Ho approfondito le problematiche sul riscaldameto globale e ho scritto un saggio quale compendio delle problematiche delle fonti energetiche attuali e future, in relazione all’equilibrio termico della superficie della Terra. E’ di circa 160 pagine ed è reperobile sul sito ILMIOLIBRO.
In base alle mie analisi ed agli approfondimenti, occorre tenere conto, nel bilancio energetico della superficie della Terra, oltre che dell’effetto serra, anche e soprattutto dell’apporto del calore che l’uomo immette direttamente in atmosfera. Ciò ha un impatto importante sulle gerarchie ecologiche delle varie fonti di energia, soprattutto per il fatto che oltre all’energia nucleare, anche l’energia geotermica profonda è evidentemente un’energia aggiunta al bilancio termico della superficie del pianeta, e quindi può risultare ecologicamente più dannosa di altre fonti (eolico, solare, maree ecc) nella prospettiva del contenimento del riscaldamento planetario.
Ho raccolto le fonti più attuali ed aggiornate, inserendole in una visione personale globale del sistema energetico, e il libro vuole costituire una utile indicazione su ciò che bisogna fare in vista dell’esaurimento dei combustibili fossili
per gli interessati riporto il testo del saggio qui a seguito
OLTRE L’EFFETTO SERRA
ENERGIA E RISCALDAMENTO GLOBALE - VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO CLIMATICO DEL PIANETA TERRA
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO PRIMO - CONCETTI BASE E DEFINIZIONI
1.1. Equilibrio termico della superficie terrestre
1.2. Radiazione solare
1.3. Dispersione del calore terrestre nello spazio
1.4. Effetto serra
1.5. Produzione naturale di calore endogeno
1.6. Produzione antropica di calore
1.7. Energia
1.8. Entropia e secondo principio della termodinamica
1.9. Gaia
1.10. Riscaldamento globale
1.11. Impatto antropico
1.12. Altre definizioni diverse
CAPITOLO SECONDO – LE VARIE FONTI DI ENERGIA – LE ENERGIE ALTERNATIVE E LE ENERGIE RINNOVABILI
2.1. Energia da idrocarburi fossili
2.2. Energia nucleare
2.3. Energia geotermica
2.4. Energia solare termica e fotovoltaica
2.5. Energia da biomassa, da rifiuti agricoli, industriali ed urbani e da idrocarburi derivati
2.6. Energia da trasformazione dell’energia cinetica dei fluidi atmosferici e oceanici, eolica, da correnti oceaniche e da moto ondoso
2.7. Energia da differenze di temperatura del suolo e dell’acqua
2.8. Energia gravitazionale (maree)
2.9. Energia idroelettrica
CAPITOLO TERZO – LE CAUSE DEL RISCALDAMENTO GLOBALE
3.1. Aumento dell’effetto serra per immissione di gas – serra nell’atmosfera
3.2. Immissione diretta di calore nell’atmosfera.
3.3. Diminuzione della riflessione dell’energia solare
3.4. Meccanismi di retroazione
CAPITOLO QUARTO - GLI EFFETTI DEL RISCALDA-MENTO GLOBALE
4.1. Effetti qualitativi sugli ecosistemi naturali del pianeta Terra
4.2. Effetti qualitativi sulla presenza dell’uomo
4.3. Effetti quantitativi
CAPITOLO QUINTO - LE AZIONI PER MINIMIZZARE L’IMPATTO ANTROPICO - OBIETTIVI A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE
5.1. Diminuire l’uso dell’energia
5.2. Impiegare energie che non producano gas serra
5.3. Impiegare energie che non producano cascami termici.
5.4. Aumentare l’assorbimento di energia solare sotto altre forme che non producano calore
5.5. Aumentare la riflessione di energia solare
CONCLUSIONI
REFERENZE
INTRODUZIONE
Il nostro pianeta sta subendo un forte sovraccarico termico, rispetto alle condizioni precedenti di equilibrio, a causa delle attività umane.
L’uomo, con i consumi energetici della civiltà industriale, riscalda l’atmosfera immettendo in essa importanti quantità di calore artificiale; con la deforestazione ed alcuni effetti derivati provoca un importante aumento dell’assorbimento della radiazione solare; e con l’immissione di gas - serra nell’atmosfera provoca l’aumento della quantità di calore trattenuto dall’atmosfera.
Tutto ciò sta modificando rapidamente e massicciamente l’equilibrio termico della superficie terrestre, allontanandola dalle condizioni più adatte in cui si è evoluta e sviluppata la specie umana.
Questo libro vuole costituire un’analisi interdisciplinare, di carattere divulgativo, dei principali fattori che influiscono sul clima del pianeta e sullo stato della sua superficie, oggi unico ambiente abitabile per la specie umana; e quindi, poiché i principali agenti delle modifiche in corso sono gli elevatissimi consumi energetici della civiltà industriale, si analizzeranno le varie forme di energia in relazione alla loro capacità di alterare l’equilibrio naturale.
Questo libro vuole anche indicare riassuntivamente e deduttivamente le azioni che l’uomo può e deve intraprendere per diminuire ed alla fine invertire le attuali tendenze di variazione negativa per l’habitat umano.
Ogni punto di questo libro permette, merita e necessita di approfondimento e di sviluppo autonomo con approccio scientifico.
Per lo sviluppo dell’analisi dell’aspetto del riscaldamento diretto della superficie del pianeta, si augura di essere di stimolo ad un ampio dibattito e ad ulteriori necessari approfondimenti.
Vogliamo incominciare riassumendo la storia della vita sulla Terra nel seguente modo:
il pianeta primigenio era molto caldo ed era provvisto di un’atmosfera composta soprattutto di anidride carbonica. Le prime forme di vita, adatte a quella atmosfera, si sono evolute fino ai batteri anaerobici, adatti alla vita con poco ossigeno (e che sopravvissero poi solo in nicchie particolari prive di ossigeno, ad esempio sotto forma di muffe). I più efficienti di questi batteri, nella lotta per l’evoluzione, inventarono la fotosintesi clorofilliana e impararono a impiegare la radiazione solare per combinare l’anidride carbonica con l’acqua, abbondantissime nell’atmosfera, per crescere, accumulando energia chimica sotto forma di materiale contenente composti di carbonio ed idrogeno anche sotto forma organica, solida, liquida o gassosa, e nel processo liberavano ossigeno. La progressiva altissima efficienza del processo privò l’atmosfera della quantità di anidride carbonica eccedente le capacità di utilizzo tramite la radiazione solare, sequestrandola in vari modi (foreste, idrocarburi, calcare), e mantenendo l’ottimizzazione della crescita del mondo vegetale, con conseguente suo massimo sviluppo; e con la conseguenza della mitigazione del clima per l’assorbimento dell’energia termica con accumulo in forma chimica, solida, liquida o gassosa e per diminuzione dell’effetto serra, che inizialmente era molto maggiore rispetto ad oggi, e creando quindi le condizioni per lo sviluppo di un mondo animale basato sulla respirazione dell’ossigeno.
L’uomo, nelle ultime decine di anni, ha potuto sviluppare la sua specie enormemente (da un miliardo di individui nel 1900 a sei miliardi nel 2000 a nove miliardi quasi certi nel 2050) grazie alla grandissima disponibilità di energia chimica rinvenuta negli idrocarburi fossili; ma, bruciando i combustibili fossili, sta riversando rapidissimamente nell’atmosfera una gran parte dell’energia termica accumulata dal mondo vegetale durante centinaia di milioni di anni, e restituisce anche all’atmosfera una notevole parte di anidride carbonica sequestrata dai vegetali nelle ere geologiche (infatti la maggior parte dell’anidride carbonica è stata sequestrata ad opera delle barriere coralline e processi similari sotto forma inorganica di rocce carbonatiche e bicarbonatiche e calcaree, anche in soluzione negli oceani). In questo modo, col riscaldamento diretto da combustione e con l’aumento dell’effetto serra, sposta l’equilibrio termico della superficie del pianeta verso temperature più alte, che creano problemi all’insediamento dell’uomo rendendo il pianeta meno abitabile.
Ora, grazie alla crescita scientifica permessa anche dagli idrocarburi fossili, l’uomo ha a disposizione le tecnologie per trasformare direttamente la radiazione solare in energia termica ed elettrica, e potrà così ottenere tutta l’energia di cui ha bisogno per far crescere ulteriormente la Società umana, senza ricorrere all’intermediazione del mondo vegetale, replicando a favore della propria specie il successo evolutivo che il mondo vegetale ha ottenuto con la fotosintesi clorofilliana.
CAPITOLO PRIMO
CONCETTI BASE E DEFINIZIONI
Per analizzare il fenomeno del riscaldamento globale, è bene chiarire prima i concetti fondamentali e definire alcuni termini relativi alle condizioni ambientali della superficie della Terra.
In particolare, nell’ordine
1) EQUILIBRIO TERMICO DELLA SUPERFICIE DEL PIANETA
Lo stato di equilibrio termico della superficie della Terra è determinato dall’interazione dell’atmosfera, della superficie solida, compresa la copertura vegetale, e della superficie liquida (atmosfera – oceani – terreno, ovvero aria - acqua – terra e ghiaccio). Esso è il risultato dell’azione della radiazione solare (che possiamo abbreviare in RS), che riscalda il pianeta trasformandosi in energia termica, diminuita della dispersione di calore nello spazio (DC), a sua volta ridotta per l’effetto serra (ES) che trattiene una parte dell’energia termica, e aumentata dal flusso geotermico del calore endogeno (CE), ed aumentata ancora dal calore artificiale (CA) prodotto dalla trasformazione in energia termica di altre forme di energia da parte dell’uomo.
Il tutto, volendo, è riassumibile con la formula matematica E = RS – DC + ES + CE + CA; prima dello sviluppo delle attività industriali umane degli ultimi cento anni la formula valeva E = RS – DC + ES + CE (non interveniva calore artificialmente prodotto dall’uomo) e questa combinazione aveva condotto il pianeta ad un valore recente (in termini di migliaia di anni) della temperatura superficiale media di circa 15 C°.
In questa condizione di equilibrio si è evoluta e sviluppata la specie umana.
Quanto vale, e quanto influirà, la quota di calore artificiale prodotta dall’uomo? E di quanto aumenterà la radiazione solare assorbita, in relazione alla deforestazione e alla diminuzione dell’albedo per effetto di retroazione? E di quanto diminuirà la dispersione del calore nello spazio, per l’aumento dell’effetto serra a causa della variazione artificiale della composizione chimica dell’atmosfera? In generale a quale temperatura la superficie planetaria ritroverà l’equilibrio? Intorno a queste domande questo libro cerca di apportare approfondimenti importanti; esse oggi purtroppo non trovano risposte complete e neppure sufficienti, ma solo ipotetiche su basi più o meno sensate, perché la previsione richiede valutazioni e calcoli estremamente complessi, non contenibili in questo libro e non alla portata dell’autore, basati a loro volta sulla previsione di lungo periodo di tre principali fattori: le fonti energetiche che saranno utilizzate in futuro; l’evoluzione demografica di lungo periodo; i tassi ipotizzabili di sviluppo economico della popolazione del pianeta.
Rinviando subito alla fine di questo primo capitolo chi volesse comprendere le unità di misura, le quantità in gioco sono le seguenti:
1) Energia solare incidente: potenza 173.000 TeraWatt (TW), pari in un anno a 1.500.000.000 TeraWattora (TWh), a 5.500.000 Esajoule (EJ) e a 500.000 miliardi di barili di petrolio (mille volte tutte le riserve di petrolio conosciute). Per inciso, il consumo energetico attuale di tutta l’umanità si può arrotondare a circa 400 Esajoule/anno, quindi la radiazione solare in un giorno, pari a 15.000 EJ, basterebbe a soddisfare la domanda mondiale di energia di decine di anni.
Di questa potenza incidente, il 30% è respinto per riflessione ed il 70% è assorbito (potenza 121.000 TW, quantità annua di energia 1.060.000.000 TWh, 3.800.000 EJ); questo è impiegato nel ciclo dell’acqua per evaporarla al 23% (potenza 40.000 TW, in un anno 350.000.000 TWh), mentre il restante 47% (potenza 81.000 TW, in un anno 710.000.000 TWh, 2.550.000 EJ) si trasforma in energia termica che riscalda l’aria, il mare e la terra; di questo, meno dell’uno per cento (8.000 TW, 2.500 EJ/anno) alimenta venti e correnti.
Lo 0,02% della radiazione incidente è utilizzato dalla fotosintesi clorofilliana per la produzione e l’accrescimento di nuova sostanza vegetale.
2) Energia termica dispersa nello spazio: oltre alla parte del 30% riflessa direttamente e non assorbita, alla fine, viene restituito nello spazio anche il restante 70% tramite radiazione nello spazio del’emisfero notturno; come necessario secondo evidenti ragioni di equilibrio, l’ammontare dell’emissione energetica del pianeta ammonta anch’essa ad una potenza di 173.000 TW e ad una quantità di 1.500.000.000 TWh, aumentata dalla piccola quota costituita dal calore endogeno del pianeta.
3) Quantità di calore endogeno che affluisce alla superficie per conduzione e convezione: le fonti consultate riportano stime dello 0,02% del totale (potenza di 35TW, in un anno 300.000 TWh)
4) Altra energia è fornita al pianeta dalle maree; globalmente, il World Energy Council stima che il totale potenziale dell’energia da maree sfruttabile nei mari poco profondi e lungo le linee di costa valga 79 EJ/anno (22.000 TWh), che rappresenta il 20% della domanda corrente mondiale di energia ed il 15% della domanda dell’anno 2025. Si tratta di trasformazione in energia della forza di gravità soprattutto lunare.
5) Quantità di energia termica prodotta dalle attività umane in un anno:
- trasformazione del petrolio 85.000.000 barili/giorno pari a 50.000 Teracalorie (Tcal)/anno pari a 55 TWh annui (200 EJ/anno), circa lo 0,1 per 1.000 dell’energia solare assorbita dal pianeta.
- da metano e carbone circa altrettanti.
- da energia nucleare sono installate nel mondo circa 450 centrali per una potenza complessiva di 0,5 TW corrispondente a circa 5.000 TWh pari a 20 EJ/anno;
- da energia idroelettrica si producono, secondo alcune fonti 10.000, secondo altre fonti meno, TWh/anno.
Sommando tutta la produzione energetica delle attività umane si ottiene un valore di circa 120.000 TWh annui (10.000 Mtep/anno, 400 EJ/anno), che equivalgono a quasi lo 0,2 per mille della radiazione solare assorbita, ma dello stesso ordine di grandezza dell’energia assorbita per venti e maree, e di quella utilizzata per la fotosintesi clorofilliana. Questo vuol dire che in cento anni si immette alla superficie del pianeta una notevole quantità di calore (40.000 EJ), in eccedenza oltre a quella in equilibrio, con trend attualmente crescente ogni anno di oltre il 5% (raddoppio in meno di venti anni), a causa dello sviluppo dei paesi emergenti. Questa immissione avviene ed è già avvenuta in gran parte nel nord del pianeta, dove, oltre allo sviluppo industriale, si impiega moltissima energia per il riscaldamento ambientale; è per questo che l’emisfero nord negli ultimi 50 anni si è riscaldato mediamente in inverno di 5 C° mentre l’emisfero sud di soli 2 C°.
Riscaldando direttamente l’atmosfera attraverso la combustione degli idrocarburi fossili e le reazioni termiche nucleari, trattenendo più calore per l’aumento antropico dell’effetto serra e aumentando l’assorbimento della radiazione solare a causa della diminuzione del manto vegetale e per gli effetti di retroazione, l’effetto delle attività umane rischia di creare grandi difficoltà alle condizioni di vivibilità del pianeta.
Si valuta poco influente, per le scarse quantità in gioco rispetto alle attività energetiche umane, l’effetto di variazioni di temperatura per cause naturali superficiali (incendi di foreste o di giacimenti di idrocarburi naturali e vulcanismo).
Sono invece importantissimi per i climi locali, ma non vengono considerarti nella presente trattazione che si occupa dell’equilibrio termico generale della superficie della Terra, i moti convettivi di ridristibuzione del calore tra equatore e poli, sia atmosferici sia oceanici.
2) RADIAZIONE SOLARE
Il sole irradia lo spazio circostante con una radiazione di tipo elettromagnetico. Senza la radiazione solare il pianeta sarebbe in equilibrio a - 273 gradi Celsius e a 0 gradi Kelvin (a meno di una piccola quota del calore endogeno). La media attuale della temperatura della superficie di 15° C (288° K) è dovuta all’apporto della radiazione solare ed al fatto che con l’effetto serra gran parte della radiazione solare viene trattenuta a lungo alla superficie del pianeta, prima di disperdersi nel freddo vuoto siderale. Durante la rotazione terrestre, le zone via via esposte al sole subiscono un riscaldamento dovuto al fatto che la radiazione solare incidente viene assorbita sotto forma di energia termica per il 25% dall’aria e per il 45% dalla superficie, mentre essa è riflessa, quindi respinta, per il 25% dall’atmosfera e per il 5% dalla superficie. Poiché la Terra è notevolmente più calda dello spazio circostante, avviene una restituzione dell’energia termica nello spazio freddo per irraggiamento tramite radiazione infrarossa, che però è assorbita e trattenuta temporaneamente dall’atmosfera per l’88% (EFFETTO SERRA), salvo poi essere successivamente restituita allo spazio siderale freddo.
La radiazione solare è caratterizzata da un minimo di variabilità propria dovuta alle variazioni dell’attività solare (con un ciclo di undici anni) e al cambiamento della posizione della Terra, sia nell’orbita, sia rispetto al suo asse. Tutte queste fluttuazioni non hanno condizionato il clima nel passato con corrispondente periodicità di breve periodo e quindi non si ritiene possano apportare modificazioni sensibili nell’arco temporale di breve periodo, dell’ordine dei 100 anni, che è quello interessato dall’attuale fenomeno del riscaldamento globale.
Invece può fluttuare sensibilmente l’assorbimento della radiazione solare e la sua conversione in energia termica da parte della superficie, in funzione di due fattori:
1) del colore e del rivestimento della superficie: i colori chiari, riflettendo una maggior quota di radiazione, trasformano di meno l’energia solare in termica rispetto ai colori scuri; il colore medio della superficie planetaria può mutare per cause naturali (variazione nell’estensione dei ghiacci e delle superfici continentali coperte da manto nevoso, eruzioni con emissioni di vaste nuvole di cenere, estensione delle nubi atmosferiche, vasti incendi che anneriscono le superfici arse) od antropiche (nubi di inquinamento atmosferico, suoli urbani, coltivazioni all’aperto o in serra, deforestazione, ripiantumazioni); inoltre, la parte del pianeta rivestita di vegetazione assorbe gran parte della radiazione solare, senza trasformarla in energia termica (calore) ma trasformandola in energia termica di tipo chimico tramite la fotosintesi clorofilliana. Le superfici liquide assorbono la radiazione solare trasformandola in energia termica, per il colore scuro della superficie e per caratteristiche fisiche intrinseche dell’acqua, a meno dell’effetto fotosintesi ingenerata nelle alghe, che anch’esse accumulano energia chimica; e così pure i suoli scuri assorbono gran parte della radiazione solare incidente trasformandola in energia termica; il rivestimento vegetale può mutare per cause naturali (incendi, variazioni naturali del clima, o anche per la stessa allocazione delle masse continentali che si spostano a causa dei movimenti delle placche tettoniche detti “deriva dei continenti”) od antropiche (negative: espansione dei suoli urbani, deforestazione, variazioni indotte del clima; positive: ripiantumazioni);
2) della composizione chimica dell’atmosfera, che può modificare l’effetto serra; essa può mutare per cause naturali (sono note le fluttuazioni geologiche dei gas serra) od antropiche (immissione nell’atmosfera di gas serra di produzione umana).
3) DISPERSIONE DEL CALORE NELLO SPAZIO VUOTO PER IRRAGGIAMENTO
L’emisfero illuminato trasforma la radiazione solare in calore a seconda delle capacità assorbenti o riflettenti della superficie; il pianeta a sua volta, come tutti corpi caldi, disperde calore emettendo radiazione infrarossa verso lo spazio freddo che lo circonda; la radiazione viene temporaneamente in gran parte trattenuta dall’atmosfera in funzione della sua composizione chimica, che, come dicevamo, può mutare per cause naturali (incendi, maggiore o minore fotosintesi clorofilliana, con minore o maggiore percentuale di CO2 naturale) od antropiche (immissione di gas serra di produzione umana). Tale dispersione, compreso l’effetto serra, nelle condizioni di equilibrio raggiunte da milioni di anni, è (necessariamente) circa uguale alla radiazione incidente sommata alla produzione di calore endogena naturale e diminuita dell’energia assorbita sotto forma chimica dalla fotosintesi clorofilliana. Se così non fosse, La Terra si riscalderebbe ulteriormente verso equilibri molto più caldi.
4) EFFETTO SERRA
Si intende per effetto serra il fatto che l’atmosfera terrestre è composta anche da gas che possiedono la caratteristica di trattenere temporaneamente sulla superficie del pianeta una gran parte della radiazione infrarossa che la superficie stessa emana verso lo spazio più freddo, permettendo così al pianeta di raggiungere temperature superficiali più elevate rispetto a quelle che raggiungerebbe grazie alla sola radiazione solare. Esso è denominato così perché è simile a quanto avviene in una serra. Il vetro naturale è trasparente alla radiazione solare (ne permette il passaggio senza alterarla) ed è opaco alla radiazione infrarossa (non ne permette il passaggio, la riflette all’interno). Nella serra quindi penetra la radiazione solare, che si trasforma in calore quando colpisce suolo e piante; la radiazione infrarossa emessa dai corpi riscaldati non può uscire per l’opacità dei vetri e resta intrappolata concentrando il calore (è lo stesso effetto che tutti verifichiamo “auto al sole con finestrini chiusi”). Salendo la temperatura, ad un livello ben superiore a quello che si verificherebbe se non vi fosse l’effetto serra, ovviamente aumenta la differenza termica con l’ambiente esterno e quindi aumenta la dispersione di calore e si ristabilisce l’equilibrio termico tra calore entrato e calore uscito (altrimenti le nostre automobili al sole fonderebbero).
Per estensione, attualmente si intende anche comunemente per effetto serra la stessa modificazione di tale effetto consistente nell’aumento dello stesso a causa dell’immissione di grandi quantità di gas serra nell’atmosfera da parte delle attività umane, in grado di alterare il precedente equilibrio termico.
L’effetto serra è stato scoperto dal chimico svedese Arrhenius nel secolo scorso.
Il recente avanzamento delle analisi delle carote di ghiaccio dell’Antartide ha permesso di esaminare la composizione dell’atmosfera negli ultimi 650.000 anni (sui 900.000 anni disponibili). La CO2 è già oggi maggiore del 30% dei massimi registrati nel periodo interessato, ed il metano, gas che produce effetto serra oltre 20 volte l’anidride carbonica, è maggiore del 130%.
5) PRODUZIONE NATURALE DI CALORE ENDOGENO DEL PIANETA
Nel nucleo terrestre avvengono reazioni nucleari consistenti nel decadimento delle sostanze radioattive, con produzione di calore che gli scienziati stanno cercando di determinare quantitativamente proprio in questi anni; ed il flusso di tale calore geotermico alla superficie della Terra avviene tramite conduzione attraverso gli strati del mantello terrestre e tramite convenzione dei materiali liquidi o gassosi, continentali e sottomarini, si tratti sia delle lave vulcaniche, sia delle acque calde, sia dei gas caldi vulcanici o comunque aventi origine sotterranea. Tale flusso è quasi costante: nel passato recente (decine di migliaia di anni) eventi straordinari, quali grandi eruzioni, hanno condizionato la temperatura superficiale per pochissimi anni, (nel brevissimo periodo), e mai nel medio periodo (centinaia d’anni), ripristinandosi abbastanza velocemente l’equilibrio generale precedente. Nel periodo medio – lungo, potrebbe alterare l’equilibrio termico superficiale solo un’imprevedibile serie di grandi eruzioni, oppure un eventuale futuro massiccio intervento antropico per aumentare le quantità di calore geotermico estratte dal sottosuolo.
Il flusso geotermico naturale è stimato molto basso e pari allo 0,02% del flusso totale di energia.
6) PRODUZIONE ANTROPICA DI CALORE TRAMITE LA TRASFORMAZIONE DI ALTRE FORME DI ENERGIA (CHIMICA, NUCLEARE, CINETICA, ELETTRICA) IN ENERGIA TERMICA
L’uomo immette alla superficie del pianeta calore, gas caldi e acque calde il cui riscaldamento deriva dalla trasformazione di energie non termiche in energia termica.
Si tratta di un apporto notevolissimo di energia termica, inesistente fino al secolo scorso, e che, costituendo una nuova e massiccia immissione di calore, non esistente nel precedente equilibrio (fino a secolo scorso), altera (ovviamente) il precedente equilibrio termico della superficie del pianeta, anche inducendo fenomeni di retroazione positiva (che incrementa il fenomeno). Insieme all’incremento antropico dell’effetto serra ed all’aumento dell’assorbimento della radiazione solare, tale alterazione condurrà a un nuovo equilibrio, oggi non facilmente determinabile; ipoteticamente, se l’atmosfera non sarà in grado di disperdere tutto il calore prodotto dall’uomo, la temperatura della superficie potrebbe salire indefinitamente, ma vale l’esempio dell’automobile; quando la temperatura sale, aumenta anche lo scambio termico per irraggiamento in proporzione al differenziale delle temperature.
In campo domestico ogni famiglia trasforma in calore tutta l’energia chimica dei combustibili da riscaldamento e da cucina; gran parte dell’energia elettrica si trasforma anch’essa in calore (acqua calda degli elettrodomestici, stufette elettriche, lampadine a incandescenza, condizionatori ed altri elettrodomestici; solo in piccolissima parte viene trasformata in energia cinetica o luminosa); anche il combustibile per il trasporto si trasforma in gran parte in calore (gas caldi dalla marmitta, calore dal radiatore) e in piccola parte in energia cinetica per far muovere i mezzi. Occorre tenere presente che anche l’energia cinetica dei mezzi in movimento a sua volta si ritrasforma sempre in calore attraverso gli attriti (dell’aria, dei freni ecc.); per questo tutto il metano o gasolio per riscaldamento e cucina, tutta la benzina e il gasolio per l’autotrasporto, ma anche tutta l’elettricità, si può dire che si trasformano in calore direttamente immesso alla superficie del pianeta.
Anche in campo industriale avviene la stessa cosa; in coerenza con i principi della termodinamica, tutta l’energia impiegata alla fine si trasforma in calore.
7) ENERGIA E PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Può sembrare assurdo, ma non esiste una definizione moderna condivisa di energia, per cui preferiamo usare la definizione del fisico Max Planck della fine dell’ottocento: l’energia è definita come la capacità di svolgere un lavoro (soddisfare una richiesta di lavoro, svolgere un compito fisico, sollevare un attrezzo, muovere un’automobile ecc.).
Essa può assumere numerose forme, in relazione alle caratteristiche fisiche, in relazione alle modalità in cui il lavoro può essere svolto, in relazione alla sua provenienza.
A seguito elenchiamo e dettagliamo le forme di energia più comuni e quelle che più interesseranno gli argomenti di questo libro
Innanzitutto, prima che il lavoro che l’energia è in grado di svolgere sia svolto, l’energia si definisce potenziale: un masso in cima ad una montagna non sembra dotato di energia, ma se trova la possibilità di scendere a valle, sviluppa una notevole energia cinetica in grado di frantumare una casa, per poi fermarsi con dissipazione di calore per gli attriti che incontra a fondo valle. Il masso, fermo in cima alla montagna, possedeva una notevole energia potenziale dovuta al campo gravitazionale; cadendo sviluppa questa energia gravitazionale trasformandola in energia cinetica (della massa in movimento), per poi trasformare tutta l’energia in energia termica. Perché ci sia energia potenziale di questo tipo occorre che vi sia una massa immersa in un campo (elettrico, magnetico, gravitazionale). Ma anche il legno, per esempio, possiede un’energia potenziale termica di tipo chimico, che potrà esplicare se sottoposto a combustione.
Per quanto riguarda i tipi di energia in relazione alle diverse caratteristiche fisiche, le principali forme di energia sono:
- elettrica: tra due poli a diverso potenziale elettrico scorrono elettroni per ripristinare l’equilibrio, e quindi scorre, fluisce energia elettrica. Si tratta di energia secondaria (vedi più avanti) perché è presente in natura ma non in forme utilizzabili (fulmini), e per l’utilizzo umano viene prodotta utilizzando altre forme di energia disponibile; si dice anche che è un vettore energetico o un fluido energetico. Essa è una forma nobile di energia perché può essere trasportata a grandi distanze senza eccessive perdite e può essere facilmente trasformata in molte altre forme di energia, termica, meccanica, luminosa, ecc.
- elettromagnetica: si tratta di una forma di energia contenuta nelle onde elettromagnetiche che sono emesse da corpi ad altissima temperatura; esse sono emesse in un vasto intervallo di frequenze, dall’infrarossa che non è vista dall’occhio umano ma trasporta calore, alla banda visibile, all’ultravioletto che di nuovo non è visibile dall’uomo. La radiazione solare è costituita da energia elettromagnetica.
- luminosa: è l’energia elettromagnetica nella banda visibile dall’occhio umano.
- cinetica: è la capacità di produrre lavoro derivante da un peso - massa in movimento (è anche l’energia dell’acqua che scende in un tubo e fa muovere una turbina).
- meccanica: è un tipo di energia cinetica (masse in movimento) applicata alle macchine, quando si muovono leve, ingranaggi, motori. In genere è prodotta o da motori elettrici o da motori a scoppio; un tempo era prodotta dall’energia cinetica dell’acqua dei canali (l’energia meccanica necessaria per azionare i telai tessili dell’inizio dell’industrializzazione era prodotta dall’azione di ruote a pale a loro volta azionate dall’energia cinetica dell’acqua nei canali o nei torrenti).
- idraulica: si tratta di energia cinetica che ha origine nel fatto che l’energia solare ha compiuto il lavoro di sollevamento delle acque degli oceani per evaporazione; l’acqua sollevata, condensando in pioggia, se cade ad altitudini elevate acquisisce enorme energia potenziale da gravità; scendendo a valle l’acqua trasforma l’energia potenziale in energia cinetica che può essere utilizzata direttamente per azionare meccanismi (ora raramente) e quasi sempre per azionare generatori di corrente elettrica che può essere trasportata comodamente a grandi distanze.
- gravitazionale: si tratta dell’energia potenziale conferita ai corpi che sono posti in un campo gravitazionale in proporzione alla massa posseduta ed alla loro distanza dai centri di gravità. Sulla Terra la forma più facilmente sfruttabile e convertibile in energia secondaria è quella che trasforma l’energia potenziale posseduta dall’acqua che piove ad alte quote, che scendendo a valle si trasforma in energia cinetica a sua volta trasformabile facilmente in energia meccanica o meglio in energia elettrica. Una forma di energia gravitazionale (ma derivante dalla gravitazione lunare e non terrestre), è anche quella delle maree, che si esplica col sollevamento del livello del mare di qualche metro con movimento di ingenti masse d’acqua, il cui flusso e riflusso può essere intercettato in genere per produrre energia elettrica.
- chimica: è energia contenuta nei legami chimici, molecolari ed interatomici.
Alcuni legami chimici si formano assorbendo energia (processo endotermico), e quando si scindono restituiscono l’energia assorbita (processo esotermico). Per esempio la cellulosa è una costruzione molecolare complessa che ha sfruttato, assorbendola, l’energia della radiazione solare. Bruciando, si combina con l’ossigeno scindendosi in molecole più semplici e restituisce, sotto forma termica, l’energia chimica accumulata.
Vale anche il meccanismo contrario: si possono scindere molecole con processo che richiede energia e poi quando si ricostituiscono si ottiene in restituzione l’energia impiegata. Per esempio l’idrogeno H2: per ottenerlo dall’acqua occorre scindere il legame forte della molecola dell’acqua H2O in idrogeno ed ossigeno, fornendo energia che viene assorbita dal processo; poi però l’idrogeno brucia facilmente con l’ossigeno, e si ottiene ancora acqua con produzione di energia e calore.
