BUT LOVE WINS ALL
- YURIKA -

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma dell'unico e fantastico Takehiko Inoue
Avvertenze: è il seguito di The Rookie, quindi se non lo avete ancora letto, bè... fatelo^^
Questa fic è interamente dedicata a Naika, che, fregandomi, è riuscita ad estorcermi la promessa che l'avrei scritta. Ringrazio la mia dolce sorellina Hanako per avermi dato gli spunti per scrivere la scena lemon (se è scritta male non prendetevela con lei, l'idea era buona, sono io che non sono capace a renderla bene -___-).
Buona lettura a tutti!

BUT LOVE WINS ALL...

Il ragazzo dagli strani capelli a punta stava fermo ad osservare il continuo andare e venire delle onde che si infrangevano sugli scogli. La canna da pesca che teneva in mano si era improvvisamente tesa, ma il suo proprietario non sembrava essersene reso conto. Dopo alcuni brevi strattoni, la lenza si abbandonò rilassata, mentre la canna tornava nella sua posizione di quiete.
' E' tornato! Non credevo che l'avrei più rivesto e invece... è tornato!'
Solo questa pensiero continuava a giragli nella mente. Ormai erano ore che stava lì imbambolato fingendo di pescare. Quante volte era tornato in quel posto sperando di trovarlo! Non gli importava di parlargli, gli bastava potergli stare vicino, inebriarsi della sua sola presenza, ma lui non era più venuto.
L'aveva odiato! L'aveva odiato talmente tanto da fargli vomitare bile ogni volta che ripensava al modo in cui l'aveva trattato. Aveva riversato talmente tante energie per quel sentimento che tutto il resto gli era diventato indifferente. Continuava a comportarsi come sempre, sorrideva a tutti, rideva e scherzava e andava a letto con chiunque glielo chiedesse perchè pensava fosse uno spreco non approfittare di tutta quella gioventù che gli veniva offerta. Giocava ancora a basket perchè tutti gli ripetevano - e, del resto, anche lui ne era convinto - che era un campione, ma non si impegnava mai realmente, non sfruttava appieno tutte le sue capacità. Non ne valeva la pena. Tanto riusciva a vincere anche così.
In poche parole, più che vivere vegetava. Ogni sua azione era portata avanti senza la minima traccia di un sentimento. Solo l'odio gli era rimasto. Ma quello lo teneva per sè - amante geloso - perchè era l'unica cosa che gli era rimasta di lui.
Già, LUI!
No, non voleva ancora pensare a lui. C'era qualcos'altro prima da ricordare.
L'amichevole con lo Shohoku. Era scattato qualcosa in lui durante quella partita. C'erano la straordinaria classe di Rukawa e la fresca esuberanza di Sakuragi. Affrontati uno alla volta non gli avrebbero creato alcun disturbo. Ma quando se li era trovati entrambi di fronte una voce dentro di lui gli ordinava di dare il massimo. E così aveva fatto. E aveva vinto. Di nuovo.
Ma che cos'era che lo aveva spinto ad agire in quel modo?
Quella combinazione! Quella combinazione per lui era stata fatale. Freddezza ed esuberanza, forza interiore e forza decantata ai quattro venti, sguardo di ghiaccio e risata finta. All'improvviso un volto si era sovrapposto a quelli accostati di Rukawa e Sakuragi: il volto di Mitsui.
Che cos'era, infatti, il suo Hisashi se non una commistione di tutti quegli elementi messi insieme?
Il 'suo' Hisashi! Ancora pensava a lui in quel modo. Eppure lui non era mai stato suo, nemmeno quell'unica volta in cui lo aveva preso con passione e dolcezza, la volta in cui lo aveva abbandonato dopo che gli aveva confessato di amarlo.
Che cosa era successo dopo quel giorno? Lo aveva aspettato, come un cucciolo affamato aspetta il ritorno dei padroni che lo avevano lasciato, incuranti, sul ciglio di una strada. Quando si era reso conto che non sarebbe mai tornato lo odiò. Non volle più sentir pronunciare nemmeno il suo nome. Se qualche pettegolo indiscreto gli andava a riferire delle sue sporche vicende da teppistuncolo di periferia, scrollava la testa e mormorava 'è ciò che si merita, è la giusta fine per un vigliacco'. Anche quando gli avevano riportato la notizia del suo ricovero in seguito all'ennesima rissa aveva ripetuto quel commento. Poi non ci aveva più pensato.
Fino a ieri.
Era andato con tutta la squadra ad assistere alla prima partita del campionato prefetturale dello Shohoku che giocava contro il Miuradai. E lì lo aveva visto.
Era seduto in panchina accanto a Rukawa, Sakuragi e a quell'altro bassetto con l'orecchino - Miyagi, gli pareva si chiamasse. Si era tagliato i capelli, ma era inconfondibilmente lui.
