Mi volto verso Ryo e ci scambiamo uno sguardo d'intesa.
È ora!
"Ragazzi, casa mia è qui vicino. Che ne direste di venire
a bere qualcosa da me? Potremmo guardarci un film".
"Ottima idea Ryo! Mi sono stancato di stare in questo posto e poi
servono una birra disgustosa. Tu cosa ne pensi Kimi-kun?"
"Beh, non saprei..... è già molto tardi e poi non vorrei
disturbare".
"Ma dai, non è tanto tardi! Comunque, se preferisci, puoi
andartene a casa. Se mai può venire solo Mitsui".
Ryo mi sorride e mi stringe una mano. Kogure arrossisce e guarda Ryo con
aria di sfida. No, così non va. Sarà meglio intervenire.
Sfilo via la mia mano da quella del mio amico.
"Mi spiace Ryo, ma se il mio megane non vuole venire, non vengo neanch'io.
Non potrei mai lasciarlo da solo".
Kiminobu sprizza felicità da tutti i pori. Se potesse mi salterebbe
addosso e mi riempirebbe di baci. È gongolante nel suo momentaneo
trionfo.
"Hisa-kun, se ci tieni penso che, dopotutto, potremmo fare un salto".
Basta così poco per convincerlo! Dagli un chicco di riso e sarà
convinto di avere il mondo nella sua mano. La sua ingenuità è
disarmante. E io sono un mostro.
Ci troviamo nell'appartamento di Ryo. Kogure ha lo sguardo spento dell'ubriaco.
Sono bastate poche moine e qualche carezza per convincerlo a bere un bel
bicchiere abbondante di vodka.
Il nostro ospite lo guarda con bramosia, passandosi spesso la lingua sulle
labbra con fare da bambino goloso. Non aspetterà ancora a lungo.
È il momento di portare a termine ciò che ho intrapreso.
Mi siedo sul divano vicino al megane passandogli un braccio intorno alla
vita. Lui si appoggia contro di me e mi sorride. Gli poso piccoli baci
dall'orecchio fino alla base del collo. Sento il suo respiro farsi più
veloce. Lentamente lo faccio stendere sul divano e mi sdraio sopra di
lui. Le mie mani cominciano ad esplorare ogni centimetro del suo corpo
fermandosi poi sui capezzoli già inturgiditi.
"Ti piace così, Kimi-kun?"
"Mmmh.... sì...."
"Vuoi che continui?"
"Sì... per favore... Hisashi..."
"Però non credi che sia poco carino nei confronti del nostro
ospite? Non è gentile trascurarlo mentre noi ci divertiamo".
Kogure sembra risvegliarsi di colpo. Arrossisce vistosamente e cerca di
mettersi a posto la maglia, mentre con gli occhi cerca di individuare
la posizione di Ryo.
"Oh ma non dovete preoccuparvi per me! Continuate pure, se volete.
A patto, però. Di potermi unire a voi, naturalmente".
Ryo si siede vicino al divano su cui siamo sdraiati e accarezza sensualmente
i capelli di Kiminobu mentre io riprendo a baciarlo sul collo.
"N-no... aspettate.... a-aspettate un attimo, vi prego!"
Con uno scatto Kogure riesce a divincolarsi dalla nostra presa e a rimettersi
a sedere.
"State... state scherzando, vero? Mi state prendendo in giro perchè
sono un po' ubriaco, è così?"
"Ahhh Kimi-kun, come sei noioso! Guarda che se non ti va non ti costringe
nessuno. Certo che sono un po' deluso. Credevo che avessi detto che per
me avresti fatto qualunque cosa. Evidentemente in quel 'qualunque' non
rientra un piccolo sacrificio che mi potrebbe far star meglio!"
Mi alzo e mi dirigo verso il tavolo dove riempio un altro bicchiere di
vodka scadente.
"Mitsui ha ragione. In fondo ti ho sentito anch'io proclamare tutto
il tuo amore verso di lui, ma, alla resa dei conti, il tuo amore deve
valere pochino".
Il mio compagno ride nervosamente torturandosi i capelli e tenendo lo
sguardo spento rivolto alla mano di Ryo che tocca con un gesto casuale
la sua coscia.
Mi porto dietro la spalliera del divano e mi chino su Kogure porgendogli
il bicchiere. Come per caso la mia bocca si trova all'altezza del suo
orecchio quando sussurro:
"Forza piccolo, mandalo giù tutto d'un fiato e vedrai che
le cose dopo ti appariranno sotto un aspetto migliore".
Kiminobu sembra non capire le mie parole, ma rabbrividisce a l contatto
delle mie labbra sul suo lobo. Afferra convulsamente il bicchiere di vodka
indeciso sul da farsi. Bisogna farlo bere, altrimenti cederà. E
non deve cedere a qualunque costo!
Non so da dove derivi questa mia determinazione, nè perchè
sento tutto questo come necessario. So solo che ci sono cose che non si
spiegano e che è inutile tentare di capirle. La faccenda deve avere
luogo e solo a quel punto potrò essere tranquillo.
Il ragazzo, infine, sembra decidersi e beve il liquido con lunghe sorsate.
"Allora piccolo, che cos'hai deciso?"
"Ecco io... se è questo che vuoi veramente.... d'accordo".
"Sei sicuro?"
Si volta a guardarmi e per un attimo sembra riacquistare lucidità.
In mezzo a quello che lui chiama 'amore' leggo del disprezzo. Non importa.
"Sì!"
Si avventa sulle mie labbra e mi sorprende con la sua voracità.
Nausea.
Ryo non perde tempo e slaccia i pantaloni di Kogure infilandogli una mano
nei boxer.
Nausea.
Sento la sua lingua che mi entra prepotentemente in bocca leccando e succhiando
tutto quello che incontra.
Nausea.
Ryo toglie i jeans e la biancheria di Kogure con un unico movimento, dopo
di che ricomincia con la bocca ciò che aveva interrotto con le
mani.
Nausea.
Kiminobu rimane rapito dalla suzione delle sue parti intime portata avanti
dal mio amico e non si accorge che io mi allontano e vado a sedermi su
una poltrona di fronte a loro da dove posso gustarmi tutta la scena.
Ma tutto ciò che provo è nausea.
Kogure viene con un grido roco e si sdraia privo di forze sul divano mentre
Ryo prende a torturare con la lingua i suoi capezzoli duri.
Kiminobu solleva lentamente le palpebre pesanti e mi vede tranquillamente
seduto lontano da lui. Il terrore si dipinge sul suo volto. Cerca di alzarsi,
ma il peso di Ryo lo trattiene.
"Hisashi..... Hisashi.... Hisashi....."
Allunga una mano verso di me sperando che io gliela afferri, ma rimango
immobile a guardarlo.
Ryo infila le dita nel suo orifizio e il piccolo quattr'occhi sbatte la
testa da una parte e dall'altra.
Pian piano la mia coscienza si stacca dal mio corpo. Assisto a tutta la
scena, ma è come se la vedessi da anni luce di distanza. Tutto
ciò che ho intorno a me - dentro di me - è vuoto, un'angoscia
che gli imperla di sudore la fronte e che si concentra nel lato sinistro
del petto.
