Chissà quante volte è accaduto a chi percorre la strada regionale 23 del Sestriere di osservare quell'insieme di ruderi posti a ridosso del cosiddetto "Gir del Roch", alle pendici del Monte Orsiera, quella demolizione che spicca e consegna ormai da secoli il suo benvenuto a chi si dirige verso Fenestrelle, un piccolo ma noto comune situato nell'Alta Val Chisone. Molte persone hanno dunque potuto ammirare quell'immensa e prodigiosa costruzione caratterizzata da pietre ben squadrate che fungono da sbarramento di metà valle, ma pochi di loro hanno saputo dare un significato a quell'opera, considerata non più di un ammasso di antiche mura, ancora meno sono coloro che hanno mostrato un interesse verso la stessa, distogliendo lo sguardo dal paesaggio sottostante per volgerlo in alto, nella sua direzione, nel tentativo di cogliere una spiegazione quasi a portata di mano, nonostante l'incuria e l'abbandono. Erroneamente, infatti, ci si sofferma ad osservare quel piccolo edificio eretto sulla sinistra del torrente Chisone, a cavallo della strada proveniente da Pinerolo, ma quella Ridotta denominata Carlo Alberto non è che una minuscola parte, una sintesi della muraglia piemontese che oggi rappresenta, a causa dell'ultimo grande conflitto mondiale, una sua malinconica "carta da visita". Esclusivamente un occhio molto attento rivolto sul lato opposto del Monte Albergian poteva giustificare in modo inconfutabile la presenza di quel "fortino di strada" ed era in grado di scorgere l'interminabile serie di strutture artificiali in pietra, quel patrimonio culturale, simbolo della volontà e dell'impegno degli ingegneri del Regno Sardegna. Divenuto "un enorme cielo aperto ove chiunque poteva rifornirsi", preda di furti e saccheggi, cumulo fastidioso e malinconico di rovine, dopo il suo abbandono negli anni cinquanta, rischiava di cadere inesorabilmente, dopo periodi di grande splendore, nell'oblio. Peccato. Un'occasione persa per conoscere e analizzare un baluardo della storia piemontese, una fortificazione di grande importanza, nonché opera unica in Europa e rara nel mondo intero: insomma un bene senza eguali, ma celato, troppo nascosto per mostrare tutto il suo splendore e la sua bellezza al pubblico. Fortunatamente, l'Umanità si accorse in tempo del grande capolavoro che stava perdendo a causa della sua superficialità, al che il Ministero dei Beni Culturali, la Regione, il Comune si decisero ad avviare negli anni Novanta un grande progetto di recupero e rilancio storico ed artistico della costruzione, al fine di farla risplendere nuovamente di luce propria, valorizzarla e trasformarla da luogo di guerra e sofferenze a sito di pace e tranquillità. Il frutto del sudore di migliaia di artigiani, manovali e operai si è risvegliato: è nuovamente in grado di mostrare le sue ricchezze ed è divenuto un importante riferimento per lo sviluppo della zona in questione dal punto di vista strettamente culturale e sociale, ma anche in senso imprenditoriale e economico. Il monumento è salvo: ora non resta che potenziare questo incredibile contenitore di cultura e tesoro di opportunità. Io, in queste pagine, ho voluto metterlo in luce per far in modo che d'ora in poi si colga, soffermandosi sulla sua figura, qualche aspetto in più di una parte importante della storia piemontese che illumina con il suo fascino il buio delle Alpi e funge da polo d'attrazione per il turismo locale e mondiale.


INDICE