Sendoh non aveva battuto ciglio. Era rimasto accanto ai suoi compagni, sempre sorridente, finché non aveva sentito i muscoli facciali contrarsi in una smorfia. Allora si era allontanato con la scusa di avere sete. Non ce la faceva a rimanere ancora impassibile quando al suo interno il cuore stava urlando.
Un unico pensiero per la mente.
'E' tornato a giocare, il mio idolo è di nuovo sul campo, lo rivedrò correre, saltare e compiere magie con le sue belle mani forti!'
Un'unica certezza.
'Non credo che lo Shohoku perderà questo incontro. No, è impossibile! Non ora che c'è di nuovo lui in squadra'.
In quel momento aveva incontrato Maki del Kainan. La conversazione con lui era riuscita a placare la sua mente in delirio e a farlo tornare quello di sempre. Così era tornato nella palestra a veder terminare l'incontro. Il risultato non lo aveva sorpreso affatto.
Non aveva dormito quella notte. Le immagini di un ragazzo dai capelli lunghi bello e strafottente e di un ragazzo dai capelli corti sicuro e vittorioso gli vorticavano davanti agli occhi impedendogli di dormire.
Ora si trovava di nuovo sul fatidico molo che era stato testimone della loro prima conoscenza.
Che cosa provava ad averlo rivisto? Che cosa provava al pensiero di poterselo trovare di fronte durante una partita? Amore? Odio? Non lo sapeva. Era rimasto ore a pensarci, ma ancora non era venuto a capo. L'unica certezza era quella dell'euforia che non lo aveva abbandonato dal momento in cui aveva di nuovo incrociato quegli occhi di brace.
Dal fondo della sua mente, un pensiero stava man mano infiltrandosi nei suoi pensieri, sinuoso e provocante come le spire di un boa prima che strazino la sua preda.
Poteva vendicarsi. Gli era stata data la possibilità di riscattare la sua sofferenza.
Sarebbe riuscito ad arrivare fino in fondo a questa vicenda? Non lo sapeva, ma ci doveva provare. Voleva a tutti i costi riprendere in mano le redini della sua vita e ormai si era reso conto solo lasciandosi alle spalle la storia con Mitsui poteva riuscirci. Era inutile che continuasse a mentire a sè stesso, inutile continuare a ripetere a sè e agli altri che a lui non gliene fregava proprio niente di quel teppista buono a nulla. La verità era che non voleva sentir parlare di lui perchè solo l'udir pronunciare il suo nome gli scavava un buco dentro che ogni volta diventava sempre un pochino più grande ed era sempre più difficile da riempire - con il basket, gli amici, il sesso, la scuola....
Poteva, anzi, aveva il preciso dovere di scrivere la parola basta a tutto questo. Doveva dimenticarlo. E la vendetta era la soluzione.
Da quel giorno Sendoh cominciò a seguire Mitsui. Imparò tutte le sue abitudini, annotò i posti che frequentava abitualmente, cronometrava i tempi che impiegava per fare il tragitto da casa a scuola e viceversa.
Poi cominciò a farsi vedere. Sapeva dove l'altro sarebbe andato e lui, immancabilmente, si faceva già trovare lì. Le prime volte si accontentava di farsi solo scorgere da lontano per vedere se Hisashi aveva intenzione di cambiare le sue abitudini apposta per non incontrarlo, ma visto che nulla mutava, cominciò anche a salutarlo. All'inizio Mitsui pareva imbarazzato: abbassava lo sguardo e balbettava un 'ciao' biascicato. In seguito quel saluto era diventato più sicuro, riusciva persino a guardarlo negli occhi mentre lo pronunciava. Una volta gli aveva anche sorriso.
Ormai Akira era sicuro di poter ottenere ciò che voleva. Era giunto il momento di mettere in atto il suo piano.
"Ciao Mitsui! Anche oggi qui? ti va di bere qualcosa?"
Il ragazzo con la piccola cicatrice sul mento guardò colui che gli era spuntato improvvisamente davanti. Non lo aveva visto prima perchè era distratto. Era appena uscito dalla clinica dove si era svolta l'ultima visita di controllo sul suo ginocchio e aveva incontrato il suo vecchio amico Tetsuo. Stava ancora pensando a lui quando si era sentito chiamare dall'unica voce in grado di scombussolargli le viscere tanto da togliergli il fiato.
"Ecco io... veramente stavo tornando a casa".
Era stupito. Certo, aveva già incontrato Akira - ultimamente molto spesso, a dir la verità - ma non si erano mai scambiati più di una parola.
Il sorriso dell'altro ragazzo si spense e i suoi occhi si abbassarono in segno di un'evidente delusione.
"Capisco. Non avrei mai dovuto chiederti una cosa del genere. Scusami".
