Istituto Tecnico Commerciale Statale
LA SFIDA DEL CLIMA |
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L’effetto serra è il fenomeno naturale determinato dalla capacità dell’atmosfera terrestre , con il suo contenuto di gas quali CO2 – CH4 - N2O – CFC – HFC – CF4 , di trattenere sotto forma di calore parte dell’energia proveniente dalla radiazione solare. I “ gas serra “, per la loro struttura molecolare, intrappolano la radiazione termica che viene emessa dalla superficie terrestre riscaldata dal sole e fanno sì che la temperatura media del nostro pianeta si attesti sul valore di 14 °C. In assenza di tali gas la temperatura della terra sarebbe di -19 °C. Prima della rivoluzione industriale la concentrazione di biossido di carbonio o anidride carbonica CO2 , gas serra preponderante nell’atmosfera terrestre, era di circa 280 parti per milione e la civiltà umana si è sviluppata in un mondo in cui quella cifra fungeva da termostato, determinando la scelta dei luoghi nei quali sono state costruite le città, delle colture che abbiamo imparato a produrre e delle riserve d’acqua sulle quali contare. Alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso, quando furono effettuati i primi rilevamenti, il livello di biossido di carbonio si era innalzato a 315 p.p.m. ; attualmente si attesta su 380 p.p.m. e aumenta di circa due parti per milione ogni anno. Il calore in eccesso intrappolato dalla CO2 (un paio di watt per metro quadrato di superficie terrestre) è sufficiente a produrre un considerevole surriscaldamento del pianeta e la temperatura si è già innalzata di oltre mezzo grado. E’ impossibile prevedere con precisione le conseguenze di ogni ulteriore aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, ma il riscaldamento ha determinato l’inizio della fusione di quasi tutto ciò che di ghiacciato esiste sulla terra e modificato le stagioni e i sistemi delle precipitazioni. Indipendentemente dai provvedimenti che verranno presi, il riscaldamento continuerà per un po’ ad aumentare poiché vi è un periodo di latenza prima che il calore si manifesti del tutto nell’atmosfera. Il nostro compito pertanto è di contenere le emissioni ed evitare che la situazione diventi incontrollabile. Studi di settore hanno indicato in 450 p.p.m. la soglia di CO2 che sarebbe saggio rispettare. Oltre questa soglia si prospettano scenari futuri nei quali si assisterà allo scioglimento delle calotte di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide occidentale con un conseguente innalzamento del livello dei mari di notevole proporzioni; la concentrazione indicata rappresenta l’ipotesi ottimale non considerando il miscuglio di tutti gli altri gas come metano o protossido di azoto. Se la concentrazione di CO2 continuasse ad aumentare di 2 p.p.m. all’anno ci resterebbero appena 35 anni per evitare la catastrofe ambientale. Finora soltanto in Europa e in Giappone sono state ridotte le emissioni di carbonio e non senza difficoltà; le emissioni negli Stati Uniti, che costituiscono un quarto di quelle globali, continuano ad aumentare e paesi in via di sviluppo quali Cina e India hanno iniziato a produrre enormi quantità di CO2. Su base pro capite questi paesi sono ben lontani dalle cifre americane, ma la loro densità di popolazione e la rapidità della loro crescita economica fanno apparire la prospettiva di una riduzione globale delle emissioni di carbonio ancora più sconfortante. Il giusto percorso da seguire consiste in un taglio rapido ed efficace delle emissioni da parte dei paesi più progrediti combinato ad un trasferimento su larga scala di tecnologia ai paesi in via di sviluppo per metterli in condizione di sostenere le loro economie in crescita senza ricorrere al carbone. Stephen Pacala e Robert Socolow dell’Università di Princeton hanno individuato quindici “cunei di stabilizzazione“, interventi in grado di produrre risultati effettivi nella riduzione di CO2 per i quali le tecnologie sono già disponibili o in via di sviluppo.
ITALIA SOSTENIBILE?
Sintesi dei risultati di ISSI 2007: quale deficit di sostenibilità per l’Italia? Complessivamente nel 2005 l’Italia ha conseguito appena il 20% degli obiettivi di sostenibilità: è questo il valore raggiunto da ISSI, che misura i progressi verso la sostenibilità in termini di avvicinamento o allontanamento dell’insieme dei trenta indicatori chiave ai rispettivi target. L’indice viene rappresentato nei grafici in una scala percentuale, sullo stile dello Human Development Index delle Nazioni Unite, che rappresenta il grado di conseguimento degli obiettivi. In particolare assume valore pari a zero nel punto di massima distanza dai target; assume, viceversa, valore 100 quando tutti gli obiettivi intermedi calcolati al 2006 sono stati raggiunti. La versione 2007 dell’indice mostra un Paese con un pesante deficit di sviluppo e di sostenibilità, a cui si associa un andamento nel tempo poco incoraggiante, con una sostanziale stabilità a partire dalla fine degli anni ’90.