- nucleare da fissione e da fusione: come l’energia chimica, anche i processi di scissione e fusione tra atomi che interessano il nucleo atomico possono richiedere o rilasciare energia. Si tratta di quantità di energia immense. Tra quelli che rilasciano energia, il processo più controllabile è quello della fissione del nucleo dell’uranio, sia nella forma dell’isotopo 235, sia nella forma dell’isotopo 238, in atomi più leggeri; più difficilmente controllabile, e finora non controllato, è quello che si verifica naturalmente nella fornace nucleare solare con fusione dell’idrogeno in atomi più pesanti.
La fissione di 1 kg. di uranio 235 libera 23 milioni di kWh, contro gli 8 kWh di un kg. di carbone (3 milioni di volte).
- termica è l’energia interna dei corpi, degli atomi: più un corpo è caldo più i suoi atomi si muovono disordinatamente; per questo la temperatura passa da un corpo caldo a uno freddo: il movimento maggiore degli atomi del corpo caldo si propaga a quelli del corpo freddo, rallentando nel corpo caldo che si raffredda e accelerando nel corpo freddo che si riscalda.
In funzione alla sua disponibilità e della sua utilizzazione l’energia può essere distinta in:
- Primaria – energia o potenziale energetico posseduto in forma naturale, non sottoposta ad alcuna trasformazione, disponibile immediatamente.
Ad esempio petrolio, gas, carbone, biomasse e derivati, per l’energia chimica che contengono; vento e acqua per l’energia cinetica che sviluppano; uranio per l’energia nucleare ecc.,
- Secondaria – fonte energetica ricavata per trasformazione dell’energia primaria. L’energia secondaria è quasi sempre necessaria per poter utilizzare convenientemente le fonti energetiche primarie.
Esempio tipico di energia secondaria è l’energia elettrica, sia ricavata dalle cadute dell’acqua, sia eolica, sia da centrali a idrocarburi, sia da centrali nucleari; si tratta sempre di energia secondaria. Non necessita di trasformazione in energia secondaria per esempio l’energia termica contenuta nelle acque calde geotermiche o termali, che si può utilizzare direttamente per riscaldare ambienti trasportandola in tubazioni, senza trasformazioni.
Anche l’idrogeno è una forma di energia secondaria perché si tratta di un gas che viene prodotto industrialmente e che mantiene una notevole energia derivante dal fatto che reagisce facilmente con l’ossigeno liberando energia.
Così pure si può considerare la benzina in quanto derivata dal petrolio.
Soprattutto se l’energia secondaria viene prodotta in forma chimico - fisica come nel caso dell’idrogeno e della benzina, la definizione più adatta è quella di vettori energetici od anche di fluidi energetici.
Per cui ad esempio: l’energia elettrica si considera energia secondaria, mentre l’idrogeno e la benzina si considerano vettori energetici.
- Finale è l’energia come viene utilizzata dai consumatori: l’energia elettrica, secondaria, può esser utilizzata trasformandola in varie forme di energia finale: ad esempio in calore nelle stufette, o in energia luminosa nella televisione e nelle lampade, o in energia cinetica nell’aspirapolvere. La benzina è utilizzata in genere per esser convertita in energia cinetica per muovere le automobili, ma può anche produrre direttamente calore. Il metano (fonte primaria di energia che arriva direttamente all’utilizzatore), si trasforma in energia termica per cucinare o per riscaldare.
- Dopo aver descritto le varie forme di energia e prima di introdurre il secondo principio della termodinamica, si richiama brevemente il PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA, che afferma che l’energia si trasforma ma si conserva nella sua quantità.
8) ENTROPIA E SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Il secondo principio della termodinamica afferma in sostanza che le diverse forme di energia si trasformano vai via in calore. Si usa dire che l’energia degrada naturalmente dalle forme più nobili verso le forme più vili, di cui la più bassa è l’energia termica; per questo il movimento si trasforma in calore tramite gli attriti, i freni dell’auto si riscaldano, l’energia elettrica per muovere un motore elettrico o per alimentare i processori del computer genera calore ecc.. Ovvero e viceversa, sotto diversa forma, per trasformare calore in altre energie più nobili, una parte deve essere dispersa nell’ambiente.
Entropia fu chiamata da Clausius (scopritore del secondo principio) la parte di calore non recuperabile e quindi dispersa in un ciclo termodinamico che utilizza il calore come fonte di energia (oggi, per esempio, le centrali termoelettriche o elttronucleari).
L’entropia di un sistema isolato non può diminuire.
Il mondo fisico si muove verso la situazione di massima entropia in cui tutte le energie progressivamente si trasformano in energia termica.
Tutti i fenomeni naturali sono unidirezionali, vanno in un solo verso (verso la massima entropia, verso la massima dispersione e quindi verso il massimo disordine). Un masso in cima ad una montagna possiede bassa entropia; se il masso in cima alla montagna viene liberato, cade producendo energia cinetica e per arrestarsi incontra ostacoli che tramite gli attriti trasformano l’energia cinetica in calore, e quindi si realizza una situazione a massima entropia. In analogia, tutto il mondo fisico tende naturalmente verso le situazioni a maggiore entropia. Quando tutta l’energia esistente sarà trasformata in calore e questo calore sarà disperso nello spazio, si avvererà la situazione ad entropia massima, che coincide fisicamente col concetto della fine dei tempi e della fine dell’universo, verso cui caparbiamente l’universo tende nel rispetto del secondo principio della termodinamica: tutto sarà spento, tutto sarà morto, tutte le energie saranno trasformate in calore e disperse nello spazio infinito sotto forma di un residuo minimo di calore equamente distribuito. Poiché il calore è proporzionale al movimento disordinato degli atomi che compongono la materia, si afferma anche che l’entropia è proporzionale al disordine fisico del mondo, e che il mondo tende verso il massimo disordine.
La vita, con la fotosintesi clorofilliana, compie il miracolo di trasformare l’energia contenuta nella radiazione elettromagnetica solare in nobile energia chimica anziché trasformarla in plebea energia termica, e svolge quindi un lavoro in senso inverso al principio generale del degrado dell’energia (senza contraddirlo perché nel processo si disperde calore).
E’ per questo principio che la superficie della Terra intercetta radiazione solare ad ampio spettro trasformandola in calore, ed a sua volta disperde calore verso lo spazio siderale più freddo.
9) GAIA
Gaia è il nome che un gruppo di scienziati spaziali, tra cui il più noto è James Lovelock, dediti negli anni ’70 allo studio della composizione dell’atmosfera dei pianeti, ha attribuito alla Terra per affermare che essa è un organismo vivo, che è stato in grado di stabilire le condizioni più favorevoli alla vita, ed è attualmente in grado di mantenerle e ripristinarle per via naturale, correggendo ed assorbendo gli effetti di eventuali fatti straordinari quali grandi eruzioni ed anche, limitatamente, variazioni di breve periodo della radiazione solare, fondamentalmente grazie a meccanismi di retroazione negativa (che diminuisce i fenomeni).
In altre parole, la Terra ha generato le condizioni per la vita ed insieme a queste ha generato anche i necessari meccanismi di autoregolazione.
Il meccanismo più importante per la generazione della vita nell’aspetto che oggi conosciamo, basata sul metabolismo dell’ossigeno, e per il suo mantenimento, è la presenza delle piante, che, attraverso la fotosintesi clorofilliana, trasformano la radiazione solare in energia chimica, immagazzinandola nella cellulosa e negli zuccheri del legno, delle foglie, dei frutti, dei semi, delle erbe, delle alghe e soprattutto delle microalghe marine vegetali (dette fitoplancton). Le piante forniscono energia chimica come alimento a tutto il regno animale, producono l’ossigeno necessario alla vita animale come si presenta attualmente sul pianeta, e tolgono anidride carbonica dall’atmosfera evitando che l’effetto serra sia eccessivo e riscaldi troppo il pianeta.
Infatti mentre su Venere, Marte (e sulla Terra senza vita) l’atmosfera è (o era, nel caso della Terra) composta per il 95 - 98% da anidride carbonica, sulla Terra attualmente l’atmosfera è composta solo per lo 0,03% da questo gas, mentre il resto è Azoto e Ossigeno. Ciò perché sulla Terra la preesistente anidride carbonica è stata immagazzinata ad opera della fotosintesi clorofilliana durante le ere geologiche (negli ultimi due miliardi di anni) negli strati superficiali rocciosi del pianeta sotto forma di idrocarburi fossili ed alla superficie dei continenti e negli oceani sotto forma di massa vegetale viva e soprattutto di depositi di rocce carbonatiche.
Il relativo meccanismo naturale di autoregolazione di risposta a variazioni, purché non massicce e rapidissime come quelle che oggi imponiamo artificialmente al pianeta, è molto semplice: se la temperatura aumenta per aumento della radiazione solare o per aumento dell’effetto serra, la vegetazione aumenta la propria attività e immagazzina più energia solare e CO2, contrastando quindi entrambi gli effetti, mentre, se la temperatura diminuisce, analogamente le piante diminuiscono il metabolismo e la fotosintesi in modo che una maggior quota di radiazione solare non si converte in energia chimica e si trasforma in calore, mentre diminuisce il sequestro di CO2, aumentando l’effetto serra con ulteriore aumento del calore.
10) RISCALDAMENTO GLOBALE
Per riscaldamento globale si intende l’aumento delle temperature medie della superficie del pianeta riscontrate negli ultimi decenni e che coinvolgono circa l’ultimo secolo. Non sono registrati nel periodo fattori naturali che possono agire a breve sulla temperatura del pianeta (grandi eruzioni, modifiche della radiazione solare ecc.) per cui le variazioni recenti non possono che essere attribuite all’attuale eccezionale sviluppo della specie umana con i suoi elevatissimi consumi energetici. Il riscaldamento globale è dovuto alla quota di energia termica prodotta dall’uomo, alle variazioni della quantità di radiazione solare trattenuta dalla Terra sotto forma di calore a causa della diminuzione del calore disperso nello spazio per irraggiamento per l’aumento artificiale dell’effetto serra, alle modifiche antropiche della superficie del pianeta che provocano un maggior assorbimento di radiazione sotto forma di energia termica, ed a effetti di retroazione positiva. Questi elementi modificano in maniera irreversibile (per ora) i meccanismi di autoregolazione del pianeta approfonditi al punto precedente, non sappiamo prevedere fino a quale nuovo equilibrio.
11) IMPATTO ANTROPICO
Per impatto antropico sull’equilibrio termico della superficie della Terra si intende l’insieme delle modificazioni artificiali dell’equilibrio termico della superficie del pianeta dovute all’attuale eccezionale sviluppo della specie umana con elevatissimi consumi energetici; esso è fenomeno relativamente recente (è divenuto sensibile negli ultimi cento anni), e, come abbiamo riassuntivamente indicato al punto precedente, è costituito da molteplici fattori:
1) Immissione diretta di calore nella superficie del pianeta per trasformazione di diversa energia disponibile di vario tipo (chimica, nucleare, cinetica, elettrica) in termica; anche una massiccia estrazione forzata di calore geotermico costituirebbe immissione diretta artificiale ed aggiuntiva di calore nell’atmosfera.
2) Diminuzione della dispersione del calore terrestre nel vuoto per irraggiamento, e conseguente aumento del calore trattenuto alla superficie del pianeta, a causa della variazione artificiale della composizione chimica dell’atmosfera, che diminuisce ulteriormente la dispersione, già bassa in natura, per aumento dell’EFFETTO SERRA. Molteplici gas che determinano l’effetto serra sono immessi nell’atmosfera dalle attività umane in grande quantità.
3) Aumento dell’assorbimento della radiazione solare sotto forma di calore per modifiche del colore e del tipo di rivestimento del pianeta.
Le zone con copertura vegetale assorbono energia solare trasformandola in energia chimica e non termica; le zone coperte da acqua congelata bianca riflettono gran parte della radiazione solare senza assorbirla; l’acqua, i deserti e tutte le zone senza vegetazione, anche urbane, assorbono gran parte dell’energia solare sotto forma di energia termica. L’attività umana aumenta l’assorbimento di calore da radiazione solare in quanto direttamente diminuisce il rivestimento vegetale del pianeta ed estende i suoli urbani, e come effetto indiretto diminuisce la riflessione di radiazione solare diminuendo l’estensione delle calotte artiche e l’innevamento invernale dei suoli continentali (diminuzione dell’albedo come effetto di retroazione positiva).
4) Effetti di retroazione positiva (cioè che aumenta gli effetti): oltre alla riduzione dell’albedo per la diminuzione del ghiaccio e della neve, lo stesso aumento del livello dei mari, comportando l’espansione delle superfici occupate dell’acqua, può avere l’effetto di incrementare l’assorbimento di radiazione solare sotto forma di calore perché l’acqua è molto efficiente come assorbitore di calore.
12) ALTRE DEFINIZIONI
in ordine alfabetico:
- ALBEDO.
E’ un termine usato dagli astronomi per definire il colore di un pianeta. Si tratta del grado o della percentuale di bianco di una superficie; in particolare il termine si applica alle superfici planetarie. Maggiore è l’albedo di una superficie, più questa riflette radiazione solare e meno si scalda. Essa è determinata in natura dal colore della superficie e quindi anche dalla maggiore o minore estensione delle superfici ghiacciate od innevate per periodi più o meno lunghi. In inverno l’emisfero nord della Terra possiede un’albedo notevole perché l’emisfero nord è costituito in gran parte da masse continentali che si coprono di neve e la calotta artica si estende notevolmente. Questo succede molto di meno nell’emisfero sud; quindi il nostro pianeta possiede un’albedo massima nel periodo dell’inverno nordico.
Per capire intuitivamente l’effetto dell’albedo si può pensare ad una superficie nera esposta al sole, che si scalda molto di più di una superficie bianca.
Anche gli specchi riflettono la radiazione solare; essi inoltre sono in grado di concentrarla in un punto solo fino a valori teoricamente infiniti (questo fenomeno venne studiato da Archimede di Siracusa ed attualmente viene applicato nei concentratori solari per portare ad ebollizione acqua anche pressurizzata e produrre energia elettrica con turbine a vapore).
Sull’influenza dell’albedo sulla temperatura della superficie planetaria hanno compiuto studi James Lovelock con Andrew Watson, che nel 1983 hanno pubblicato uno studio sul fatto che entro certi margini un pianeta coperto di margherite (DaisyWorld), chiare e scure, riesce ad adattare la temperatura a ipotizzate variazioni di luce solare con la naturale variazione di composizione delle margherite; con basse temperature prevalgono le margherite scure, più efficienti nell’utilizzare la radiazione solare, facendo così riscaldare tutta la superficie planetaria; ad un aumento delle temperature corrisponde un declino delle margherite scure, che si riscaldano troppo, con maggior sviluppo delle bianche, più resistenti alla luce solare, e che ne respingono una maggior quota, con meccanismo riequilibratore dell’aumento della temperatura.
- EFFETTO DI RETROAZIONE (FEEDBACK)
Quando avviene una azione di modifica di determinati parametri, nei sistemi complessi può avvenire che la modifica dei parametri ingeneri effetti collaterali che aumentano o diminuiscono ulteriormente gli stessi parametri. Può essere positiva o negativa: positiva se amplifica l’effetto, favorendo quindi l’instabilità del sistema; negativa se contrasta l’effetto, diminuendolo e tendendo quindi verso il ripristino della stabilità, con effetto riequilibratore.
- FOTOSINTESI CLOROFILLIANA.
Il processo di fotosintesi clorofilliana consiste nel fatto che, per azione della clorofilla, nelle foglie delle piante l’energia contenuta nella radiazione solare viene utilizzata per sintetizzare composti organici complessi a base cellulosica (cellulosa: C6 H10 O5) a partire da acqua H2 O ed anidride carbonica C O2 liberando ossigeno O2. Così le piante, sotto azione della radiazione solare, sequestrano C O2 e forniscono O2, con i seguenti effetti benefici (su scala di benessere umano e di stabilità del clima): immagazzinano C O2 diminuendo la presenza di questo gas nell’atmosfera e diminuendo quindi l’effetto serra; immagazzinano energia solare sotto forma di energia chimica (legame cellulosico), diminuendo la trasformazione diretta in calore della radiazione solare, e quindi mitigando ulteriormente il clima.
La formula chimica che spiega la fotosintesi clorofilliana è 6 C O2 + 5 H2 O = 1 C6 H10 O5 + 6 O2 cioè 6 molecole di anidride carbonica, grazie all’azione catalizzatrice della clorofilla stimolata dalla radiazione solare, si combinano con 5 molecole di vapore acqueo o acqua, producendo 1 molecola di cellulosa e 6 di ossigeno.
La fotosintesi è in grado di assorbire al massimo lo 0,02% del gigantesco flusso totale di energia solare.
La fotosintesi contrasta il secondo principio della termo-dinamica per cui l’energia è destinata a decadere dalle forme più nobili a quelle meno nobili; e la vita vegetale sulla Terra trasforma energia radiante solare in energia chimica.
Il totale dell’assorbimento dell’energia solare con la fotosintesi clorofilliana ammonta a 1.260 EJ/anno.
- MISURE DI POTENZA
- Impieghiamo soprattutto il Watt (W)
- 1 chilowatt = 1 kW = 1.000 Watt
- 1 megawatt = 1MW = 1.000 kW
- 1 gigawatt = 1GW = 1.000 MW = 1.000.000 kW.
- 1 terawatt = 1TW = 1.000 GW
- MISURE DI QUANTITÀ DI ENERGIA
- Impieghiamo il wattora, Wh, che corrisponde alla quantità di energia corrispondente alla potenza di un watt per un’ora, e i suoi multipli, chilowattora kWh = 1.000 Wh, megawattora MWh = 1.000 kWh e un milione di Wh, gigawattora 1GWh = 1.000 MWh e un milione di kWh, terawattora 1TWh = 1.000 GWh e un miliardo di kWh;
1Wh = 0,86 kCal (chilocalorie) = 3,6 kJ (chilojoule)
1.000 TWh = 3,6 EJ (esajoule)
- nel sistema internazionale si usa il Joule (J) (leggesi giaul), pari a 0,277 Wh, e a 0,239 Cal; i multipli sono kJ, MJ, GJ, TJ, Nel bilancio termico del pianeta si usa anche l’EJ (Esajoule o Exajoule, un miliardo di miliardi di J);
1kJ = 0,239 kCal = 0,277 Wh;
1EJ = 277 TWh = 23 Mtep
- poi si usa la Cal (caloria), la kcal (mille calorie), la Mcal (un milione) e la Gcal (un miliardo);
1 kCal = 4186,8 J = 1,16 Wh
- si impiega molto nella pratica e nel commercio del mondo anglosassone la BTU, british termic unit,
1 BTU = 1055,87 J = 0,294 Wh;
a livello di energia della Terra si impiega il Quad pari un quadrilione (un milione di milioni) di BTU.
1 Quad = 294,5 TWh
- il barile di petrolio vale 159 litri, in potere calorifico (arrotondato a 10.000 kcal/Kg)
1 barrel = 1.600 Mcal, = 1.850 kWh
- la Tep è una tonnellata equivalente di petrolio,
1 tep = 41,86 GJ = 10 GCal = 10 MWh;
la Mtep vale 1 megatonnellata (un milione di tonnellate, un miliardo di chili) di petrolio equivalente
1 Mtep = 10.000 TCal = 12 TWh = 0,043 EJ.
- ESEMPI:
- una lampadina di casa potente vale 100W, in dieci ore consuma 100 x 10 = 1.000 Wh pari a 1 kWh;
- la potenza media di una linea di produzione di energia elettrica di centrale termoelettrica o elettronucleare vale 1.000 MW pari a 10.000.000 di lampadine da 100W. Una centrale nucleare è provvista in genere di 2 linee, quindi ha una potenza di 2.000MW o di 2GW.
- Un’auto piccola, per percorrere 100 km, consuma 5 lt di benzina pari a 50.000 kcal e a 60 kWh.
- Sommando tutta la produzione energetica (o, ugualmente, i consumi) delle attività umane si ottiene un valore di circa 100.000 TWh annui (8.000 Mtep/anno, 360 EJ/anno, da molte fonti arrotondato in 400 EJ per l’anno 2005).
- TRASMISSIONE DEL CALORE
Il calore si trasmette dai corpi caldi a quelli freddi (secondo principio della termodinamica) per: 1) conduzione, che consiste nel passaggio del calore per contatto (ad es. le pareti della stufa dalla brace a contatto); 2) convenzione, che consiste nel movimento dei fluidi caldi gas, aria, acqua, liquidi, da una zona calda a una fredda, determinata in genere dalla differenza di pressione dei fluidi a diverse temperature, con contemporanea cessione del calore per ripristino dell’equilibrio, e viceversa. Una stanza calda, aprendo la finestra d’inverno, si raffredda rapidamente perchè entra aria fredda con moto convettivo. Su scala planetaria, sono presenti moti convettivi (correnti) atmosferici e oceanici che distribuiscono verso i poli il calore equatoriale, riscaldandoli, tra cui la corrente del Golfo, e quelli che ritornano dai poli all’equatore raffreddandolo, tra cui la corrente del Labrador; nelle correnti atmosferiche incide anche il grado di umidità, che appesantisce le masse d’aria umide, nelle correnti marine influisce anche la salinità dell’acqua che determina differenti pesi delle masse d’acqua; 3) irraggiamento, che consiste nell’emissione di radiazioni infrarosse che scaldano direttamente i corpi vicini ai corpi caldi (ad es. a qualche distanza da un incendio ci si scotta senza toccare braci e senza contatto con aria calda).
CAPITOLO SECONDO
LE VARIE FONTI DI ENERGIA – LE ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI
In questo capitolo indichiamo le principali caratteristiche delle più importanti fonti di energia disponibili. Di esse si considerano rinnovabili quelle che si producono in modo continuo senza diminuire la risorsa che le produce o quelle che hanno una disponibilità globale così grande rispetto alla vita umana che, pur diminuendo la risorsa che le produce, hanno una durata praticamente infinita; si considerano alternative quelle che suppliscono alle fonti tradizionali (dette anche energie convenzionali) intese come da idrocarburi fossili e da energia nucleare e anche da energia idroelettrica, che è oggi comunemente considerata tradizionale e non alternativa, pur essendo completamente rinnovabile.
E’ utile ricordare, in questa premessa, che l’energia meno nobile, secondo i principi della termodinamica, è quella termica; tutte le altre energie sono destinate prima o poi a trasformarsi completamente in calore, mentre, per trasformare l’energia termica in energie più nobili, una parte del calore va dispersa, abbassando il rendimento del processo. Anche l’energia elettrica, solo per far funzionare un calcolatore elettronico, si trasforma in calore, che occorre disperdere con le apposite ventole. Quindi, è impossibile trasformare tutta l’energia termica in elettrica, ma una parte del calore andrà dispersa; mentre naturalmente l’energia elettrica si trasformerà tutta in energia termica. Ricordiamo questo per significare che ogni azione di produzione di energia comporta già di per sé un contributo di riscaldamento diretto della superficie del pianeta, indipendentemente dal tipo di energia prodotta; mentre è diversa l’influenza dei vari processi di produzione di energia sull’effetto serra o sull’assorbimento della radiazione solare. Quindi, premessa alle valutazioni che proporremo sulle varie forme di energia è quella che comunque occorre che i consumi diminuiscano, e, poiché è impossibile pretendere che i paesi del terzo mondo rinuncino allo sviluppo, occorre che questa diminuzione sia particolarmente elevata nei paesi sviluppati, per fare posto all’incremento dei consumi dei popoli che finora non hanno consumato nulla o quasi, per non incrementare ulteriormente il già elevatissimo carico antropico di calore sul pianeta.
E’ anche opportuno distinguere i vettori energetici dalle fonti di energia; i vettori energetici sono infatti fluidi o correnti in grado di trasportare energia dai luoghi di sfruttamento ai luoghi di utilizzo. Quasi tutte le fonti di energia richiedono la trasformazione in vettori energetici per potere essere utilizzate: ad esempio, il petrolio deve essere trasformato in benzina per le auto, in cherosene per gli aerei, o bruciato per produrre energia elettrica; l’energia termica di origine nucleare deve essere trasferita ad acqua calda per riscaldare le abitazioni o trasformata in energia elettrica tramite vapore e turbine. Solo alcune fonti energetiche possono esser utilizzate come disponibili in natura: si adatta bene alla nostra società il gas metano, che per essere trasportato ed utilizzato ha bisogno di tubazioni ma non di trasformazioni; e l’acqua calda geotermica naturale, che, anch’essa, necessita solo delle tubazioni per poter riscaldare gli edifici.
L’energia elettrica è energia secondaria ed è anche il più efficiente vettore energetico, in quanto è trasportabile anche a lunga distanza senza eccessive perdite, ed è in grado di far muovere tutte le macchine che servono all’uomo (ad eccezione degli aeroplani se non superleggeri).
In questa premessa riteniamo di affrontare il caso particolare dell’energia da idrogeno prodotto artificialmente, come vettore energetico, in quanto oggi esso viene proposto da alcuni studiosi come la soluzione futura, anche già a breve termine, di molti problemi.
- IDROGENO
L’idrogeno non è una fonte energetica in quanto è uno dei tanti vettori energetici (in questo caso di energia chimica), come l’energia elettrica, e deve essere prodotto, di massima, con scissione dell’acqua per via elettrolitica, utilizzando energia elettrica prodotta a sua volta con una delle fonti di energia primaria disponibili. E’ abbondantissimo in quanto, insieme all’ossigeno, compone l’acqua. Peraltro l’idrogeno potrebbe essere un vettore energetico estremamente comodo in futuro almeno per l’autotrazione ed in sostituzione del metano nelle tubazioni domestiche, per le sue caratteristiche fisiche adatte, ed essendo ricco di pregi ambientali derivanti dal fatto che la sua combustione produce solo acqua secondo la reazione chimica (2 H2 + O2= 2 H2 O), cioè due molecole di idrogeno più una molecola di ossigeno producono due molecole d’acqua senza alcuna emissione di altri inquinanti né di anidride carbonica C O2 (riproduce però vapore acqueo, gas serra, e cascami di calore, quindi per diminuire questo svantaggio occorre far condensare il vapore prodotto come acqua a minor temperatura possibile).
Se per produrre idrogeno con elettrolisi dell’acqua si utilizza direttamente energia elettrica fotovoltaica, si ottiene un combustibile non inquinante in modo ecologico, senza produrre gas serra né aumentare il calore della superficie terrestre; il rendimento del processo è però minimo, essendo già basso il rendimento attuale dei pannelli fotovoltaici; peraltro la fonte energetica solare è talmente abbondante che il basso rendimento incide solo sui costi di produzione partendo dal costo del pannello fotovoltaico.
Sono oggi già disponibili impianti fotovoltaici, ancora in piccola scala e quindi per ora antieconomici, che con l’energia solare del cortile di casa producono idrogeno sufficiente a percorrere 150 km al giorno con la propria automobile.
Le celle a combustibile, installabili anche sulle automobili, convertono idrogeno e ossigeno direttamente in energia elettrica senza combustione e sono adatte a far muovere mezzi di trasporto con motori elettrici alimentati dalle celle a combustibile alimentate dall’idrogeno, con inquinamento locale pari a zero.
Il bilancio complessivo della produzione di idrogeno resta però negativo per il fatto che per produrlo occorre prima produrre energia elettrica, che poi produce idrogeno per elettrolisi dell’acqua con perdite di energia; per cui l’impiego dell’idrogeno è in genere meno conveniente di quello diretto dell’energia elettrica. Questo ad esempio è sicuramente vero per l’uso domestico di cucina e di riscaldamento, mentre per l’autotrasporto occorre valutare che una bombola di idrogeno contiene molta più energia rispetto alle batterie elettriche.
L’idrogeno si può ottenere facilmente dal metano, ma anche in questo caso l’ulteriore lavorazione non è molto giustificata essendo il metano già estremamente efficiente.
Si ripongono speranze di equilibrare il ciclo energetico della produzione dell’idrogeno con l’impiego di batteri in grado di estrarlo dall’acqua con minimo utilizzo di energia.
Le forme di energia che l’uomo può utilizzare per le sue necessità sono così raggruppabili:
ENERGIE NON RINNOVABILI:
2.1. Energia da idrocarburi fossili
2.2. Energia nucleare da fissione dell’uranio disponibile in natura o da plutonio ricavato da uranio.
Queste non sono da considerare fonti energetiche rinnovabili: gli idrocarburi fossili per motivi evidenti (si stanno già esaurendo ed i tempi per la loro formazione sono dell’ordine di 100 milioni di anni), e neppure l’uranio, disponibile nelle rocce del pianeta in quantità finita. Non ci occupiamo di fusione nucleare di atomi leggeri in atomi più pesanti perché allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e del consumo dei combustibili fossili, è comunemente condivisa la valutazione che essa non diverrà praticabile prima dell’esaurimento del petrolio, per cui non interessa l’argomento di questo libro, che studia ed analizza le energie che attualmente possono sostituire il petrolio.
ENERGIE RINNOVABILI:
2.3. Energia geotermica
2.4. Energia solare - termica - fotovoltaica
2.5. Energia da biomassa - da rifiuti agricoli, industriali ed urbani - da idrocarburi derivati
2.6. Energia da trasformazione dell’energia cinetica dei fluidi atmosferici e oceanici – eolica - da correnti oceaniche – da moto ondoso
2.7. Energia da differenze di temperatura del suolo, dell’acqua
2.8. Energia gravitazionale (maree)
2.9. Energia idroelettrica
Quest’ultima non si considera tra le energie alternative, ma tra le convenzionali, essendo già molto sfruttata nei paesi sviluppati, pur essendo un’energia particolarmente pulita e completamente rinnovabile.
L’apporto delle energie rinnovabili vale oggi 1390 Mtep, cioè 16.700 TWh (2002 IEA) e la percentuale sul totale delle fonti di energia mondiale risulta variabile, a seconda delle definizioni e degli enti, dal 13,6% (IEA 2002), al 17% (ENEA).
2.1. ENERGIA DA IDROCARBURI FOSSILI
Come si diceva, gli idrocarburi fossili sono un’eccezionale fonte di energia perché concentrano molta più energia di altre forme in poco spazio e poco peso. Basta pensare alle 10.000 kcal contenute in un litro di benzina; con esse si muove un’automobile per 20 km; un uomo può vivere con 2.000 kcal/giorno e quindi per 5 giorni coll’equivalente del contenuto di un litro di benzina. L’energia che si è concentrata negli idrocarburi fossili è una piccola quota della radiazione solare incidente, per milioni di anni, convertita sotto forma di energia chimica dalla fotosintesi clorofilliana e immagazzinata dai processi geologici nelle viscere della terra a disposizione dell’uomo.
Negli idrocarburi fossili si è associata l’anidride carbonica atmosferica all’acqua, e si è concentrato idrogeno e carbonio liberando ossigeno. Con la combustione si ritorna ad associare il carbonio e l’idrogeno con l’ossigeno atmosferico restituendo l’antica anidride carbonica all’atmosfera, e riavvicinando quindi le condizioni dell’atmosfera ai tempi lontanissimi in cui essa era meno ricca di ossigeno e più ricca di anidride carbonica e, per quanto ne sappiamo, molto più calda.
I principali idrocarburi fossili, in ordine di importanza attuale, sono: liquidi liberi (il petrolio); gassosi (il metano); solidi (il carbone); liquidi impregnanti (sabbie e scisti bituminosi); semisolidi (gli asfalti)
2.1.1. IL PETROLIO
Il petrolio è un idrocarburo fossile in forma liquida e per l’ampia disponibilità, la facilità di estrazione e la comodità di trasporto nonché di utilizzo, è attualmente il più importante ed il più sfruttato. E' costituito da una miscela di idrocarburi (molecole costituite da carbonio e idrogeno) che si sono formati per la decomposizione di molecole organiche, per lo più a base cellulosica, per la massima parte vegetali di origine terrestre od acquatica, in ambiente deprivato di ossigeno, in genere sui fondali marini, al di sotto di coperture sedimentarie non permeabili al petrolio ed ai gas (cupole o trappole geologiche, in genere argillose, formatesi ad esempio alle foci dei fiumi in corrispondenza di depositi alluvionali).