Hisashi non poteva credere a ciò che stava succedendo. Akira, il suo piccolo pescatore, era di nuovo di fronte a lui e cercava ancora la sua compagnia nonostante quello che gli aveva fatto. Non poteva far altro che gioire internamente nel constatare che la sua ingenua spontaneità fosse rimasta inalterata.
"Bè, sarà meglio che ti lasci ora. Ci vediamo Mitsui".
"No, aspetta!"
Non poteva lasciarlo andare via così. Forse qualcuno infinitamente più saggio e più buono di noi aveva deciso di concedergli una nuova opportunità. Non se la sarebbe lasciata sfuggire.
Sendoh lo guardava con aria interrogativa e una piccola luce di speranza gli danzava negli occhi tristi.
"Senti, c'è ancora tempo prima che mia madre chiami gli ospedali e i commissariati per sapere che fine ho fatto, quindi... ok, andiamo a bere qualcosa! Se ti va ancora, naturalmente".
Non aveva potuto fare a meno di aggiungere l'ultima frase, perchè ancora non poteva credere nella fortuna che gli era capitata.
Il ragazzo più giovane rispose solo con uno smagliante sorriso prima di mettersi a camminare verso il locale in cui voleva portare Mitsui.
Si sedettero al tavolino di un bar e ordinarono due birre.
L'aria era carica di aspettative e nessuno dei due voleva fare la prima mossa. Mitsui guardava fuori dalla finestra con aria assente, assorto in chissà quali pensieri, mentre Sendoh lo fissava tranquillo con il suo bel sorriso stampato sulla faccia.
"Secondo te stavo meglio con i capelli lunghi?"
La domanda era stata talmente improvvisa che Akira si trovò smarrito per un attimo. Ma a cosa diavolo stava pensando quell'idiota?
Hisashi, accortosi dell'aria perplessa del ragazzo di fronte a lui, si affrettò a dare una spiegazione alle sue strane parole.
"No sai, è che ho appena incontrato un mio vecchio amico che mi ha detto che mi preferiva com'ero prima. In effetti quando mi sono tagliato i capelli non sono stato a riflettere molto sul lato estetico, cercavo solo un mezzo per far capire che ero cambiato e che avevo tutte le intenzioni di impegnarmi seriamente nel basket. Insomma, cercavo un modo tangibile per ringraziare della fiducia che mi era stata concessa dal coach Anzai e dalla squadra".
L'asso del Ryonan era allibito. Non aveva mai sentito Hisashi parlare tanto in una volta, nemmeno con i suoi amici teppisti quando si recava con loro sulla spiaggia vicino al molo dove lui andava sempre a pescare.
Cercò di riprendersi dallo stupore sbattendo più volte le ciglia.
"Aah... certo, stavi molto bene con i capelli lunghi, ti dava un aspetto poco raccomandabile che intrigava molto".
La smorfia indispettita di Mitsui fece tornare il sorriso sulla bocca del ragazzo più giovane.
"Però io ti preferisco così. Si vedono meglio i tuoi lineamenti. E io adoro il tuo viso".
Dicendo questo Sendoh tracciò con un tocco lieve del dito la linea della mascella dell'altro. Una luce carica di desiderio si accese negli occhi della seconda guardia dello Shohoku. Il sorriso di Sendoh si allargò.
'Sta andando tutto come volevo. Il pesciolino sta cadendo nella rete. Mi resta un'ultima mossa da fare'.
"Sai, sono andato a vivere da solo".
Gli occhi di Hisashi si ridussero ad una fessura.
"Oh... davvero?"
"Già... ma non mi sono ancora abituato a mangiare da solo. Non è che ti andrebbe di farmi compagnia?"
Il ragazzo più grande distolse lo sguardo dal suo esitando.
"Ecco, io... veramente..."
"Ah già, che stupido! Ti aspettano a casa. Immagino che i tuoi genitori siano molto restii a farti uscire da solo di notte, ormai".
Nuova smorfia di Mitsui. Aveva toccato il tasto giusto. Non sopportava tutte le restrizioni a cui lo aveva sottoposto suo padre ora che era tornato in squadra e aveva lasciato la 'banda'.
"Ok, faccio una telefonata a mia madre e arrivo".
"Vai pure, ti aspetto qui".
Facile. Era tutto fin troppo facile. Quasi quasi non si divertiva neanche. Poi pensò a quello che lo stava aspettando.
'No, credo che mi divertirò molto, invece'.
Hisashi tornò pochi minuti dopo e insieme si avviarono verso l'appartamento di Sendoh. Si fermarono a comprare del ramen istantaneo per la cena - nessuno dei due aveva molta voglia di mettersi a cucinare.
Al termine della rapida cena si misero a chiacchierare del campionato e delle varie squadre che avrebbero dovuto affrontare.
"Del resto, ora che sono rientrato non c'è alcun dubbio che sarà lo Shohoku ad andare ai campionati nazionali".