Ryo fa voltare Kogure a pancia in giù e gli solleva il bacino mentre
l'altro ragazzo non fa nulla per fermarlo, continua solo a guardarmi implorante.
Una smorfia di dolore gli sfigura il viso nel momento stesso in cui viene
penetrato. Due lacrime gli solcano il viso e il suo corpo sussulta per
le spinte che riceve. La mano del teppista scivola sul pene del ragazzo
che gli sta sotto masturbandolo. Kiminobu non trattiene più i gemiti
e urla il suo piacere invocando un nome. Il MIO nome.
Cazzo! E' possibile che quella troietta pensi a me anche quando si fa
sbattere da un altro? Basta, non voglio più sentire ripetere quel
nome, perchè quei gemiti me ne fanno ricordare altri, quelli di
una persona che non voglio ricordare!
Troppo tardi. Ho di nuovo davanti a me due occhi sorridenti e maliziosi,
un sorriso dolce e luminoso, ciocche di capelli indurite dal gel, ritte
sulla testa...
Vedo di nuovo il suo volto trasfigurato dall'estasi, il suono dolce e
sussurrato della sua voce che mi chiama, il suo corpo forte e flessuoso
che si contorce sotto di me...
La mia mano si anima di vita propria e scende sulla chiusura dei miei
pantaloni aprendola. Con forza afferro il membro già duro e completamente
eretto e comincio a pomparlo vigorosamente.
"Hisashi.... Hisashi.... Hisashi...."
'Akira... Akira... Akira...'
Il mio è un richiamo silenzioso che proviene da tutto il mio essere.
Akira... Akira... Akira...
I due ragazzi di fronte a me raggiungono il culmine con un grido e io
non faccio altro che unirmi al loro coro.
Mi appoggio, privo di forze, allo schienale della poltrona. La mano e
il ventre sono sporchi del mio stesso sperma.
Perchè? Perchè qualunque cosa io faccia, dica o pensi è
sempre e solo la sua immagine che mi ritrovo di fronte? Sto sbagliando
tutto, lo so. LO SO! Ma cosa devo fare, allora? Cosa?
Cerco di trattenere le lacrime che mi sono salite agli occhi.
Sento lo sguardo di Ryo puntato su di me.
"Sai piccolo? Penso che il tuo amore voglia che tu lo ripulisca".
Kogure si lascia scivolare giù dal divano e viene verso di me gattonando
sinuosamente. Dopo avermi lanciato uno sguardo adorante si mette a leccarmi
prima la mano e poi la pancia con studiata lentezza. Ryo ci osserva sorridendo.
È tutto così dannatamente sbagliato! Non posso più
sopportarlo. Devo darci un taglio.
Afferro Kiminobu per le spalle e lo scosto da me. Mi rialzo aggiustandomi
i pantaloni. Mentre esco in fretta da quella stanza sento Ryo ridere sommessamente.
Mi accosto ad una finestra, ma non sto guardando niente.
Non ne posso più. Il dolore alla sinistra del petto mi sta facendo
impazzire! Sto forse morendo?
Avrei bisogno di sdraiarmi e di rimanere solo. Non c'è nessuno
in grado di capirmi. Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto da solo. Gli
sbagli, gli errori sono solo miei, non c'è nessuno a cui possa
attribuirne la colpa. Vorrei andarmene da qui e scomparire, semplicemente.
Ma c'è ancora qualcosa che devo fare.
"Hisashi, che stai facendo?"
Mi volto a guardarlo. Si è rivestito e si stropiccia nervosamente
le mani. Non riesce a guardarmi negli occhi.
Perchè l'ho coinvolto? Non che mi interessi sul serio che fine
possa fare, ma non voglio averlo sulla coscienza. Mi deve dimenticare.
E l'unico modo che conosco per farmi dimenticare, è quello di farmi
odiare.
"Nulla".
Vado verso di lui e mi fermo a pochi passi di distanza. Aspetto che alzi
lo sguardo su di me.
"Hai fatto il tuo dovere da bravo cagnolino, ora te ne puoi anche
andare".
È ferito. Ferito come non lo era mai stato finora.
"P-perchè mi parli così?"
"Perchè? Come dovrei parlarti?"
Piange.
So cosa deve provare. Come so che un giorno si renderà conto che
non potevo fare altrimenti, che per noi non c'è alcuna speranza.
"Hisa-kun io ti amo!"
"Ed è una cosa grave?"
Sobbalza come se lo avessi schiaffeggiato.
"Perchè dici così?"
"Perchè ne parli come se fosse una tragedia".
Non regge più la mia aria indifferente e abbassa il capo mormorando
di nuovo: "io ti amo".
"Io no".
"Ma allora cosa sono io per te? Perchè hai accettato che ti
stessi vicino se ti facevo così schifo?"
Sta urlando e io ho mal di testa. Voglio che tutto questo finisca al più
presto.
"Ho solo usufruito del tuo buco" (frase suggerita da Seimei.
Grazie gemellina^^ N.d.Y.).
Smette di respirare per qualche secondo. Sbatte gli occhi, confuso. Si
guarda intorno e non vede niente di familiare o amichevole. E allora fugge.
Corre via lasciando la porta di casa spalancata.
Non me ne importa niente. Non me ne importa niente. È solo questo
maledetto dolore al petto che non decide di andarsene.
Due braccia mi stringono in un forte abbraccio da dietro.
"Hai fatto bene a mandarlo via. cominciava a darmi sui nervi il suo
piagnucolio".
"Non è per questo che l'ho fatto".
"Ah no? non dirmi che volevi rimanere solo con me".
La sua risatina sommessa mi giunge all'orecchio mentre si porta di fronte
a me senza lasciarmi andare.
"In effetti non era gran che! Certo, era stretto da far impazzire,
ma quell'aria da finto verginello alla lunga è stancante. Io sono
decisamente meglio, vero Mitsui?"
Ryo avvicina la sua bocca alla mia passandomi la lingua sulle labbra.
"Perchè non pensiamo un po' a noi adesso? Ci divertivamo tanto
insieme una volta. Che ne dici di rivangare i bei ricordi?"
"Non mi va Ryo. Hai già ottenuto quello che volevi, ora lasciami
in pace".
Stacco le sue braccia dal mio collo e mi avvio verso l'uscita. 'Devo andarmene
di qui al più presto!'
"Ma certo Mitsui, va pure. Se non ti va adesso non c'è problema.
Tanto tornerai da me. Torni sempre da me".
"No, questa volta no".
Uscendo da quella casa ho la certezza che non ci metterò mai più
piede.
E' ancora notte. Non so cosa fare. Sono confuso e stordito. Mi metto a
girare per la città come un vampiro assetato. Ma non è il
sangue ciò che bramo. In realtà non so neppure io cos'è
che voglio.
Le ore si susseguono alle ore. Di certo questa è la notte più
lunga che io abbia mai vissuto. Ma di tutto questo domani non rimarranno
che pallide ceneri e nulla più. C'è qualcosa che devo capire.
Ma non so cosa. E non so come.
Sono passati cinque giorni. Cinque giorni di interrogativi senza risposta.