Le molecole organiche a base carbonio, idrogeno e poco ossigeno, formate dalla fotosintesi clorofilliana liberando ossigeno atmosferico, si sono trasformate in composti complessi più ricchi di idrogeno, per azione delle fermentazioni e delle altissime pressioni sotterranee.
I tempi naturali di formazione del petrolio valgono qualche decina di milioni di anni, e quindi questa fonte, essendo oggi consumata in tempi della scala di 100 anni, al pari di tutti gli altri idrocarburi fossili è da considerarsi non rinnovabile.
Il petrolio, come tutti gli altri idrocarburi fossili fluidi, impregna stati di roccia porosa; in alcuni punti della superficie terrestre affiora direttamente, mentre nella gran parte dei casi giace racchiuso in profondità sotto gli strati geologici impermeabili.
Esso è spesso facilmente estraibile perché si trova sotto pressione, causata dal peso degli strati di roccia sovrastanti e dalla presenza in soluzione di idrocarburi gassosi; quindi è sufficiente effettuare una trivellazione perforando la roccia, per fare in modo che la pressione spinga il petrolio, spesso frammisto a metano, a fuoriuscire anche con violenza. Un tempo si recuperava solo questa quota di petrolio che fuoriusciva dal sottosuolo per via naturale, mentre oggi, col maggior valore economico raggiunto, è conveniente anche il recupero secondario mediante sistemi di iniezione di gas oppure di acqua, che consistono nel pompaggio sotto terra di aria, gas o acqua in pressione, allo scopo di sospingere verso l'alto il petrolio rimasto nella roccia porosa e ormai privo di pressione.
Il petrolio naturale estratto (detto greggio, cioè grezzo, non lavorato) non è immediatamente utilizzabile se non per lampade ad olio di tipo antiquato; per tutti gli usi moderni deve essere separato da eventuali residui di acqua e dai gas in soluzione, e poi sottoposto a procedure di distillazione frazionata, da cui si ricavano benzina, gasolio, nafta ed oli pesanti.
Esso è la fonte di energia migliore che la natura abbia accantonato per l’uomo; rispetto ad un pari peso di carbone ha un potere calorifico molto maggiore e non produce cenere; è estraibile in grande quantità senza sforzo, è trasportabile senza le precauzioni richieste diversamente dal gas, che si disperde facilmente; occupa molto meno spazio del gas ed è meno pericoloso. Contiene una notevolissima quantità di energia: con rendimento limitato, perché una gran parte dell’energia si disperde sotto forma di calore, un litro di petrolio riesce a muovere per 20 km un’automobile del peso di 1.000kg; con 2.000 litri si può fare il giro del mondo con un peso che è oltre dieci volte quello di un uomo, con un risultato che è completamente fuori scala rispetto a tutte le altre forme di energia disponibili in precedenza.
Oggi viene estratto per 85.000.000 barili al giorno (13,5 miliardi di litri, oltre due litri per ogni abitante del pianeta), fornisce circa il 37 % (ENEA) del fabbisogno energetico mondiale ed è valutazione condivisa che la sua produzione non aumenterà, essendo già esauriti parecchi giacimenti, essendo vicini all’esaurimento altri giacimenti più importanti, ed essendo geologicamente impossibile trovare nuovi grandi giacimenti*. Il massimo picco di estrazione non potrà superare i 95.000.000 di barili per giorno: cifra comunque ben lontana da 120-130 milioni di cui il mondo avrà bisogno nel 2020, nell’ipotesi realistica che India e Cina aumentino ancora la loro fame di energia ai ritmi attuali. Essendo altissimo lo sfruttamento e non trovandosi più nuovi grandissimi giacimenti, si deve (obbligatoriamente, e infatti in parte lo si sta effettivamente facendo), sostituire il petrolio gradatamente con il gas ed il carbone, che presentano possibilità di trend crescenti di sfruttamento ancora per qualche anno, nell’ordine di sostituzione di almeno il 2,5% all’anno, e successivamente intervenire con le energie rinnovabili negli anni a venire.
Sono stimate riserve per 8.690 EJ (consumo energetico mondiale totale 400 EJ, consumo di petrolio 160 EJ/anno, durata a ritmo attuale 53 anni, a ritmo incrementale meno di 40 anni).
* Richard Heinberg è un valido rappresentante della scuola scientifica che considera le curve dette di Hubbert, dal nome del geofisico che nel '60 previde correttamente che attorno al '70 la produzione petrolifera Usa avrebbe raggiunto un picco, per poi diminuire. Analoghe curve "a campana" sono ora elaborate con riferimento mondiale: si è previsto un picco tra il 2005 e il 2009, ed in effetti la produzione 2007 è stata inferiore a quella del 2006; dopo di che si andrà all'esaurimento fisico della risorsa. Secondo l'autore si rischia la fine della civiltà industriale (altre associazioni più filo-petrolio, ma, in base ai dati già disponibili, meno credibili, sostengono che la produzione è espandibile a 115.000.000 di barili al giorno di petrolio al 2030).
2.1.2. IL GAS NATURALE
Il gas naturale (soprattutto metano) si trova nel sottosuolo, normalmente negli stessi giacimenti in cui giace il petrolio, o associato ad esso, disciolto o raccolto nelle zone superiori delle cupole o trappole geologiche (essendo più leggero). Esistono anche numerosi giacimenti esclusivamente di gas naturale, qualche volta come metano quasi puro (formula chimica CH4), e più spesso insieme ai vapori di idrocarburi condensabili.
Il gas naturale presenta un indubbio vantaggio rispetto alle altre fonti energetiche non rinnovabili: è la risorsa meno dannosa per l'ambiente, poiché è più puro, di formula chimica abbastanza semplice, e la sua combustione comporta un rilascio minimo di impurità nell'atmosfera. Rispetto al petrolio, inoltre, gode il vantaggio di riserve più consistenti e non richiede particolari lavorazioni per l’utilizzo; inoltre, richiede maggiori precauzioni per il trasporto ma è particolarmente adatto alla distribuzione domestica con tubazioni. Gioca a sfavore del gas naturale la sua caratteristica di facile dispersione, e quindi si richiedono elevati costi di trasporto, in quanto è necessario realizzare complesse reti di metanodotti, che quindi necessitano a loro volta di impegni duraturi di fornitura e di ampie quantità in uso per diluire sufficientemente gli ammortamenti degli investimenti.
Il trasporto, la liquefazione quando necessario, lo stoccaggio, la distanza tra luogo di produzione e di utilizzo finale incidono in maniera tale da rendere poco elastico il prezzo finale del metano.
Oggi il metano fornisce circa il 24% (ENEA) del fabbisogno energetico mondiale e la sua produzione presenta ancora margini di crescita (i giacimenti degli Stati Uniti sono quasi tutti già sfruttati fin quasi all’esaurimento). Insieme al carbone per alcuni anni è in grado di soddisfare l’aumento della domanda di energia.
Un'economia di transizione imposta dalla progressiva diminuzione delle quantità di petrolio estratte non potrà che fare appello soprattutto al gas per un numero di anni valutabile di dieci - venti. Il gas potrà essere raffinato in carburante sintetico, anche se questa non sarà una sorgente di energia disponibile prima de1l’anno 2010. Inoltre il gas metano potrà essere usato per generare idrogeno per le celle a combustibile (anche se questa non sembra una soluzione intelligentissima da generalizzare in quanto il metano già presenta la massima efficienza).
Sono stimate riserve per 17.280 EJ, circa il doppio del petrolio.
2.1.3. IL CARBONE
Il carbone è il combustibile fossile più diffuso nel mondo. E' una roccia sedimentaria costituita da materiale organico fossilizzato composto di carbonio, idrogeno, ossigeno, piccole quantità di azoto e zolfo e materiale inorganico. Si è originato dalla decomposizione, in ambiente anaerobico, di grandi masse vegetali. Il processo di carbonizzazione consiste in un progressivo arricchimento in carbonio della materia organica. Come anche molti petroli, quasi tutti i carboni sono ricchi di zolfo, e la loro combustione è responsabile di un grave inquinamento ambientale (provoca il fenomeno delle piogge acide) che solo negli ultimi anni si è riusciti a contenere entro limiti accettabili, ricorrendo a sofisticate tecnologie, ma non sempre applicate per gli elevati costi. Nel Sud del mondo se ne fa abbondante impiego ancora nei modi tradizionali. A sfavore del carbone giocano anche i forti costi di trasporto.
Sul versante del trasporto sono stati compiuti passi in avanti per contenere i costi. Il ricorso alle navi resta fondamentale e con questo mezzo viaggia la gran parte del commercio mondiale, ma si sono già sperimentati carbonodotti nei quali il minerale fluisce per pompaggio dopo essere stato ridotto in polvere mescolato all’acqua.
Le tecniche di estrazione dipendono dalla profondità del filone carbonifero. Se esso si trova a non più di 50 metri di profondità si attua la coltivazione a cielo aperto mediante rimozione dello strato di copertura; per maggiori profondità l'estrazione avviene con lo scavo di cunicoli sotterranei.
Oggi fornisce circa il 26% (ENEA) del fabbisogno energetico mondiale, con tendenza a crescere, e la sua produzione presenta ancora margini di crescita, in grado di coprire per alcuni anni l’aumento della domanda insieme al metano; attualmente il suo impiego è in forte crescita soprattutto per sostenere la crescita economica cinese.
Sono stimate riserve per 185.330 EJ, più di 20 volte del petrolio e più dell’uranio.
2.1.4. SCISTI E SABBIE BITUMINOSE, BITUMI E ASFALTI
Si tratta di petroli densi, vischiosi fino a quasi solidi, più o meno miscelati a sabbie alluvionali o a rocce scistose (disponibili in grandi giacimenti nell’Orinoco e in Canada); molto inquinanti, si possono raffinare in loco con alti costi energetici di estrazione che richiedono l’utilizzo di una buona parte dell’energia estraibile dagli stessi. Con il crescere del costo del petrolio, diventa conveniente anche l’estrazione di questi idrocarburi fossili, che per alcuni anni saranno utili per soddisfare l’incremento della domanda di energia.
Salvo piccole quantità destinate ai processi di sintesi, tutti gli idrocarburi fossili vengono combusti per produrre energia elettrica nelle centrali termoelettriche o per produrre energia cinetica con combustione diretta nel settore del trasporto.
Per fornire un’ultima e conclusiva valutazione sugli idrocarburi fossili, si può sostenere che in sostanza, madre natura è stata molto generosa con l’uomo, lasciandogli in eredità ampissimi magazzini di energia a basso costo che hanno consentito alla specie umana di raggiungere rapidamente un numero di individui assolutamente incompatibile con gli equilibri naturali ed altrimenti irraggiungibile; ma in questo lascito essa ha nascosto il veleno, consistente nel fatto che sfruttando tutta questa energia il pianeta diventa, non sappiamo quanto, diverso da quello in cui la specie umana si è sviluppata; in altre parole diviene meno abitabile per l’uomo. Si tratta quindi di una specie di polpetta avvelenata, che richiede di mangiarne meno possibile e di impiegare un antidoto per contrastare l’effetto del veleno.
2.1.5. Non trattiamo in questa sede, perché non strettamente pertinente con il problema dell’energia, la questione dei gas che distruggono l’ozono atmosferico.
2.2. ENERGIA NUCLEARE
L’energia nucleare, all’epoca della sua scoperta e del suo sviluppo civile (anni 1950 – 1960), è sembrata la soluzione definitiva ai problemi energetici dell’umanità. In effetti presenta elevati vantaggi.
Essa si basa sul principio che l’uranio 235, disponibile in natura nelle rocce che formano il nostro pianeta, si scinde anche per processo naturale in due atomi di sostanze meno pesanti, perdendo una piccola parte della massa iniziale che si trasforma in proporzionalmente grandissime quantità di energia secondo la formula della relatività E = mc2. (energia uguale massa per la velocità della luce al quadrato). Nella fissione si liberano particelle in grado di provocare la fissione di altri atomi di uranio; se essi sono troppo vicini, si ha una reazione incontrollata a catena (bomba atomica); se essi sono troppo lontani, le particelle si disperdono e la reazione non ha luogo; se sono alla giusta distanza, si ottiene la necessaria e richiesta reazione a catena controllata. Per questo nelle centrali elettronucleari il combustibile consiste in barre contenenti uranio 235, poste alla giusta distanza per produrre energia sufficiente a trasformare in vapore l’acqua in cui sono immerse le barre. Le barre di combustibile nucleare, in particolare prima dell’uso, non devono avvicinarsi troppo a pena di produzione di eccesso di calore, tale da fondere la roccia (magma nucleare) come successo a Chernobyl.
Per ottenere quantità di energia elevate basta ricavare pochi chili di uranio concentrato.
Una centrale nucleare da 1.000 MW richiede 30 tonnellate di uranio all’anno, equivalenti alla capacità di un solo carro ferroviario. L’alimentazione di una centrale termoelettrica di pari potenza richiede invece 15 petroliere da 100 mila tonnellate oppure 40 mila carri ferroviari per il trasporto di 2,5 milioni di tonnellate di carbone. Una centrale nucleare da 1.000 MW produce 100 metri cubi di rifiuti solidi all’anno, contro i 10 mila metri cubi di una centrale a olio combustibile e i 250 mila metri cubi di una centrale a carbone.
Questi sono i vantaggi rispetto ad una centrale a combustibile fossile, ma gli svantaggi sono maggiori, ed attualmente, dopo svariati gravi incidenti di cui i più importanti sono stati quelli di Three Miles Island negli Stati Uniti d’America e di Chernobyl in Russia, le valutazioni più condivise sono che si tratta di un sistema per produrre energia e calore costoso, insicuro, incompatibile con la gestione della sicurezza internazionale e in ogni caso incapace di fornire una vera autonomia energetica a lungo termine.
La radioattività provoca corrosioni dei materiali difficilmente controllabili. La vicinanza di materiale fissile può provocare reazioni incontrollate. I rifiuti solidi purtroppo mantengono bassa, media ed alta radioattività: quelli a bassa e media (97% del totale), che decadono in tempi dell’ordine di decine di anni, vengono conservati - compattati e inseriti in idonei contenitori - presso la stessa centrale entro depositi di capienza sufficiente per l’intera vita dell’impianto, in vista del successivo trasferimento in appositi centri di raccolta nazionali, dai quali, una volta esauritasi la radioattività, possono essere tolti. Ma nessuno, nei nostri paesi, vuole avere vicino questi depositi. I rifiuti ad alta radioattività devono invece esser ricoverati anch’essi in un deposito nazionale, in attesa però di uno smaltimento geologico definitivo, di un eventuale riprocessamento o, ancora, di una trasmutazione in prodotti radioattivi a vita medio - breve. Il tutto con problemi serissimi di consenso delle popolazioni nei nostri paesi dove il territorio disponibile sufficientemente lontano dagli abitati è ridotto.
Il costo di produzione di un kWh elettrico di origine nucleare è inferiore a quello di ogni altra fonte rinnovabile e non rinnovabile, se non si considerano le difficoltà e i costi connessi con lo smaltimento delle scorie radioattive, che rimangono tali per migliaia di anni, i costi di demolizione e dismissione degli impianti e i danni alla salute degli uomini e all'ambiente causati dagli incidenti nelle centrali nucleari.
Se nella composizione del costo del kWh nucleare non entrano tutte queste componenti, esso potrà anche risultare meno costoso. Ma se invece si considerano correttamente le proiezioni di costo al 2010 e al 2025 del kWh nucleare, che tengano conto di tutti gli elementi sopra citati ed anche delle caratteristiche dei reattori di nuova concezione, ecco allora che le stime indicano valori dell’ordine dei 6 centesimi di euro a chilowattora, da confrontare con le altre fonti: energia elettrica prodotta con carbone 3 centesimi/kWh, con olio combustibile 5 centesimi, con gas naturale tra i 4 e i 5 centesimi, con impianti mini - idro 4 centesimi, da fonte eolica tra i 3 e i 5 centesimi. Dunque l' energia elettrica prodotta mediante la fonte nucleare appare, anche in prospettiva, decisamente molto costosa.
Inoltre anche la disponibilità dell'Uranio 235 commerciabile, al ritmo di utilizzazione degli impianti attuali, che coprono il 6% del consumo mondiale di energia e il 17% dei consumi di energia elettrica, è nell'ordine dei sessanta anni, che si ridurrebbero evidentemente a trenta - quaranta non appena volessimo far assumere all'energia nucleare ruoli dello stesso ordine di importanza degli idrocarburi. Certo, si potrebbe ricorrere all'uso dell’Uranio 238, molto più abbondante in natura, ma per ciò si dovrebbe passare attraverso la produzione di plutonio, secondo la linea intrapresa dai francesi con i reattori veloci. Si tratta di una tecnologia ad alto rischio (proliferazione nucleare e salute: un milionesimo di grammo la dose letale per inalazione). Finita la motivazione della Force de frappe, anche la Francia ha abbandonato questa filiera. E anche gli Stati Uniti, che guidano il consorzio Generation Four, pensano realisticamente di poter proporre gli impianti nucleari di nuova generazione, cosiddetti “intrinsecamente sicuri”, non prima del 2025-2030.
L’energia nucleare rappresenta il 6% del fabbisogno energetico mondiale, prodotta in circa 450 centrali per una potenza media di 1,2 MW corrispondente a più di 5.000 TWh all’anno, con trend attualmente stabile, e pochi impianti in progettazione.
Le riserve stimate di uranio accessibile nella crosta terrestre ammontano ad un totale di 114.000 EJ, 13 volte il petrolio ma meno del carbone.
Unico dato che permette attualmente di ritenere realistico investire risorse nella costruzione di nuove centrali è quello che le prossime generazioni di reattori nucleari dovrebbero, a parità di potenza, impiegare molto meno uranio e quindi produrre molto meno scorie rispetto al momento attuale, diminuendo gli svantaggi sopra evidenziati.
Anche qui possiamo esprimere una conclusiva valutazione che, allo stato attuale delle conoscenze, l'energia nucleare non solo non e' destinata a giocare un ruolo importante nel futuro energetico, ma e' destinata ad un inarrestabile declino, e già oggi lascia una drammatica eredità di scorie e residui radioattivi con cui dovranno fare i conti le generazioni future.
2.3. ENERGIA GEOTERMICA
Produzione mondiale: 41,5 Mtep/anno (2002 IEA).
E’ sfruttata per 51 TWh/anno come energia termica e per 41 come energia elettrica, con potenziale stimato tra i 35 e i 73 TW facilmente sfruttabili (conferenza AEIT).
IL flusso naturale di calore geotermico è calcolato 0,063 W/mq, per un totale pari a 30 TW.
Le stime sull’energia disponibile variano a seconda delle profondità considerate, il massimo indicato in ricerca arriva addirittura a 100 milioni di Quad paria a 40.000 MW; Palmerini nel 1993 ha stimato che a 5 km di profondità sia disponibile una quantità di energia di 140.000.000 EJ/anno, pari a 350.000 volte i consumi attuali totali annui di 400 EJ. Con le attuali capacità tecniche, 500 EJ sono stimati già economicamente sfruttabili entro 10 – 20 anni e 5.000 entro 40 – 50 anni.
Il sottosuolo, scendendo in profondità nel mantello verso il nucleo, si riscalda mediamente di un grado ogni trenta metri (gradiente termico del sottosuolo 30 C°/km). Pertanto a 10 km di profondità si trovano mediamente temperature di 300 C°, e molto più alte e più in superficie in corrispondenza dei punti caldi, delle zone vulcaniche e delle fratture della crosta terrestre (anche sottomarine). In queste zone spesso le acque naturali si riscaldano creando vapore naturale.
Non si tratta propriamente di un’energia rinnovabile in quanto si tratta di calore generato dalle reazioni nucleari all’interno del nucleo terrestre, soprattutto scissione dell’uranio, che è disponibile in quantità finita. Però essa è disponibile in grandissima quantità (gli scienziati hanno calcolato nell’estate 2005 che la potenza delle reazioni nucleari naturali nel nucleo è pari a quella di 700.000 centrali nucleari), e quindi, rispetto ai consumi energetici dell’uomo, la disponibilità si può ritenere infinita, avvicinandosi quindi alla definizione di energia rinnovabile; allo stato attuale è classificata anche come energia alternativa in base ala definizione fornita all’inizio del capitolo.
E’ l’unica energia, oltre a quella gravitazionale da maree, che non è generata dalla radiazione solare, ma è insita nella composizione delle rocce terrestri; può essere interessante rilevare il fatto che si ritiene abbastanza casuale e rara la presenza di elementi così pesanti come l’uranio nella composizione dei pianeti, e che tale presenza viene addebitata a particolari e rare condizioni verificatesi durante il processo di formazione della Terra.
La migliore utilizzazione dell’energia geotermica sarebbe quella che evita trasformazioni, che comportano comunque degrado, dispersioni e perdite, e quindi, ove possibile, consiste nell’invio delle acque calde sotterranee in tubazioni per riscaldare direttamente gli edifici più prossimi alle fonti di energia geotermica, con minime perdite di energia. Ma in genere attualmente essa è utilizzata per produrre energia elettrica col vapore in pressione fornito direttamente dalle acque naturali riscaldate nel sottosulolo.
Si può distinguere in energia da rocce calde, energia da acqua calda, energia da fanghi caldi, energia da vapore sotterraneo
In Islanda il calore geotermico è accessibile in superficie in grande quantità, sotto forma di acqua calda, in quanto l’isola si trova sulla linea vulcanica di frattura tettonica detta dorsale medioatlantica; l’acqua calda geotermica viene immessa in tubazioni e trasportata nei luoghi abitati dove serve per il riscaldamento a bassissimo prezzo, e così pure in ampie serre che sfruttano questo fatto producendo piante, fiori e frutti tropicali con riscaldamento quasi gratuito, a prezzo competitivo anche all’esportazione. Una parte del calore geotermico, a temperatura più elevata, viene usato per trasformare acqua in vapore e produrre energia elettrica. E’ normale, in Islanda, perforare il sottosuolo fino a 5 km di profondità, pompare nel foro acqua che si riscalda fino a 250 C°, e poi prelevarla con una tubazione di ritorno e immetterla nelle tubazioni dell’acqua calda anche per utilizzo diretto dopo aver prodotto energia elettrica. Inoltre, sempre in Islanda, sono in corso i lavori per poter utilizzare serbatoi naturali di acqua caldissima in pressione, sotto la penisola di Reykianes, dove però deve essere ancora risolto il problema della precipitazione solida dei minerali abbondantemente disciolti nell’acqua.
Lo sfruttamento artificiale consiste nella perforazione di nuovi fori di accesso agli strati caldi del mantello, o affioranti o anche profondi, immettendo ulteriore acqua in modo forzato a contatto con il calore geotermico e producendo quindi le quantità volute di vapore. Allo stato attuale della capacità tecnologica della civiltà industriale non sembrano sussistere particolari difficoltà tecniche. Sul pianeta sono tantissime le zone di affioramento di calore geotermico; gli stessi vulcani sono sfruttabili in questo modo; si pensi che il Vesuvio presenta un vastissimo letto magmatico a soli 8 km di profondità.
Nella fase di produzione di energia elettrica si hanno in genere dispersioni notevoli di vapore e di cascami di calore e quindi ampi contributi al riscaldamento globale. Per evitare questo, occorre sacrificare parte dell’energia elettrica prodotta per raffreddare e condensare tutto il vapore prodotto, riciclando le acque condensate, evitando di immettere nell’atmosfera cascami di calore; con questa procedura però ovviamente si trasferisce direttamente il calore di condensazione all’atmosfera, (cosa peraltro inevitabile in base ai principi esposti in precedenza), pur evitando l’effetto serra.
La principale controindicazione nella realizzazione di un impianto geotermico profondo consiste nella possibilità che l’acqua, immessa in pressione per poi poterla estrarre calda dalle tubazioni di ritorno, causi assestamenti nel sottosuolo arrivando a provocare dei veri e propri terremoti locali (è successo recentemente a Basilea).
2.4. ENERGIA SOLARE
La potenza della radiazione solare che investe la Terra, espressa in TeraWatt, vale 173.000 TW (pari a 173.000.000 centrali, nucleari o termoelettriche, da 1.000 MW). In un anno la quantità di energia della radiazione solare equivale a circa 1.500.000.000 TWh, 5.500.000 di EJ (esajoule), 126.500 miliardi di tep, 500.000 miliardi di barili di petrolio (cioè mille volte tutte le riserve di petrolio conosciute), oltre diecimila volte superiore a tutta l’energia impiegata ogni anno nel mondo (360 – 400 EJ) e superiore anche, in un anno, a tutte le riserve conosciute di carbone, petrolio, gas naturale e uranio messe insieme. La potenza radiante per metro quadrato vale fino a 1,35kW
Di questa potenza incidente, il 30% è respinto per riflessione ed il 70% è assorbito (potenza 121.000 TW, quantità annua di energia 1.060.000.000 TWh, 80.000 miliardi di tep/anno, 3.440.000 EJ; di tutta la radiazione, circa 25.000 miliardi di tep (1.075.000 EJ) raggiungono le terre emerse e circa 55.000 (2.365.000 EJ) raggiungono gli oceani. La radiazione si distribuisce anche nel ciclo dell’acqua per evaporarla al 23% (potenza 40.000 TW, in un anno 350.000.000 TWh, 1.260.000 EJ), mentre il restante 47% (potenza 81.000 TW, in un anno 710.000.000 TWh, 2.550.000 EJ) si trasforma in energia termica che riscalda l’aria, il mare e la terra; di questo ancora l’1% (1.700 TW) alimenta venti e correnti.
Nel ciclo dell’acqua, il calore solare fa evaporare e condensare ogni anno 500.000 miliardi di tonnellate di acqua dalla, e sulla, superficie dei mari e dalle terre emerse. 100.000 miliardi di tonnellate ricadono sulle terre emerse e circa 40.000 miliardi di metri cubi scorrono sulla superficie dei continenti nel loro ritorno al mare superando talvolta grandi dislivelli. Questo flusso ha un "contenuto" potenziale medio di circa 55.000 Terawattora all’anno, anche se, di tale energia, solo una parte limitata può essere ricuperata come energia idroelettrica e solo una parte minima (circa 0,15 miliardi di tep/anno, pari a circa 1,5 Terawattore/anno) è attualmente in effetti ricuperata come tale. La seconda grande funzione "naturale" dell'energia solare è la "fabbricazione" per fotosintesi di biomassa vegetale: circa 100 miliardi di tonnellate/anno negli oceani e circa 100 miliardi di t/anno sulle terre emerse a spese di circa 400 miliardi di t/anno di anidride carbonica tratta dall'atmosfera; gran parte dell’anidride carbonica (quella immagazzinata nel ciclo organico, vegetale e animale) ritorna nell'atmosfera in breve tempo, nel corso del ciclo del carbonio; quella immagazzinata nel ciclo minerale (barriere coralline, conchiglie ecc.) resta intrappolata.
La parte rimanente di radiazione solare è ancora elevatissima e ampiamente sufficiente a soddisfare tutte le necessità energetiche umane (attuali e future per come le possiamo immaginare).
L’irraggiamento alle nostre latitudini comporta una quantità media Italia di 4,7 kWh/mq/giorno (con un massimo in Sicilia di 5,4 kWh/mq/giorno; la potenza media sulla Terra è di 1 kWh/mq.
Oggi l’irraggiamento solare si sfrutta per produrre acqua calda localmente, e questa quantità non è sempre computata nelle statistiche ufficiali, mentre le centrali solari di vario tipo hanno la potenza complessiva di 1,5GW (meno di una sola centrale termoelettrica), ma il dato è in crescita esponenziale.
Viene sfruttata per una produzione pari a 8.8 Mtep/anno calcolato insieme all’eolico (IEA 2002) , 2% della produzione energetica totale (ENEA), ma con incremento rapidissimo.
E’ disponibile in abbondanza in generale in luoghi abbastanza vicini ai luoghi di consumo, anche se i luoghi più adatti, con la maggiore insolazione ed i minori giorni di copertura nuvolosa, sono i deserti, in genere abbastanza lontani dai luoghi di consumo; ma, come discende anche dalle valutazioni precedenti, per i deserti si tratta della migliore utilizzazione possibile, non essendo praticabile agevolmente la copertura vegetale delle zone desertiche per mancanza d’acqua (si può comunque pensare concretamente a impianti di desalinizzazione anch’essi a energia solare che potrebbero comportare un positivo mix di impiego delle superfici desertiche non lontane dal mare).
Se, adottando scale temporali proporzionate all’esistenza dell’uomo, si trascura il fatto che il Sole è destinato con certezza scientifica ad aumentare nelle ere future la radiazione solare e poi a esplodere, si tratta di un’energia rinnovabile: infatti essa è disponibile in modo continuo e abbondante ed il prelievo non ne causa la diminuzione. Anzi, si tratta della principale energia rinnovabile, perché da essa derivano tutte le altre energie rinnovabili ad eccezione dell’energia geotermica e dell’energia da maree. Gli stessi idrocarburi fossili sono energia solare trasformata in energia chimica per azione della fotosintesi clorofilliana; così pure l’energia eolica deriva dal fatto che il vento si forma a causa del riscaldamento solare di alcune zone dell’atmosfera; l’energia idraulica si basa sul fatto che l’acqua evapora e precipita grazie all’azione dei raggi solari e del vento; il moto ondoso è a sua volta generato dai venti; le correnti marine e le differenze di temperatura in profondità delle acque oceaniche sono dovuti al riscaldamento solare; la biomassa solida e gli idrocarburi derivati sono prodotti dalla conversione in energia chimica della radiazione solare ad opera della fotosintesi clorofilliana; i rifiuti combustibili sono in genere prodotti dall’uomo da idrocarburi fossili o da biomassa.
Ai fini delle valutazioni relative all’equilibrio della temperatura superficiale della Terra, intercettare la radiazione solare con pannelli termici o fotovoltaici vuol dire evitare di riscaldare la superficie che resta in ombra, trasportare o trasformare l’energia intercettata in forma utile all’uomo, e poi alla fine ottenere un effetto riscaldante della superficie planetaria simile a quello della radiazione solare intercettata, per successiva dispersione o degrado entropico dopo l’uso dell’energia prodotta da parte dell’uomo. Questo processo non apporta variazioni sensibili rispetto al processo naturale di riscaldamento diretto delle superficie della terra da parte della radiazione solare, se non per l’eventuale maggiore efficienza dei pannelli solari nell’assorbire la radiazione rispetto alla superficie terrestre.
Inoltre il sistema fotovoltaico non richiede neppure l’intermediazione del vapore per la produzione di energia, evitando quindi ogni aumento dell’effetto serra da cascami di vapore.
Ciò vuol dire che, trasformando la radiazione solare in energia elettrica con i pannelli fotovoltaici per far crescere la società umana (senza peggiorare l’equilibrio termico della superficie della Terra), l’uomo, che è la più alta rappresentazione del mondo animale, sta giungendo finalmente a uguagliare l’antica grande conquista del mondo vegetale, che è cresciuto trasformando la radiazione solare in energia chimica con la fotosintesi clorofilliana; e questo liberandosi dalla intermediazione dello stesso mondo vegetale, di cui l’uomo ha finora sfruttato la produzione energetica (ricordiamoci che anche il petrolio è un prodotto fossile della fotosintesi).
Ai fini dell'utilizzazione "umana" dell'energia solare va notato subito che l'intensità della radiazione solare e' maggiore nei paesi meno abitati e in quelli del Sud del mondo e arretrati che sarebbero quindi favoriti da un crescente ricorso a questa fonte di energia: una società solare contribuirebbe quindi a ristabilire una forma di giustizia distributiva energetica fra i diversi paesi della Terra.
La radiazione solare può essere sfruttata in vari modi per produrre vari tipi di energia:
2.4.1. PER VIA DETTA TERMICA:
1) scaldando direttamente con la radiazione solare incidente fluidi, che possono consistere in genere direttamente nell’acqua del circuito termo - sanitario delle abitazioni, ma nelle zone in cui le temperature possono scendere sotto lo zero anche in oli o acqua con liquido antigelo in circuito separato con scambiatori di calore. Questi fluidi corrono all’interno di tubi disposti in pannelli detti solari termici, orientati verso la massima radiazione, ottenendo temperature del fluido di 60 - 80 C°.