"Attento a non sottovalutare gli avversari! Anche il Ryonan quest'anno ha buone possibilità di qualificarsi".
"Sì, può darsi. Vorrà dire che lo Shohoku si aggiudicherà il primo posto nei campionati prefetturali e il Ryonan il secondo".
"Mi piacerebbe andare con te ai nazionali".
L'ultima frase era stata sussurrata dal ragazzo dai capelli a punta direttamente nell'orecchio dell'altro ragazzo, il quale, per un attimo, aveva smesso di respirare.
Akira portò la sua mano destra sopra quella di Mitsui e cominciò ad accarezzargliela lievemente. Mitsui deglutì rumorosamente. Sendoh passò la punta della lingua dietro il suo orecchio e quando morsicò leggermente il lobo Hisashi chiuse gli occhi ed emise un mugolio appena percettibile. Si stava eccitando solo per quei semplici gesti, ma non era ancora venuto il momento di lasciarsi andare.
Si alzò con uno scatto stiracchiandosi, mentre Mitsui lo guardava smarrito.
"Ti va di vedere una videocassetta?"
"Aha, sì certo. Quella che preferisci".
L'ex-teppista non riusciva a trattenere una smorfia di delusione, cosa che compiacque il suo torturatore.
Sendoh scelse di vedere 'Poeti dall'Inferno', uno di quei noiosissimi film europei che piacevano tanto a Koshino e che gli aveva prestato più di sei mesi prima, ma che lui non aveva ancora visto. Il film trattava dell'amore morboso e ossessionante di due grandi poeti francesi del XIX secolo, Arthur Rimbaud e Paul Verlaine. Non era tanto male, anzi, il gioco di seduzione che Rimbaud adoperava su Verlaine gli ricordava tanto il suo.
Evidentemente Mitsui non apprezzava quanto lui il film. Continuava ad agitarsi cambiando posizione e sbuffando a tratti. All'ennesimo sospiro del ragazzo, Akira spense la televisione.
"Perdonami, probabilmente ti stai annoiando".
"Ma no... cioè sì, ma se a te piace continua pure a guardarlo, in fondo è carino".
Il porcospino, soprannome che gli era stato affibbiato a causa della sua pettinatura che definire eccentrica è poco, scoppiò a ridere.
"Carino? Ma se non hai fatto che sbuffare per tutto il tempo?"
Hisashi si imbronciò.
"E' che io non sono portato per questo genere di cose. Preferisco i film d'azione".
" Così tu preferisci agire piuttosto che parlare".
Sendoh si era fatto pericolosamente vicino e la respirazione di Mitsui si era fatta di nuovo irregolare.
"Che ne diresti, allora, di 'agire' un po'?"
Prima ancora che Mitsui capisse cosa intendesse dire l'altro, Akira lo aveva spinto con la schiena per terra sdraiandoglisi sopra e baciandolo con frenesia. Il giocatore dello Shohoku si sentiva in paradiso. Neppure nei suoi sogni più rosei avrebbe osato immaginare di poter avere di nuovo quel corpo caldo e accogliente stretto al suo. Aveva voglia di piangere, urlare, ridere e saltare per la gioia! Invece rimase fermo dov'era e preferì riversare la sua felicità in quel bacio travolgente e appassionato. La lingua di Sendoh lo lambiva e lo torturava costringendolo ad adeguarsi al suo ritmo. I bacini dei due ragazzi si muovevano in sincronia, mimando l'atto dell'amplesso e scatenando varie scariche di piacere che risalivano come fulmini su per le loro schiene. Le mani di Mitsui si intrufolarono sotto la camicia del ragazzo che gli stava sopra, mentre quelle di Sendoh slacciavano la giacca della sua divisa accarezzando i tratti di pelle che venivano man mano scoperti.
In carenza di ossigeno, Hisashi si staccò dalle labbra di Akira buttando indietro la testa e l'altro ragazzo ne approfittò per leccargli il collo dalla base fin sotto il mento. Mitsui sospirò di piacere. Sendoh scese a baciargli il torace sentendo sotto le labbra la tensione dei muscoli del ragazzo. Portò la bocca su di un capezzolo inturgidito che cominciò a succhiare avidamente, mentre le sue mani aprivano i pantaloni con gesti rapidi e decisi. Quando afferrò il suo sesso, il ragazzo sotto di lui tirò su la testa di scatto spalancando la bocca in grido muto. Akira cominciò a massaggiare la sua virilità e finalmente Hisashi ritrovò l'uso della voce facendo uscire suoni inarticolati dalla sua gola.
Appena Sendoh si accorse che il pene turgido dell'altro fremeva sul punto di esplodere per l'orgasmo baciò di nuovo la sua vittima sulla bocca e poi si rialzò da terra, soddisfatto per l'opera appena compiuta.
Mitsui lo guardò con un'aria così frustrata che ad Akira scappò da ridere.
