polmoniti; in associa-zione con un macrolide. -Terapia delle infezioni da Chlamydiae (tracoma e linfogranulomatosi inguinale) nelle quali i sulfamidici competo-no con i macrolidi e le tetracicline. -Terapia dell'ulcera venerea molle (da H. ducrey), in associazione con il trimethoprim ed in competizione con alcuni beta-lattamici e fluorochinoloni. -Profilassi e terapia della toxoplasmosi cerebrale: sulfadiazina (3 g/die) o dapsone, in associazione con la pirimetamina ed acido folinico (effetto additivo antifolico sulla deidrofolato-redutasi del Toxoplasma gondii ). -Terapia della malaria clorochino-resistente: sulfadoxina, in associazione con la pirimetamina. -Terapia delle infezioni digestive da Isospora belli: sulfamidico + trimethoprim. -Profilassi e terapia delle polmoniti da Pneumocystis carinii: dapsone, sulfametossazolo, in associazione con il trimethoprim. -Terapia della lebbra: dapsone, in associazione con la rifampicina e la clofazimina. -Terapia della leishmaniosi cutanea: dapsone. -Terapia della rettocolite emorragica: sulfasalazina (terapia di mantenimento); tuttavia, per questa indicazione attualmente v'è la tendenza a sostituire la sulfasalazina con la frazione attiva non sulfamidata di questa moleco-la, l'acido 5-aminosalicilico, in preparazione galenica appropriata, che ne ritarda il suo assorbimento digestivo, in modo che essa possa giungere intatta sino al colon, sede della sua azione. -Terapia della dermatite erpetiforme: dapsone. -Terapia delle ustioni e piaghe infette: sulfadiazina argentica in applicazioni locali. -Chemioprofilassi del colera e della peste ed, eventualmente, della meningite meningococcica, qualora il batterio sia rimasto sensibile ai sulfamidici. Segnaliamo che il dapsone e la sulfasalazina sono stati utilizzati anche per la loro attività antinfiammatoria nella terapia della poliartrite reumatoide e dell'arterite di Horton; la sulfasalazina è stata impiegata anche nei casi di psoriasi troppo estesa per essere trattata con i corticosteroidi e non tanto severa da giustificare una terapia con metotrexate. Controindicazioni Deficit di glucosio 6 fosfato deidrogenasi (G6PD) (rischio emolitico), allergia ai sulfamidici, insufficienza epatica o renale severa, gravidanza, allattamento, età neonatale, prematurità, porfiria. Precauzioni d'uso Assicurare un adeguato apporto idrico, evitare l'associazione con la metenamina e la nitroxolina per evitare la cristalluria; ridurre le dosi in caso di gravidanza e di trattamenti prolungati (salazopirina, dapsone); ricercare un deficit di G6PD e controllare periodicamente l'emocromo in caso di trattamenti prolungati; diminuire le dosi in caso di metaemoglobinemia e di insufficienza epatica e renale. Interazioni farmacologiche Interazioni utiliTrimetoprim: sinergismo d'azione per blocco enzimatico sequenziale.Polimixina-colistina: trattamento delle infezioni da Proteus indolo positivo e Serratia.Spiramicina: terapia della toxoplasmosi.Pirimetamina: trattamento delle infezioni da Plasmodium (sulfadoxina), Toxoplasma (dapsone) e Pneumocystiscarinii (dapsone). Macrolidi trattamento delle infezioni da H. influenzaeNitrofurantoina: infezioni delle vie urinarieNitroxolina: terapia delle infezioni urinarie da E. coli e Proteus.Farmaci alcalinizzanti le urine: da associarsi ai sulfamidici a scarsa solubilità urinaria. Interazioni da evitareCloramfenicolo: aumento del rischio di ematotossicità.Metronidazolo: aumento del rischio di ematotossicità.Metenamina e nitroxolina: aumento del rischio di cristalluria. La sulfasalazina non deve essere somministrata insieme ad antibiotici a largo spettro sterilizzanti la flora intestina-le, in quanto quest'ultima è responsabile della liberazione della frazione attiva della sulfasalazina, l'acido 