Questi pannelli sono provvisti di una superficie scura, a circolazione d’acqua o liquido antigelo, protetta da un vetro, che trattiene all’interno la radiazione trasformata in infrarossa, in modo da sommare all’effetto di massimo assorbimento della radiazione solare anche quello di minima dispersione del calore per effetto serra (come l’automobile al sole coi finestrini chiusi).
Essi permettono la produzione di abbondante acqua calda termo-sanitaria, ed anche, in alcune condizioni, di integrare sistemi di riscaldamento ambientale anche ad alta temperatura (70 – 80 C°, termosifoni); questi pannelli sono già molto diffusi ed hanno superato il primo stadio della produzione sperimentale, con produzioni già standardizzate di massa ed economie di scala in molte nazioni.
Il costo di questi panelli, tecnologicamente non complicati, è abbastanza limitato, ed il calore prodotto costa abbastanza poco, nell’ordine della metà dei costi di riferimento, ed il sistema si è affermato in tantissime situazioni, a partire dai paesi più vicini a noi quali Grecia, Spagna, Israele.
Il rendimento raggiunge anche punte massime dell’80%, ma essendo in genere fissi e non seguendo il moto del sole (anche perché oggi costa meno aggiungere un pannello piuttosto che motorizzarlo), il rendimento medio non supera il 40%, abbondantemente sufficiente a ripagare l’investimento in tre o poco più anni, a seconda del consumo.
2) ancora più semplicemente, l’uso di botti, meglio se nere o scure, esposte al sole, collegate direttamente sul circuito dell’acqua calda dell’edificio, fornisce già abbondante (a seconda della latitudine) acqua calda termosanitaria a 40 -50 C° e integra sistemi di riscaldamento ambientale a bassa temperatura (riscaldamento a pannelli radianti annegati nelle pareti e nei pavimenti); questo sistema, per l’acqua idro - termo - sanitaria, è praticato abbondantemente in varie zone del mondo. (sud Italia con vasche in cemento, Nord africa, Messico, ecc. con botti nere). Poiché il costo dell’energia di origine solare dipende solo dal costo degli impianti e questi impianti costano pochissimo, questo sistema fornisce calore quasi gratuito col vantaggio di essere quindi adatto ai paesi poveri dove risiede gran parte della popolazione mondiale.
Hanno un rendimento basso, ma sufficiente a soddisfare le esigenze umane con pochissima spesa.
3) con concentratori solari a specchio che permettono di portare a ebollizione l’acqua che scorre in un contenitore metallico posto nel punto in cui viene concentrata la radiazione, con produzione di vapore e quindi di energia elettrica tramite sistema di turbina a vapore unita ad un alternatore. Questo è il sistema più semplice e con maggior rendimento per convertire l’energia solare in energia elettrica, ma esso presenta svantaggi rispetto al sistema fotovoltaico consistenti nei cascami di calore che si producono nel ciclo, se non si provvede a impiegare una parte dell’energia prodotta per ricondensare il vapore. L’impianto comincia ad aver costi importanti anche di gestione e controllo (in genere richiede almeno di essere orientato) e quindi il costo dell’energia elettrica prodotta comincia ad allinearsi a quello di riferimento. Il sistema si presta comunque anche a impianti di piccola taglia, che se prodotti su larga scala potrebbero consentire la produzione “casalinga” di energia elettrica in maniera economica; e questi miniimpianti potrebbero essere associati a miniimpianti elettrolitici tali da permettere la produzione casalinga di idrogeno per autotrazione. Il tutto esiste già a livello sperimentale con applicazioni pratiche in piccola scala (anche monofamiliare).
4) con “torri solari”: consiste nel riscaldare fino a 70 – 80 C° aria in strutture simili a una serra o con specchi e poi convogliarla in torri – camino con pale di tipo eolico che generano corrente elettrica. Vicino a Mildura, presso Adelaide in Australia, è stata progettata la centrale Eviro Mission, consistente in una torre - camino alta 1 chilometro, che dovrebbe generare 650 GWh all’anno (potenza 200 MW); questo impianto replica, ingrandendolo 5 volte, la torre di 195 mt. di Manzanares, in Spagna, che ha sperimentalmente raggiunto per sette anni una potenza di 50 kW, con superficie a specchio riflettente circolare di 240 mt di diametro. Il costo di realizzazioni non “giganti” si presenta non elevatissimo, ma occorrono le verifiche pratiche sulle soluzioni proposte. Alla base della centrale di Mildura è previsto un collettore solare, una specie di fascia circolare trasparente estesa su di un’area di 25 mila acri. L’aria sotto al collettore viene riscaldata dal sole e fluisce su per il camino per processo di convezione (il fenomeno per cui l’aria calda tende a salire verso l’aria più fredda). L’aria nel camino, secondo i calcoli, accelera fino a una velocità di 70 chilometri orari, alimentando 32 turbine eoliche posizionate all’interno della torre che generano elettricità allo stesso modo di comuni “wind farm”. Posta in una zona a elevatissima insolazione, assicurerebbe produzione per 365 giorni all’anno, e, grazie ad accumulatori di calore solare diurno, può produrre elettricità ininterrottamente. Secondo i calcoli, la Solar Tower genererà 200 megawatt di elettricità, abbastanza da alimentare 200 mila abitazioni, con una riduzione annuale di gas serra nell’atmosfera pari a 830 mila tonnellate. I camini/torri solari recentemente sono diventati un interessantissimo ambito di ricerca: malgrado siano particolarmente impegnative da costruire, le torri solari “producono energia sostanzialmente gratis”, riferendosi ai costi di gestione; mentre permangono costi variabili per gli investimenti. Nonostante l’immensa portata simbolica del progetto australiano, la realizzazione di un progetto così mastodontico sta incontrando difficoltà di ordine finanziario ed i lavori previsti per il 2005 sono stati rimandati ed è in corso un’ulteriore revisione del progetto.
2.4.2. PER VIA DETTA FOTOVOLTAICA
L’energia solare può esser sfruttata per via fotovoltaica, basandosi sull’effetto fisico che la radiazione solare produce una differenza di potenziale elettrico tra due strati di materiali diversi appositamente predisposti (oggi silicio ed arseniuro di gallio). Si ottiene l’obiettivo importantissimo di produrre direttamente energia elettrica, senza passare attraverso la forma intermedia di energia termica trasferita all’acqua come vapore, evitando quindi perdite nei vari passaggi; il fotovoltaico produce zero effetto serra, se non per l’energia impiegata durante il processo di produzione e di installazione dei pannelli (i cui dati vanno verificati e non sono particolarmente accessibili), e come dicevamo intercetta a favore dell’uomo radiazione solare che comunque riscalderebbe la superficie terrestre, minimizzando quindi le variazioni rispetto all’equilibrio naturale.
Il sistema fotovoltaico su piccola scala costa ancora molto (l’energia prodotta costa, nel 2005, fino a dieci volte i costi di riferimento), ma, con l’aumentare della produzione di pannelli, si stima che i prezzi possano scendere avvicinandosi a quelli di riferimento anche per la piccola scala. Dal 1980 a oggi, i costi dei pannelli alla produzione sono già calati del 90%.
Uno studio della KPMG (2005) stima che la costruzione di un impianto da 500 megawatt, che costerebbe 700 milioni di dollari, porterebbe i prezzi all'ingrosso ai livelli dell'energia convenzionale, col prezzo del petrolio a 50 dollari per barile.
I costi sono elevati soprattutto perché attualmente i pannelli fotovoltaici offrono un rendimento abbastanza scarso, che solo recentemente è arrivato a superare il 20%, per cui occorre impegnare ampie superfici coperte da impianti per produrre quantità di energia relativamente piccole rispetto alla radiazione solare incidente, e con costi di investimento notevoli in proporzione all’energia prodotta. Poiché però, come dicevamo, lo spazio per installare pannelli solari è immenso, questo fatto interessa quasi solamente i costi di produzione, e, quando, tra non molto, diminuiranno ulteriormente i costi di produzione e si troveranno pannelli fotovoltaici più efficienti, il sistema fotovoltaico diventerà sicuramente la migliore forma di energia disponibile per il futuro dell’umanità soprattutto per la produzione di energia elettrica.
Agli attuali livelli invece lo scarso rendimento del fotovoltaico permette di considerare i sistemi a concentrazione di radiazione solare ancora molto competitivi, anche se presentano gli svantaggi di essere più complessi dal punto di vista impiantistico e di richiedere l’introduzione di una fase intermedia di produzione di vapore per produrre energia elettrica, con maggiori manutenzioni; però il rendimento dei sistemi a concentrazione ben progettati supera il 30% - 40%.
2.5. ENERGIA DA BIOMASSA SOLIDA - DA RIFIUTI AGRICOLI, INDUSTRIALI ED URBANI - DA IDROCARBURI DERIVATI
Per energia da biomassa si intende energia (direttamente termica, o elettrica mediante vapore e turbine) ottenuta dalla combustione diretta od indiretta di solidi, liquidi o gas di origine organica, soprattutto vegetale ma in qualche caso anche animale, prodotti attualmente, ed in genere non di origine fossile, se non in alcuni casi particolari: per esempio, comprendiamo in questa famiglia energetica anche i rifiuti urbani ed industriali, che non sempre hanno origine da biomasse (mentre legno, carta e cartone hanno origine vegetale, la plastica ha origine da idrocarburi fossili che erano biomasse tanto tempo fa).
2.5.1. – ENERGIA DA BIOMASSA
Per biomassa vera e propria si intende la risorsa di massa vegetale, cioè legno, foglie, residui agricoli ecc.
Nel 2002 è ammontata a 1.117 mtep – in percentuale viene stimata pari ad una percentuale variabile da 8% (ENEA) a 11% (IEA) dei consumi energetici mondiali 2002.
Le biomasse (legno ecc.) si formano grazie alla trasformazione in cellulosa di acqua ed anidride carbonica, ad opera della fotosintesi clorofilliana, immagazzinando sotto forma di energia chimica la radiazione solare, né più né meno come gli idrocarburi fossili.
Ma l’utilizzo delle biomasse può essere maggiormente in equilibrio con lo stato della superficie del pianeta.
Va chiarito un problema di fondo, consistente nel fatto che se le biomasse utilizzate sono quelle delle foreste, patrimonio naturale del pianeta, ed il loro sfruttamento realizza un impoverimento del manto vegetale, questa forma di energia realizza una ulteriore diminuzione degli stoccaggi di anidride carbonica, ed inoltre si libera più calore e vapore rispetto agli equilibri naturali, con svantaggi superiori a quelli dell’utilizzo degli idrocarburi fossili; se invece il prelievo da biomasse è realizzato con progettazione ecologica, quindi con aumento della massa vegetale media prima e dopo il prelievo (vuol dire intervenire con un prelievo limitato su foreste molto cresciute, o su piante a rapida crescita, ed estendendo le piantumazioni a zone prima non fertili), allora l’influenza dell’impiego delle biomasse per produrre energia può diventare positivo. Però è evidente che sotto queste condizioni la produzione non può essere particolarmente elevata rispetto alle attuali esigenze dell’umanità.
Si può effettuare una valutazione grossolana che se la fotosintesi è in grado di intercettare lo 0,02% della radiazione incidente, come risulta dalle stime più recenti, questo sia il prelievo massimo di equilibrio. Ma va anche valutato che, dopo l’attuale sfruttamento elevatissimo degli idrocarburi fossili, con sovraccarico atmosferico di CO2, vapore e calore, il ciclo fotosintetico deve essere rafforzato al massimo per riassorbire almeno una parte dell’anidride carbonica e del vapore in eccesso nell’atmosfera. Cioè, ricordando che la massa vegetale, terrestre e marina, è il principale meccanismo di riassorbimento e di riequilibrio della CO2 e del vapore, ed inoltre che essa diminuisce il riscaldamento diretto delle superfici da parte della radiazione solare sotto forma di calore, occorre che i futuri interventi siano indirizzati al massimo rafforzamento dello sviluppo vegetale, e ciò mal si concilia con l’uso massiccio delle biomasse per produrre energia: il miglior destino per le biomasse è quello di sequestrare anidride carbonica; per produrre energia elettrica il sistema fotovoltaico presenta notevolissimi vantaggi rispetto alle biomasse, le quali prima devono essere piantate, poi raccolte, poi bruciate o fermentate per produrre biogas, e poi ancora, se si vuole evitare ulteriori trasformazioni, fornire direttamente calore alle utenze vicine; mentre, se servisse produrre energia elettrica, occorre inserire nel ciclo una ulteriore fase di trasformazione energetica in vapore. Il ciclo diventa veramente complesso e carico di complicazioni e perdite, soprattutto se paragonato alla semplicità del sistema fotovoltaico. In particolare si è recentemente calcolato che per produrre l’equivalente dell’energia di un litro di petrolio, col granturco delle economie sviluppate, si impiega fino a un litro di petrolio (energeticamente è un dato assurdo, il mercato lo permette per il minore carico fiscale sulle biomasse); mentre, all’altro estremo, con la canna da zucchero il rapporto è molto più favorevole, con l’impiego di un litro di petrolio si produce energia paria a 8 volte (fonte: National Geographic)
Gli unici vantaggi che presenta l’impiego delle biomasse per produrre energia sono quelli che esso permette di prolungare la durata degli idrocarburi fossili, ed inoltre che si intercetta radiazione solare utilizzandola per l’uso umano prima che riscaldi la Terra; se viene fatta una gestione ecologica, si tratta di un’ottima fonte di energia, con vantaggi simili al sistema fotovoltaico, ma limitata rispetto ai livelli attuali e previsti di consumo.
2.5.2. – ENERGIA DA COMBUSTIONE DI RIFIUTI AGRICOLI, INDUSTRIALI ED URBANI
Anche i rifiuti, come le biomasse, possono essere utilizzati per combustione diretta e fornire acqua calda alle utenze più prossime, oppure produrre vapore e poi energia elettrica, o entrambi (cogenerazione).
Con la combustione diretta dei rifiuti, si provvede a recupero energetico permettendo quindi un minor utilizzo dei combustibili fossili, allungandone i tempi di durata. Dal punto di vista dei gas serra e del riscaldamento ambientale, non emergono differenze significative rispetto all’utilizzo degli idrocarburi fossili.
La combustione diretta dei rifiuti urbani presenta anche il vantaggio di impedire le fermentazioni tipiche delle discariche, con produzione di biogas a base metanica che, se selvaggia e incontrollata, immette notevoli quantità di metano (gas a alto effetto serra) nell’atmosfera; se invece la produzione di biogas in discarica è controllata e sfruttata, come nella generalità dei casi nelle discariche moderne, questa differenza non si verifica.
I rifiuti agricoli secchi possono essere utilizzati per produrre energia in centrali termiche come le biomasse, con le stesse problematiche (nel sud della Spagna nel 2005 sono stati avviati i lavori per due centrali che utilizzano scarti del cotone e del pomodoro, e dell’orticoltura).
Anche i rifiuti industriali combustibili possono essere utilizzati per produrre energia in centrali termiche, richiedendo però una particolare attenzione alla qualità delle emissioni che, se non opportunamente controllate, potrebbero arrecare gravi problemi di inquinamento atmosferico.
2.5.3. – ENERGIA DA IDROCARBURI DERIVATI DA BIOMASSE (OLI AGRICOLI, BIODIESEL, ETANOLO, E BIOGAS DA COMPOSTAGGIO, DA DEPURAZIONE ACQUE, DA DISCARICHE, DA DEIEZIONI ANIMALI, DA RIFIUTI AGRICOLI UMIDI)
Utilizzando biomasse e rifiuti organici si possono produrre idrocarburi (fluidi energetici intermedi) di vario tipo, sia allo stato gassoso, sia allo stato liquido.
a) Biogas
Se il rifiuto urbano è umido, la sua combustione produce meno energia perché una parte dell’energia termica liberata viene assorbita per far evaporata l’acqua contenuta. Pertanto un buon sistema per trattare rifiuti umidi organici anche urbani (possibilmente derivati da raccolte differenziate di qualità), ricavandone energia, è quello di sottoporli ad una fase di fermentazione senza ossigeno (anaerobica); allora il carbonio si lega all’idrogeno e produce biogas a base metanica (con processo identico a quello che ha prodotto il metano naturale). Il biogas deve poi alimentare una centrale termica per fornire acqua calda alle utenze più prossime o una centrale termoelettrica per produrre energia elettrica utilizzabile a più lunga distanza.
La produzione controllata di biogas da rifiuti organici umidi è efficace per l’utilizzo del rifiuto urbano organico o umido, dei fanghi di depurazione, dei rifiuti misti nelle discariche, delle deiezioni animali, della fermentazione di residui agricoli verdi o umidi. Contrasta l’effetto serra in quanto intercetta la produzione naturale di metano da fermentazione anaerobica delle sostanze organiche, producendo CO2 e vapore che producono minor effetto serra del metano.
b) Biocarburanti
Dalle biomasse si possono produrre carburanti liquidi per spremitura dei semi (olio di colza, di girasole, di arachidi ecc.), che però non sono molto adatti all’uso diretto nei motori, o per via sintetica e sofisticata, principalmente biodiesel (olio) ed etanolo (alcol).
Gli oli agricoli non sono adatti alla combustione diretta nei moderni motori diesel delle automobili, mentre grossi motori diesel poco compressi possono ben funzionare, ed in alcuni casi gli oli agricoli, ad esempio l’olio di colza, vengono impiegati direttamente, mentre in genere necessitano di trattamento ed integrazioni.
Il biodiesel è un carburante costituto da idrocarburi con composizione oleosa similare al gasolio per autotrazione, ricavato per via sintetica da biomasse e da rifiuti agricoli, in grado di sostituirsi al gasolio.
L’etanolo invece è un carburante ricavato sempre per via sintetica dalle biomasse, della famiglia degli alcool, e con caratteristiche di maggior infiammabilità e detonazione e richiede motori più simili a quelli a benzina. L’etanolo trova da tempo ampio impiego, come carburante per automobili, in Brasile ed in tutto il Sudamerica, ed al momento attuale sta conoscendo un forte sviluppo in tutto il mondo.
In relazione al riscaldamento globale l’utilizzo di carburanti di origine agricola ha gli stessi effetti positivi e negativi già analizzati al punto precedente riguardante le biomasse; una produzione ampia richiede la destinazione di vastissime superfici alla coltivazione delle specie vegetali più adatte (in genere canna da zucchero per l’etanolo); e il bilancio energetico della produzione non sempre è vantaggioso.
Naturalmente anche per questo tipo di energia resta sempre il problema della limitata quantità totale di energia che è possibile produrre rispetto al livello totale dei consumi.
2.6. ENERGIA DA TRASFORMAZIONE DELL’ENERGIA CINETICA DEI FLUIDI ATMO-SFERICI E OCEANICI – EOLICA, DA CORRENTI OCEANICHE, DA MOTO ONDOSO
Tutte queste energie presentano molti vantaggi nei confronti del riscaldamento globale: sono esenti da generazione di gas serra ed inoltre in genere non hanno mai bisogno di essere trasformate in energia termica per esser sfruttate, in quanto è possibile e vantaggioso convertire direttamente l’energia cinetica dei fluidi atmosferici in energia elettrica: hanno quindi un contributo zero sull’effetto serra, e la loro trasformazione in nobile energia elettrica è esente da cascami di vapore, con cascami di calore ridotti al minimo.
Mentre in generale anch’esse contribuiscono almeno in piccola parte al riscaldamento atmosferico perché alla fine, come comunque in tutte le forme di generazione di energia, l’energia prodotta degrada in calore immesso alla superficie del pianeta.
Si tratta principalmente dell’energia producibile con le correnti atmosferiche (energia eolica), con le correnti marine e sfruttando il moto ondoso.
2.6.1. ENERGIA EOLICA
L’energia del vento è ormai sfruttata per produrre direttamente energia elettrica con costi che sono paragonabili a quelli di riferimento. Infatti in pochi anni si è potuto procedere ad aggiustamenti e verifiche delle progettazioni degli aerogeneratori e ad avviare una produzione, se non ancora completamente standardizzata, sicuramente di massa, con conseguenti abbattimenti dei costi.
L’energia eolica viene sfruttata trasformandola direttamente in energia elettrica attraverso aerogeneratori, costituiti da grandi ventilatori a tre, due o una pala, installati su navicelle che contengono il generatore, a loro volta disposte all’opportuna altezza su pali o tralicci; l’ottimizzazione ha portato a standardizzare i parchi eolici (Wind – farm) affiancando numerosi aerogeneratori alti tra i 50 ed i 60 mt, fino ad oltre 100 mt, con potenza attualmente da 1 a 3 MW cadauno, per cui un parco può agevolmente arrivare e superare potenze di anche oltre 100 – 200 MW, da un decimo ad un quinto di una centrale termoelettrica, a seconda del numero degli aerogeneratori e del terreno disponibile.
Le caratteristiche richieste perché attualmente sia conveniente installare parchi eolici sono principalmente che il vento possieda una velocità media annua di 6-7 mt. al secondo, con coefficiente di rugosità del terreno possibilmente molto basso, perché in questo modo il vento scorre alla quota delle pale con continuità e senza vortici, ottimizzando quindi il carico di energia cinetica sulle stesse pale. Di conseguenza non ci devono essere grandi alberi o rocce nelle vicinanze, e per quanto riguarda gli alberi, si tratta di uno svantaggio ecologico perché il parco eolico costringe a diminuire il grado di copertura vegetale della zona interessata. Una buona destinazione delle zone dei parchi eolici è il pascolo. Si possono comunque inserire piantumazioni di bassa altezza ma con grande massa vegetale e basso indice di rugosità.
Il costo attuale della produzione di energia elettroeolica è pari a 4 - 9 centesimi € per kW, a fronte dei 3 - 4 di un impianto a gas, e dei 5 - 9 di un impianto a carbone (in questo caso incide molto l’abbattimento dello zolfo).
Un grande problema, soprattutto se i parchi eolici sono vicini alle rotte migratorie degli uccelli, è costituito dal fatto che le pale ruotanti non sono percepite dagli uccelli e sono frequenti le uccisioni di questi animali, tant’è che in alcune zone dove vivono specie protette (recentemente in Australia per la specie australiana di aquila), si è rinunciato a realizzare parchi eolici proprio per questa ragione.
Un ulteriore problema è che la produzione elettroeolica è per sue caratteristiche intrinseche discontinua, almeno finché non si troveranno sistemi per immagazzinare l’energia elettrica prodotta nelle giornate di vento. Ciò attualmente richiede la possibilità di intervento di impianti ausiliari che consumeranno meno combustibile ma con maggiore incidenza dei costi di ammortamento (questo non succede con il solare nelle zone soleggiate e con le correnti marine, ben caratterizzate per velocità e stagionalità).
Il problema più grande è invece costituito dall’impatto paesaggistico. Soprattutto fino a quando non diventerà frequente ed abituale la visione degli aerogeneratori, il proporre questo tipo di macchine, certamente ad alto impatto visivo, trova forte opposizione nelle popolazioni interessate, soprattutto in ambienti con pregi paesistici, frequenti in Italia nelle zone più ventose. E’ chiaro che praticamente nessuna opposizione si dovrebbe creare qualora gli aerogeneratori venissero installati in zone disabitate.
I parchi eolici impongono anche l’occupazione di fette di territorio abbastanza ampie; peraltro il suolo è utilizzabile contemporaneamente per agricoltura o pascolo.
Si tratta di una delle migliori forme di energia nei confronti del riscaldamento globale: non provoca riscaldamento diretto, non provoca gas serra.
Se ne prevede l’utilizzo anche con installazione sui grattacieli, per alimentare i consumi interni: sulla Freedom Tower, da costruire a New York al posto del World Trade Center, a suo tempo distrutto, il progetto prevede sul tetto trenta aerogeneratori da 5 MW cadauno; a Singapore su alcuni grattacieli sono già in funzione numerosi aerogeneratori a pala corta, di minore potenza. I problemi di vibrazioni e pericolo di distacco delle pale in città sembrano attualmente porre seri limiti all’utilizzo di macchine molto grandi sui grattacieli.
Le aree adatte, con velocità del vento superiore a 6 - 7 mt/sec, sono circa il 13 % delle terre emerse, e molte di più se si pensa che, ad esempio, si può pensare a Wind farms galleggianti sugli oceani, ed anche a recupero e riutilizzo delle piattaforme petrolifere marine, ad esempio di quelle del Mare del Nord, una volta esauriti i relativi giacimenti di idrocarburi fossili.
Il totale economicamente producibile nel mondo è calcolato di potenza pari a 72 TW, ampliamente sufficiente a soddisfare la domanda mondiale attuale e futura, corrispondente a 36.000 centrali nucleari da 2.000MW, mentre la potenza installata alla fine del 2004 risulta pari a 47GW (equivalente a 24 centrali nucleari da 2.000MW), meno dell’1% del totale della potenza installata per soddisfare i consumi energetici mondiali. L’Europa in questo settore è stranamente in grande vantaggio e produce i tre quarti di tutta l’energia eolica mondiale. Infatti gli USA si sono attardati nello sfruttamento esasperato degli idrocarburi fossili. Danimarca, Spagna e Germania hanno produzioni ragguardevoli, e la Spagna in particolare ha sviluppato rapidissimamente un settore industriale di produzione di aerogeneratori oggi quarto nel mondo, con alti livelli di occupazione di lavoratori. I progetti di USA e Canada sono però notevoli già per il breve periodo. Secondo i dati diffusi dal Dipartimento americano dell'Energia, negli Stati Uniti d’America tre soli Stati - Nord Dakota, Sud Dakota e Texas – dispongono di risorse eoliche sufficienti a sostenere l'intero fabbisogno federale di energia elettrica. E risulta lo stesso per i possibili impianti offshore in Europa. La Cina ha così tanta energia eolica a disposizione che, se volesse, potrebbe raddoppiare rapidamente l’intera sua produzione di elettricità; la stima più attuale del potenziale elettroeolico cinese ammonta a 750GW (375 centrali nucleari). L’India sta progredendo velocissimamente e promette di diventare in brevissimo tempo il primo paese produttore di energia elettroeolica. (è quinto per capacità installata ma terzo per velocità di crescita di installazione e dispone di abbondanti venti favorevoli (tra cui i famosi monsoni!).
Il totale teorico calcolato dell’energia eolica producibile ammonta a 630 EJ/anno (400 è il totale dei consumi mondiali attuali)
2.6.2. ENERGIA DA CORRENTI MARINE.
Le differenze di temperatura tra diversi bacini sottoposti a radiazione solare provocano il movimento di ingenti masse d’acqua (es. Corrente del golfo, corrente del Labrador) Soprattutto negli stretti marini ed in tutte le situazioni dove si generano correnti di una certa intensità (anche di marea, che valuteremo più avanti, e alla foce dei grandi fiumi), è possibile disporre eliche/turbine sottomarine di adeguate dimensioni collegate ad alternatori in grado di produrre quantità di elettricità anche grandi, in proporzione alle quantità d’acqua in movimento. Vedremo più avanti in modo ampio la possibilità di produrre energia da maree. Le principali installazioni esistenti riguardano correnti di marea, che raggiungono velocità maggiori.
Sulla produzione di energia dalle grandi correnti termiche oceaniche non sono disponibili dati neppure sperimentali, anche se trattandosi di spostamento di grandi masse d’acqua, ancorché abbastanza lento, la possibilità di estrarne energia è sicuramente elevata.
2.6.3. ENERGIA DA MOTO ONDOSO.
L’energia da onde è, come intuibile, disponibile in grande quantità a seconda delle zone del pianeta. Stime valutano in 2.000 TWh/anno la quantità di energia producibile in modo facilmente accessibile.
Sono stati sperimentati dispositivi di vario genere, che elenchiamo qui di seguito (IAC.CNR):
- Dispositivi a sacca flessibile: l’onda comprime un sacco galleggiante elastico fissato ad una boa; l’aria compressa sfugge attraverso un condotto con turbina e con valvola monodirezionale di sola uscita; passata l’onda la sacca si distende aspirando l’aria attraverso una valvola monodirezionale di sola entrata.
- Dispositivi a canale ristretto: replicando analoghi fenomeni naturali costieri, una vasca – serbatoio, lungo la costa, posta a livello più elevato di quello del mare, viene riempita dalle onde. La vasca si svuota attraverso un canale provvisto di turbina che la ricongiunge al mare.
- Dispositivi a colonna d’acqua oscillante: per effetto del moto ondoso, l’acqua sale e scende in un tubo verticale, espellendo e aspirando aria dall’alto; quest’aspirazione ed espulsione può azionare turbine; oppure, ancora più semplice ma con meccanismi complicati, un galleggiante viene spinto su e giù alla superficie della colonna d’acqua e con un’asta muove un generatore di corrente.
- Dispositivi a galleggiante in moto verticale: Occorre ancorare un galleggiante al fondo, oppure, se lontano dalla costa, a una grossa piastra sospesa in acqua, che resta stabile opponendosi al movimento per effetto dell’inerzia data dalla massa e per resistenza idraulica esercitata dall’acqua sopra e sotto la piastra; la fune di ancoraggio, estensibile, passa attraverso un sistema di ingranaggi in grado di far girare un generatore di corrente, sia quando si estende, sia quando si accorcia
- Dispositivi a galleggiante in moto inclinato: sono state sperimentate grosse zattere e boe che si inclinano in un senso sul fronte dell’onda, e nell’altro senso quando la cresta è passata e si trovano sul dorso dell’onda. Questo movimento oscillante può essere sfruttato per azionare un generatore, attraverso pistoni che comprimono fluidi collegati a turbine e generatori, o attraverso ingranaggi collegati direttamente a generatori, o attraverso l’estensione e l’accorciamento delle funi di ancoraggio collegate a ingranaggi e generatori.
- Dispositivi oscillanti: le anatre oscillanti consistono in galleggianti verticali ancorati con un braccio orizzontale davanti ad un punto fisso; quando l’onda li alza, essi oscillano verso l’alto ruotando attorno al punto fisso, azionando ingranaggi collegati ad un generatore.
2.6.4. ENERGIA DA FONTI MINORI DI ENERGIA CINETICA DEI FLUIDI ATMOSFERICI E OCEANICI
Per esigenze di spazio l’argomento non viene considerato in questa trattazione anche se i generatori a vento individuali possono risolvere molti problemi nel futuro. E’ possibile pensare che in determinate zone addirittura regolamenti edilizi impongano di installare generatori a vento.
2.7. ENERGIA DA DIFFERENZE DI TEMPERATURA – POMPE DI CALORE
Questo tipo di energia è a tecnologia complessa e sfrutta in genere effetti analoghi a quello del ciclo frigorifero, in cui si raffredda un volume d’aria confinato all’interno del frigorifero, portando un apposito liquido refrigerante all’evaporazione per espansione, nella zona a contatto dell’interno del frigorifero, sottraendo a questo ambiente interno il calore richiesto dall’evaporazione, mentre si riscalda l’ambiente esterno (la serpentina esterna del frigorifero scotta), comprimendo il liquido refrigerante nella zona a contatto dell’esterno e cedendo quindi all’ambiente esterno il calore prodotto dalla condensazione per compressione, tramite la serpentina esterna.
2.7.1. ENERGIA DA DIFFERENZE DI TEMPERATURA DEL SUOLO.
Già impiegate massicciamente, per esempio in Svizzera dove esistono oltre 2000 impianti, le pompe di calore impropriamente dette a sonda geotermica, sfruttano la differenza di calore tra il terreno superficiale ed il terreno profondo, a quote intorno ai 100 mt., che d’inverno conserva parte del calore estivo e d’estate conserva parte del fresco invernale. Non si sentono effetti geotermici a così piccole profondità, o, per essere più precisi, l’effetto di volano termico del suolo profondo a 100 mt prevale, così che i tre gradi teorici di aumento da gradiente geotermico, d’inverno, in cui il suolo superficiale è molto più freddo del suolo profondo, si aggiungono alla differenza stagionale, mentre d’estate si sottraggono.