"Che-che cosa è successo?"
"Niente Hisachan. Solo non vorrei farti fare troppo tardi. Ormai tua madre ti starà aspettando".
"M-mia madre? Che vuoi che mi freghi ora di mia madre!"
Bene, questa volta non aveva protestato per il nomignolo. Akira sapeva che avrebbe ottenuto qualunque cosa da lui in questo momento. Ma il momento della vendetta non era ancora arrivato. E poi neanche a lui andava di interrompere a metà il suo bel lavoretto.
"Oh scusa! Pensavo che potessi avere dei problemi per colpa e mie e questo non me lo sarei mai perdonato, ma se mi dici che è tutto a posto..."
"E' tutto a posto!"
"... bene, allora che ne dici di continuare il... discorso... in camera mia?"
Gli occhi di Mitsui brillarono come due tizzoni ardenti. Si tirò in piedi reggendosi i calzoni aperti con le mani e guardò Sendoh con un'espressione tenebrosa e vagamente inquietante che gli fece ribollire il sangue nelle vene.
"Andiamo?"
Entrarono nella stanza con un letto ad una piazza e mezza posto accanto ad una delle pareti. Hisashi ci spinse immediatamente l'altro ragazzo sopra e si avventò sulle sue labbra mentre gli strappava letteralmente i vestiti di dosso.
Akira rideva a quell'assalto impetuoso. La frenesia che aveva Mitchy aveva di possederlo esaltava il suo trionfo. Si ritrovò ben presto nudo accarezzato, baciato, leccato, morso e graffiato in punti deliziosi che gli facevano vibrare l'anima di piacere. Quando vide il bel ragazzo dagli occhi scuri avvicinarsi con la bocca al suo sesso decise che era venuto il momento di agire.
Con un repentino movimento di reni invertì le posizioni portandosi addosso ad Hisashi.
"Questa volta facciamo come dico io, d'accordo?"
L'indecisione mista al panico saettò sul volto di Mitsui che fissò per qualche minuto gli occhi intensi del suo amante prima di annuire.
"Bravo Hisachan! Ora, chiudi gli occhi".
Il ragazzo fece come gli era stato chiesto.
Sendoh tirò fuori dal cassetto del comodino un foulard di seta nera con il quale legò le mani del tiratore da tre punti alla spalliera del letto.
"Cosa cazzo stai facendo?"
A quanto pareva il suo intrepido amante non gradiva le particolari attenzioni che gli stava riservando.
"Non ti preoccupare Hisachan, non ti farò niente che non ti piaccia!"
Akira riprese a stuzzicare il petto e il ventre di Mitsui, provocandogli svariati gemiti incontrollati. Le sue mani seguivano percorsi ipnotici sulla pelle serica scossa da brividi del compagno.
Mitsui fremeva dalla voglia di poter toccare il corpo perfetto e lussurioso che gli stava donando tanto piacere.
"Ti prego Akira, slegami!"
"No mio dolce teppistello. Fidati di me, vedrai che riuscirò a farti impazzire".
Dicendo questo si tirò a sedere prendendo il foulard rosso che copriva l'abat-jour (ragazzi, voi non avete idea delle cose strane che tiene in casa il porcospino! N.d.Y.), lo attorcigliò con movimenti lenti e calcolati e poi lo accostò agli occhi del ragazzo.
"Vedrai Hisachan, quando avrò finito con te mi ringrazierai!"
Lo baciò con passione strusciandosi sul suo corpo, dopo di che si abbassò a sfilargli i calzoni e i boxer.
Mitsui era sul punto di crollare. Tutte le cure che aveva ricevuto il suo corpo fino ad adesso misto all'impossibilità di muoversi e di vedere lo stavano esaurendo. La frustrante sensazione di impotenza che lo pervadeva non faceva che accentuare la sua dolorosa eccitazione. Dannazione!!! Quel porcospino lussurioso aveva deciso di farlo impazzire veramente! Ormai avrebbe accettato qualunque cosa pur di poter dar sfogo alla sua passionalità costretta.
Si accorse in quel momento del sobbalzare del letto dovuto all'improvvisa mancanza di uno dei pesi che lo gravava.
"A-akira, che stai facendo?"
"Rilassati honey! Io torno subito".
'Kami sama! Non è che ha intenzione di lasciarmi qui legato e bendato, vero? Se ne leggono tante di queste sordide storie sui giornali! Mi immagino già i titoli di domani: < Scandalosa vicenda nel mondo dello sport: giovane promessa del basket trovato mentre praticava atti di sado-masochismo in un appartamento del centro>. Ma sì, ma cosa vado a pensare? Akira non sarebbe mai capace di fare una cosa del genere! Quanto cavolo ci mette a tornare? Se non intende darmi al più presto la mia giusta soddisfazione giuro che gli spacco tutta la casa!!! E poi che sono 'sti rumori? Oddio, non è che ha in mente davvero di fare qualche strano giochetto? Non che la cosa mi dispiaccia del tutto, però... cavoli, almeno vorrei sapere cosa succede!!!'