Cinque giorni di angoscia e dolore. Cinque giorni di inutili introspezioni
alla ricerca di una risposta che non può essere trovata. 'Chi sono...
io? Che cosa faccio? Che cosa voglio? Perchè?'.
Domande domande domande... e io che mi dibatto come insetto invischiato
nella tela di un ragno - la mia fine è vicina, eppure non riesco
a smettere di lottare per la salvezza, di lottare con tutte le mie forze
fino all'inevitabile fine. Magari oggi il ragno non verrà.... magari
ha già mangiato e si sente sazio e non ha bisogno di un'altra preda...
magari è morto schiacciato da esseri a lui superiori.... magari....
E se fossi io il ragno? O meglio, se fossi carnefice e vittima insieme?
Chi mi potrà mai salvare da me stesso?
Kogure è sparito. Non si è più fatto vedere nè
a scuola, nè agli allenamenti. 'Mi stai odiando Kimi-kun? Mi disprezzi?
O ti sei accollato tu tutte le colpe e ora ti vergogni di mostrarti in
giro?'
Almeno a questi ultimi interrogativi voglio dare una risposta.
La casa di Kogure è una bella villetta a due piani con un piccolo
giardino. 'Accogliente' è il primo aggettivo che mi viene in mente
guardandola.
L'aria del mattino è fresca e profumata. Si sente l'odore della
primavera. È tutto così tranquillo che sembra di essere
sospesi nel nulla. Una piccola oasi di pace. Assaporo questo istante perchè
so che non può durare. Cerco di trattenerlo più che posso
perchè per la prima volta da tanto tempo tutte le mie paure e le
mie angosce hanno perso il loro valore.
Nell'ineluttabile certezza che il momento di illuminazione sta passando
comprendo ciò che devo fare. Devo umiliarmi. Umiliarmi e toccare
il fondo. Perchè solo dopo aver toccato il fondo potrò finalmente
risalire. Striscerò ai piedi del megane per ottenere il suo perdono
- non per il perdono in sè, di quello non ho bisogno. Ma perchè
devo essere il verme a contatto con la terra, ciò che la nutre
e dalla quale è nutrito. Io sarò polvere, sarò terra,
sarò creta e con quella plasmerò la mia nuova forma.
"Mitsui-san, sei tu?"
"Buongiorno Kogure-san".
La madre di Kiminobu mi guarda dalla porta di casa sorridendomi nello
stesso modo del figlio.
"Sei venuto a trovare il mio bambino? Non sta tanto bene in questi
giorni, sta sempre a letto e non vuole uscire dalla sua camera. Però
sono certa che gli farà piacere vederti".
Ne è sicura? Io non credo, ma fingo di niente ed entro in casa.
La gentile signora mi accompagna fino alla stanza di suo figlio e, dopo
avermi annunciato, ci lascia soli. Entro nella camera un po' titubante,
chiudo la porta alle mie spalle e mi ci appoggio contro con la schiena.
"Ciao Kimi-kun. So che in questo momento sono l'ultima persona che
vorresti vedere, ma ho bisogno di parlarti".
"Ti aspettavo. Sapevo che saresti venuto".
Finora era rimasto disteso nel letto voltandomi la schiena, ma, dette
queste parole, si alza a sedere e mi guarda con aria ferma e sicura. È
ovvio che in questi giorni ha riflettuto e ha preso una decisione.
"Sì, dobbiamo parlare, ma non qui. Se mi aspetti un attimo
mi vesto e usciamo, così staremo più tranquilli".
Annuisco. Lui si alza e indossa gli occhiali, poi, con andatura barcollante
dovuta ai giorni di forzata inattività, si avvia verso il bagno.
Rimango solo ad osservare la sua stanza. Non è tanto diversa dalla
mia. Libri, poster, foto, cd, riviste... qualche nome e qualche soggetto
possono cambiare, ma l'essenza è la stessa. Eppure io e il quattr'occhi
siamo due persone completamente diverse. O forse no? forse non siamo poi
così dissimili come ho sempre dato per scontato?
Kogure mi strappa alle mie elucubrazioni rientrando nella camera pronto
per uscire.
Ci dirigiamo verso il parco a pochi isolati di distanza. Chissà
perchè le persone cercano sempre il contatto con la natura quando
sono ad un punto cruciale della loro vita? Una dichiarazione perderebbe
il suo valore se non venisse fatta sullo sfondo di un tramonto, una decisione
sarebbe meno importante se non venisse presa con la luna e le stelle come
testimoni, una conversazione grave perderebbe la sua solennità
se venisse condotta lontano dall'ombra degli alberi? Probabilmente siamo
tutti legati agli stereotipi hollywoodiani impostici dal cinema.
Ci sediamo su una panchina. Rimaniamo per un po' in silenzio con lo sguardo
perso nel paesaggio di fronte a noi. Dopo qualche minuto tutta quella
pace comincia ad innervosirmi e, così, spezzo l'incanto.
"Credo di essere pentito per quello che è successo".
"Credi o lo sei?"
Esito un istante.
"Credo che dovrei esserlo".
"... ma non lo sei".
Di nuovo si fa silenzio, ma questa volta è un silenzio carico di
tensione.
Questa volta è lui a parlare per primo.
"Non te ne faccio una colpa. In un certo senso me lo sono meritato".
Come ribattere a questa affermazione, dal momento in cui anche io ne sono
convinto? Preferisco rimanere zitto.
"Non sforzarti a chiedere scusa se non te la senti. Io non lo pretendo.
Sapevo benissimo che non era me che volevi, che avevi solo bisogno di
qualcuno su cui sfogarti. Ma per un po' mi sono illuso che il mio amore
bastasse a salvarti".
"Kogure mi dispiace. Sul serio! Non per quello che è successo
nella toilette di quel cinema o per la scena a casa di Ryo. Non sarò
tanto ipocrita da chiederti scusa per quello, perchè in quei momenti
era ciò che desideravo succedesse e quindi ne pagherò ogni
conseguenza. Mi dispiace per averti fatto credere che avevo accettato
il tuo aiuto e che avevo deciso di migliorare per te. Di questo sono sinceramente
pentito".
Sospira e si prende la testa tra le mani, i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
"Ti confesserò una cosa Mitsui. quello che mi avete fatto
sia tu la sera del cinema che Ryo, beh.... mi è piaciuto".
Sono un po' schockato, lo ammetto. Sospettavo che il quattr'occhi non
fosse quello stinco di santo per cui si faceva passare, ma da qui a pensare
che fosse una specie di gattina in calore.... non me lo aspettavo!
"Beh, sì.... meglio così!"
"Con questo non voglio dire che ciò che hai fatto sia giusto.
Mi hai fatto molto male e ci vorrà un po' di tempo prima che io
possa riprendermi completamente. Dovrò anche fare i conti con un
me stesso che non sapevo esistesse. Ho paura".
"Anche io".
E' la prima volta che sento Kogure davvero vicino. L'ho sempre sottovalutato.