D’inverno, questo consente, con effetto simile a quello del frigorifero (impiegando una macchina termica che si chiama pompa di calore proprio perché è in grado di estrarre calore da una sorgente più calda quale il terreno profondo, e che si basa sostanzialmente su un piccolo compressore) di estrarre calore dal suolo profondo, facendolo raffreddare, e cedendo questo calore all’acqua (o all’aria) del circuito di riscaldamento di un edifico, facendola riscaldare a bassa temperatura (40 – 50 C°), il che è sufficiente a riscaldare ambienti con sistemi di riscaldamento a pannelli radianti.
D’estate, analogamente, si cede calore al suolo profondo, più fresco, riscaldandolo, e si raffresca l’acqua che circola nel circuito della pompa di calore potendo successivamente raffrescare locali di abitazione.
Per realizzare questo occorre abbinare la pompa di calore ad un circuito di acqua nel suolo profondo ed al circuito dell’acqua calda o fresca dell’edificio.
Le pompe di calore per riscaldare gli edifici esistono sul mercato dagli anni 50, proprio come televisori, lavatrici e altri apparecchi domestici di uso comune; si tratta dunque di una tecnica affidabile ed ampiamente collaudata. Queste macchine hanno il grande vantaggio di fornire più energia (sotto forma di calore) di quella che gliene occorre per funzionare, quando è possibile estrarre calore da un mezzo esterno più caldo e che possegga grande inerzia termica in modo che non si raffreddi facilmente, vanificando in questo caso la differenza di temperatura che serve a far funzionare la macchina termica (quale l’acqua di un lago più calda dell’ambiente o, per l’appunto, il suolo profondo in inverno).
Un impianto che funziona con una sonda geotermica è composto da 3 elementi:
- la sonda geotermica inserita in profondità per scambiare calore con il terreno;
- la pompa di calore installata all'interno dell'edificio;
- il sistema di distribuzione del calore "a bassa temperatura" all'interno dell'ambiente (impianti a pavimento, pannelli radianti, bocchette di ventilazione, ecc…).
Lo scambio di calore con il terreno avviene tramite la sonda geotermica di captazione del calore del terreno profondo, installata in profondità con una perforazione del diametro di pochi centimetri, profonda da 50 a 150 metri. La sonda è costituita da una coppia di tubi in polietilene uniti a formare un circuito chiuso (un tubo di "mandata" e uno di "ritorno") all'interno dei quali circola acqua con antigelo.
L’acqua fredda, circolando in profondità attraverso le sonde, torna in superficie a temperatura maggiore, dopo aver sottratto energia termica al terreno perché è stata a contatto col terreno profondo più caldo. Nella pompa di calore viene portata a contatto con il liquido refrigerante provocandone l’evaporazione.
Il liquido refrigerante evapora ed assorbe il calore dall’acqua raffreddandola; essa ritorna a contatto del terreno profondo più caldo riscaldandosi di nuovo per un nuovo ciclo.
Il fluido refrigerante evaporato viene compresso e riscaldato dal compressore, azionato da un motorino elettrico e condensa per raffreddamento a contatto con l’acqua fredda del circuito dell’edificio, cedendo ad essa calore che può essere utilizzato per il riscaldamento degli ambienti o per la produzione di acqua sanitaria.
Lo stesso identico sistema, con opportuni accorgimenti impiantistici, può provvedere anche al condizionamento estivo: in questo caso il ciclo viene invertito ed il sistema cede al terreno il calore estratto dall'ambiente interno, raffrescandolo. Con le pompe di calore si ha quindi il vantaggio di sfruttare una sola macchina, che grazie ad una valvola diventa reversibile poiché presenta la possibilità di invertire le funzioni dell'evaporatore e del condensatore, fornendo così aria fredda in estate e aria calda in inverno. L'inversione tra i due sistemi, riscaldamento e raffrescamento, può avvenire o con un'inversione sul ciclo o con un'inversione sull'impianto. La tecnica di prelevare calore con una sonda geotermica è altamente affidabile e fa ormai parte dei modi convenzionali di riscaldamento, ben conosciuta e sfruttata in tutto il Nord Europa e negli Stati Uniti.
A titolo di esempio, una pompa di calore collegata ad una sonda geotermica inserita a circa 100 m di profondità estrae dal suolo una potenza geotermica sufficiente per riscaldare un'abitazione unifamiliare standard. Infatti in genere è possibile, con un compressore da 1 kW elettrico, ottenere almeno 4 kW termici estraendoli dal sottosuolo.
Gli impianti a sonda geotermica sono ovviamente ottimali nei confronti della produzione di gas – serra, in particolare se ad essi si abbina un sistema a pannelli fotovoltaici, i quali, producendo direttamente energia elettrica, possono agevolmente coprire il fabbisogno energetico necessario, rendendo l'abitazione praticamente autonoma (riscaldare ed illuminare a costo e consumo zero).
2.7.2. ENERGIA DA DIFFERENZE DI TEMPERATURA NEGLI OCEANI
Anche negli oceani si può sfruttare la differenza di temperatura tra la superficie calda dell’acqua e le profondità più fredde, azionando una macchina termica costituita da un circuito in cui circola un liquido (es. ammoniaca), che evapora a contatto con l’acqua superficiale a temperatura più alta e si condensa a contatto con l’acqua proveniente dalla profondità a temperatura più fredda. In questo caso si vuole produrre energia elettrica per poterla trasportare a distanza a terra, e per fare questo, in fase di espansione per evaporazione il liquido refrigerante del circuito, divenuto gas in pressione, aziona una turbina collegata ad un generatore elettrico.
Il rendimento è basso: è proporzionale alle differenze di temperatura disponibili, e quindi è massimo nelle zone tropicali dove la temperatura superficiale è 28 - 30 C° e a 1.000 mt. di profondità è di 6 – 8 C°; ma anche con una differenza di temperatura di 22 C° il rendimento non supera il 3%. E quindi i costi di impianto sono difficilmente ammortizzabili.
La quantità di acqua richiesta è enorme e gli impianti sono quindi molto grossi e costosi, tenuto conto che, come tutte le macchine termiche, il rendimento varia molto con la differenza di temperatura, e quindi è bene operare prelevando l’acqua più fredda almeno a 1.000 mt. di profondità; oggi queste macchine termiche possono essere convenienti nella versione che sfrutta come liquido evaporante l’acqua di mare portata ad ebollizione con caldaia ausiliaria, in quanto questa, ricondensando a contatto con la temperatura più fredda dell’acqua profonda, produce grandi quantità di sale da un lato, e dall’altro notevoli quantità di acqua dissalata, che può essere preziosissima in zone desertiche.
Al largo delle isole Hawaii da tempo opera il Sistema OTEC, sperimentato per differenze di temperatura superiori a 22 C°, che è in grado di muovere una turbina con generatore di energia elettrica per azione del gas evaporato.
2.8. ENERGIA IDRAULICA ED IDROELETTRICA
L’energia idraulica è l’energia potenziale contenuta nelle acque piovane che si raccolgono sulla superficie del pianeta per il fatto che cadono a quote superiori al livello del mare.
Essa è generata dalla radiazione solare che fa evaporare l’acqua degli oceani sotto forma di vapore: il vapore si diffonde fino ad alta quota nell’atmosfera per effetto osmotico, e una parte di vapore si condensa sotto forma di precipitazioni atmosferiche, quando le masse d’aria sature di vapore si raffreddano salendo verso le zone atmosferiche più fredde o venendo a contatto con masse d’aria più fredde in movimento.
Se le precipitazioni avvengono su zone di terreno poste a quote elevate, l’acqua sul suolo mantiene una energia potenziale proporzionale alla sua massa ed all’altezza della quota alla quale viene intercettata ed utilizzata, con possibilità di sfruttamento sul salto di quota disponibile tra il punto in cui si preleva l’acqua ed il punto in cui si può posizionare l’impianto di utilizzazione.
Questa energia potenziale, tendendo l’acqua sul suolo a raggiungere il mare per la forza di gravità, quando l’acqua scende di quota, si trasforma in energia cinetica (del movimento delle masse). L’energia cinetica dei cosi d’acqua può essere trasformata direttamente in energia meccanica tramite mulini e ingranaggi, come si faceva all’inizio dell’era industriale per azionare i telai della nascente industria tessile, mentre oggi agisce su pale collegate a generatori di elettricità, trasformandosi in energia elettrica (vettore energetico), più comoda da trasportare e vendere agli utilizzatori situati lontani dai corsi d’acqua.
Ancora più efficienti e continue e diffuse sono la raccolta dell’acqua in bacini posti ad alta quota e la massimizzazione della produzione di energia elettrica con la conduzione dell’acqua dei bacini, tramite gallerie o tubazioni, fino ad un impianto disposto a quote molto inferiori rispetto al bacino, con sfruttamento di una maggiore quantità di energia potenziale dell’acqua.
In teoria l’acqua, caduta su zone elevate, può produrre energia per salti dalle alte quote fino al livello del mare; in pratica la costruzione di dighe è conveniente soprattutto nelle gole montane, dove con uno sbarramento limitato si riesce a raccogliere in bacini grandi quantità di acqua, e con tubazioni non molto lunghe si può portare l’acqua raccolta nei bacini a quote notevolmente più basse, dove si localizzano le centrali, sfruttando salti di quota notevoli, con un costo di investimento relativamente basso. Nelle zone a più bassa quota, si impiega la produzione a piede delle dighe, sfruttando la pressione dell’altezza dell’acqua nel bacino.
Le centrali di produzione di energia idroelettrica sono provviste di turbine mosse dal getto d’acqua in pressione, collegate a generatori di corrente, tramite ugelli che indirizzano il potente getto dell’acqua in pressione contro le palette della turbina.
La quota dell’energia idroelettrica vale circa il 20% medio dell’energia elettrica mondiale ed il 6% della domanda totale di energia (circa come l’energia elettronucleare); il totale di potenza installata è riportato dalle fonti pari a 750 GW, e la quantità di energia prodotta è di 2.600 TWh - 223,7 mtep 2002 (IEA); il totale economicamente sfruttabile è valutato in 16.000 TWh/anno, corrispondenti a 60 EJ, il 15% di tutti i consumi energetici attuali, che, come già detto, valgono 400 EJ.
L’energia idraulica non sempre è classificata tra le energie alternative perché è impiegata ampiamente da tempo nel mix energetico della civiltà industriale, di cui in verità è stata la prima fonte energetica ampiamente disponibile, anche prima dell’impiego di massa del petrolio. E’ totalmente rinnovabile perché sfrutta l’energia potenziale acquisita dall’acqua evaporata che sale ad alta quota nell’atmosfera; presenta ampi margini di aumento, ma non più ampissimi, sia perché le risorse idroelettriche più accessibili (bacini montani e grandi fiumi) sono già state abbondantemente sfruttate e sia perché nuove opere per la realizzazione di bacini artificiali richiedono ormai, nell’attuale situazione di elevato sviluppo antropico, spostamento di attività umane, che sono naturalmente concentrate vicino ai fondi delle valli ed ai corsi d’acqua, in quantità eccessivamente costosa.
L’energia idroelettrica è un’energia di altissima qualità ambientale, in quanto non produce cascami intermedi di calore né gas – serra. Modifica artificialmente la situazione delle valli montane, ma non impoverendole, bensì arricchendole in genere di acqua; può compromettere la stabilità dei versanti montani e richiede le dovute cautele ed attenzioni sotto questo aspetto. E’ disponibile ovunque vi sia un salto d’acqua, anche limitato a pochi metri; e produce energia anche su impianti ad acqua fluente (mulini elettrici ad acqua).
In teoria, anche l’acqua piovana raccolta dai tetti e dalle pareti di un edificio alto può essere in grado di produrre sensibili quantità di energia elettrica per conversione con microturbine lungo i canali verticali di raccolta ed al piede dei grattacieli stessi (ovviamente l’economicità degli impianti va verificata in climi in cui piova frequentemente).
Un’altra idea, relativamente utopistica, ma già studiata dal punto di vista ingegneristico nel caso del Mar Morto, consiste nel produrre grandi quantità di energia sfruttando il salto idraulico tra il livello del mare aperto e le principali depressioni della terra, collegando queste ultime al mare con tubazioni o canali. Le depressioni più evidenti, conosciute ed accessibili sono quelle lungo la faglia africana, ed in particolare la depressione del Mar Morto in Palestina, facilmente collegabile al Mare Mediterraneo o al Mar Rosso, poco estesa come superficie ma molto profonda, con un livello a – 395 mt (il progetto è già stato sviluppato dal governo israeliano), e soprattutto, per la sua estensione, la depressione etiopica della Dancalia, facilmente collegabile alla zona dell’oceano indiano conosciuta come mare Arabico, molto estesa e con una quota minima di – 159 mt. sotto il livello del mare. In questa situazione di riempimento della depressione dancalica al mare Arabico, si tratterebbe di anticipare di qualche centinaia di migliaia di anni l’effetto del processo geologico inesorabile che sta portando al distacco del Corno d’Africa dal continente con invasione delle acque da parte dell’oceano indiano proprio della depressione Dancalica che già ora è formata dal distacco della placca del Corno d’Africa, con lo stesso processo che ha portato al distacco del Madagascar centinaia di migliaia di anni fa. Si potrebbe già ora formare un canale artificiale, di realizzazione non particolarmente impegnativa, che colleghi il mare arabico alla depressione dancalica e che permetterebbe di produrre grandi quantità di energia sfruttando la differenza di quota. Si potrebbe poi regolare il flusso dell’acqua creando un vastissimo bacino artificiale in grado anche di mitigare il clima della regione, di aumentare le precipitazioni, e finanche di permettere allevamenti di animali marini, prevedendo zone a fondo piano a bassa profondità (saline) destinate all’estrazione di sale in modo da evitare un’eccessiva concentrazione dei sali nell’acqua del bacino chiuso; o altrimenti, se invece si volesse solo produrre energia, il bacino dancalico diverrebbe sempre più ricco di sale, e questo sarebbe l’unico limite alla produzione di energia nel bacino chiuso artificiale, consistente nel riempimento della depressione col sale evaporitico, in un periodo di qualche centinaio di anni. Un processo simile era avvenuto per via naturale alcuni milioni di anni fa nel mare Mediterraneo quando, diminuendo il livello dell’oceano a causa delle glaciazioni, si chiuse lo stretto di Gibilterra e si depositarono estesi strati di evaporiti sull’attuale fondo del Mediterraneo, spessi oltre 500mt.
2.9. ENERGIA GRAVITAZIONALE DI MAREA
Globalmente, il World Energy Council stima che il totale potenziale energetico dell’energia da maree nei mari bassi e lungo le linee di costa sia pari a 79 EJ/anno, il che rappresenta il 20% della domanda energetica mondiale totale attuale ed il 15% di quella prevedibile tra vent’anni. Dal 2025 si può stimare che del totale potenziale possa essere sviluppate per almeno 1/3 soddisfacendo il 5% della domanda mondiale di energia futura.
E’ questa l’unica energia, oltre a quella naturale geotermica, che non è generata dalla radiazione solare in quanto le maree consistono in un sollevamento della superficie marina generata dall’attrazione delle masse d’acqua terrestri da parte della gravitazione della massa della luna (e in minor parte della massa del sole)
Negli stretti marini, nei canali, nei golfi, nelle baie, vicino alle coste, alle foci dei fiumi, e maggiormente alle medie latitudini dove l’escursione di marea può superare i 15 mt. di altezza, le maree, per effetto della conformazione delle coste, generano forti e anche fortissime correnti orizzontali di marea, che si invertono ogni sei ore ed un quarto (la luna impiega 25 ore per la rotazione intorno alla terra). In alcuni stretti del Nord America si sono registrate velocità delle correnti di marea pari a 27 km/ora.
Intercettare tali correnti è abbastanza facile e quindi anche produrre energia elettrica direttamente con eliche e turbine sottomarine di adeguate dimensioni, collegate a generatori di corrente.
Le esperienze finora fatte (già dal 1966), sbarrando gli estuari, provocano ingenti danni ecologici agli ecosistemi che proprio agli estuari presentano forme di biodiversità estremamente ricche (Severn in Inghilterra, La Roche in Francia); i danni ecologici di queste esperienze hanno portato all’abbandono del modello a sbarramento di estuario e tutti gli attuali progetti sono basati su turbine ed eliche immerse, analoghe a quelle eoliche, che sono azionate dalla corrente ma senza sbarramenti.
Vicino a noi verifichiamo fenomeni importanti di correnti di marea nello Stretto di Messina, dove al confine tra il mar Ionio ed il mare Tirreno, tra Sicilia e Calabria, le antiche Scilla e Cariddi (zone di gorghi periodici provocati dalle differenze di livello dei due mari a causa della marea), un tempo attendevano i viaggiatori per farli naufragare prendendoli nelle loro fauci, ed oggi sono destinate a diventare benefiche produttrici di elettricità. Nello stretto sono già in produzione alcune turbine sperimentali.
Sul fondale dell’East River tra Manhattan e Long Island sono già attive sei turbine sottomarine azionate dalle correnti di marea nello stretto, per una potenza totale di 10 MW, e per un progetto definitivo di almeno 200 turbine.
Negli stretti delle Isole Filippine, dove le correnti di marea sono particolarmente intense, sono in corso di sviluppo impianti per 1.100 MW e per un totale futuro di 25.000 MW.
Altre zone in cui i flussi di correnti di marea sono particolarmente accentuati e favorevoli alla produzione di energia sono l’Indonesia, l’Alaska (soprattutto le Isole Aleutine), il Giappone, l’Argentina, la British Columbia, la Britannia e la Nuova Zelanda.
Come per gli uccelli negli aerogeneratori, con le turbine sottomarine si crea un serio pericolo per la fauna marina; per evitare questo le turbine che stanno per essere installate sotto il Golden Gate bridge a San Francisco saranno schermate.
CAPITOLO TERZO
LE CAUSE DEL RISCALDAMENTO GLOBALE
E’ conseguente alle analisi del capitolo primo che il RISCALDAMENTO GLOBALE della superficie del pianeta è dovuto all’IMPATTO ANTROPICO, ed in particolare:
1) all’incremento dell’EFFETTO SERRA a causa dell’immissione di gas – serra nell’atmosfera da parte dell’attività antropica, e principalmente dell’anidride carbonica prodotta chimicamente dalla combustione degli idrocarburi fossili, nonché dalle emissioni di cascami di calore derivanti da acque di generazione elettrica e di raffreddamento.
2) all’immissione diretta nell’atmosfera di calore (contenuto nel vapore, nei gas caldi e nelle acque calde) prodotto nei processi di trasformazione in energia termica di energia chimica (da combustione degli idrocarburi fossili), nucleare (da reazione di fissione dell’uranio) e cinetica (idraulica, marina, eolica, ecc), accumulate o disponibili.
3) al maggior assorbimento della radiazione solare sotto forma di calore per diminuzione dei suoli ricoperti da manto vegetale ed espansione dei suoli lastricati o costruiti.
4) sono in atto poi meccanismi di retroazione che sono in grado di amplificare (o, più raramente, di contenere) il riscaldamento globale. Essi consistono soprattutto A) nella diminuzione della riflessione della radiazione solare, con maggior assorbimento e riscaldamento del pianeta per diminuzione dell’albedo a causa della diminuzione delle superfici ghiacciate e dei manti nevosi continentali invernali, a sua volta causata dal riscaldamento globale, e B) nell’aumento della stessa riflessione della radiazione con rallentamento dell’assorbimento e minore riscaldamento del pianeta per formazione di maggiori coperture nuvolose. Il primo, effetto di retroazione positiva e quindi ulteriormente dannoso, è in atto ed è evidente; il secondo, di retroazione negativa e quindi benefico, invece è solo ipotizzato e non verificato.
A seguito approfondiamo questi aspetti.
3.1. AUMENTO DELL’EFFETTO SERRA A CAUSA DELL’IMMISSIONE DI GAS – SERRA NELL’ATMOSFERA DA PARTE DELL’ATTIVITÀ ANTROPICA
L’alterazione chimica dell’atmosfera è causata soprattutto dal rapidissimo impiego, da parte della società umana industrializzata, dei combustibili da idrocarburi fossili. La loro combustione provoca l’immissione di grandi quantità di CO2 nell’atmosfera attraverso reazioni chimiche di cui la più semplice ed esemplificativa è quella della combustione del metano puro CH4, rappresentata dalla formula chimica: 1 C H4 + 1 O2 = 2 H2 O + 1 C O2, e cioè: 1 molecola di metano CH4, combinata nella combustione con una molecola di ossigeno O2, produce 2 molecole d’acqua H2O (sotto forma di vapore, anch’esso potente gas serra) e una molecola di anidride carbonica CO2. Il metano si era formato nelle ere geologiche (in tempi dell’ordine di cento milioni di anni) dal legame di una molecola di carbonio C con 4 atomi di idrogeno H tramite fermentazione anaerobica (cioè senz’aria né ossigeno), e senza assorbimento di energia, di molecole vegetali, a base cellulosica con carbonio, idrogeno ed ossigeno, i cui legami si erano creati a loro volta grazie alla fotosintesi clorofilliana. La fotosintesi ha cioè trasformato in energia chimica l’energia solare (ciò avviene continuamente, per esempio, col legno, che è esattamente un magazzino di energia chimica direttamente e continuamente prodotta dall’energia solare tramite la fotosintesi clorofilliana).
Gli idrocarburi fossili si possono quindi considerare sotto un duplice aspetto: da una parte come un gigantesco immagazzinamento di energia solare per via chimica naturale, avvenuto lungo ere geologiche, e che ha contribuito, assorbendo direttamente energia solare, ad ottenere una stabilizzazione delle temperature della superficie della Terra ad un livello di qualche grado inferiore a quello che si avrebbe senza questo immagazzinamento; dall’altra parte, costituiscono un gigantesco magazzino di CO2, gas serra tolto dall’atmosfera, e anche per questa via il deposito degli idrocarburi fossili ha contribuito alla mitigazione del clima del pianeta.
Ora l’uomo, in poco più di cinquant’anni, sta reimmettendo nell’atmosfera quasi tutta l’energia termica di origine solare immagazzinata nei depositi di idrocarburi fossili sotto forma di energia chimica nelle ere geologiche, e insieme anche quasi tutta l’anidride carbonica a sua volta sequestrata in quegli idrocarburi, unitamente a grandi quantità di vapore acqueo, con duplice effetto di riscaldamento della temperatura della superficie della terra per immissione diretta di energia termica e per aumento dell’effetto serra; di fronte alla velocità della variazione in corso, l’aumento del metabolismo vegetale dovuto alla maggiore presenza di anidride carbonica nell’atmosfera e negli oceani non ha alcuna possibilità di contrastare gli effetti negativi che si stanno riscontrando.
E’ chiarissimo quindi che, se l’uomo non assolverà il compito (che appare proibitivo vista l’attuale situazione di eccesso demografico), di contenimento dell’eccesso dei consumi energetici, e soprattutto di contenimento della rapacità e dell’egoismo, con scarsa sensibilità ed impegno, finora dimostrati dalle classi dirigenti che detengono il potere, il nostro pianeta sarà costretto a raggiungere un nuovo equilibrio termico molto diverso da quello attuale, ed oggi non ancora bene definibile, anche perché (per fortuna) l’attuale sistema di reimmissione di CO2 nell’atmosfera non potrà durare più di altri 30 - 40 anni per sicuro esaurimento degli idrocarburi fossili, e quindi il trend attuale, nel lungo periodo, sarà costretto a modifiche importanti. Studieremo più avanti gli scenari futuri e le eventuali possibili soluzioni.
L’effetto serra naturale, come ricordavamo, è benefico ed essenziale perché trattiene gran parte dell’energia solare sul pianeta, permettendo alla superficie planetaria di raggiungere temperature temperate e superiori a 0 °C – 273 °K, e quindi di superare il punto di congelamento dell’acqua permettendo a sua volta lo svolgimento del ciclo dell’acqua.
Esso è causato nell’ordine dai seguenti gas:
a) Vapore acqueo H2O.
E’ il principale gas – serra, ed è quindi uno degli elementi che permettono di mantenere alla superficie del pianeta temperature adatte alla vita, come ulteriore benefico effetto della presenza sulla Terra dell’acqua che si è formata sul pianeta nelle ere geologiche per effetto dell’azione di antichi organismi che combinavano C O2 con l’idrogeno atmosferico, producendo acqua e ossigeno e immagazzinando il carbonio. Con l’aumento della temperatura dell’atmosfera, aumenta la quantità d’acqua fisicamente contenuta in essa ed aumenta anche l’evaporazione dalle superfici acquee, provocando ulteriore riscaldamento per aumento dell’effetto serra con tipico meccanismo di retroazione positivo.
Gli scambi di vapore acqueo e di acqua tra superficie ed atmosfera sono definiti “ciclo dell’acqua”.
b) Anidride carbonica CO2.
In quantità è il secondo gas serra.
E’ presente in natura in quattro grandi serbatoi: molecole organiche della biosfera (piante, animali, 3.100 GigaTonnnellate), negli oceani come molecole carbonatiche e bicarbonatiche minerali, in soluzione o depositate nelle sabbie calcaree e nelle barriere coralline, e nelle superfici continentali come calcari, (40.000 GigaTon), nella crosta terrestre come idrocarburi fossili (12.000 GigaTon), nell’atmosfera come gas in soluzione (600 GigaTon).
Gli scambi tra superficie ed atmosfera sono definiti “ciclo del carbonio” (fotosintesi, soluzione negli oceani e fissazione nelle barriere coralline ecc.).
c) Metano CH4.
E’ presente nell’atmosfera per fuoriuscite naturali dai giacimenti, per emissioni gassose dagli animali erbivori ruminanti (poche in natura), per fermentazioni anaerobiche di sostanze organiche in ambienti paludosi. Una stima recente dell’emissione del metano geologico è dell’ordine di almeno 40 - 60 milioni di tonnellate all’anno. Mancano valutazioni di queste emissioni sull’equilibrio termico della Terra.
Per quanto riguarda l’emissione antropica di gas serra, e quindi l’aumento artificiale dell’effetto serra a causa delle attività umane, riportiamo a seguito i relativi dati più interessanti.
Si tratta, nell’ordine di importanza, dei seguenti gas (tra parentesi, dove disponibili, le percentuali del singolo gas prodotte dalle attività umane nell’anno 1995 sul totale dei gas serra prodotti, la presenza in atmosfera preindustriale, la presenza nel 1998, il tasso di crescita annuale, la persistenza media, il potenziale di riscaldamento riferito all’anidride carbonica, la percentuale risultante di responsabilità dell’effetto serra):
a) Vapore acqueo H2O
E’ difficile trovare in letteratura dati sull’effetto serra del vapore acqueo, forse perché la sua presenza nell’atmosfera in ambito locale è molto variabile, data la sua facilità di condensazione sotto forma di acqua.
I processi di produzione dell’energia da combustione di idrocarburi fossili producono abbondante vapore acqueo nei fumi per reazione chimica, come dettagliato in precedenza per il metano; ma poi nelle centrali elettriche il calore prodotto dalla combustione, nella caldaia, viene trasferito ad acqua fredda trasformandola in vapore come prodotto intermedio per azionare le turbine di elettrogenerazione; mediamente, buona parte del vapore così prodotto viene disperso in atmosfera, per non assumere gli ulteriori costi e gli ulteriori consumi energetici richiesti per la ricondensazione e riutilizzo dell’acqua trasformata in vapore.
Anche la produzione dell’energia elettrica e termica da fissione dell’uranio e da altre forme di energia (ed anche in alcune forme di impiego dell’energia solare) genera vapore come prodotto intermedio per la produzione di energia elettrica tramite turbine.
Quindi sono gli stessi consumi energetici, soprattutto da idrocarburi fossili, e poi i processi di trasformazione in energia elettrica, ad incrementare la presenza del vapore nell’atmosfera a livello locale; anche l’impoverimento del manto vegetale libera vapore precedentemente immagazzinato nelle piante e non consente nuovo immagazzinamento.
L’effetto globale diretto della produzione antropica di vapore è limitato dal fatto che l’aumento della percentuale generale di vapore nell’atmosfera è proporzionale all’aumento della temperatura dell’atmosfera, aumentando la quantità d’acqua contenibile e contenuta in essa e l’evaporazione delle superfici acquee, e quindi si tratta di un tipico meccanismo di retroazione negativa indotto dal riscaldamento globale, a sua volta produttore di ulteriori effetti di retroazione negativa in quanto l’aumento del vapore provoca ulteriore aumento dell’effetto serra.
Per quanto riguarda l’influenza del vapore sull’effetto serra, l’unico dato quantitativo che siamo stati in grado di trovare è che nel 2005 è stata espressa da un gruppo di ricercatori svizzeri, la tesi che sarebbe il vapore acqueo, e non l'anidride carbonica, il principale responsabile dell'aumento della temperatura media registrato in Europa dal 1995 al 2002. Il riscaldamento climatico in Europa sarebbe stato infatti originato per il 70% dall'aumento dell'umidità atmosferica. Secondo i ricercatori, inoltre, la presenza di una gran quantità di vapore acqueo nell'aria amplifica a sua volta l'effetto serra dell'anidride carbonica, e il riscaldamento della temperatura terrestre.
b) Anidride carbonica CO2
(percentuale di gas serra prodotta nel 1995 82%, presenza in atmosfera preindustriale 280 ppmv (Parti Per Milione in Volume), presenza nel 1998 365 ppmv, tasso di crescita annuale 0,5%, persistenza media 50/200 anni, potenziale di riscaldamento 1, costituente riferimento);
E’ prodotta dalle attività umane in grandissime quantità tramite la combustione degli idrocarburi fossili e dei vegetali; l’uomo aumenta la presenza in atmosfera della CO2 anche diminuendo ed impedendo la rigenerazione delle foreste che costituiscono il miglior assorbitore naturale di questo gas serra. L’equilibrio del ciclo del carbonio naturale è assestato intorno alle 100 Giga Ton/anno; l’uomo ne immette circa 7 che, non trovando assorbimento, ovviamente alterano gravemente l’equilibrio stesso.
c) Metano CH4 e gas del gruppo
(percentuale prodotta nel 1995 12%, presenza in atmosfera preindustriale 700 ppbv (Parti Per Miliardo in Volume), presenza nel 1998 1.745 ppbv, tasso di crescita annuale 0,6%, persistenza media 12 anni, potenziale di riscaldamento 21 - 25, percentuale di responsabilità dell’aumento dell’effetto serra 15%).
La quantità di metano incombusto presente in atmosfera aumenta artificialmente per le dispersioni dei gasdotti e dei pozzi di estrazione, per le emissioni gassose degli animali erbivori ruminanti di allevamento (la digestione delle molecole vegetali a base idrossicarbonica tramite fermentazione produce biogas a base metanica), per le emissioni gassose delle risaie, per le fermentazioni anaerobiche (cioè in assenza di aria e quindi di ossigeno) dei rifiuti a matrice organica nelle discariche.
d) Protossido d’azoto NO2
(percentuale prodotta nel 1995 4%, presenza in atmosfera preindustriale 280 ppbv, presenza nel 1998 314 ppmv, tasso di crescita annuale 0,25%, persistenza media 114 anni, potenziale di riscaldamento 310, percentuale di responsabilità dell’effetto serra 6%).
Potente gas serra dalla vita prolungata, è prodotto dai fertilizzanti azotati e da alcune lavorazioni industriali.
e) Clorofluorocarburi (ClFC, HFlC, CFl4, HFl)
(percentuale prodotta nel 1995 2%, presenza in atmosfera preindustriale 40 pptv (Parti Per mille miliardi, prefisso Tera, in Volume), presenza nel 1998 362 pptv, tasso di crescita annuale elevato, persistenza media da 45 anni a 50.000 anni, potenziale di riscaldamento da 4.000 a 11.700, percentuale di responsabilità dell’effetto serra 22%);
Si tratta di composti chimici a base di carbonio, sono potenti gas serra, ed in particolare i CFC danneggiano anche l’ozono stratosferico e sono stati recentemente banditi.