Sendoh, intanto, era con la testa dentro il freezer a tirare fuori cubetti di ghiaccio che poi lasciava cadere in una brocca poggiata sopra al tavolo. Aveva pianificato tutto alla perfezione, compresi i bastoncini d'incenso dalla profumazione afrodisiaca che aveva lasciato accesi prima di uscire di casa (voi non fatelo mai, potreste causare un incendio e trovare un mucchietto di cenere al posto del vostro appartamento---> Friends docet N.d.Y.). Stava tornando verso la sua camera quando passò di fianco al grande vaso che conteneva piume di uccelli esotici che teneva in un angolo della sala (poi non ditemi che non vi avevo avvertito sugli strani gusti di Akichan^^ N.d.Y.). sorrise raccogliendo una lunga e morbida piuma di pavone. La serata si stava decisamente scaldando.
Tornato nella sua stanza, Akira appoggiò la brocca col ghiaccio sul comodino e accarezzo il torace di Hisashi con la piuma. A quel contatto il ragazzo sussultò.
"Che roba è?"
"Mmh... niente di pericoloso, non ti preoccupare. Non dirmi che ti dà fastidio, vero?"
"N-no, soltanto mi fa un po' di solletico".
"Aaaahhhh! E così soffri il solletico!"
Akira passò la punta della piuma sulla pianta del piede destro di Mitsui, il quale spostò la gamba con uno scatto.
"No, bastardo!"
"Come mi hai chiamato? Questo bimbo cattivo merita una punizione".
Così dicendo si mise a cavalcioni di Hisashi e cominciò a fargli il solletico dappertutto, ridendo felice nel sentire il corpo sotto di lui contorcersi spasmodicamente e le vivaci proteste inframmezzate da scoppi convulsi di risa dell'altro. Senza neanche rendersene conto, Sendoh si ritrovò incollato alle labbra di Mitsui, mentre le sue mani accarezzavano tutto ciò che incontravano, affamate di quel corpo bollente e provocante.
"Ah! Sì, Akira, sì..."
Il suono di quella voce arrochita lo fece ritornare in sè.
Si era di nuovo lasciato andare. Era mai possibile che in presenza di della persona che più lo aveva fatto soffrire al mondo non riuscisse a mantenere nemmeno un minimo di lucidità? Non poteva fare a meno di toccarlo e di desiderarlo e, quando lo aveva sentito totalmente alla sua mercè, non ci aveva più visto. Ma non era così che dovevano andare le cose.
Sendoh si spostò andando a recuperare la brocca col ghiaccio. Mitsui emise l'ennesimo gemito di frustrazione che gli si bloccò in gola appena il suo corpo bollente entrò in contatto con un oggetto gelido.
Akira segnava con un cubetto di ghiaccio un' umida scia a sottolineare le linee dei muscoli del petto di Hisashi per poi soffermarsi a disegnare spirali che si avvicinavano sempre di più ai capezzoli tesi.
Mitsui aveva ripreso a mugolare pesantemente.
Akira prese un altro cubetto e se lo mise in bocca risalendo con quello sulla strada che dallo sterno, attraverso la gola, portava alle labbra del ragazzo. Dopo aver inumidito ben bene quei meravigliosi petali rosa, Sendoh spinse con la lingua il ghiaccio nella bocca dell'altro per poi intraprendere una lotta con la lingua di Hisashi per stabilire chi era il possessore legittimo del cubetto.
Terminata la battaglia senza vincitore nè vinti, l'asso del Ryonan si tirò su andando di nuovo a pescare dalla brocca. Questa volta tenne per un po' il ghiaccio tra le mani facendolo sciogliere per poi portare le dita sopra l'ombelico di Mitsui e lasciarvi cadere alcune gocce gelate.
Il povero Hisashi si dimenava come un epilettico sotto quella dolce tortura, continuando a scuotere la testa da una parte e dall'altra e cercando di liberarsi le mani ancora legate. Quando sentì il liquido ghiacciato bagnare la punta congestionato del suo pene urlò.
"Akira... ti prego... ne ho bisogno... ora!"
Anche Sendoh ormai non riusciva più a resistere di fronte a quello spettacolo così eccitante. Fece aderire il suo corpo a quello dell'altro, favorendo lo strusciarsi delle loro virilità.
"Che cosa vuoi, honey? Di che cosa hai tanto bisogno?"
"Di te... è te che voglio... ahhhh, ti prego!!!"
quelle parole furono per lui come una stilettata nel cuore. Violenti brividi gli scossero le membra.
"Ma certo, Hisachan. Ora mi avrai".