Pensavo fosse solo un bambino viziato e saccente, invece anche lui conosce
lo strazio di un animo tormentato. Guardo questo ragazzo che sta soffrendo
a causa mia e mi rendo conto che ha fatto per me più di chiunque
altro: ha condiviso i miei orrori senza allontanarmi come se fossi un
appestato. Forse non è riuscito a migliorarmi come sperava, ma
almeno mi ha fatto capire che non sono quel mostro raro e spaventoso che
ho sempre ritenuto di essere.
"Sai Kogure, non credo che tu fossi realmente innamorato di me. Credo
che ti piacesse l'idea del Mitsui infelice che potevi redimere grazie
alla forza del tuo amore".
Kiminobu si volta a guardarmi e dopo qualche attimo fa un cenno di assenso.
"Capisco cosa intendi dire. Ero più innamorato dell'idea che
mi ero fatto di Mitsui più che di Mitsui stesso. Probabilmente
hai ragione. C'è stato un momento, però, in cui ti ho amato
veramente. È stato quando hai detto di non amarmi. Ti sembrerà
assurdo, ma è proprio così. Eri così bello ed emanavi
una tale disperazione dietro quella maschera di indifferenza da sembrare
una divinità ultraterrena costretta a rimanere sul nostro mondo
per la beffa di un qualche demone. Ed io ero disperato perchè sapevo
che, per quanti sforzi potessi fare, non avrei mai potuto intaccare quella
distaccata perfezione. Ti prego, ti chiedo solo questo: ricordati sempre
che, seppur per un solo istante, qualcuno ti ha amato per ciò che
sei veramente".
"Te lo prometto. E ti ringrazio. Mi sono sempre considerato superiore
a te - superiore a tutti in un modo o in un altro, ma ora mi accorgo di
essere solo una persona qualunque, nè più nè meno.
Non sono degno dell'amore che mi hai dimostrato".
Il megane si illumina di un dolce sorriso.
"Sì che lo sei. Devi solo trovare la forza di avere più
fiducia in te stesso. Sono certo che ci riuscirai e prima di quanto immagini".
"Me lo auguro davvero!"
Nella brezza del mattino di una timida primavera, persino io posso ritrovare
la speranza?
Stupido! Stupido stupido stupido che non sono altro!!! Come ho potuto
far loro questo? Eppure giuro che non volevo! Lo ammetto, ero geloso di
Sakuragi e Rukawa, del sentimento che li univa. Ma da qui a fare in modo
che rompessero!!!
Hanamichi è l'unico che mi si sia dimostrato amico in questi giorni
e io avevo solo bisogno di sfogarmi un po'.
Dannazione, è tutta colpa di Sendoh! Già, perchè
è a lui che pensavo quando sono andato a chiedere consigli sul
vero amore alla testa rossa. Ed era sempre a lui che pensavo quando ho
rivangato gli avvenimenti che hanno portato alla nostra fatidica scommessa.
Poi la situazione non ha fatto che precipitare sempre più in basso:
Rukawa che ascolta non visto il nostro discorso, che non vuole sentire
le nostre spiegazioni, che colpisce Sakuragi e lui che si lascia colpire
senza reagire. E ancora la corsa disperata di Kaede, io che cerco di medicare
le ferite di Hanamichi e lui che ancora non reagisce. Non ha detto una
parola il mio povero amico. Era distrutto. È' andato via senza
neanche salutarmi.
Ma più terribile di tutto è stato il giorno dopo. Sakuragi
non è venuto a scuola, si è presentato solo più tardi
agli allenamenti portandoci la notizia che Rukawa non sarebbe tornato
per un po' perchè era partito per un viaggio con i suoi genitori.
Non ha dato altre spiegazioni e se n'è andato. Gli sono corso dietro,
dovevo assolutamente sapere se le cose stavano realmente come ci aveva
fatto credere. Quando, infine, l'ho raggiunto e gli ho chiesto cosa fosse
successo veramente mi ha detto:
"Voleva uccidersi. L'ho trovato chiuso in bagno con una scorta di
barbiturici sufficiente a mandarlo dritto al Creatore. Ora sta meglio,
ci siamo spiegati, ma per qualche giorno starà ricoverato in una
clinica specializzata. Questa che ti ho fatto è una confidenza,
ti prego di non dire nulla agli altri".
Aveva l'aria stanca e sembrava parlare a fatica. Ha aspettato che gli
promettessi il mio silenzio e poi ha ripreso la sua strada senza aggiungere
altro.
È passata una settimana da allora, ma ancora non riesco neppure
a guardarlo negli occhi. Eppure ora sembra che si sia ripreso. È'
più rilassato e tranquillo e ha ricominciato a proclamarsi il tensai.
Penso sia un buon segno. Ma i rimorsi che mi attanagliano non mi permettono
di rivolgergli la parola.
Quattordici giorni. Trecentotrentasei ore, ventimilacentosessanta minuti,
un milione duecentonovemilaseicento secondi.
Sono quattordici giorno che tengo duro. Faccio finta di niente, sono tornato
alla mia vita morigerata fatta di scuola e allenamenti. Fingo serenità,
impegno, disciplina. In una parola resisto. Resisto così bene che
potrei quasi scrivere un trattato sulla resistenza umana. Ma dentro di
me sto urlando. E quel grido è così forte da smembrare e
lacerare ogni mio organo. Sto piangendo, non lo vedete? Sto sanguinando,
non lo vedete? Sto morendo, non lo vedete?
A volte mi chiedo cosa ne sarebbe stato di me se Rukawa si fosse realmente
suicidato, se avrei infine ceduto o se sarei riuscire a sopportare anche
questo peso sul cuore trasformandomi in quel mostro che avevo sempre paventato
di diventare. Un mostro di crudeltà e indifferenza, un mostro così
meschino da riuscire a fare del male senza neanche rendersene conto e
così pavido da continuare a vivere nonostante tutto.
Per fortuna non è successo. Per fortuna non devo fare i conti anche
con questo.
C'è sempre e solo un'ombra che tormenta le mie veglie e i miei
sonni. Akira Sendoh.
Perchè non faccio che pensare a lui? Perchè sento che finchè
non lo avrò affrontato una volta per tutte non potrò trovare
le risposte che sto così affannosamente cercando su di me e sulla
mia vita?
Forse dovrei rassegnarmi e accettare che la mia esistenza non è
altro che un enorme punto interrogativo.
No, non mi rassegno. Voglio trovare le risposte a qualunque costo. Ora
so cosa devo fare. Devo affrontare i miei problemi uno per volta a viso
aperto.
Oggi parlerò con Sakuragi.
Ho accompagnato Hanamichi sulla strada per la clinica dove è stato
ricoverato Rukawa. Oggi, fortunatamente, lo dimettono.
Io e il mio compagno abbiamo un po' parlato lungo il tragitto. Ora so
che è felice e so che non ce l'ha con me per quello che è
successo. Anzi, in un certo senso credo che sia stato felice di avermi
incontrato la famosa sera del suo cinquantunesimo rifiuto.
Quel ragazzo è talmente pieno di forza e allegria da farmi invidia.
Nonostante il suo grande amore sia stato a un passo dalla morte oggi aveva
l'aria di un bambino goloso al quale è permesso di comprare tutti
i dolciumi che vuole. Si vede che il ritorno a casa del volpino gli ha
fatto proprio bene!