Le emissioni antropiche di gas serra sono di provenienza da combustione di idrocarburi fossili per il 96,7% (1998).
Dai dati sopra esposti si deduce che:
1) Le valutazioni accessibili sull’influenza dei gas – serra sono incomplete e contraddittorie, e forse ancora non ben definite a livello scientifico, soprattutto per quanto riguarda l’effetto di retroazione negativa del vapore acqueo.
2) Il contenimento delle emissioni di anidride carbonica non risolve il problema del riscaldamento globale. Bene si è agito per il contenimento dei clorofluorocarburi; bene si sta agendo, almeno programmaticamente, per il contenimento dell’anidride carbonica; occorre ridurre rapidamente anche le emissioni di metano, passando alle migliori forme di energia.
3.2. IMMISSIONE DIRETTA NELL’ATMOSFERA DI CALORE ARTIFICIALE DERIVANTE DALLA TRA-SFORMAZIONE IN ENERGIA TERMICA DI ENERGIA CHIMICA, NUCLEARE E CINETICA ACCUMULATE O DISPONIBILI.
Questo fenomeno è di grandissima importanza per quanto riguarda il riscaldamento globale, ma è attualmente molto sottovalutato probabilmente perché è ancora più difficile da conciliare con lo stile di vita delle società consumistiche.
Il calore (contenuto nel vapore, nei gas caldi e nelle acque calde), viene immesso alla superficie planetaria direttamente da tutte le forme di combustione, si tratti di quello prodotto nei processi di trasformazione in energia termica di energia chimica (da combustione degli idrocarburi fossili), nucleare (da reazione di fissione dell’uranio), cinetica (idrica, eolica, ecc), geotermica, accumulate o disponibili.
Ha un grandissimo peso sull’equilibrio termico della superficie del pianeta perché è un apporto netto di calore di dimensioni non eccezionali ma continuo ed in crescita. Infatti tutti i 400 EJ attualmente prodotti e consumati dall’umanità si trasformano alla fine in calore, per il secondo principio della termodinamica, e questa quantità di energia è pari a meno di due decimillesimi (400 EJ su 2.550.000) dell’energia solare trasformata in energia termica, che non è poco, ma è anche pari a un sesto (400 EJ su 2.500) della energia solare che viene convertita in venti e correnti. D’altronde la grande influenza dell’immissione antropica diretta di calore sul riscaldamento globale è anche dimostrata dal fatto che le temperature medie invernali del pianeta, negli ultimi 50 anni, sono aumentate di 2 gradi nell’emisfero sud e di oltre cinque nell’emisfero nord.
3.2.1. IMMISSIONE DIRETTA SULLA SUPERFICIE DEL PIANETA DELL’ENERGIA TERMICA DA COMBUSTIBILI FOSSILI.
Si tratta di energia di prima origine solare, accumulata in profondità nelle ere geologiche sotto forma di energia chimica, contenuta negli idrocarburi, e immessa rapidissimamente in grandissime quantità sulla superficie del pianeta sotto forma di calore tramite la combustione degli idrocarburi: circa l’80% dei consumi energetici attuali, che si valutano pari a 400 EJ/anno, quindi circa 320 EJ/anno, sono di origine da combustibili fossili. (riassumiamo nuovamente e brevemente che circa il 6% dei consumi è di origine nucleare, il 6% è di origine idraulica, il 6% è di origine tradizionale, legno e carbonfossile, ed il 2% rimanente è da energie oggi minori come l’eolico e similari).
Oggi 84 milioni di barili giorno di petrolio (con una quantità energeticamente di poco superiore da metano e da carbone) sono bruciati e il calore generato è immesso direttamente sulla superficie del pianeta.
Gli sprechi erano, e sono ancora, enormi. Le centrali elettriche USA, quando il petrolio costava 10 dollari al barile, sprecavano più energia (sotto forma di calore, per lo più vapore ed acque calde, diffuso in atmosfera) di quanta era necessaria per alimentare l'intera economia giapponese. Solo il 15% dell'energia racchiusa in un litro di benzina raggiunge le ruote della macchina: il resto si trasforma in calore. Meno di un quarto dell'energia emanata da un forno raggiunge il cibo. Ma tutto poi si trasforma il calore. Gli aerei, con una flotta che ogni anno cresce di oltre il 5%, immettono nell’atmosfera a 10 km di quota grandi quantità di vapore, di CO2 e tutta l’energia termica contenuti negli idrocarburi utilizzati (un Boeing 747 consuma 15.500 lt/ora di cherosene e produce tanto calore quanto una linea di centrale nucleare da 1.000 MWh, immettendolo direttamente in alta atmosfera insieme a grandissime quantità di vapore acqueo e anidride carbonica, potenti gas serra)
3.2.2. IMMISSIONE DIRETTA SULLA SUPERFICIE DEL PIANETA DI ENERGIA TERMICA DERIVANTE DA FISSIONE NUCLEARE NELLE CENTRALI NUCLEARI-ELETTRICHE.
Sono 442 le centrali nucleari censite, di cui le più grandi sono dotate di due linee di potenza di generazione pari a 1.000 MWh cadauna. In esse il calore generato dalla fissione dell’uranio si trasferisce all’acqua generando vapore in pressione, che a sua volta aziona una turbina di generazione elettrica. Anche l’energia nucleare contribuisce al riscaldamento diretto dell’atmosfera tramite la quota di calore contenuto nelle emissioni e non trasformato in energia elettrica. La generazione di energia elettrica da energia nucleare quindi presenta in genere ampia immissione di calore nell’atmosfera, accentuando il riscaldamento globale; svantaggio che va ad aggiungersi a quello di scarsità della risorsa uranio già nel medio periodo ed a quella del rilascio di scorie nucleari radioattive per lunghissimo tempo. Se il calore residuo prodotto dalla centrale viene utilizzato per il teleriscaldamento, almeno lo svantaggio dell’immissione diretta di calore in atmosfera viene sensibilmente ridotto perché sostituisce altre fonti energetiche.
3.2.3. IMMISSIONE DIRETTA IN ATMOSFERA DI ENERGIA TERMICA DERIVANTE DA RISORSE GEOTERMICHE, PER LA QUOTA RECUPERATA ARTIFICIALMENTE E CHE NON EMERGEREBBE PER VIA NATURALE.
Come si diceva, una piccola quota di calore geotermico contribuisce oggi all’equilibrio termico del pianeta. Esso fuoriesce per conduzione attraverso gli strati superficiali della crosta terrestre e tramite la fuoriuscita di fluidi caldi (vulcani, soprattutto sottomarini, geysir, fumarole ecc).
L’impiego massiccio di energia termica od elettrica ottenuta prelevando calore artificialmente dalle profondità del sottosuolo è anch’esso in grado di alterare l’equilibrio termico della superficie dalla terra in quanto aggiunge calore rispetto agli equilibri naturali.
3.2.4. TRASFORMAZIONE IN CALORE DELL’ENERGIA EOLICA TRAMITE CONVERSIONE IN ENERGIA ELETTRICA.
La radiazione solare, riscaldando in modo differenziato le masse d’aria, ne provoca differenze di densità e di temperatura che le obbliga a muoversi sia in senso verticale che orizzontale, nel senso del riequilibrio di temperatura e pressione. Sfruttando l’energia eolica, si converte l’energia cinetica delle masse d’aria, mosse dal calore solare, in energia elettrica. Questa, sia nel corso della generazione sia durante la sua utilizzazione, è a sua volta totalmente trasformata in calore. Il che vuol dire che una piccola quota di radiazione solare che non si era trasformata in calore, ma in energia cinetica delle masse d’aria, viene poi restituita alla superficie della terra sotto forma di energia termica, collaborando al riscaldamento del pianeta, e quindi comportando un grado di positività minore rispetto all’intercettazione diretta della radiazione solare. La differenza è senz’altro piccola e di molto minore rispetto alle forme di energia riportate sopra, ed è allo stato difficilmente stimabile anche perché, come si valuta in altre parti del libro, anche l’intercettazione diretta di radiazione solare, essendo in genere mediamente più efficiente della superficie naturale del pianeta, può essere ritenuta peggiorativa rispetto all’equilibrio naturale. Inoltre non risulta accessibile alcuno studio scientifico che approfondisca questo tipo di valutazioni.
Gli stessi concetti e la stessa analisi si possono estendere anche all’energia da correnti oceaniche e da moto ondoso ed anche all’energia gravitazionale (maree).
3.2.5. ENERGIA IDRAULICA: SI CONVERTE L’ENERGIA CINETICA DELLE MASSE D’ACQUA, SOLLEVATE IN QUOTA DALL’EVAPORAZIONE PER EFFETTO DEL CALORE SOLARE, IN ENERGIA ELETTRICA
La radiazione solare, riscaldando la superficie delle masse idriche, provoca la trasformazione dell’acqua liquida in vapore acqueo. Questo, sia per moti convettivi essendo in genere più caldo dell’ambiente circostante, sia per osmosi (equilibrio della diffusione fisica), si diffonde nell’atmosfera fino a grande altezza. A causa del movimento delle masse d’aria, quando una massa d’aria calda umida viene in contatto con aria più fredda si provoca la condensazione del vapore e ne conseguono precipitazioni sotto forma di pioggia o di neve. A seconda della maggiore o minore quota sul livello del mare a cui avvengono le precipitazioni, l’acqua possiede una maggiore o minore energia potenziale che in genere si può sfruttare con la trasformazione in energia elettrica. Quindi, sfruttando l’energia idraulica, si converte l’energia potenziale delle masse d’acqua, evaporate dal calore solare, in energia elettrica. Questa, come tutte le forme di energia, sia nel corso della generazione sia durante la sua utilizzazione, è a sua volta totalmente trasformata in calore. Il che vuol dire, come per l’energia eolica, che una piccola quota di radiazione solare che non si era trasformata in calore, ma era stata assorbita dall’evaporazione dell’acqua, viene poi restituita alla superficie della terra sotto forma di energia termica, collaborando al riscaldamento del pianeta, e quindi comportando un grado di positività minore rispetto all’intercettazione diretta della radiazione solare. Anche in questo caso la differenza è allo stato difficilmente stimabile perché, come si valuta in altre parti del libro, anche l’intercettazione diretta di radiazione solare, essendo in genere mediamente più efficiente della superficie naturale del pianeta, può essere considerata causa di riscaldamento maggiore del naturale. Inoltre anche in questo caso, non risulta accessibile alcuno studio scientifico che approfondisca questo tipo di valutazioni.
3.2.6. ALTRE FORME DI ENERGIA
Le restanti forme di energia danno un apporto di riscaldamento diretto ancora minori, in particolare l’energia solare, sia termica e fotovoltaica, consiste nell’intercettare la radiazione solare, sia pure con maggiore efficienza, prima che riscaldi la superficie terrestre; e poi il calore prodotto infine dopo lo sfruttamento energetico si può ritenere di poco superiore a quello prodotto dal riscaldamento solare; l’energia da biomassa, da rifiuti agricoli, industriali ed urbani e da idrocarburi derivati, a regime, deve necessariamente essere in equilibrio tra produzione, che assorbe energia solare in forma chimica e non termica, ed utilizzo, che restituisce calore, e quindi altera di poco l’equilibrio globale; l’energia da differenze di temperatura del suolo e dell’acqua con macchine frigorifere mantiene un equilibrio termico (aumenta il calore da una parte sottraendolo ad un’altra parte).
3.3. DIMINUZIONE DELLA RIFLESSIONE DELLA RADIAZIONE SOLARE
La terza causa del riscaldamento globale di origine artificiale consiste nella diminuzione della riflessione della radiazione solare, e quindi nel risultante maggior apporto netto di energia sulla superficie della Terra, a causa della azioni dell’uomo. Prescindendo dagli effetti di retroazioni quali la diminuzione dell’albedo per diminuzione delle superfici nevose o ghiacciate, la principale causa umana diretta dell’aumento dell’assorbimento termico dalla radiazione solare consiste soprattutto nell’incremento delle superfici costruite che assorbono la radiazione solare sotto forma di energia termica, in sostituzione di superfici verdi che assorbono la radiazione solare sotto forma di energia chimica, e nella deforestazione, che provoca gli stessi fenomeni.
3.4. MECCANISMI DI RETROAZIONE CHE SONO IN GRADO DI AMPLIFICARE O CONTENERE IL RISCALDAMENTO GLOBALE.
Le azioni di retroazione (o feedback) positive incrementano il riscaldamento globale allontanandosi sempre di più dalle precedenti condizioni di equilibrio ed incrementando quindi il riscaldamento del pianeta; esse consistono soprattutto in:
1) Diminuzione dell’albedo da scioglimento dei ghiacciai con maggiore assorbimento della radiazione solare
2) Diminuzione dell’albedo da minori superfici continentali nevose invernali;
3) Diminuzione dell’albedo da diminuzione della copertura nuvolosa; non sono noti però dati di letteratura sull’aumento o diminuzione della copertura nuvolosa in relazione al riscaldamento globale;
4) Processo attualmente in corso, (non è sicuro che sia per effetto del riscaldamento globale, ma è leggibile l’effetto antropico della raccolta di legna e di allevamento delle capre ai bordi dei deserti), è l’espansione dei deserti con diminuzione delle fasce vegetali con pari effetto di maggiore assorbimento della radiazione solare sotto forma di energia termica;
5) Scioglimento del permafrost siberiano e canadese che imprigiona notevolissime quantità di metano, con liberazione dello stesso metano e conseguente forte ulteriore incremento dell’effetto serra; similmente è probabile la liberazione di metano da scioglimento di idrati formatisi negli oceani;
6) Con l’aumento della temperatura aumenta il quantitativo di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera con ulteriore aumento dell’effetto serra.
7) il crescere del livello dei mari espande la superficie liquida che è molto efficiente nell’assorbire la radiazione solare come energia termica.
Si rilevano anche azioni di retroazione negative (favorevoli al ristabilimento delle precedenti condizioni di equilibrio).
Tra esse le principali sono:
1) Lo strato nuvoloso forse aumenta e rinfresca la superficie del pianeta. Non sono accessibili però studi sulla variazione della copertura nuvolosa del pianeta in relazione al riscaldamento globale;
2) la maggiore percentuale di anidride carbonica nell’atmosfera provoca l’aumento del metabolismo vegetale con aumento della fissazione della stessa anidride carbonica nelle biomasse e nell’oceano;
3) l’inquinamento atmosferico non permette alla radiazione solare di raggiungere la superficie della terra mantenendo temperature superficiali minori (come sta succedendo con la famosa “nube asiatica”).
CAPITOLO QUARTO
GLI EFFETTI DEL RISCALDAMENTO GLOBALE
Analizziamo in questo capitolo la molteplicità degli effetti del riscaldamento globale sull’ambiente della superficie del pianeta, ed in particolare:
- Le modificazioni qualitative degli effetti sull’ambiente e sugli ecosistemi alla superficie dei continenti, nelle masse d’aria atmosferica e nelle masse d’acqua marine ed interne, dividendo gli effetti diretti come la migrazione verso i poli delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi, la migrazione verso maggiori quote di altezza nelle zone montuose delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi, la sostituzione di ecosistemi, nascita di nuovi, estinzione dei preesistenti, e gli effetti indiretti come la diminuzione dell’effetto accumulo delle precipitazioni nevose stagionali nelle zone montane, lo scioglimento delle calotte ghiacciate polari con aumento del livello dei mari, e conseguente innalzamento delle linee di costa; e anche col probabile incremento dei movimenti tettonici; altro effetto indiretto già menzionato è la liberazione del metano intrappolato nei permafrost siberiani e nordamericani e negli idrati di metano diffusi negli oceani; la modifica degli equilibri delle acque dei laghi per evaporazione e modifica degli andamenti pluviometrici; la maggiore velocità delle correnti atmosferiche con intensificazione degli uragani e di tutti i fenomeni atmosferici; le precipitazioni atmosferiche con aumento dei massimi e dei minimi con crisi dei sistemi fluviali, e infine l’intensificazione delle correnti marine.
- Le valutazioni qualitative degli effetti sulla società umana, anche qui suddivisi tra effetti diretti ed indiretti. Tra gli effetti diretti del riscaldamento analizzeremo la migrazione verso i poli delle specie vegetali coltivabili, l’insorgenza di nuovi parassiti/malattie vegetali; e la minore necessità di riscaldamento degli edifici in inverno corrispondente ad una maggiore necessità di raffrescamento estivo. Tra gli effetti indiretti, analizzeremo quelli conseguenti allo scioglimento delle masse di acqua ghiacciata e diminuzione dei ghiacciai montani e dei manti nevosi (che comportano che alle medie latitudini le stazioni sciistiche non potranno più funzionare nella stagione estiva, e dovranno operare ad altitudini maggiori nella stagione invernale, e minor effetto di riserva d’acqua per la stagione secca), e quelli conseguenti allo scioglimento delle calotte polari che provocherà l’aumento del livello dei mari e la sommersione di tutti gli insediamenti e le infrastrutture costiere di tutto il pianeta, nonché il probabile aumento dei terremoti. Anche lo scioglimento dei permafrost montani darà notevoli problemi agli insediamenti umani. Analizzeremo poi le conseguenze sull’habitat umano della modifica degli equilibri delle acque dei bacini chiusi (laghi) per la maggiore evaporazione delle acque e mutazioni nei regimi pluviometrici, dell’incremento della velocità delle correnti atmosferiche, delle variazioni nelle precipitazioni atmosferiche e dell’intensificazione delle correnti marine.
4.1. VALUTAZIONI QUALITATIVE DEGLI EFFETTI SULL’AMBIENTE E SUGLI ECOSISTEMI NATURALI
Il riscaldamento medio previsto per la superficie del pianeta nei vari scenari IPCC (Intergovernement Panel of Climate Change, Commissione dei governi mondiali sui cambiamenti climatici) è pari, nei prossimi cento anni, a 1,5 – 5,8 C°, a seconda delle varie ipotesi di sviluppo e demografico ed economico della specie umana, con incremento medio di circa 0,3 C° ogni decennio, e con aumento maggiore ai poli e minore all’equatore. Gli effetti qualitativi sull’ambiente e sugli ecosistemi, in corso e prevedibili, sono consequenziali a questo aumento della temperatura dell’atmosfera, del suolo e dell’acqua: e quindi possiamo distinguere:
4.1.1. Effetti diretti del riscaldamento sull’ambiente e sugli ecosistemi alla superficie dei continenti, nelle masse d’aria atmosferica e nelle masse d’acqua marine ed interne:
1. Migrazione verso i poli delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi sia su terra che nel mare (per esempio, pesci tropicali e coralli nel Mediterraneo).
2. Migrazione verso maggiori quote di altezza nelle zone montuose delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi su terra; nell’acqua dovrebbe limitatamente verificarsi una migrazione degli ecosistemi verso maggiori profondità più fredde, ma ciò può avvenire solo fino alla profondità dove giunge la radiazione solare.
3. Sostituzione di ecosistemi, nascita di nuovi, estinzione dei precedenti dove non è possibile la migrazione sia a terra che in acqua (confinamento da zone aride, cime montuose, bacini chiusi; estinzione di alcune barriere coralline superficiali).
4.1.2. effetti indiretti:
1. Scioglimento delle masse di acqua ghiacciata, sia montane che polari:
a) Diminuzione e sparizione dell’effetto accumulo delle precipitazioni nevose stagionali nelle zone montane, ed esaurimento progressivo delle scorte storiche accumulate nei ghiacciai, con conseguenti periodi di siccità estivi sempre più gravi nelle regioni prima alimentate d’estate dai ghiacciai montani (esempio la pianura padana, ammesso che si possa considerare ancora un ecosistema) con le relative modifiche negli ecosistemi residenti;
b) Scioglimento delle calotte ghiacciate polari con due effetti: uno consistente nell’aumento del livello dei mari, che è calcolato in 7 metri da scioglimento della calotta Groenlandese, e 70 metri da calotta antartica (la calotta marina artica è galleggiante e non ha ripercussioni sul livello del mare); questo comporta che tutti gli ecosistemi costieri chiaramente dovranno migrare verso livelli superiori; è facilmente prevedibile la riduzione e la scomparsa delle isole non coralline più basse; ed anche, scontata l’elevata velocità del fenomeno, non è certo che le barriere coralline riescano ad elevare con la stessa velocità le zone dove esse operano, con conseguente scomparsa di tutti gli atolli corallini e gravi danni a gran parte delle altre isole che si troveranno senza la protezione delle barriere coralline contro le onde che potranno erodere le coste; i sistemi di foce fluviali saranno completamente modificati, con risalita del mare all’interno e scomparsa dei delta con la relativa ricchezza biologica in essi residente; se il fenomeno sarà rapido come si può pensare, il ristabilimento di situazioni di creazione di nuovi delta richiederà molto più tempo. Gli ecosistemi polari (calotte con produzione elevatissima estiva di fitoplancton e zooplancton e relativa vita animale dipendente), e subpolari (tundra siberiana e canadese), già oggi fortemente stressati, scompariranno. Il secondo effetto, non quantificabile all’attuale stato della conoscenza scientifica della tettonica a zolle, e non valutabile come ripercussione sugli ecosistemi naturali, è legato all’alleggerimento del carico di massa del ghiaccio sulla crosta terrestre della Groenlandia e dell’Antartide con emersione delle terre in precedenza schiacciate e caricate dal ghiaccio, e ristabilimento dell’equilibrio tettonico generale delle masse continentali, che galleggiano sul nucleo di roccia fusa, con corrispondente affondamento di altre masse continentali e forte incremento delle attività vulcaniche e dei terremoti in tutto il pianeta.
c) lo scioglimento dei permafrost siberiani e nordamericani, già in corso, provocherà la rapidissima liberazione nell’atmosfera di ingenti quantità di metano oggi intrappolate nel suolo permanentemente ghiacciato a circa un metro di profondità con importante effetto di retroazione positiva per l’effetto serra; simile fenomeno potrà riguardare il metano intrappolato in forma solida sotto forma di idrati soprattutto sui fondi marini.
2. Modifica degli equilibri delle acque dei bacini chiusi per la maggiore evaporazione delle acque e l’eventuale minor apporto di precipitazioni atmosferiche, con variazioni di estensione e di salinità, con ampie modifiche agli ecosistemi residenti.
3. Maggiore velocità delle correnti atmosferiche, a causa delle aumentate differenze termiche tra poli ed equatore con intensificazione dei fenomeni estremi atmosferici (perturbazioni nelle zone temperate, uragani nelle zone tropicali), e relativi danni agli ecosistemi (questi non si valutano elevati).
4. Maggiore intensità delle precipitazioni atmosferiche a causa del maggior contenuto di vapore acqueo disciolto nell’atmosfera più calda per semplice fenomeno fisico diretto e per la maggior evaporazione delle superfici liquide più calde, con crisi cicliche dei sistemi di drenaggio naturali (torrenti, fiumi e laghi) finora dimensionati per via naturale su livelli di precipitazioni minori (anche questo fenomeno non si pensa possa portare gravi danni agli ecosistemi).
5. Intensificazione delle correnti marine, sempre a causa dell’aumento del differenziale termico tra acque ai poli ed acque all’equatore, con incremento della velocità di riscaldamento dei poli e velocizzazione ed aumento dei fenomeni di stress degli ecosistemi polari.
4.2. VALUTAZIONI QUALITATIVE DEGLI EFFETTI SULLA PRESENZA DELL’UOMO SULLA SUPERFICIE DEL PIANETA
La civiltà industriale umana, sviluppatasi grazie alla disponibilità immensa dell’energia da idrocarburi fossili, sta provocando l’aumento della temperatura dell’atmosfera e dell’acqua, che a sua volta provoca sulla società umana gli effetti che descriviamo a seguito:
4.2.1. Effetti diretti del riscaldamento sulla superficie dei continenti, nelle masse d’aria atmosferica e nelle masse d’acqua marine ed interne:
1. Migrazione verso i poli delle specie vegetali coltivabili. Si creerà un vantaggio derivante dal fatto che la conformazione dei continenti, che dislocano alle alte latitudini dell’emisfero nord ampie superfici di terreno pianeggiante, grazie all’aumento di temperatura permetterà di rendere coltivabili a grano amplissime superfici della Siberia e del Canada settentrionale, con saldo netto positivo anche tenendo conto che il sud degli Stati Uniti e dell’Asia diventi più arido.
2. Insorgenza di nuovi parassiti/malattie vegetali. Si dovrà fare fronte alla diffusione dalle basse alle alte latitudini di organismi batterici, virali e animali che troveranno culture non naturalmente abituate a difendersi da essi, sviluppando quindi grande aggressività e danni alle stesse culture vegetali, il tutto favorito dalla debolezza della vegetazione stressata dai cambiamenti climatici e dalle maggiori temperature.
3. Insorgenza di nuovi parassiti/malattie per gli animali e per l’uomo. Anche qui si dovrà fare fronte allo sviluppo di organismi batterici, virali e animali che troveranno soggetti non naturalmente abituati a difendersi, con gli stessi effetti citati sopra.
4. Minor necessità di riscaldamento degli edifici in inverno corrispondente ad una maggiore necessità di raffrescamento estivo.
4.2.2. Effetti indiretti:
1. Scioglimento delle masse di acqua ghiacciata e diminuzione dei manti nevosi:
a) Scioglimento dei ghiacciai montani: nelle zone montane di tutto il pianeta il riscaldamento globale sta provocando la veloce diminuzione dell’effetto accumulo delle precipitazioni nevose stagionali con mancanza di flussi idrici estivi, con conseguenti gravi difficoltà nell’ irrigazione che si aggraveranno se il fenomeno riuscirà a causare l’abbassamento estivo delle falde acquifere, con ripercussioni sull’approvvigionamento idropotabile e sulla qualità dell’acqua e navigabilità dei fiumi.
Inoltre, notevolmente importante per l’economia, è già attuale il processo che comporta, entro pochi anni, la scomparsa delle attività sciistiche estive alle medie latitudini (Alpi), con innalzamento di quota delle stazioni sciistiche invernali
b) Scioglimento delle calotte polari:
questo, come abbiamo appena detto, provocherà a sua volta due gravi effetti negativi sull’habitat, uno prevedibile nella sua quantità e conseguenze, e l’altro meno:
il primo consiste nell’aumento del livello dei mari, che si stima sia tragico per l’attività antropica in quanto comporterà costi assolutamente elevatissimi: 7 metri di aumento del livello deriveranno dallo scioglimento della calotta groenlandese, mentre lo scioglimento della calotta antartica provocherà un innalzamento del livello del mare di 70 mt: i calcoli sono semplici e precisi, essendo noto lo spessore e l’area delle attuali masse ghiacciate, ed è sufficiente suddividere il volume dei ghiacci sulla superficie delle acque. Tutti gli insediamenti e le infrastrutture costiere di tutto il pianeta saranno sommersi e una numerosissima popolazione umana dovrà abbandonare aree vaste e fertili ritirandosi in quello che oggi è l’interno; si verificherà la riduzione e in molti casi la scomparsa delle isole non coralline: nelle isole coralline, scontata l’elevata velocità del fenomeno, è quasi certo che i coralli non riusciranno ad elevare con la stessa velocità le barriere dove essi operano, ed in questo caso si avrà la sommersione e la scomparsa di tutti gli atolli corallini e di gran parte delle altre isole coralline, che si troveranno senza la protezione delle barriere contro le onde, e queste ultime potranno erodere coste e invadere porti; inoltre l’aumento del livello del mare a sua volta provocherà l’allagamento di ampie zone di pianure alluvionali riducendo le zone coltivabili e provocherà la salinizzazione delle falde. Il processo è già in corso, ed è stato studiato il caso delle isole Cateret (sei atolli di Papua Nuova Guinea), finora difese da muri e difese anche di mangrovie, che nel giro di pochi anni diverranno inabitabili. In queste isole case, vegetazione e terra sono già state in parte ingoiate dall’oceano. Gli esperti hanno organizzato l’evacuazione delle isole Cateret portando gli abitanti nell’isola maggiore, parzialmente montuosa, di Bougainville: si tratta dei primi rifugiati da riscaldamento globale. Così pure sta accadendo in alcuni villaggi inuit in Canada, costruiti sul suolo ghiacciato in prossimità della costa, protetta una volta dalle onde dalla banchisa polare, dove il riscaldamento globale provoca da un lato lo scioglimento del suolo e dall’altro la mancanza della banchisa, così che le onde marine stanno erodendo la costa dove sorgono i villaggi. Anche in questo caso gli abitanti hanno già dovuto abbandonare le case e divenire profughi da riscaldamento globale.
L’ulteriore effetto negativo, non quantificabile all’attuale stato della conoscenza scientifica della tettonica a zolle, è legato all’alleggerimento del carico di massa sul terreno della Groenlandia e dell’Antartide con emersione delle terre in precedenza schiacciate e caricate dal ghiaccio, e ristabilimento dell’equilibrio del galleggiamento delle zolle tettoniche sul nucleo terrestre fluido, con incremento dei terremoti in tutto il pianeta, senza conseguenze gravi sugli ecosistemi ma con conseguenze gravi sugli insediamenti umani.
Lo scioglimento della calotta artica provocherà anche (a breve) un effetto positivo per le attività umane: i trasporti via mare avranno a disposizione una serie di rotte artiche che permetteranno di abbreviare i tragitti evitando il transito nel canale di Panama per collegare via mare le località a nord dei continenti.
c) La diminuzione dei manti nevosi invernali provoca lo stesso effetto già citato di diminuzione delle riserve per la stagione calda, e inoltre il fatto che aumentino le precipitazioni di tipo liquido, tra l’altro con concentrazioni maggiori a causa della maggior presenza di vapore acqueo nell’atmosfera, rispetto a quelle nevose, incrementa il rischio di alluvioni.
d) Lo scioglimento dei permafrost montani provocherà frane, instabilità dei versanti e danneggiamento delle strutture e delle infrastrutture umane in tutte le zone di montagna del pianeta (Il paese sviluppato che corre i maggiori rischi in questo senso, e difatti ha già allertato un notevole numero di scienziati, è la Svizzera).
2. Modifica degli equilibri delle acque dei bacini chiusi (laghi) per la maggiore evaporazione delle acque.
Questo fenomeno ha conseguenze negative su tutte le attività umane connesse agli ecosistemi, soprattutto sulla pesca; l’instabilità e l’arretramento delle spiagge danneggiano o impediscono l’insorgere di sfruttamento turistico; la concentrazione delle acque aumenta la salinità e l’eventuale inquinamento. Naturalmente questo fenomeno interesserà meno i laghi delle zone temperate piovose, e di più quelli delle zone già meno piovose.
3. Maggiore velocità delle correnti atmosferiche, a causa delle aumentate differenze termiche tra poli ed equatore:
questo provoca l’intensificazione dei fenomeni estremi atmosferici quali perturbazioni nelle zone temperate e uragani nelle zone tropicali. (venti e correnti utilizzano circa l’1% del flusso totale di energia); le onde generate dai venti e le variazioni di livello da depressioni atmosferiche sono sempre maggiori e impongono di aumentare le difese del territorio.
4. Maggiori precipitazioni atmosferiche a causa del maggior contenuto di vapore acqueo disciolto nell’atmosfera più calda per semplice fenomeno fisico e per la maggior evaporazione: questo provoca crisi cicliche dei sistemi di drenaggio naturali (torrenti, fiumi e laghi) finora dimensionati per via naturale su livelli di precipitazioni minori, e gravi effetti dove l’uomo ha realizzato opere in prossimità delle vie di drenaggio naturale, nonché crescita di alluvioni in tutti i bacini di espansione fluviale e nelle pianure alluvionali.
5. Intensificazione delle correnti marine: l’effetto sugli habitat e sulle attività umane si può valutare abbastanza ridotto, se non si considera che le più intense correnti calde dirette verso i poli ne accelerano la velocità di scioglimento.