Si posizionò di nuovo a cavalcioni sul suo inguine e si impalò con il membro di Mitsui in un unico movimento che fece gridare di piacere entrambi. Era questo che voleva, era questo che aveva sempre voluto: tornare ad essere suo, risentire quella carne muoversi vigorosa dentro di sè.
Vennero insieme invocando l'uno il nome dell'altro. Finalmente esausto e appagato, Akira si abbandonò sopra il suo amante. Entrambi si addormentarono all'istante.
Quando Mitsui si svegliò notò subito di avere di nuovo le mani e gli occhi liberi. Il suo piccolo pescatore era in piedi accanto al letto che si stava rivestendo. Gli rivolse un sorriso.
"Sarà meglio che tu vada, ora, o perderai l'ultimo treno".
Lo sorprese il tono indifferente con cui erano state pronunciate queste parole.
Hisashi si alzò dal letto e si mise i vestiti in silenzio. Akira, nel frattempo, era tornato in sala, per cui, appena fu pronto, lo raggiunse.
"Ti posso chiamare domani?"
Sendoh lo guardò freddamente.
"Sarebbe inutile, non hai il mio numero".
Perchè si comportava così? Non era significato nulla per lui ciò che era appena successo? Poi un ricordo si affacciò alla sua mente, un ricordo che avrebbe preferito cancellare per sempre. Si stava comportando come lui quella volta. Possibile che fosse stata tutta una vendetta? Possibile che...
Tremava. Il grande Hisashi Mitsui, l'anima ardente, tremava come una foglia di fronte allo sguardo distaccato del bellissimo ragazzo alto che aveva di fronte.
Akira, dopo averlo guardo fisso negli occhi per un tempo che a Mitsui parve interminabile, spiegò le labbra nel suo solito sorriso.
"Mi faccio vivo io, ok?"

Da quel giorno era stato un susseguirsi di voli verso il Paradiso e di cadute verso l'Inferno senza mai toccare veramente nè l'uno nè l'altro dei due luoghi per Hisashi.
Si vedevano quando Akira lo voleva, facevano quello che Akira voleva fare, parlavano delle cose di cui Akira voleva parlare. Ma questo a lui non importava. Gli bastava la vicinanza di quello splendido ragazzo dagli occhi intensi e divertiti per essere felice, qualunque fossero le condizioni.
Il problema era il tempo in cui non stavano insieme. Allora Mitsui era assalito dai dubbi, si chiedeva se Sendoh stesse solo scherzando con lui o facesse sul serio. Era terrorizzato all'idea che l'altro non si facesse più sentire. Il periodo tra un incontro e la telefonata successiva per stabilire l'appuntamento passava troppo lentamente e lo circondava come una cappa vischiosa di cui non riusciva a liberarsi. Saltava ogni volta che sentiva un telefono squillare. Sbiancava ogni volta che vedeva un ragazzo alto dai capelli neri. Non importava se l'altezza non era quella giusta o la pettinatura non fosse propriamente la stessa. Tutto ciò che lo circondava in qualche modo gli ricordava Sendoh.
Akira non stava di certo meglio di lui. Pensava che sarebbe stato esaltante vedere l'altro accorrere ogni volta che schioccava le dita e soffrire quando lo ignorava. La verità era che era felice solo quando stavano assieme e agonizzava quando si impuntava e si sforzava di non chiamarlo per intere giornate.
Quando Hisashi gli aveva raccontato che aveva rischiato di non poter più giocare a causa della vendetta dei vecchi membri della sua 'banda' e che era solo per merito di Sakuragi e dei suoi strani amici se aveva ancora l'uso delle dita, lì per lì non aveva reagito. Una volta tornato a casa, però, aveva sfasciato mezzo appartamento. Aveva scaraventato per terra fotografie e soprammobili, buttato all'aria tavole e sedie e aveva preso a calci tutto ciò che gli capitava sotto tiro. Se gli fosse successo qualcosa, se Mitsui non avesse più potuto giocare lui ne sarebbe morto. Perchè amava vederlo giocare. Perchè era la sua vita vederlo giocare.
Quanto era stato orgoglioso di lui per come si era comportato nella partita contro lo Shoyo. Quando gli avevano riferito che Hasegawa si era dichiarato a Hisashi dopo l'incontro gli era preso un colpo. Rimase due giorni interi sdraiato sul letto piangendo e urlando di dolore. Si alzava solo per andare agli allenamenti dove fingeva una tranquillità che era ben lungi dal provare. Quando si decise a chiamare Mitsui per incontrarlo e lui gli spiegò che, per quanto Hasegawa fosse un bel ragazzo, lo aveva rifiutato perchè innamorato di lui, Sendoh gli si gettò tra le braccia e fecero l'amore con una passionalità e un trasporto che non avevano mai conosciuto prima d'ora. Poi, però, era di nuovo tornato in sè e, memore della sua vendetta, si era rivolto verso l'altro con aria sprezzante, causando a Mitsui lo sguardo più sconsolato che gli avesse mai visto.