Li ammiro moltissimo. Ognuno ha trovato la propria ragione e la propria
fonte di energia nell'altro e ora non c'è più nulla che
li possa ostacolare veramente. A me non è mai stata data questa
possibilità. O forse sì e non me ne sono accorto?
Devo ancora fare chiarezza in me, ma sento che di momento in momento mi
sto avvicinando di più alla mia meta. Mi rimane ancora un ultimo
passo da fare.
Già, un ultimo passo. Il più difficile. Affrontare Sendoh.
Ho paura, molta paura. So già che quando me lo troverò davanti
mille sentimenti diversi scenderanno in lotta tra di loro. Riuscirò
ad essere io ad uscirne vincitore?
Non lo so. Non ha importanza. O forse sì, ma se mi mettessi a valutare
adesso i rischi e le conseguenze non alzerei più un dito.
Invece devo muovermi e alla svelta. Un senso d'urgenza mi pervade. Sono
quasi arrivato, manca poco ormai. Non mi posso arrendere. Qualunque cosa
capiti, andrò fino in fondo.
Mi sono lasciato dietro pezzi di me stesso che non riconoscevo più,
come un serpente che abbandona le sue vecchie pelli dopo aver praticato
la muta.
È ora di conoscere il vero Mitsui.
La bella camera spaziosa illuminata dall'ampia vetrata della porta-finestra,
i bei mobili solidi e raffinati, i quadri alle pareti, i premi e le foto
sulle mensole, il ripiano con i libri... E l'odore! Oh quel profumo meraviglioso
di sandalo che caratterizza tutte le sue cose!
Niente è cambiato dall'ultima volta che sono stato qui. la nostalgia
mi assale improvvisa stringendomi in una morsa dolorosa lo stomaco e facendomi
salire le lacrime agli occhi. Ma non piangerò. Non voglio che mi
veda piangere.
Mi sta guardando fisso negli occhi con un'intensità tale che mi
fanno male le pupille.
Sorride, come sempre. Forse vorrebbe parlare, ma l'emozione che lo pervade
non gli permette di emettere un solo suono. La nostra è una conversazione
silenziosa espressa attraverso i nostri sguardi.
La radio, perennemente accesa, trasmette musica rock che non si addice
molto all'atmosfera. Ma non importa. C'è la finestra aperta dalla
quale entra il sole tiepido del pomeriggio, c'è il pallone da basket
con il quale ci siamo allenati tante volte insieme, c'è la foto
della nostra gita al mare dell'estate scorsa.
In realtà, non c'è assolutamente niente. Solo Akira con
quel sorriso sincero dipinto sulle belle labbra vermiglie, i soliti buffi
capelli a punta e tanta dolcezza che traspare dagli occhi. E mi sta guardando.
Dei! È questa ciò che chiamate 'felicità'?
Continuiamo a fissarci senza muovere un dito, entrambi impauriti di fare
la prima mossa. Ma se anche trovassi il coraggio di avvicinarmi o di toccarlo,
vorrei davvero spezzare la perfezione di questo attimo sospeso nell'eternità?
Mi chiedo come ho fatto a stargli per tanto tempo così lontano.
Mi costringevo a credere di odiarlo e di disprezzarlo per quello che aveva
fatto, ma il desiderio represso di lui, della sua vicinanza è sempre
con me, come il fuoco che rimane a riposo sotto le ceneri per poi divampare
più forte di prima appena gli viene accostata nuova legna. Ora
ho un incendio che divampa dal cuore per raggiungere ogni cellula del
mio corpo.
Devo calmarmi, devo assolutamente calmarmi o rischierò di impazzire!
Devo riprendere a respirare e controllare i battiti del mio povero cuore.
Sono ebbro di gioia e questo non va bene perchè ho perso la lucidità
che ora deve essere riconquistata a qualunque prezzo.
"Sei qui! sei qui davvero!"
Il suo è solo un sussurro, ma rimbomba nella mia testa come la
scarica di mille cannoni. E poi, non so come, mi ritrovo a volargli tra
le braccia e astringerlo convulsamente. Akira continua a ripetere: "Sei
qui! sei qui!" e io mi perdo nel calore del suo petto.
È strano, forse anche un po' ridicolo. Ho passato tutta la vita
odiando il mio destino, cercando ogni pretesto per sfidarlo e ingiuriarlo.
Ed ecco che ora il destino mi fa questo regalo!
Questo è il mio grande tesoro che conserverò per la vita
intera, questi attimi di pura felicità sono tutta la mia ricchezza.
Non c'è stato niente prima e non ci sarà niente dopo, mi
dissolvo nel 'qui' e nell' 'adesso'. Condenso un'intera esistenza in un
solo momento perchè non importa la durata, importa che accada.
Lentamente sciogliamo il nostro abbraccio e torniamo a fissarci negli
occhi. Vorrei annullarmi nel suo sguardo!
Akira mi prende il volto fra le mani e con i pollici mi accarezza dolcemente
le guance.
"Ti amo".
Chiudo gli occhi abbagliato dallo splendore delle sensazioni che queste
due semplici parole mi hanno donato.
"Sì, è così".
La mia è una semplice affermazione. Sapevo già la verità
di ciò che mi è stato appena rivelato, esattamente come
il neonato sa che succhiando dal seno della madre la sua fame verrà
placata, ma lo comprende solo quando la mammella gli viene accostata alle
labbra. È il mio istinto a saperlo. È la mia anima a comprenderlo.
Mi bacia a fior di labbra. È un bacio fresco, leggero, ma ricolmo
di un'infinita tenerezza.
"Perchè non sei venuto prima? Perchè mi hai fatto aspettare
così a lungo?"
"Sono successe tante cose Sendoh e io..."
"Sendoh? Non mi chiami più Akichan?"
Quanto mi mancavano il suo sguardo malizioso e la sua voce che risuona
di lievi venature ironiche!
"Se sapessi quello che ho combinato dopo l'ultima volta che ci siamo
visti, non credo che avresti ancora voglia che ti chiamassi così".
Mi posa gentilmente l'indice sulla bocca, mettendosi poi a giocare con
le mie labbra.
"Non mi interessa cosa puoi aver fatto. L'unica cosa di cui mi importa
veramente è che tu sia qui, con me. E che ci resterai".
"Akichan, non è per questo che sono venuto. Io ho assolutamente
bisogno di parlare con te".
Si allontana di un passo, leggermente indispettito.
"Vuoi parlare con me per poi andartene di nuovo?"
"Non ho detto questo! È solo che ci sono delle cose che devo
assolutamente capire prima di prendere una qualsiasi decisione in merito".
"Quindi il mio compito è quello di farti 'capire' che quello
che vuoi veramente è stare con me?"
"Tu non mi stai ascoltan....mph!"
Sendoh attacca le mie labbra facendo capitolare la mia scarsa resistenza
con l'uso di lingua e denti. Ci stacchiamo senza fiato e io lo guarda
con aria contrariata, anche se non posso nascondere che quel bacio mi
ha risvegliato istinti animaleschi neanche troppo sopiti.