4.3. VALUTAZIONI QUANTITATIVE SECONDO I DIVERSI SCENARI PREVEDIBILI
Come si diceva, gli scenari futuri sono prevedibili solo parzialmente. Si è sicuri solamente che la temperatura media aumenterà almeno di 1,8 gradi entro la fine del secolo, mentre di quanto questa temperatura aumenterà ulteriormente è funzione del comportamento della specie umana; se intervenissero sagge ed immediate contromisure è probabile che si potrebbe contenere l’aumento anche al disotto del limite sopraddetto, nonostante le inerzie del sistema dell’atmosfera; se invece comunque si darà fondo a tutte le disponibilità di combustibili fossili con la massima velocità consentita dalla tecnica e senza introdurre se non su costrizione un modello di vita compatibile, si rischia un innalzamento medio di 5° C che corrisponde ad un rapido scioglimento delle calotte polari.
Possiamo ipotizzare anche che nella seconda metà del secolo, gli incrementi dei fenomeni tendano verso una stabilizzazione, anche e soprattutto per il progressivo esaurimento dei combustibili fossili, dapprima del petrolio e poi del metano, che non dovranno essere sostituiti dal carbone ma dalle fonti energetiche alternative. Questo rende molto difficile formulare delle previsioni, se non basate sulle tendenze in atto, prevedendo una qualche forma di stabilizzazione. Allora si può prevedere che, tra gli effetti diretti del riscaldamento sull’ambiente e sugli ecosistemi alla superficie dei continenti, nelle masse d’aria atmosferica e nelle masse d’acqua marine ed interne, si verifichino i seguenti fenomeni:
1. La migrazione verso i poli delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi sia su terra che su mare (per esempio, pesci tropicali e coralli nel Mediterraneo) entro la fine del secolo porterà alla diffusione ampia di specie coralline tropicali e di tutto il relativo ecosistema a centinaia di km verso sud e verso nord.
2. La migrazione verso maggiori quote di altezza nelle zone montuose delle specie vegetali e dei relativi ecosistemi su terra avrà completato l’estinzione delle specie meno adatte e in gran parte completato la sua sostituzione con piante adatte a temperature maggiori; le fasce fitoclimatiche saranno definitivamente migrate verso l’alto; nell’acqua l’effetto è previsto più limitato
3. anche la sostituzione di ecosistemi, nascita di nuovi, estinzione dei precedenti dove non è possibile la migrazione sia a terra che in acqua (confinamento da zone aride, cime montuose, bacini chiusi; estinzione di alcune barriere coralline superficiali) dovrebbe essere ad uno stadio molto avanzato nel 2100.
4.1.2. effetti indiretti:
1. Scioglimento delle masse di acqua ghiacciata, sia montane che polari:
a) alla fine del secolo la diminuzione e sparizione dell’effetto accumulo delle precipitazioni nevose stagionali nelle zone montane ed il relativo esaurimento progressivo delle scorte storiche accumulate nei ghiacciai, con conseguenti periodi di siccità estivi sempre più gravi nelle regioni prima alimentate d’estate dai ghiacciai montani (esempio la pianura padana), con le relative modifiche negli ecosistemi residenti, sarà completo alle nostre latitudini; è previsto che resisterà solo un residuo di uno dei ghiacciai del Monte Rosa in tutto l’arco alpino; sarà completamente scomparsa l’attività sciistica estiva alle medie latitudini ed alle medie altezze (Alpi), con notevole innalzamento di quota delle stazioni sciistiche invernali, e comunque con poca e rara neve.
b) Scioglimento delle calotte ghiacciate polari con i due effetti citati precedentemente: uno consistente nell’aumento del livello dei mari, che, ricordiamo, è calcolato in 7 metri da scioglimento della calotta Groenlandese, e 70 metri da calotta antartica (la calotta marina artica è galleggiante e non ha ripercussioni sul livello del mare); per il 2100 si prevede che il processo riguardante la Groenlandia sia fortemente avanzato, mentre per l’Antartide il processo sia più graduale; l’aumento del livello complessivo del livello del mare si prevede che possa superare il metro. Questo comporta forte stress su tutti gli ecosistemi costieri, costretti a migrare verso livelli superiori; è facilmente prevedibile la riduzione delle isole non coralline più basse; ed anche, a seconda della velocità del fenomeno, non è certo che le barriere coralline riescano ad elevare con la stessa velocità le zone dove esse operano, con conseguente scomparsa di tutti gli atolli corallini, probabile per la fine del secolo. Le isole difese da barriere coralline si saranno trovate molto più esposte alle onde, con aumento dell’erosione delle coste, per cui saranno state approntate difese e nelle zone non difendibili si sarà provveduto all’abbandono delle attività umane; i sistemi di foce fluviali saranno ampiamente modificati, con risalita del mare all’interno e scomparsa dei delta; anche qui si sarà dovuto provvedere alle adeguate difese. Gli ecosistemi polari (calotte con produzione elevatissima estiva di fito e zooplancton e relativa vita animale dipendente), e subpolari (tundra siberiana e canadese), già oggi fortemente stressati, saranno fortemente compromessi, con ripercussioni sulle attività di pesca.
Porti, infrastrutture industriali e turistiche, zone residenziali, villaggi e città costiere si troveranno a dover effettuare tutti gli adattamenti necessari a fronteggiare un livello del mare maggiore, tra l’altro con onde a loro volta più alte.
Il secondo effetto già menzionato, non valutabile come ripercussione sugli ecosistemi naturali, è legato all’alleggerimento del carico di massa sul terreno della Groenlandia e dell’Antartide con emersione delle terre in precedenza schiacciate e caricate dal ghiaccio, e ristabilimento dell’equilibrio tettonico generale delle masse continentali, che galleggiano sul nucleo di roccia fusa, con corrispondente affondamento di altre masse continentali e forte incremento dei terremoti e dei fenomeni vulcanici in tutto il pianeta. Questo processo (che alcune fonti prevedono possa durare un migliaio d’anni), alla fine del secolo potrà già avere provocato danni grandiosi alle infrastrutture umane.
c) lo scioglimento dei permafrost siberiani e nordamericani, già in corso, provocherà la rapidissima liberazione nell’atmosfera di ingenti quantità di metano oggi intrappolate nel suolo permanentemente ghiacciato a circa un metro di profondità con importante effetto di retroazione positiva per l’effetto serra. Il processo di riscaldamento globale, alla fine del secolo, si ritiene che avrà già condotto alla liberazione di grandi quantità di idruri di metano negli oceani.
2. Modifica degli equilibri delle acque dei bacini chiusi per la maggiore evaporazione delle acque e l’eventuale minor apporto di precipitazioni atmosferiche, con variazioni di estensione e di salinità, con ampie modifiche agli ecosistemi residenti. Il processo di riduzione dei bacini chiusi, alla fine del secolo, sarà in gran parte completato.
3. Maggiore velocità delle correnti atmosferiche, a causa delle aumentate differenze termiche tra poli ed equatore con intensificazione dei fenomeni estremi atmosferici (perturbazioni nelle zone temperate, uragani nelle zone tropicali), e relativi danni agli ecosistemi. Anche questo processo si può ritenere che avrà raggiunto, alla fine del secolo, massimi vicini all’equilibrio.
4. Maggiori precipitazioni atmosferiche a causa del maggior contenuto di vapore acqueo disciolto nell’atmosfera più calda per semplice fenomeno fisico diretto e per la maggior evaporazione delle superfici liquide più calde, con crisi cicliche dei sistemi di drenaggio naturali (torrenti, fiumi e laghi) finora dimensionati per via naturale su livelli di precipitazioni minori. Alla fine del secolo è probabile che la situazione abbia trovato un nuovo equilibrio con ampliamento dei sistemi drenanti naturali, mentre l’uomo avrà dovuto ristrutturare i sistemi drenanti artificiali.
5. Intensificazione delle correnti marine, sempre a causa dell’aumento del differenziale termico tra acque ai poli ed acque all’equatore, con incremento della velocità di riscaldamento dei poli e velocizzazione ed aumento dei fenomeni di stress degli ecosistemi polari. Anche questo processo si può prevedere che alla fine del secolo si sarà in gran parte stabilizzato.
CAPITOLO QUINTO
LE AZIONI PER MINIMIZZARE L’IMPATTO ANTROPICO – OBIETTIVI A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE
L’attuale comportamento della specie umana è per lo meno sconsiderato nei confronti di se stessa, apportando importanti modifiche, quasi tutte gravemente negative, all’habitat umano, oltre che alle specie animali e vegetali che sono danneggiate più o meno gravemente da questo comportamento; esso non è certo grave nei confronti del pianeta, che sopravvivrà benissimo, compiendo il suo ciclo fisico predestinato nell’universo, ad altri livelli di equilibrio, come ha vissuto benissimo prima della comparsa della specie umana.
Quindi è sicuramente opportuno, per noi uomini, approfondire le conseguenze di tutto quanto detto in precedenza e dedurre e studiare alcune linee di comportamento che possano rimediare agli effetti negativi per la specie umana della situazione attuale.
In particolare occorre ridurre il riscaldamento globale in ognuna delle sue cause, e quindi promuovere le seguenti azioni:
1) Diminuire l’impiego di energia.
2) Impiegare energie che non producano gas serra.
3) Impiegare energie che non producano calore né cascami termici.
4) Aumentare la riflessione di energia solare.
5) Aumentare l’assorbimento di energia solare sotto altre forme che non siano calore.
A seguito approfondiamo a quali energie sia bene attingere, come promuovere le azioni virtuose sopra elencate, e come perseguire tali azioni a breve, medio e lungo termine
OSSERVAZIONI ED OBIETTIVI GENERALI:
La produzione di energia elettrica da energia termica produce calore disperso che contribuisce al riscaldamento della superficie del pianeta; occorre quindi intercettare e sfruttare ogni forma di calore residuo. Quindi è sicuramente preferibile sviluppare le forme di energia che producano energia elettrica senza cascami di calore. Ma in genere, in coerenza col secondo principio della termodinamica, ogni trasformazione energetica comporta perdite; per cui è meglio usare direttamente l’energia geotermica e quella solare termica per il riscaldamento e riservare l’energia elettrica per gli altri usi.
Le previsioni demografiche prevedono nel 2050 la presenza di poco meno di 9 miliardi di abitanti del pianeta, che dovrebbero stabilizzarsi intorno a questa cifra. Entro il 2030 i consumi di energia vengono valutati, negli scenari più negativi di sviluppo, con un aumento del 65% rispetto all’attuale, negli scenari più positivi almeno con un aumento del 100%. Nel 2050 non si possono che prevedere ulteriori aumenti dello stesso ordine di grandezza, e quindi consumi di energia primaria intorno a 1.500 EJ rispetto agli attuali 360 – 400. Applicando severe norme di risparmio energetico, come sarà necessario, possiamo ipotizzare di mantenerci intorno ai 1.200 EJ.
L’apporto degli idrocarburi fossili, considerando l’esaurimento veloce del petrolio, quello più lento del metano e le riserve di carbone e scisti bituminosi, non potranno certo apportare quantità di energia molto superiore all’attuale, che è circa il 60% dei 400 EJ oggi consumati. Occorre comunque reperire intorno a 1.000 EJ di forme di energia rinnovabili, che è un numero enorme, e, per quello che si è detto, occorre fare affidamento principalmente sul solare soprattutto fotovoltaico, sull’eolico, e poi sull’energia marina, spingendo al massimo ogni forma di risparmio ed efficientizzazione energetica. Solo per la parte che non si riuscirà a produrre in questi modi occorrerà necessariamente ricorrere all’energia geotermica forzata, per quanto dicevamo sull’aggiunta energetica che questa costituisce rispetto all’equilibrio termico del pianeta.
Quindi:
5.1. DIMINUIRE L’USO DELL’ENERGIA
Questo è senz’altro il primo e più importante obiettivo da perseguire, perché, qualunque sia il numero di individui che raggiungerà la specie umana in equilibrio, si tratterà di numeri più alti di oggi e con maggiori consumi.
Intanto non è certo che si raggiungerà qualcosa di simile ad un equilibrio, perché si potrebbe ipotizzare un trend parabolico in cui si raggiunge un massimo per poi decrescere continuamente.
Oggi si può stimare che dai 9 miliardi previsti di apice nell’anno 2050 poi potrà scendere leggermente, per cui possiamo immaginare un numero variabile tra gli 8 ed i 6 miliardi di individui per lungo tempo: è pensabile che la società futura sia più immateriale, ma anche che questi abitanti vorranno aumentare i consumi energetici rispetto ad oggi, soprattutto per i trasporti, riferendoci già ai desideri ed alle aspirazioni del miliardo e oltre di persone che hanno oggi accesso al benessere.
Quindi i consumi energetici futuri dell’uomo, in una condizione di equilibrio secondo le attuali tendenze, si possono stimare tra le 5 e le 10 volte quelli attuali. Le stime attuali più attendibili, svolte paese per paese e per scenari prevedono per il 2030 una necessità tra i 650 e gli 800EJ/anno (fino al doppio di oggi); è prevedibile che con la più equa ripartizione dei consumi non si potrà scendere sotto i 1.400 - 1.500EJ nel 2050; con severe politiche di contenimento, si può pensare di contenere i consumi umani intorno ai 1.200 EJ.
Poiché tutta l’energia si trasforma in calore per principio termodinamico, il pianeta non è sicuramente in grado di sopportare una corrispondente immissione di maggior calore senza aumentare ulteriormente la propria temperatura superficiale, a meno che le forme di energia impiegate non siano praticamente inerti rispetto agli effetti suddetti (per esempio, il fotovoltaico).
Occorre quindi pensare ad una situazione che si avvicini di più alle condizioni di equilibrio, e questo vuol dire che occorre pensare che sarà necessario:
1) ESSERE IN NUMERO COMPATIBILE CON IL PIANETA
Si pone un semplice problema etico: evidentemente ed inconfutabilmente il numero di persone sulla Terra non può essere infinito: è meglio che siano poste restrizioni alla riproduzione a 5, 10 o 20 miliardi di individui? Noi non siamo in grado di dare una risposta eticamente più valida di altre, ma abbiamo una nostra preferenza che consiste nel fatto che, prima si interviene, più abitabile e confortevole resta il nostro habitat, e che eticamente si può ritenere comunque meglio che subisca costrizione un numero minore di individui, quindi che occorre intervenire subito con tutte le politiche di contenimento della riproduzione della specie umana coerenti con l’etica. E’ pur vero che altri possono lecitamente privilegiare, come massimo risultato della razionalizzazione etica dell’esistenza dell’uomo, la massimizzazione del numero di individui della specie umana, ma costoro devono allora, proprio in nome della ragione etica, evitare di favorirne l’espansione casuale, ricca di sofferenze ed ingiustizie largamente evitabili, ed allora devono proporre il sistema per giungere a questo obiettivo per gradi, mantenendo equilibrio sociale e minimizzando sofferenze ed ingiustizie. Altrimenti accettino di raggiungere prima un buon equilibrio in termini di distribuzione della ricchezza e di diminuzione delle ingiustizie, per un numero di persone non esagerato, ed una volta raggiunto questo risultato sarà possibile sperimentare il massimo aumento del numero di individui della nostra specie.
2) CONSUMARE DI MENO, SOPRATTUTTO ENERGIA
- Il settore primario - Agricoltura, allevamento, pesca.
Il settore primario oggi consuma quantità notevoli di energia nei paesi sviluppati, dove è prevalsa la meccanizzazione quasi integrale dei cicli produttivi, ma nei paesi poveri continua ad essere un settore a bassa intensità energetica. Quindi si possono applicare tecniche di innovazione energetica soprattutto alle attrezzature meccanizzate dei paesi ricchi, considerando però che l’apporto in termini di risparmio energetico sul totale resta minimo. L’allevamento intensivo si può giovare di tecnologie energetiche innovative e a basso consumo, in particolare dei tetti fotovoltaici e degli aerogeneratori; quello estensivo non presenta consumi energetici significativi. Anche per la pesca occorre pensare a risparmio energetico sulle attrezzature; e anche in questo settore il consumo energetico complessivo è peraltro molto basso.
- Il settore secondario – L’industria e il commercio.
Si tratta del settore dove i consumi energetici sono massimi, soprattutto per la produzione dell’immensa quantità di merce richiesta dal modello di sviluppo consumistico. Nelle società più avanzate si sono previsti scenari futuri di smaterializzazione del consumo, e quindi di conseguente riduzione di consumo energetico; tali scenari però non si sono verificati e non si stanno verificando, anche se una parte dello sviluppo economico si è trasferito in beni immateriali quali la comunicazione e la cultura. Però la quantità di merce che viene prodotta e trasportata è in continuo aumento, con l’aggravante che essa viene prodotta sempre più lontano dai luoghi di consumo, comportando quindi un aumento del consumo energetico per il trasporto.
Dall’altra parte anche i paesi del terzo mondo si stanno rapidamente trasformando in mercati di consumo con quantitativi fisici di merce ormai immensi. Si pensi ai frigoriferi, alle lavatrici ed alle automobili in Asia.
Pertanto, soprattutto in questo settore occorre applicare le più innovative tecnologie di produzione energetica ecologicamente compatibile, quali i sistemi di produzione di energia del tipo eolico e fotovoltaico. Si può pensare anche di concentrare le produzioni più “energivore” in distretti, ben posizionati dal punto di vista della logistica dei prodotti, dove siano disponibili anche in grande quantità sole e vento; il sistema di tassazione e di incentivazione deve agevolare l’utilizzo di queste nuove forme di energia (ma questo è attualmente il problema generale!).
- Il settore terziario – I servizi materiali, soprattutto i trasporti terrestri, navali, aerei.
Questo settore oggi consuma il 30% dell’energia complessiva. I problemi che presenta sono legati in parte al punto precedente (produzione e commercio di beni materiali) ed in parte alla sempre maggiore esigenza e capacità economica della mobilità delle persone (per affari e turismo).
Mentre per il trasporto delle merci occorre limitare ulteriormente gli spostamenti delle merci pesanti, per il trasporto delle persone occorre razionalizzare la rete dei trasporti.
Occorre penalizzare gli sprechi della circolazione terrestre privata con supertassazione e favorire la conversione del trasporto a energia elettrica da prodursi con fotovoltaico ed eolico. Ciò è possibile per il trasporto terrestre; mentre per il trasporto aereo, dove gran parte dei costi sono costituti dal carburante, occorre riservare quote di carburanti da produzioni biocompatibili. In questo settore sopravvivranno solo le compagnie che impiegano aerei a consumo minore e la selezione la sta già facendo il mercato. Mentre per i trasporti navali, occorre razionalizzare il sistema considerando che per peso trasportato il trasporto navale è molto economico.
- Il settore dei servizi immateriali quali la finanza, la comunicazione, l’informatica
In questo settore i consumi energetici specifici sono già in via di riduzione grazie soprattutto al superamento dei video a tubo catodico, che rappresentano la parte più energivora delle apparecchiature hardware, anche se le potenze richieste dai computer invece sono in continuo aumento man mano che aumenta la diffusione delle comunicazioni. Anche l’evoluzione verso una società di servizi immateriali richiederà la sua parte di aumento di consumo di energia.
- Per tutti i settori di cui sopra, gli ambienti abitati
Uffici, abitazioni ed edifici commerciali (che oggi assorbono quasi metà dell’energia disponibile), per consumare poco, nelle zone ad alte latitudini saranno costruiti con murature molto ben coibentate ed isolanti; a nord (riferendosi all’emisfero Nord del pianeta) saranno realizzate finestre piccole con tripli vetri; ancora lungo il lato nord saranno disposte piante sempreverdi per diminuire l’impatto dei venti freddi e lo scambio termico nella parete più fredda; a sud saranno realizzate finestrone per intercettare il sole in autunno, inverno, primavera con effetto serra interno all’edificio; e sempre a sud saranno disposte piante decidue per evitare il soleggiamento estivo; nell’edificio, all’interno o nel piano cantinato, saranno disposte grandi masse provviste di inerzia termica, utilizzando muri spessi, sottofondo al piano terra in pietra con interstizi per la circolazione dell’aria, serbatoi di acqua interni alla casa, che permettono di limitare gli sbalzi termici conservando il calore diurno di notte d’inverno ed il fresco notturno di giorno in estate. Le coperture dovranno essere vegetali, bianche o meglio fotovoltaiche. La produzione di acqua calda e riscaldamento sarà assistita dal solare termico e fotovoltaico e ovunque possibile da microgeneratori eolici e da pompe di calore geotermiche. Nei climi tropicali le murature spesse e ben coibentate conserveranno il fresco notturno, unitamente a sistemi di circolazione dell’aria naturali e ben conosciuti; le macchine per il raffreddamento dell’aria saranno alimentate con pannelli fotovoltaici o microgeneratori eolici.
- Le ecotasse ed ecoincentivi.
Per diminuire gli sprechi e riorientare i consumi energetici, è attualmente efficacissima (finché il prezzo degli idrocarburi fossili non salirà talmente, e i costi della produzione da fonti alternative non scenderanno adeguatamente, da costringere a scelte innovative con semplici meccanismi di mercato) l’introduzione di meccanismi economici di forzatura del mercato, tramite l’imposizione di tasse sui consumi da sfavorire e incentivi sui consumi da favorire. L’esempio più semplice potrebbe essere questo: chi compra un veicolo Suv che fa solo 5 km con un litro di benzina, dovrebbe pagare una tassa fissa dell’ordine di 5.000 euro (è già stato proposto); mentre chi compra una macchina a bassi consumi dovrebbe ricevere un contributo dell’ordine di 1.000 o 2.000 €.
3) RAZIONALIZZARE I CONSUMI, RAZIONALIZZANDO L’USO DELL’ENERGIA
- Tutti i sistemi e tutti i consumi nelle abitazioni sono ben lungi dall’essere ottimizzati; col rinnovo delle attrezzature e degli impianti si migliora automaticamente l’efficienza dei sistemi.
- Isolamento termico degli edifici: occorre generalizzare gli incentivi per i costruttori a realizzare edifici a basso consumo energetico e incentivare l’isolamento del parco edifici esistente.
- Aiuterebbe a diminuire i consumi energetici da riscaldamento degli edifici anche il trasferimento progressivo dei cittadini del nord del mondo in climi più temperati (non troppo caldi, altrimenti i consumi per raffrescamento annullano l’effetto). Ma questo è immaginabile solo su base volontaria o con incentivazioni da valutare e solo in caso di aggravamento della situazione.
- Una forma abbastanza importante di razionalizzazione del sistema energetico è quello di recuperare energia bruciando i rifiuti al posto di regalarli ai nostri figli lasciando a loro discariche disseminate qua e là (in questo caso si risparmia petrolio, cioè si bruciano meno combustibili fossili, prolungando la vita delle riserve, ma non si diminuisce la produzione diretta di calore né l’immissione di gas serra).
OBIETTIVI A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE
1) ESSERE IN NUMERO COMPATIBILE CON IL PIANETA:
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Visto che gli effetti delle politiche demografiche sono comunque di lungo periodo per propria caratteristica intrinseca, occorre iniziare immediatamente a razionalizzare e superare le resistenze tradizionali che stanno impedendo l’impostazione di serie politiche demografiche di contenimento della popolazione, introducendo politiche di confronto stringente sugli effetti delle politiche demografiche.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Avendo correttamente impostato le politiche demografiche mondiali, a dieci – venti anni si dovrebbe intravedere la stabilizzazione della popolazione.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Tra venti - trent’anni dovrebbe essere possibile effettuare la scelta definitiva tra le varie opzioni razionali sul numero degli abitanti che possono vivere in condizioni di equilibrio col pianeta. Si ribadisce che si intende per equilibrio una condizione tale da assicurare un’equa distribuzione della ricchezza e del valore sociale tra e all’interno delle nazioni, in grado di offrire alla popolazione un ampio grado di soddisfazione sociale.
2) CONSUMARE DI MENO, SOPRATTUTTO ENERGIA
- Il settore primario - Agricoltura, allevamento, pesca.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Tenendo conto che il settore non incide moltissimo sui consumi energetici, a breve termine occorre comunque iniziare l’applicazione di tecniche di innovazione energetica soprattutto alle attrezzature meccanizzate dei paesi ricchi, e nell’allevamento intensivo occorre introdurre tecnologie energetiche innovative e a basso consumo, in particolare i tetti fotovoltaici e gli aerogeneratori; ampliando le zone prive di presenza umana, contribuendo a salvaguardare le biodiversità. Anche per la pesca, la modernizzazione del parco barche e la razionalizzazione con la riduzione delle ampie eccedenze di capacità attuali potrebbe essere sufficiente a ridurre gli attuali consumi.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Entro dieci - venti anni dovrebbe essere già raggiunto un buon equilibrio tra risorse naturali disponibili e corrette modalità di produzione e di prelievo, tale da rispettare la salvaguardia della biodiversità. Si devono generalizzare le tecniche di innovazione energetica soprattutto alle attrezzature meccanizzate dei paesi ricchi, si devono estendere al massimo le tecnologie energetiche innovative e a basso consumo, in particolare dei tetti fotovoltaici e degli aerogeneratori. Anche per la pesca il processo di incremento del risparmio energetico sulle attrezzature dovrebbe essere in uno stadio avanzato.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Tra trenta – quaranta anni si consoliderà l’equilibrio tra risorse naturali disponibili e corrette modalità di produzione e di prelievo tale da stabilizzare definitivamente la salvaguardia della biodiversità, continuando ad estendere le zone deantropizzate del pianeta. Le tecniche di innovazione energetica applicate soprattutto alle attrezzature meccanizzate dei paesi ricchi devono raggiungere il minimo consumo assoluto, si devono rendere massime le tecnologie energetiche innovative e a basso consumo, in particolare dei tetti fotovoltaici e degli aerogeneratori. La pesca dovrà aver trovato l’equilibrio tra risorse naturali prodotte e prelevabili, e si potrà tendere alla diminuzione del prelievo delle risorse naturali aumentando progressivamente anche nel mare le zone deantropizzate.
- Il settore secondario – L’industria e il commercio.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
A breve termine si tratta del settore dove i consumi energetici sono massimi, soprattutto per la produzione dell’immensa quantità di merce richiesta dal modello di sviluppo consumistico, con prospettive di ulteriori massicci aumento se non intervengono meccanismi regolatori del mercato.
Pertanto, soprattutto in questo settore occorre applicare già a breve termine le più innovative tecnologie di produzione energetica ecologicamente compatibile, quali i sistemi di produzione di energia del tipo eolico e fotovoltaico. Si deve cominciare immediatamente il processo di concentrazione delle produzioni più “energivore” in distretti, ben posizionati dal punto di vista della logistica dei prodotti, dove siano disponibili anche in grande quantità sole e vento; in questo settore, dove opera la concorrenza già le leggi economiche di mercato tendono a favorire il risparmio energetico; il sistema di tassazione e di incentivazione deve agevolare l’utilizzo di queste nuove forme di energia soprattutto nei settori senza o con debole concorrenza.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Nel medio periodo occorre aumentare notevolmente gli stanziamenti per la ricerca di metodi di produzione e trasporto meno energivori, ritornando ad allocare le produzioni nei pressi dei luoghi di consumo, e smaterializzare la produzione.
Entro dieci o venti anni soprattutto in questo settore occorre generalizzare l’applicazione delle più innovative tecnologie di produzione energetica ecologicamente compatibile, quali i sistemi di produzione di energia del tipo eolico e fotovoltaico. Si estenderà la concentrazione delle produzioni più “energivore” in distretti, ben posizionati dal punto di vista della logistica dei prodotti, dove siano disponibili anche in quantità sole e vento, incrementando ulteriormente l’effetto del sistema di tassazione e di incentivazione che deve agevolare l’utilizzo di queste nuove forme di energia.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Completamento e affinamento con ottimizzazione e massima estensione dei processi sopraindicati.
- Il settore terziario – I servizi materiali, soprattutto i trasporti terrestri, navali, aerei.
NEL BREVE PERIODO
Questo settore oggi consuma il 30% dell’energia complessiva. I problemi che presenta sono legati in parte al punto precedente (produzione e commercio di beni materiali) ed in parte alla sempre maggiore esigenza e capacità economica della mobilità delle persone (per affari e turismo).
Occorre in tempi brevi aumentare massicciamente le penalizzazioni degli sprechi della circolazione terrestre privata con supertassazione ed aumentare l’investimento delle risorse atte a favorire la conversione a energia elettrica o ad idrogeno fotovoltaico dei mezzi privati, da prodursi in maniera ecocompatibile. Immettere ampie risorse nel trasporto su rotaia, che presenta il minimo consumo energetico per passeggero trasportato e non ingenera effetto serra. Favorire la ricerca di motori per aerei a basso consumo (anche qui sta già operando il mercato). Incentivare l’impiego di motori a basso consumo, anche elettrici con fotovoltaico o ad idrogeno, nel trasporto navale (esistono già applicazioni pratiche).
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Nel medio periodo occorre generalizzare le politiche incentivanti per favorire l’adozione di energie alternative, dato che almeno in teoria il risparmio energetico dovrebbe essere già indotto dall’alto costo dell’energia.
Mentre per il trasporto delle merci occorre proseguire l’avvicinamento della produzione delle merci pesanti ai luoghi di consumo, in modo da limitare lo spostamento dei beni materiali, anche per il trasporto delle persone occorre accentuare lo sviluppo dei sistemi di mobilità di massa riconvertendo l’attuale modello di sviluppo urbanistico consistente in residenze sparse disordinata-mente nei sobborghi e concentrazione delle attività produttive in centri terziari: occorrerà concentrare la popolazione in luoghi ben serviti da mezzi pubblici ed avvicinare le zone produttive agli insediamenti residenziali.
Anche la trasformazione dei mezzi a trazione elettrica, o idrogeno, se prodotti con fonti alternative, darà un contributo importante alla compatibilità ambientale del trasporto di persone e cose; per il trasporto aereo, dove gran parte dei costi sono costituti dal carburante, di qualunque provenienza esso sia, si accentuerà l’adozione dei mezzi a minor consumo. Per i trasporti navali, occorre proseguire la razionalizzazione del sistema: si estenderà l’impiego di motori elettrici con produzione autonoma di corrente con generatori fotovoltaici ed anche eolici.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Nel lungo periodo occorre portare a termine le politiche incentivanti per favorire l’adozione di energie alternative, completando la conversione del parco mezzi terrestri.
Occorre anche concludere, per il trasporto delle merci, il processo di avvicinamento della produzione delle merci pesanti ai luoghi di consumo, in modo da limitare lo spostamento dei beni materiali, e anche per il trasporto delle persone occorre portare a compimento lo sviluppo dei sistemi di mobilità di massa e di riconversione dell’attuale modello di sviluppo urbanistico sopraccitato.
Dovrà anche essere conclusa la fase di trasformazione dei mezzi a trazione elettrica e ad idrogeno prodotti con fonti alternative. Nel trasporto aereo, dove gran parte dei costi sono costituti dal carburante, di qualunque provenienza esso sia, la selezione del mercato avrà concluso il suo iter di sopravvivenza dei mezzi a minor consumo. Per i trasporti navali, occorre concludere la razionalizzazione del sistema, generalizzando la produzione autonoma di corrente con generatori fotovoltaici ed anche eolici, ed inserendo nuovi sistemi di propulsione o copropulsione a vela
- Il settore dei servizi immateriali quali la finanza, la comunicazione, l’informatica
NEL BREVE PERIODO
In questo settore si deve puntare a tecnologie innovative per aumentare la potenza di elaborazione senza aumentare i consumi energetici specifici.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Occorre sviluppare servizi sempre più immateriali riducendo le potenze di trasmissione e le potenze installate presso i singoli utenti, con lo sviluppo dei servizi internet; questo sembra un obiettivo perseguibile facilmente a medio termine
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
La piena efficientizzazione energetica del sistema
- Gli ambienti abitati,
ricordando che sono responsabili di circa il 50% dei consumi energetici attuali:
NEL BREVE PERIODO
Come già detto, i regolamenti edilizi devono immediatamente generalizzare per i nuovi uffici, abitazioni ed edifici commerciali, le regole prima ricordate: murature molto coibentate ed isolanti; a nord (riferimento emisfero nord del pianeta) saranno realizzate finestre piccole con tripli vetri; sempre a nord piante sempreverdi per diminuire l’impatto dei venti freddi e lo scambio termico nella parete più fredda; a sud finestrone per intercettare il sole in autunno, inverno, primavera con effetto serra interno all’edificio; a sud piante decidue per evitare il soleggiamento estivo; all’interno o nel piano cantinato, grandi masse provviste di inerzia termica, utilizzando muri spessi, sottofondo al piano terra in pietra con interstizi per la circolazione dell’aria, serbatoi di acqua interni alla casa, che permettono di limitare gli sbalzi termici conservando il calore diurno di notte d’inverno ed il fresco notturno di giorno in estate. Le coperture dovranno essere vegetali, bianche o meglio fotovoltaiche e comunque anche solari termiche. Ampio uso di pompe di calore negli edifici nuovi. I consumi energetici complessivi degli edifici devono essere certificati al disotto di una soglia definita.