Infine, giunse la fatidica partita che li vedeva su schieramenti opposti: Shohoku contro Ryonan.
Akira aveva perso. Non solo per quanto riguardava il basket. Aveva perso contro sè stesso.
Hisashi si era sentito male. Era svenuto durante l'incontro.
Quando Sendoh lo vide riverso per terra privo di sensi qualcosa dentro di lui si spezzò. Aveva sempre mentito. Tutte le volte in cui diceva che non lo voleva più vedere. Tutte le volte che lo cercava ripetendosi che lo faceva solo per la sua vendetta. Tutte le volte che si faceva possedere da lui raccontandosi che era solo per soddisfare la sua lussuria.
Lo amava. Lo aveva sempre amato. Lo avrebbe amato sempre.
Era annientato, distrutto.
Subito dopo il fischio finale se ne era andato negli spogliatoi a cambiarsi e poi era scappato di corsa a casa. Arrivato nel suo appartamento si sedette per terra di fronte alla televisione spenta. E rimase lì, con lo sguardo fisso sullo schermo vuoto.

Così lo trovò Mitsui. era arrivato davanti alla porta di Akira e si era messo a suonare il campanello con impazienza. Doveva assolutamente parlargli.
Perchè non veniva ad aprire? Eppure doveva essere in casa. I suoi compagni di squadra gli avevano riferito che era corso via subito dopo l'incontro.
Provò a girare la maniglia e si accorse che la porta era aperta. Entrò chiamando il nome del ragazzo, ma non ottenne risposta.
Quando finalmente lo vide si spaventò. Non erano da Sendoh quello sguardo vuoto e quel forzato mutismo.
Si sedette di fianco a lui.
"So cosa provi in questo momento".
"Tu non sai un cazzo!"
Almeno aveva risposto, anche se non si era mosso di un millimetro, era già un buon segno.
"So cosa vuol dire pensare di aver perso tutto".
"...."
"Era così che mi sentivo quando ti ho conosciuto. Credevo che la mia vita senza il basket fosse finita. Ero talmente convinto di questo che non avevo neanche preso in considerazione l'ipotesi che, forse, avrei potuto ricominciare, a giocare con un po' d'impegno. Andavo avanti senza nessun futuro, nessuna speranza".
"...."
Certo non era molto incoraggiante parlare con una statua di cera, ma Hisashi decise di proseguire.
"Poi ti ho conosciuto. Credevo che, avendo te al mio fianco, sarei riuscito ad affrontare il mio triste destino. Ma quando mi hai rivelato di essere anche tu un giocatore e mi hai ricordato i miei gloriosi trascorsi e mi hai parlato del mio promettente futuro, mi sono risentito avvolgere da quella spirale senza via di uscita. Ho pensato che se ti avessi tenuto con me, prima o poi ti avrei deluso perchè anche tu avresti capito che, ormai, come cestista ero finito. Così ti ho lasciato senza una spiegazione, cercando di farmi odiare il più possibile da te. E così ho anche perso l'occasione che avevo di essere felice".
"Che cosa vuoi da me, Mitsui? perchè sei venuto qui? perchè mi parli adesso di queste cose?"
Sendoh si rivolgeva a lui continuando a tenere gli occhi fissi di fronte a sè, senza guardarlo.
"Oggi mi sono reso conto di quanto veramente sia stato stupido in questi ultimi due anni. Dopo il mio svenimento in campo, ho riflettuto molto e mi sono accorto di avere sprecato un sacco di tempo. Non solo per quanto riguarda la pallacanestro, ma anche per quanto riguarda te".
Finalmente Akira si girò verso di lui.
"E allora?"
"E... allora io ti amo, Akira. E voglio stare con te seriamente. Non posso più continuare come abbiamo fatto fin'ora. Ci sto troppo male. Se così deve essere, preferisco sapere subito che non potrò passare la mia esistenza accanto a te. Questo è il solo modo che ho per affrontare il dolore".
"Mi stai lasciando di nuovo?"
Calde lacrime avevano cominciato a scivolare lungo le guance del ragazzo più giovane.
A quella vista il cuore di Hisashi smise di battere e il respiro gli si mozzò in gola.
Lo abbracciò. Lo strinse così forte da rischiare di soffocarlo.
"No che non ti lascio stupido! Non ti lascerò mai! Anche se ti dovessi stufare di me, anche se un giorno tu mi dovessi odiare, io rimarrei lo stesso al tuo fianco. Preparati perchè non ti libererai mai di me".
Sendoh rideva tra le lacrime, ricambiando l'abbraccio.
I loro cuori battevano in sincronia, le loro anime innalzavano cori verso il cielo.
Dove prima c'erano solo caos e silenzio, ora regnava incontrastata la bella armonia.

FINE