"Cosa c'è, Hisachan? Non dirmi che non ti è piaciuto
perchè qui c'è 'qualcuno' che ti sta smentendo in pieno":
Appoggia la sua mano sul mio membro che preme contro la stretta stoffa
dei pantaloni. Non trattengo un gemito di piacere. Questo ragazzo ha delle
mani d'oro!
Avvicina il viso al mio fino quasi a far toccare le nostre bocche. Mi
spingo avanti per baciarlo, ma lui mi tiene a distanza appoggiando l'altra
mano sul mio petto.
"Allora Hisachan? Non mi volevi parlare?"
I movimenti della sua mano sul mio pene si fanno più decisi, mentre
le dita dell'altra mi pizzicano un capezzolo. Il suo fiato danza sinuosamente
sopra il mio volto e quando passa la punta della lingua sulle mie labbra
trattengo a stento un urlo di frustrazione.
"No.... non ora".
"Ah no, mio bel koibito? Allora cos'è che vuoi ora?"
Mi apre velocemente i pantaloni e quando la sua pelle viene finalmente
a contatto con il mio sesso turgido mi aggrappo alla sua schiena appoggiando
la fronte contro la sua spalla, nel timore che le gambe non riescano più
a reggermi.
"Ora... voglio... te!"
Lo sento sorride mentre mi sussurra:
"Molto bene, Hisachan! Non era meglio dirlo subito?"
Mi getta bruscamente sul letto e si sdraia sopra di me. La sua lingua
percorre la linea del mio collo fino a raggiungere l'incavo alla base
di esso, dove si ferma succhiando furiosamente.
La sua voglia di me è violenta e inarrestabile. Le sue mani accarezzano
e graffiano, la sua bocca morde e lambisce. È un miscuglio di gesti
delicati e dolorosi, quasi volesse vendicarsi per la mia prolungata lontananza
e ringraziarmi per il mio insperato ritorno.
Mi spoglia, quasi strappandomi i vestiti di dosso. Sono completamente
in balìa di questo ragazzo meraviglioso che mi tortura offrendomi
i doni più preziosi al mondo per poi nasconderli quando cerco di
afferrarli.
Gli unici suoni che riesco ad emettere sono singulti nei quali a mala
pena si distingue il suo nome.
"Akira... Akira..."
Da quanto tempo volevo gridarlo questo nome! Per me è la parola
più bella e ricca di significato che ci sia e mi è stata
negata così a lungo che pensavo di morirne!
La sua bella mano forte e affusolata si stringe sulla mia dolorosa erezione
portandole un po' di sollievo. Il suo movimento è lento e quasi
ipnotico: su e giù... su e giù.... su e giù....
La mia frustrazione giunge al culmine, mi sta facendo impazzire, non ne
posso più!!!
Affondo le unghie nella carne tenera delle sue spalle e cerco di aumentare
il ritmo delle pompate muovendo il bacino, ma sono schiacciato dal peso
del suo corpo e agito inutilmente le gambe come una tartaruga caduta sul
dorso.
"Akira... ti prego... più forte!"
"Non ti hanno insegnato che chi va piano va sano e va lontano? Non
dirmi che non è la pazienza una delle tue più grandi virtù".
"Sei solo un lurido... Ah!"
La pressione della sua mano si è fatta maggiore e il movimento
improvvisamente più rapido mi toglie la capacità di terminare
la frase.
"Forza, Hisachan. Dillo: che cos'è che sarei?"
"Ah... sei... sei un... ahhhhh!"
Il ritmo è aumentato ancora e una spessa nebbia si impadronisce
del mio cervello.
"Sono un... ahhh? Mmhh... non credo fosse questo ciò che volevi
dire. Avanti, dillo! Dimmelo che sono l'unico che vuoi perchè non
c'è nessuno che sappia farti godere quanto me".
"S-sì... tu... tu sei... fantastico!"
"Dì: il migliore".
"Il.... m-migliore..."
Mi bacia con foga infilandomi la lingua tanto a fondo da rischiare di
soffocarmi. Quando si stacca, interrompe anche la sua opera con la mano,
ma prima ancora che possa protestare la sua bocca si chiude su di me facendomi
urlare di piacere.
Mi abbandono totalmente alle mie sensazioni. Chiudo gli occhi e con la
mente riesco a vedere tutti i colori che siano mai stati creati dalla
natura o dall'uomo. Affondo nel mare del piacere che mi sommerge tranquillizzante
e che mi culla come le braccia di una madre. Tutto è così
bello, così pulito, così chiaro! Non voglio che finisca
mai, mai...
Purtroppo la realtà è ben diversa e con un acuto degno del
migliore cantante d'opera esplodo nella bocca del mio amante.
Sono prostrato e ansante. Quando riapro agli occhi mi trovo davanti un
dolcissimo sorriso che mi stringe il cuore in una morsa d'acciaio.
"Ah Hisachan! Non sai che delitto che stavi per commettere! Stavi
per farmi dimenticare quanto tu potessi essere buono".
Solo ora mi rendo conto che lui è ancora completamente vestito.
Con uno scatto mi porto sopra di lui e lo bacio con trasporto, mentre
le mie mani cercano di sbottonare la camicia il più in fretta possibile.
"Se continui così finirai per strapparmela".
Gli rispondo continuando nel mio lavoro di svestizione.
"Non mi sembra che tu sia stato molto più tenero con i miei
vestiti".
Scoppia a ridere. Quanto è bella la sua risata! Quel suono così
fresco e cristallino mi penetra attraverso i pori della palle irraggiando
mille brividi in tutto il corpo. Mi sto eccitando di nuovo.
Finalmente anche la fastidiosissima biancheria è stata eliminata.
Quando mi ritrovo di fronte al suo bel membro eretto come una sfida contro
il cielo non posso fare a meno di sentire un senso di reverenza. Bacio
la punta sensibile come un devoto bacerebbe l'immagine di una divinità.
Con abili mosse della lingua disegno il contorno di tutta la sua lunghezza.
Giunto allo scroto comincio a succhiare i suoi dolci testicoli.
"Oh koi, adoro la tua bocca!"
Spronato da questa affermazione mi avvicino alla cappella prendendola
in bocca. Sendoh mi afferra per i capelli cercando di spingermi più
a fondo, ma io faccio resistenza e con una mano gli massaggio le palle
gonfie.
Quando lo sento irrigidirsi e capisco che è vicino all'orgasmo
mi faccio scivolare il suo pene fin quasi in gola aumentando il ritmo
delle pompate e l'intensità della suzione.
Vengo invaso dalla linfa del mio Akichan e lecco e ingoio tutto per non
perdere neanche una goccia di quel preziosissimo liquido.
Finita l'operazione di ripulitura mi avvicino al volto del mio bel amante
e appoggio la mia fronte alla sua. Lui mi prende il volto tra le mani
e mi guarda intensamente negli occhi.
"Non crederai che questo mi possa bastare, vero? Voglio molto di
più. Voglio sentirti dentro di me. Voglio che mi fai urlare così
forte da far credere ai vicini che stiano commettendo un omicidio e che
chiamino la polizia".
"Sei sicuro di volere questo?"
Il mio tono serio e asciutto lo spiazza.