5-aminosalicilico: rischio di inefficacia della sulfosalazina.Dapsone + rifampicina (Tabella 12.1): diminuzione dell'emivita del dapsone (adattare la modalità di somministra-zione del dapsone). Questa associazione è correntemente impiegata nella terapia della lebbra.Dapsone e cotrimossazolo non debbono essere somministrati con la zidovudina ed il ganciclovir, in quanto aumen-tano la tossicità di questi ultimi due (Tabella 12.1). Dapsone e cotrimossazolo non debbono essere somministraticon la didanosina, a causa dell'inibizione dell'assorbimento digestivo del dapsone provocato dagli antiacidi associa-ti alla didanosina (Tabella 12.1). L'isoniazide non deve essere associata ai sulfamidici, a causa della diminuzione diacetilazione dell'isoniazide per competizione metabolica.Metotrexate: non deve essere associato ai sulfamidici fortemente legati alle proteine plasmatiche, a causa dellacompetizione per i siti di legame proteico e per l'escrezione tubulare; la conseguenza è l'aumento di tossicità delmetotrexato.Anticoagulanti orali (warfarin): non devono essere associati ai sulfamidici fortemente legati alle proteine plasmati-che, a causa della competizione per il legame proteico e dell'aumento di rischio di emorragia; se l'associazione ènecessaria, monitorare la coagulazione ed adattare la posologia dell'anticoagulante.I sulfamidici ipoglicemizzanti orali (clorpropramide, tolbutamide), fortemente metabolizzati ed escreti per secrezio-ne tubulare, non debbono essere associati a sulfamidici a forte legame proteico, a causa del notevole rischio diipoglicemia, per competizione su questi tre meccanismi la prevenzione consiste nel monitorare la glicemia e nel-l'adattare la posologia dell'ipoglicemizzante; inoltre, il rischio dell'insorgenza di resistenza ai sulfamidici antibattericiè aumentato con l'impiego degli ipoglicemizzanti sulfamidici.Fenitoina: i suoi tassi sierici, la sua emivita e la sua neurotossicità sono incrementati dalla associazione con unsulfamidico (es. sulfametossazolo), per inibizione metabolica.Tiopentone: i sulfamidici ad elevato legame proteico ne prolungano l'effetto anestetico, per competizione sul lega-me proteico.Digossina: la sulfosalazina ne aumenta i tassi sierici e l'emivita; monitoraggio cardiologico ed adattamento deldosaggio della digossina.Sali di ferro: i tassi plasmatici vengono diminuiti dalla sulfasalazina.Antitiroidei di sintesi: gli effetti sono aumentati dai sulfamidici.Dapsone + probenecid: il probenecid aumenta i tassi sierici e la tossicità del dapsone per competizione sulla secre-zione tubulare (Tabella 12.1).Dapsone + antiacidi; il dapsone è insolubile a pH gastrico neutro.Sulfamidici + ciclosporina; diminuzione dei tassi sierici della ciclosporina con conseguente rischio di rigetto ditrapianto (Tabella 12.1).Sulfamidici + prodotti contenenti acido para-aminobenzoico (protettivi solari, analgesici): effetto antagonistaantibatterico. Modalità di somministrazione e posologia La via di somministrazione classica dei sulfamidici è quella orale; per alcuni di essi si utilizza anche la via parente-rale (cotrimossazolo, sulfadossina-pirimetamina); altri sulfamidici sono utilizzati in formulazioni topiche(sulfacetamide, sulfadiazina argentica) (Tabella 12.2).La posologia prevede vari grammi/die per i sulfamidici non assorbibili per via orale ed impiegati come disinfettantiintestinali; la dose deve essere ripartita in diverse assunzioni giornaliere.Per i sulfamidici semi-ritardo la posologia è più o meno la stessa, ma ripartita in assunzioni giornaliere ridotte.Per i sulfamidici retard, come il dapsone, la posologia prevede 100-300 mg/die, in assunzione unica; per quest'ultimo la posologia dovrà essere aumentata progressivamente sino al raggiungimento della posologia attiva. |