Occorre anche favorire con detassazione e incentivi la ristrutturazione energetica degli edifici esistenti.
In climi più temperati i provvedimenti possono essere diversi (nella regione degli alisei basta una buona progettazione delle coperture per risolvere gran parte dei problemi di consumo energetico degli edifici).
Occorre anche favorire con detassazione e incentivi la ristrutturazione energetica degli edifici esistenti;
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Piani di riqualificazione urbana dovranno investire ampie risorse nella ristrutturazione degli edifici più obsoleti (ove costasse di meno il rifacimento, tenendo conto del valore storico e paesaggistico, la soluzione è da prendere in considerazione).
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Completamento della ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente secondo i principi sopraddetti.
5.2. IMPIEGARE ENERGIE CHE NON PRODUCANO GAS SERRA
L’umanità sarà comunque costretta a ricorrere a queste energie dalla (prossima) fine dei combustibili fossili.
Valutiamo in questo capitolo le energie dal punto di vista del gas serra, escludendo gli idrocarburi fossili perché sono i peggiori per effetto serra e riscaldamento, stanno per finire, e in qualche modo riteniamo che saranno sfruttati rapidamente fino all’ultimo grammo disponibile in tempi brevi anche se si dimostrasse che sono velenosi: a seguito cerchiamo di determinare quali siano le scelte migliori tra le alternative energetiche agli idrocarburi fossili, per un futuro migliore dell’umanità. Tralasciamo di fare previsioni anche sull’energia nucleare, di cui abbiamo già approfondito i limiti, valutando che anch’essa non è ritenibile rinnovabile
La quantità di energia fornita dal complesso delle fonti rinnovabili risulta pari a 1391,6 mtep , pari al 13,6,% del totale dei consumi energetici, IEA 2002
OBIETTIVI A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE
IN GENERALE
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Ci si può mettere qualunque numero; esso dipende moltissimo dagli investimenti che i governi vi indirizzeranno e molto dal costo degli idrocarburi. Ma basandosi su risultati già ottenuti ad esempio da paesi come la Danimarca, si può supporre che un obiettivo di almeno il 40% di energie compatibili con l’ambiente, per i paesi non produttori di idrocarburi, sia utile e perseguibile nel breve periodo.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Tra vent’anni la percentuale di energia alternativa può essere pari al 70% nei paesi non produttori di idrocarburi ed al 40% nei paesi produttori che cominceranno ad avviarsi alla fine delle produzioni di idrocarburi fossili.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE tra quarant’anni la conversione ad energie alternative sarà necessariamente completamente attuata, per l’esaurimento o la rarità dei combustibili fossili.
A) ENERGIA GEOTERMICA
La produzione nel 2002 era di 41,5 mtep
E’ la forma di energia migliore, con disponibilità infinita, serve per produrre energia elettrica col vapore in pressione fornito direttamente dal sottosulolo o artificialmente, immettendo ulteriore acqua a contatto di strati caldi o affioranti o profondi. La principale controindicazione consiste nel fatto che, estraendo artificialmente dal sottosuolo il calore geotermico, si aggiunge calore alla superficie del pianeta rispetto agli equilibri naturali.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Si tratta di sviluppare ulteriormente lo sfruttamento dei punti caldi del globo, dove il calore geotermico è più superficiale e quindi il suo prelievo più economico.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Si tratta di sviluppare risorse più profonde, comunque ampliamente disponibili come enunciato in precedenza.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Si potrebbe sfruttare esclusivamente l’energia geotermica per soddisfare le necessità di tutta l’umanità, ma, come dicevamo, si tratta di un apporto aggiuntivo di calore alla superficie terrestre e quindi andrà utilizzata solo nella quantità minima necessaria ad un mix energetico razionale ed efficiente.
B) ENERGIA SOLARE
Dai dati 2002 risulta sfruttata per 8.8 mtep sommata all’eolico (IEA); per una percentuale sui consumi globali pari al 2% (ENEA)
E’ disponibile in grande abbondanza: infatti la radiazione totale intercettata dalla terra vale 173.000 TW (pari in un anno a mille volte tutte le riserve terrestri di petrolio, e pari a 173.000 centrali da 1.000MW).
Essa può essere sfruttata per via termica. 1) scaldando fluidi che corrono all’interno di pannelli, si ottengono temperature di 60 - 80 C°; 2) ancora più semplicemente, l’uso di botti nere esposte al sole sul circuito dell’acqua dell’edificio fornisce già abbondante (a seconda della latitudine) acqua calda termosanitaria a 40 -50 C° e integra sistemi di riscaldamento ambientale a bassa temperatura.; 3) con concentratori solari a specchio che permettono di portare a ebollizione l’acqua con produzione di vapore e quindi di energia elettrica con turbina a vapore, 4) sfruttando con aerogeneratori i moti convettivi dell’aria riscaldata raccolta in appositi camini (solar towers).
Altrimenti l’energia solare può esser sfruttata per via fotovoltaica: produce direttamente energia elettrica, è senz’altro quella che produce meno calore, se non per l’ulteriore trasformazione in calore dell’energia elettrica prodotta per degrado entropico. Il fotovoltaico produce zero effetto serra se non durante il processo di produzione dei pannelli.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Sviluppare il più possibile il solare termico locale, per i suoi bassissimi costi, ed il fotovoltaico, anche locale, imponendo, tramite ecotasse ed incentivazioni, tassi di crescita superiori al 50% l’anno; obbligando con i regolamenti edilizi all’installazione sia del solare termico che del fotovoltaico nelle nuove costruzioni.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Generalizzare l’uso del solare termico, diffondere l’uso del fotovoltaico locale, ed arrivare a realizzare ampie centrali fotovoltaiche nelle zone desertiche fino alle potenze oggi considerate standard di 1.000 MW o più.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Generalizzare l’uso del fotovoltaico sia locale sia realizzando numerose centrali di grandi dimensioni, in zone desertiche, unendo la possibilità di dissalazione e di produzione di idrogeno come vettore energetico, fino al numero in equilibrio nel mix progettato dai pianificatori.
C) ENERGIA DA BIOMASSA, DA RIFIUTI E IDROCARBURI COMBUSTIBILI DA BIOMASSA
I dati 2002 indicano una produzione di 1.117 mtep pari all’11% dei consumi energetici mondiali 2002 (Agenzia internazionale per l’energia IEA).
E’ il modo di sfruttare l’energia solare per via chimica; trova limiti nella limitata possibilità globale di produzione rispetto all’evoluzione prevedibile dei consumi.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Sviluppare biocarburanti in modo da avere a disposizione energia sufficiente soprattutto per il trasporto aereo, dove gli idrocarburi liquidi sono di difficile sostituzione; la produzione di elettricità da biomasse e da rifiuti non può che essere marginale, in proporzione ai consumi globali.
OBIETTIVI A MEDIO E LUNGO TERMINE
La produzione di biomasse non può fisicamente soddisfare la richiesta energetica del pianeta, per cui a medio e lungo termine si tratta di ottimizzare e rendere massima l’efficienza della produzione di biodiesel e bioetanolo, soprattutto per il trasporto aereo, dove l’impiego dell’elettricità o di gas in pressione è contraddittorio con le attuali caratteristiche dei veicoli. Il trasporto terrestre si può affidare all’elettricità e quello marittimo ai gas compressi.
D) ENERGIA CINETICA E DA DIFFERENZE DI TEMPERATURA
Provenendo da fluidi atmosferici e oceanici, ha influenza pari a zero sull’effetto serra. Si può ricorrere a correnti aeree (eolico), correnti marine, moto ondoso, pompe di calore a terra e negli oceani, e altre minori.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Sviluppare l’eolico oltre il 50% annuo superando il dato già raggiunto, anche tramite ecoincentivi ed ecotasse; superare la fase sperimentale di microproduzione delle turbine da correnti marine. Trovare i più efficienti sistemi di sfruttamento energetico del moto ondoso e delle pompe di calore. Incentivare nelle nuove e vecchie costruzioni i sistemi di riscaldamento/raffrescamento a pompa di calore nel terreno a bassa profondità.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Sfruttare gran parte delle zone ventose con pale eoliche e impostare i primi grandi parchi di sfruttamento delle correnti marine. Costruire ampi campi di sfruttamento del moto ondoso, e, se economico, campi di pompe di calore; aumentare l’incentivazione delle pompe di calore a bassa profondità.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Sfruttare tutte le zone ventose prive di importante valenza paesaggistica; generalizzare lo sfruttamento delle correnti marine con turbine. Generalizzare la costruzione di campi di sfruttamento del moto ondoso e delle pompe di calore. Generalizzare l’impiego di pompe di calore a bassa profondità per gli edifici.
E) ENERGIA GRAVITAZIONALE
Da maree: vale 3TW, pari a 1/60.000 della radiazione solare, ma non ha origine da essa bensì dal moto della luna che attira le masse d’acqua provocando correnti marine anche intense negli stretti; gli obiettivi A BREVE TERMINE, A MEDIO TERMINE E A LUNGO TERMINE sono gli stessi visti precedentemente per lo sfruttamento delle correnti marine termiche con turbine sottomarine.
F) ENERGIA IDRAULICA
Oggi fornisce circa il 6% del fabbisogno energetico mondiale (ENEA) – 223,7 mtep 2002 (IEA)
Provenendo da precipitazioni atmosferiche, presenta zero effetto serra alla produzione.
L’energia idroelettrica è già stata sfruttata abbondantemente; esistono catene montuose ancora indenni, e sia nelle Ande che nell’Himalaya vi sono ampie possibilità di sfruttamento, che però si stima non possano che triplicare la produzione attuale.
I grandi impianti, nelle zone antropizzate, provocano la necessità di interventi massicci e costosi di delocalizzazione delle popolazioni residenti lungo i corsi fluviali.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
Aumento della produzione attuale nei paesi con adatta orografia
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
Raddoppio della produzione attuale
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Su scala planetaria produrre il triplo dell’elettricità idraulica prodotta oggi.
5.3. IMPIEGARE ENERGIE CHE PRODUCANO MENO CALORE POSSIBILE E MINORI CASCAMI TERMICI.
Valgono le stesse valutazioni di cui al capitolo precedente, soppesando il fatto che il ricorso all’energia geotermica provoca un apporto netto di nuovo calore alla superficie del pianeta. E’ per questo fatto che l’energia geotermica va sfruttata il meno possibile e solo in via residuale, dove non sia possibile ricorrere alle forme di energia indicate precedentemente. Occorre procedere, nella progettazione di nuove centrali energetiche e nella riqualificazione delle vecchie, a recuperare tutto il calore disponibile (impiegando tecniche di cogenerazione, di teleriscaldamento, di altre forme di utilizzo del calore residuo). Occorre procedere, se necessario con incentivazioni, alla ristrutturazione energetica delle centrali esistenti in questa direzione e completare il processo entro i prossimi quarant’anni. Il solare termico e fotovoltaico non producono cascami di calore, mentre l’energia eolica genera qualche perdita di calore nella produzione di energia elettrica con i generatori.
OBIETTIVI A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE
Consolidare subito la riqualificazione delle centrali esistenti; entro vent’anni aver raggiunto il 50% della riqualificazione, entro quarant’anni aver completato il processo o aver sostituito con nuove centrali tutte quelle oggi esistenti.
5.4. AUMENTARE L’ASSORBIMENTO DI ENERGIA SOLARE SOTTO ALTRE FORME CHE NON PRODUCANO CALORE
Sono individuabili due sistemi per assorbire radiazione solare sotto forme di energia non termica:
1) Aumento della massa vegetale con sequestro di CO2 con duplice beneficio sul riscaldamento diretto e sull’effetto serra.
- Ciò naturalmente obbliga a cessare il depauperamento in corso del manto vegetale (distruzione delle foreste), studiare le specie vegetali che a seconda della latitudine sviluppino la maggiore massa vegetale, e provvedere a coltivazioni e piantumazioni stabili di queste specie. Ciò può essere proposto anche in mare; riuscendo a selezionare le specie a più rapida crescita, con precipitazione sul fondo alla fine del ciclo vitale, si potrebbe ipotizzare un sequestro di CO2 e di radiazione solare simile a quella artificialmente immessa in atmosfera utilizzando combustibili fossili. Esperimenti pratici sono già stati effettuati principalmente utilizzando fertilizzazione a base di ferro.
- Inoltre in tutti gli ambienti antropizzati occorre aumentare al massimo il manto vegetale, imponendo nei piani regolatori che tutte le superfici non soggette a traffico automobilistico siano destinate a verde, compresi i tetti degli edifici sia civili che industriali; allo scopo si può pensare di ridurre notevolmente le superfici aperte destinate alle automobili. Inoltre è possibile realizzare anche coperture vegetali anche sulle pareti: si può pensare alle edere delle ville Vittoriane, ma sono anche già stati realizzati edifici moderni, in cui le pareti, più o meno verticali, sono completamente coperte da manto vegetale, in modo che anche la radiazione solare incidente inclinata non venga trasformata in calore.
2) Aumento delle superfici artificiali che captano radiazione solare trasformandola in energia non termica col sistema fotovoltaico (e in parte solare termico).
Per ottenere questo obiettivo, tutte le superfici non destinate al rafforzamento del manto vegetale dovranno essere destinale ad intercettare radiazione solare trasformandola direttamente in energia elettrica, evitando così la produzione intermedia di cascami calore, pur tenendo presente che questo sistema, essendo appositamente scuro, assorbe una quantità di energia solare maggiore di quella che sarebbe assorbita per via naturale da superfici più chiare (ad es. ciò succederebbe se si posizionassero ampie batterie solari fotovoltaiche in un deserto), producendo energia elettrica che prima o poi , come dicevamo all’inizio del libro, si trasforma comunque in calore per decadimento naturale delle forme di energia, contribuendo quindi comunque al riscaldamento del pianeta, anche se in maniera minore e senza effetto di produzione di CO2. In questa direzione, sono particolarmente utilizzabili tutti i deserti, dove in genere le ore di soleggiamento sono massime; ma, più vicino agli utilizzatori e quindi con minori costi di infrastrutture di trasporto energetico, sono anche adattissime le superfici degli edifici (tetti fotovoltaici).
Una piccola parte delle superficie disponibili presso gli edifici è bene sia destinata al sistema solare termico per fornire direttamente acqua calda agli impianti idrici e di riscaldamento.
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
1) Aumento della massa vegetale con sequestro di CO2 con duplice beneficio sul riscaldamento diretto e sull’effetto serra.
- Prima diminuzione del depauperamento in corso del manto vegetale (distruzione delle foreste), indirizzo di risorse pubbliche allo studio delle specie vegetali che a seconda della latitudine sviluppino la maggiore massa vegetale, e inizio su piccola scala delle coltivazioni e piantumazioni stabili di queste specie; studi paralleli sulle coltivazioni vegetali di alghe in mare, con sperimentazione delle fertilizzazioni più efficaci e degli eventuali supporti (ad esempio grandi zattere in legno) di attecchimento, se necessari, per estendere le superfici verdi in mare.
- Per aumentare al massimo il manto vegetale negli ambienti antropizzati, adozione dei piani regolatori di sviluppo urbano con obbligo che tutte le nuove superfici antropizzate non soggette a traffico siano destinate a verde, compresi i tetti degli edifici sia civili che industriali, se non utilizzati per i pannelli fotovoltaici; prescrizioni di interramento di tutte le nuove vie di traffico automobilistico e ferroviario.
2) Aumento delle superfici artificiali che captano radiazione solare trasformandola in energia non termica col sistema fotovoltaico: costruzione di ampie superfici fotovoltaiche nelle zone desertiche, dove non è possibile realizzare manto vegetale. Finanziamenti per la realizzazione di tetti fotovoltaici per la produzione diffusa di elettricità e di pannelli solari termici per la produzione locale di acqua calda.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
1) Aumento della massa vegetale con sequestro di CO2 con duplice beneficio sul riscaldamento diretto e sull’effetto serra.
- Progressiva fine del depauperamento in corso del manto vegetale (distruzione delle foreste), estensione abbondante della coltivazione delle specie vegetali che a seconda della latitudine sviluppino la maggiore massa vegetale; estensione della coltivazione delle alghe in mare, con estensione delle zone fertilizzate e degli eventuali supporti organici.
- Per aumentare al massimo il manto vegetale negli ambienti antropizzati, occorre aumentare l’impiego di risorse per estese modifiche delle superfici esistenti non soggette a traffico destinate a verde, compresi i tetti degli edifici sia civili che industriali; interramento graduale delle vie di traffico automobilistico e ferroviario esistenti.
2) Aumento delle superfici artificiali che captano radiazione solare trasformandola in energia non termica col sistema fotovoltaico: massiccio ampliamento delle superfici fotovoltaiche nelle zone desertiche, dove non è possibile costruire manto vegetale; ampliamento dei tetti fotovoltaici e solari termici.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
1) Aumento della massa vegetale con sequestro di CO2 con duplice beneficio sul riscaldamento diretto e sull’effetto serra:
- cessata completamente la distruzione delle foreste, tutte le superficie disponibili, non dedicate a pannelli solari delle varie tipologie, sono coperte con le specie vegetali che a seconda della latitudine sviluppino la maggiore massa vegetale. In mare si provvede a completare ed estendere al massimo la proliferazione delle alghe più adatte.
- tutti gli ambienti antropizzati completano gli interventi di messa a verde di tutte le superfici non soggette a traffico automobilistico o ferroviario, compresi i tetti degli edifici sia civili che industriali; e si completa l’interramento di tutto il traffico di trasporto relativo ad automobili e treni.
2) Tutte le zone desertiche necessarie a soddisfare i consumi energetici dell’umanità sono destinate alla captazione della radiazione solare trasformandola in energia non termica col sistema fotovoltaico. Tutti i tetti che non sono a verde sono attrezzati con il solare fotovoltaico, e in parte termico.
5.5. AUMENTARE LA RIFLESSIONE DI ENERGIA SOLARE
E quindi l’albedo della Terra. Ciò diminuisce l’assorbimento da parte della superficie planetaria della radiazione solare sotto forma di calore; questo in coerenza, per citare riflessioni importanti rispetto all’argomento, col mondo delle margherite di James Lovelock dove al crescere della temperatura si sviluppano di più le margherite bianche di quelle scure aumentando la riflessione della radiazione solare, con effetto di retroazione negativo verso il raffrescamento ed il ristabilimento dell’equilibrio.
Per ottenere questo risultato si può agire nei seguenti modi:
1) Rendere più chiare, fino al bianco, o riflettenti, le superfici che non sia possibile ricoprire con manto vegetale e non utilizzate da pannelli solari, si tratti sia dei terreni naturali, sia delle superfici antropizzate, sia delle superfici degli oceani. I sistemi per ottenere questo possono essere costituiti da teloni estesi su grandi superfici, o sfere ravvicinate, o cospargimento con polveri bianche o addirittura con pitturazioni in colori chiari. Sui suoli freddi è sufficiente spruzzare acqua che, congelando, si trasforma in uno strato bianco.
Le prime applicazioni pratiche di questo principio sono state realizzate in Svizzera in sede locale; in particolare, nell’estate 2005 si è provveduto a proteggere dalla radiazione solare un ghiacciaio, in via di rapido scioglimento, che si tenta di preservare per le attività turistiche.
2) Costruzione di specchi, posizionati a terra o nello spazio, che respingano la radiazione solare, mantenendo in ombra, e quindi più fresche, parti della superficie terrestre.
Considerato però che, in ogni caso, serve energia per le attività umane, si valuta che sia meglio posizionare gli specchi a terra e impiegarli come concentratori solari, per produrre energia al posto di altre fonti, tramite concentrazione dei raggi solari su caldaie a vapore in grado di muovere turbine a vapore. Ma allora deve essere valutata l’alternativa dei pannelli fotovoltaici, che non hanno la necessità di passare attraverso l’intermediazione del vapore per produrre energia elettrica, e che quindi non hanno bisogno di acqua (e in zone desertiche questo costituisce un grande vantaggio) e non producono cascami termici nella fase di trasformazione dell’energia da solare ad elettrica. In questo settore il principale elemento che influirà sulla scelta sarà costituito dai fattori di costo su produzioni di grande scala. I concentratori solari con impianto di generazione di energia elettrica richiedono tecnologie più semplici ma impianti più complessi e con maggiori costi di manutenzione.
Va valutato che comunque questi sistemi, sia a specchi solari sia fotovoltaici, essendo appositamente particolarmente efficienti nell’intercettare l’energia solare, aumentano la quantità di energia solare assorbita che prima o poi, come dicevamo all’inizio del libro, si trasforma comunque in calore per decadimento fisico naturale delle forme di energia.
3) Aumentare artificialmente lo strato delle nuvole.
In alcune zone del pianeta, l’uomo sta riuscendo ad ottenere questo risultato anche involontariamente, grazie all’inquinamento: infatti, per esempio, la nube di inquinamento asiatica, che da alcuni anni staziona più o meno permanentemente sull’Asia meridionale, non permette la penetrazione di tutta la radiazione solare respingendone una percentuale più alta del normale, e mantenendo le temperature al suolo leggermente inferiori rispetto alle normali medie.
Questo può essere ottenuto con metodi artificiali volontari: in questo momento, tra i metodi volontari si può pensare alla produzione di fumo bianco, possibilmente non a base di CO2 per le note controindicazioni, da immettere in alta atmosfera; oppure alla produzione geotermica di grandi masse di vapore ma in ambiente freddo, in modo da provocare la condensazione del vapore stesso in nuvole o nebbie, in grado di aumentare la riflessione della radiazione solare (ma con controindicazioni derivanti dalla maggiore immissione artificiale di calore).
OBIETTIVI A BREVE TERMINE
1) Tutte le nuove superfici antropizzate destinate alla mobilità (aeroporti, strade e parcheggi, ferrovie e stazioni, piste ciclabili e marciapiedi), e tutte le nuove superfici degli edifici non copribili con manto vegetale, e non utilizzate per pannelli solari, devono essere realizzate in materiali chiari o dipinte di bianco.
Nel mare, con particolare attenzione agli ecosistemi, occorre studiare quali siano i materiali chiari, (sono state proposte anche plastiche galleggianti incoerenti), più efficaci, più facili da controllare e meno dannosi per l’ambiente.
2) Costruzione di una prima generazione standard, e quindi già a basso prezzo, di concentratori solari (se non di campi fotovoltaici) che utilizzino la radiazione solare, senza permettergli di riscaldare direttamente la superficie planetaria.
3) Sperimentare i sistemi di creazione di barriere bianche atmosferiche efficienti e poco inquinanti.
OBIETTIVI A MEDIO TERMINE
1) Estendere ad una buona parte delle superfici antropizzate esistenti destinate alla mobilità (aeroporti, strade e parcheggi, ferrovie e stazioni, piste ciclabili e marciapiedi), e a tutte le superfici degli edifici non copribili con manto vegetale o con pannelli solari, la caratteristica di essere realizzati in materiali chiari o dipinte di bianco.
Nel mare, con particolare attenzione agli ecosistemi, si provvederà a realizzare le prime estensioni riflettenti con i materiali galleggianti sperimentati.
2) Estensione generalizzata delle superfici dedicate a concentratori solari (o di campi fotovoltaici) che utilizzino la radiazione solare.
3) Nell’atmosfera si provvederà a realizzare le prime superfici riflettenti bianche con i sistemi sperimentati.
OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
1) Completare le operazioni di schiarimento di tutte le superfici antropizzate esistenti destinate alla mobilità e di tutte le superfici degli edifici non copribili con manto vegetale o con pannelli solari.
Nel mare si provvederà a realizzare le estensioni riflettenti bianche in tutti i luoghi più adatti.
2) Estensione a tutto il fabbisogno progettato delle superfici dedicate a concentratori solari (o di campi fotovoltaici) che utilizzino la radiazione solare.
3) Nell’atmosfera si provvederà a realizzare ulteriori superfici riflettenti bianche fino alla quantità progettata.
CONCLUSIONI
Le condizioni ambientali che hanno presieduto allo sviluppo della specie umana sul nostro pianeta, nelle quali essa è stata la specie vincente nella lotta dell’evoluzione per selezione naturale delle specie più adatte, sono state messe in crisi dalla civiltà industriale, suprema espressione della potenza della specie. Con la rivoluzione industriale l’uomo, sfruttando velocemente le grandi energie che il pianeta aveva immagazzinato nel sottosuolo per centinaia di millenni, ha potuto prosperare fino a raggiungere un numero di individui altrimenti impensabile. Ma questo sfruttamento sta provocando un eccessivo riscaldamento della superficie della Terra, con problemi sull’habitat e sulle condizioni dell’insediamento dell’uomo, consistenti in perturbazioni atmosferiche violente, inondazioni e crescita del livello del mare. Molto danno è già stato fatto, ma per quanto riusciremo a prendere coscienza, occorre intervenire nel tempo più breve per rallentare le tendenze e impedire ulteriori peggioramenti.
Occorre che si realizzino alcune condizioni per cui dobbiamo impegnarci velocemente e duramente. La prima condizione è quella che se vogliamo restare così in tanti come oggi e senza eccessivi squilibri sociali dobbiamo consumare di meno. La seconda è quella di cercare di ripristinare i magazzini di CO2 potenziando al massimo il manto verde della Terra, intervenendo anche nel mare, in modo da ridurre il tasso di CO2 atmosferico. La terza è quella di impiegare solo energie che non sviluppino gas serra né cascami di calore, quindi fotovoltaica, eolica, da maree, idraulica, da correnti marine e da moto ondoso, con pompe di calore a terra e negli oceani. Si tratta di energie disponibili in grande quantità. L’immensa quantità di energia geotermica, a causa del suo apporto netto di calore alla superficie del pianeta, sarà una scorta per il futuro dell’umanità, da impiegare solo in caso di necessità qualora sia impossibile soddisfare la domanda energetica con le fonti indicate prima.
Il mondo che sarà la casa dell’uomo in equilibrio col suo pianeta si presenterà allora con immense foreste anche nelle zone oggi desertiche grazie all’acqua marina dissalata con l’energia solare prodotta in grandi estensioni di pannelli fotovoltaici; con abitazioni e città con strade di scorrimento sotterranee, e tetti, pareti e superfici piane rivestite di vegetali, laddove non siano utilizzati per l’installazione di pannelli solari; le abitazioni e gli uffici monopiano saranno in parte sotterranei in modo da minimizzare i consumi energetici, perfettamente isolati in inverno nelle zone fredde.
A terra, nelle zone a nord e sud dell’equatore, ora desertiche, in mezzo alle nuove foreste e nelle zone più lontane dal mare, ampie superfici fotovoltaiche produrranno grandi quantità di energia elettrica, usata in parte per dissalare l’acqua marina e per la produzione di idrogeno. Pompe di calore moltiplicheranno l’energia elettrica da impiegarsi per il riscaldamento ambientale nei paesi delle alte latitudini.
Superfici agricole ampie saranno dedicate alla produzione di idrocarburi liquidi che per alcune forme di trasporto potrebbero risultare insostituibili almeno nel medio periodo, dove l’impiego dell’idrogeno risulta meno sicuro.
Tutte le superfici che non potranno essere rivestite di manto vegetale e che non servirà destinare alla produzione energetica, dovranno essere schiarite il più possibile per respingere il massimo di radiazione solare.
Nel mare grandi fattorie galleggianti provvederanno a produrre energia elettrica in grandi quantità sfruttando il moto ondoso e le correnti marine, soprattutto negli stretti, moltiplicandola con le pompe di calore. Contemporaneamente provvederanno alla fertilizzazione per lo sviluppo di grandi quantità di alghe, sempre per stabilizzare i gas serra.
Il trasporto puntuale potrà essere impostato sulla trazione elettrica ma anche su quella ad idrogeno. Mentre il trasporto tra città sarà come oggi prevalentemente elettrico; il trasporto aereo potrà mantenersi con i carburanti liquidi di origine agricola.
Le produzioni agricola ed industriale potranno impiegare l’energia elettrica prodotta dalle fattorie del vento, dalle fattorie solari e dalle fattorie marine.
Solo così si può sperare che la Terra ritrovi un equilibrio non troppo distante dalle condizioni che hanno dato origine all’uomo.
E solo in questo modo, ripristinando un equilibrio il più possibile vicino alle condizioni che gli hanno consentito lo straordinario sviluppo di specie, l’uomo potrà confermare che la sua vittoria tra le specie nella lotta dell’evoluzione tramite la selezione naturale non è effimera. Come invece è successo alle specie via via dominanti nelle lunghe ere che ci hanno preceduto e che, da dominanti, si sono indebolite e poi si sono estinte, sostituite da altre specie più giovani e più adatte, pronte a subentrare nelle nuove condizioni ambientali.
La specie umana ha trovato le condizioni favorevoli alla propria evoluzione, quale animale vittorioso nella durissima lotta per l’evoluzione tramite la selezione naturale, alle basse latitudini del continente Africano. Da qui si è espansa verso le zone accessibili del nord e dell’est del pianeta, dove trovò abbondanza di animali di cui nutrirsi; e poi poté prosperare ancora con l’agricoltura nella mezzaluna fertile alle foci del Tigri e dell’Eufrate; trovando condizioni favorevoli all’agricoltura nelle zone temperate ricche di piogge e di acque, e dove ha potuto sviluppare la sua massima potenza, con la civiltà industriale che noi stiamo vivendo, grazie al dono degli idrocarburi fossili. Ora, verso la fine di questa era di potenza, un nuovo modello energetico consentirà ancora alla specie umana di prosperare, tornando a valorizzare le zone tropicali nelle quali l’uomo è nato.
REFERENZE
- Sul rapido esaurimento degli idrocarburi fossili, Richard Heinberg, “La festa è finita. La scomparsa del petrolio, le nuove guerre, il futuro dell'energia”, Fazi, Roma 2004.
- sul fatto che il rapido esaurimento del petrolio non metterà in grave crisi a breve la società industriale, John Tilton, “On borrowed time? Assessing the threat of minerai depletion”, Resources for the future, Washington 2003.
- fonti rinnovabili: Michael Meacher Professione Parlamentare laburista inglese Famoso come Ministro all'Ambiente durante le trattative di Kyoto Indirizzo www.epolitix.com/ENI M PWebsites/M ichael+Meacher/home .htm - notizia riportata da IL SOLE 24 ORE novembre 2005.
- Per la Solar Tower: S.A. Sherif, professore di Ingegneria meccanica e aerospaziale della University of Florida, autore all’inizio degli anni Novanta di parecchi saggi sull’argomento e responsabile tecnico della rivista Solar Energy.
- per l’energia nucleare, commento de IL SOLE 24 ORE domenica 30/11/2005.
- per la composizione dell’atmosfera fino a 650.000 anni fa con l’esame delle carote di ghiaccio antartico, Thomas Stocker dell’università di Berna, “Science” 2005.
- energia eolica teoricamente disponibile e sfruttabile - ricerca Stanford University e Cristina Archer, notizia riportata da IL SOLE 24 ORE 5/9/2005
- Pompe di calore in terreno a bassa profondità Dalla terra energia pulita per riscaldare la nostra casa (inquadramento generale) (articolo pubblicato su "Il Maira", febbraio2002) dott. Geologo Fabrizio Cambursano cambursano@geologiweb.it. Dalla terra energia pulita e gratuita per riscaldare le nostre case Approfondiamo il discorso (pubblicato sul Maira, 15 novembre 2002).
- Sull’influenza del vapore acqueo sul riscaldamento globale: Rolf Philipona, dell'Osservatorio meteorologico di Davos; un sunto della ricerca è stata pubblicata sulla rivista «Geophysical Research Letters». IL SOLE 24 ORE NOVEMBRE 2005