"Certo che lo voglio! Non ho desiderato altri che te in tutto questo
tempo. Non facevo altro che sognarti: la tua pelle contro la mia, la tua
bocca sulla mia, le tue mani che scorrevano sul mio corpo. E tu mi chiedi
se sono sicuro di volerlo?"
"Va bene, allora. Ma poi non ti lamentare se la polizia ci interrompe
proprio sul più bello".
Akira mi spinge via, offeso; poi si getta su di me facendomi il solletico.
Ed io rido. Rido come non facevo più da molto tempo, rido come
quando ero bambino e tutto mi sembrava grande e luminoso e bello! Rido
e le mie risate si trasformano in baci, in carezze, in passione.
Ci sono solo io e c'è solo Akira. E poi c'è Akira e sopra
di lui ci sono io. Ci sono le nostre mani che si intrecciano, la nostra
pelle che si sfiora, i nostri respiri che si uniscono, le nostre anime
che si fondono.
"Hisashi prendimi, prendimi ora!"
Entro dentro di lui con lentezza e circospezione per non fargli male,
ma lui mi afferra per le anche e mi spinge violentemente contro di lui.
È così caldo e accogliente che perdo subito il controllo.
Le mie spinte si fanno subito veloci, la mia bocca si avventa a succhiare
e mordere un suo capezzolo, le mie mani si muovono senza pace da un punto
all'altro del suo corpo lambendo e massaggiando, il suo sesso sfrega contro
il mio stomaco.
Essere in lui, essere parte di lui... non è forse questo che ho
cercato tanto?
Mi conficca le unghie nella schiena mentre urla tutto il suo dolore e
il suo piacere.
Lui chiama me e io chiamo lui recitando la nostra preghiera di comunione.
Quando sento lo schizzo violento del suo sperma sulla faccia non riesco
più a trattenermi e lo riempio con il mio fluido bollente.
Rimaniamo abbracciati. Akira mi sfiora la schiena con languide carezze.
Rimaniamo in silenzio, perchè a volte il silenzio ha più
valore delle parole. Ci stiamo dicendo che ci amiamo, ci siamo sempre
amati e ci ameremo sempre.
Un'idea si fa strada in me diventando più forte a mano a mano che
passano i secondi, finchè non diventa tanto potente da spingermi
a parlare.
"Akira, voglio fare l'amore con te".
Alza un sopracciglio e un leggero sorriso gli increspa le labbra.
"Scusa, ma fin'ora cos'è che avremmo fatto secondo te?"
Arrossisco. È un pensiero difficile per me da esprimere.
"Sì, certo, ma quello che intendevo dire era un'altra cosa.
Insomma io vorrei fare l'amore con te in un'altra maniera".
"Ah, ho capito! E così ora ti è venuta la mania della
sperimentazione, eh? Bene bene, penso che ci siano tanti giochini che
potremmo provare".
Mi alzo a sedere di scatto mollandogli un poderoso pugno nello stomaco.
"Non hai capito un tubo come al solito. E i giochini li vai a fare
con quel pervertito di Koshino, non con me!"
Mi abbraccia da dietro la schiena appoggiando il mento sulla mia spalla.
"E dai, non te la prendere! E poi non ho intenzione di fare un cavolo
con nessuno se non con te. Comunque sei tu che non ti sai spiegare. Si
può sapere di cosa stavi parlando?"
"Ecco, vorrei.... vorrei che tu facessi l'amore con me come io in
genere lo faccio con te".
Per un attimo il suo corpo si tende e smette di respirare.
"Guarda che se lo fai per me non è necessario. Io adoro il
modo in cui lo facciamo, davvero! Non ho bisogno d'altro, anche se l'ho
capito quando ormai era troppo tardi. Non voglio che tu debba fare qualcosa
che non ti senti veramente solo perchè credi che a me possa far
piacere".
"Vuol dire che non ti piacerebbe?"
Sono un po' deluso, mi aspettavo una reazione diversa.
"Stai scherzando? Certo che mi piacerebbe! Da quando ti conosco mettertelo
nel culo è stata la mia massima aspirazione".
Gli do una gomitata nelle costole. Non si merita altro questa razza di
hentai!!!
"Ouch!... Ok ok, ti chiedo scusa per la volgarità. Però
è veramente una delle mie massime aspirazioni erotiche!"
Come si fa a rimanere arrabbiati di fronte ad un sorriso del genere? È
assolutamente disarmante!
"Comunque non l'ho detto solo per fare un piacere a te. Lo vorrei
veramente".
"Ma Hisachan..."
"No, ascolta! Voglio farlo, voglio darti tutto me stesso. Voglio
provare tutto ciò che provi tu di solito, in questo modo potremo
essere davvero una cosa sola".
"Ti farà male e io non voglio farti del male".
Il suo sguardo è preoccupato e di una dolcezza struggente.
"Mi farai male solo se rifiuterai la mia offerta".
Rimane a fissarmi per qualche istante per vedere se le mie parole sono
sincere e poi mi sorride pieno d'amore.
"Sì, Hisashi. Anch'io ho voglia di fare l'amore con te".
Ci baciamo con voluttà mentre la nostra passione rinasce prepotente.
Sendoh mi fa sdraiare e con baci lievi scende lungo il mio torace fino
al ventre, soffermandosi sui punti che mi danno maggiore piacere. Gioca
con il mio ombelico facendovi guizzare dentro e fuori la lingua vellutata.
Quando sono completamente eccitato sposta il viso verso il basso, sfiorandomi
l'erezione con il naso.
Arriva con la bocca alla mia apertura e ci infila dentro la lingua bagnandola
abbondantemente con la saliva.
Sono incredibili le sensazioni che sto provando, non credevo che potesse
essere così. I gemiti mi escono prepotenti dalla gola e la mia
eccitazione non fa che aumentare. Mi ritrovo a succhiare le dita del mio
amante senza neanche ricordare quando me le ha messe in bocca.
Akira abbandona quel lavoro così delizioso torna su a divorarmi
le labbra. Sento l'intrusione di una delle sue dita, ma non lo trovo tanto
doloroso. La questione cambia quando il numero delle dita aumenta. Stringo
i denti e a poco a poco il piacere riesce a superare il fastidio, tanto
che quando Akira pone termine alla dolce tortura mi sento vuoto.
La delusione non dura molto perchè Sendoh prende a massaggiarmi
il membro con movimenti diacronici che mi fanno impazzire. Sono completamente
concentrato sul nuovo lavoro che all'inizio non mi rendo conto di ciò
che sta premendo il mio orifizio. Quando Akira mi entra dentro il dolore
è troppo grande e stupide lacrime cominciano a scendermi sulle
guance.
"Perdonami amore mio, perdonami. Non volevo farti del male, scusa!"
Il mio meraviglioso ragazzo mi bacia dolcemente il viso asciugandomi le
gocce salate che vi trova sopra.
"Non ti preoccupare. Continua".
Sento le sue spinte farsi sempre più vigorose. 'Dannazione, fa
male, fa male, fa male, fa male!'
Mi afferro alle sue gambe tese sentendo sotto la pelle il movimento dei
muscoli.