Tre indici per misurare la sostenibilità Andando ad analizzare le performance registrate per i tre indici di dominio, risultano evidenti alcune differenze significative. Da un lato gli indicatori socio-economici e ambientali mostrano nell’insieme un trend positivo, ma ampiamente insufficiente e con livelli di conseguimento quasi sempre inferiori al 30%. Dall’altro lato appare particolarmente critica la situazione del dominio Uso delle risorse, il quale mostra un trend avverso, in allontanamento dai target di sostenibilità, che conduce a toccare proprio all’ultimo anno disponibile, il 2005, la peggiore performance della serie, che si traduce in un grado di conseguimento nullo.
Il Rapporto sulla sostenibilità 2007 è incentrato, in particolare, sulla crisi climatica. A fronte della progressiva presa di coscienza circa la gravità della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico e la necessità un’azione di contrasto urgente ed efficace, l’Italia non sembra ancora aver raccolto del tutto la sfida del nuovo millennio. Gli indicatori del sistema Issi sulle anomalie termiche e sul bilancio di massa dei ghiacciai, sono la traduzione in numeri di questa crisi già in atto e l’evidenza empirica della vulnerabilità di un territorio “di confine” come quello italiano. Nonostante ciò, le politiche messe in campo fino ad oggi dall’Italia si rivelano inadeguate. È quanto raccontano gli indicatori di produzione energetica da fonti rinnovabili, sostanzialmente stazionaria e associata a consumi crescenti, e di dinamica del sistema dei trasporti, uno dei principali responsabili dell’aumento delle emissioni serra, caratterizzato da una quota delle modalità a minore impatto (ferro e cabotaggio) tra le più basse d’Europa e in diminuzione negli anni. L’incapacità delle attuali politiche di tradurre in fatti l’impegno a combattere il cambiamento climatico produce così un risultato quasi scontato: tra il 1990 e il 2005 l’Italia ha aumentato le proprie emissioni di circa il 12%, passando da meno di 520 a oltre 580 Mt di CO2 eq. Paragonando questo dato all’impegno preso di ridurle del 6,5% entro il periodo 2008-2012, oramai alle porte, si ottiene forse la migliore misura dello sforzo richiesto al paese per intraprendere la via di uno sviluppo capace di futuro. Tale situazione è, purtroppo, comune anche ad altri indicatori chiave che compongono gli indici di dominio e l’indice generale ISSI. Dei 30 indicatori che compongono il sistema, solo 3 raggiungono valori soddisfacenti (hanno conseguito, cioè, più del 66% del target), 8 discreti (livello di conseguimento tra 66% e 33%), mentre i restanti rimangono pienamente insufficienti. L’analisi dei trend evidenzia una prevalenza dell’incertezza, con il 52% degli indicatori che non mostrano segni evidenti né di peggioramento né di miglioramento.
Quali sono i principali ostacoli al percorso verso lo sviluppo sostenibile in Italia? ISSI fornisce interessanti indicazioni in merito: in ambito socio-economico innanzitutto la scarsa capacità di innovazione, associata al permanere di elevate disparità, a cominciare da quelle di genere e territoriali; nel dominio ambientale livelli di tutela ancora insufficienti e, soprattutto, un grado di conoscenza dello stato degli ecosistemi inadeguato; nell’uso delle risorse, infine, un modello di produzione e consumo predatorio e poco capace di orientarsi alla sostenibilità, a cominciare dai settori dell’energia e dei trasporti. Ecco,a titolo di esempio, come nel lavoro dell’Issi alcuni di questi aspetti vengono tradotti in termini quantitativi attraverso gli indicatori:
ISSI individua, d’altra parte, anche alcuni importanti elementi di positività, troppo pochi tuttavia da poter ingenerare ottimismo. Tra questi:
Selezione di indicatori per Italia 2005
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Produzione lorda + importazioni – esportazioni – perdite per
trasmissione/distribuzione. Il contributo alle emissioni da gas serra varia molto da regione a regione. Qui di seguito viene mostrata la classifica Ansa (10 dicembre 2007) delle emissioni di CO2 annuali delle regioni italiane espresse in tonnellate di CO2 per abitante.
La situazione in Sicilia Il bilancio energetico della Regione Sicilia pone in risalto la prevalenza, in termini di consumi finali dei prodotti petroliferi (64%) sull’energia elettrica (19%) e sul gas naturale in crescita, con un contributo residuale di fonti rinnovabili. Per quanto riguarda le emissioni di CO2 eq l’ultimo dato disponibile per l’anno 2000 si attesta su 50.552.048 t. Il Piano Nazionale di Assegnazione delle emissioni di CO2 per il protocollo di Kyoto attribuisce alla Regione Sicilia per l’anno 2005 un limite di 24,3 milioni di tonnellate di emissioni.
Le emissioni di gas sono espresse in tonnellate di CO2 equivalente per ogni anno. Il valore equivalente è calcolato moltiplicando le emissioni di ogni gas per il Global Warming Potential (GWP), potenziale di riscaldamento globale di ogni specie in rapporto al potenziale dell’anidride carbonica.
Trend emissioni provinciali di gas serra t/anno (1990-2000)
Disaggregazione macrosettoriale emissioni provinciali CO2 eq t/anno |