Avrei voglia di spingerlo via, di porre fine a tutto questo, ma all'improvviso
una scarica mi percorre la schiena. Akira sta ancora prendendosi cura
del mio sesso, ma non è da lì che proviene tutto il piacere
che sto provando ora. È da un altro punto, così nascosto
e segreto che non pensavo neppure esistesse.
"Così Akira.... più forte!"
L'asso del Ryonan esegue il mio ordine e io raggiungo un'estasi che mai
avevo provato fin'ora.
Il mio seme si spande tra i nostri corpi. Sendoh passa un dito sul mio
ventre raccogliendo un po' di quel succo e se lo porta alla bocca.
"Non penserai che sia finita qua, vero? Perchè io ho ancora
qualcosa da darti".
Sono totalmente intontito. Il mio amante mi fa voltare e mi lascia una
scia di umidi baci sulla schiena. Mi prende di nuovo, ma questa volta
non fa male, i miei muscoli sono ancora rilassati per il recente orgasmo.
"Ti amo, Hisashi.... Non credevo.... fosse possibile, ma.... è
così: sono... sono innamorato di te.... Non devi più lasciarmi....
non voglio più stare solo".
La sua voce che va a ritmo con i nostri corpi, il desiderio di lui che
mi fa andare incontro alle sue spinte, il mio sesso, di nuovo eretto,
che sfrega contro le lenzuola.
Questa volta raggiungiamo il culmine insieme, avvinti dallo stesso intenso
piacere.
Dolcemente Akira abbandona il mio corpo e, così abbracciati, dormiamo
finalmente il sonno dei giusti.
Mi sveglio che ormai è sera. Il ragazzo accanto a me che mi stringe
possessivo dorme ancora.
Dio, quanto lo amo! Vorrei che questa pace non finisse mai, vorrei che
questa felicità non finisse mai. Eppure, cosa farò una volta
lontano dalle sue braccia? Sarà di nuovo tutto come prima?
No, non posso. Non lo sopporterei.
Ora so che anche io posso essere felice. Ma so anche che, se rimanessi
con Akira, mi appoggerei totalmente a lui. Diventerebbe la mia unica ragione
di vita, l'unica cosa che possa donarmi serenità. Alla lunga questo
minerebbe il nostro amore. Non sarebbe giusto, nè per me, nè
per lui. Ho bisogno di trovare il mio equilibrio, di trovare il mio posto
nella vita e l'unico modo possibile è farlo da solo.
Akira, nel sonno, mi stringe più forte a sè. Mi irrigidisco.
Era troppo bello, ma non posso più farvi assegnamento. Non piango.
Non posso permettermi di piangere in un momento come questo. Più
tardi, forse, sarà possibile. Più tardi me lo concederò.
Con delicatezza mi sottraggo dal suo abbraccio e mi alzo. Raccolgo i vestiti
sparsi per il pavimento e li indosso. Hanno ancora il suo profumo addosso.
Quando sono pronto mi accosto al letto e poso un bacio sulla fronte di
Sendoh.
"Mmmh... Hisachan".
"Sto andando via".
Fatica a tenere gli occhi aperti.
"Rimani qui, non te ne andare".
"E' necessario".
"Ma no che non lo è! Rimani, ceniamo insieme e poi magari
usciamo".
"Non è possibile. Devo andare via. Da solo".
All'improvviso spalanca gli occhi allarmato, forse, dal mio tono di voce.
"Cosa vuol dire che devi andare da solo? Tornerai, vero?"
Gli sorrido tristemente.
"Forse".
"Cosa vuol dire 'forse'?"
Si tira su a sedere e mi guarda furioso.
"Non mi puoi lasciare di nuovo! Questa volta non te lo permetto!
Tu mi appartieni e non ti permetterò mai di andartene!"
Si alza e si veste con scatti nervosi.
"E' vero, ti appartengo. Tuttavia me ne andrò".
"Perchè?"
Mi guarda disperato. Non capisce, non può capire. O forse sì.
Forse, se glielo spiego, capirà.
"Aki...."
"Ti amo. Non andartene".
È fuori di sè. Si inginocchia davanti a me e posa la testa
sulle mie gambe. Gli passo una mano nei capelli e lo accarezzo come farebbe
una madre premurosa.
"Sì, è incredibile. Tu hai guardato nel mio profondo
e riesci ad amarmi. Chi altro riuscirebbe ad accettarmi, a conoscermi
come tu mi conosci e ad amarmi? Eppure tu sei qui, mi guardi e vuoi che
resti con te".
Alza il volto e fissa i suoi luminosi occhi carichi di lacrime su di me.
Mi sorride.
"Non potrai fare a meno di me e tornerai".
"Probabilmente sarà così. Ma userò tutte le
mie forze perchè questo non accada. Voglio tornare da te solamente
quando avrò imparato a fare a meno di te".
"Questo non ha senso!"
E' in piedi di fronte a me e mi volta le spalle.
"Akira io sono debole. Ho sempre cercato di negarlo e di apparire
forte ed indipendente, ma non è così. Senza di te non sono
nulla. Ma questo è giusto? Questa è vita? Quando sarò
forte abbastanza da poter essere qualcuno indipendentemente da te, prometto
che tornerò. Se mi vorrai ancora".
"Cosa farai ora?"
Continua a voltarmi le spalle.
"Cercherò la mia strada. Il basket, sai, quello mi piace sul
serio. Credo che ricomincerò da lì".
"Va bene, allora vattene".
In fondo è questo quello che voglio. Eppure lasciare questa stanza
mi costa così tanta fatica!
"Hai sentito cosa ho detto? Vattene via!!!"
Scoppia a piangere. No, amore mio, non piangere! Non posso vederti soffrire
così e sapere che ne sono io la causa. Un nodo amaro mi stringe
la gola. E' giusto, è ora di andare.
Mi volto, scendo le scale, apro la porta di casa, sono fuori. Respiro
dolorosamente l'aria fredda. Possibile provare male anche per un gesto
così semplice?
Mi avvio verso casa. Dopo pochi passi sento una porta sbattere.
"Chi cavolo ti dice che sarò lì ad aspettarti? Posso
trovarne decine migliori di te. Dammi una sola buona ragione per cui dovrei
accontentarmi di un 'forse tornerò'".
Mi volto un po' sorpreso. Sendoh è in mezzo alla strada con il
volto gonfio e contratto per via delle lacrime, scalzo e con i vestiti
stropicciati. A quella vista il cuore mi si scioglie dalla tenerezza.
Gli sorrido sinceramente.
"Ti amo, Akira Sendoh. Qualunque cosa succederà, che io possa
fallire o riesca nel mio intento, continuerò ad amarti. Non ha
importanza che tu mi aspetta o no. comunque tu decida, avrai sempre il
mio amore con te".
Rimane a fissarmi con le guance rigate dal pianto. Poi il suo volto si
stende e torna a sorridere.
"Tornerai, lo so. E io sarò qui ad aspettarti".
Anche io gli sorrido.
Sì, tornerò. È' una promessa.
'Sento lo schianto dei polmoni al primo vagito
Vedo la luce che mi ferisce le rinnovate pupille
Odoro il sentore di vita che mi soffoca e mi sommerge
Tocco la nuova impalpabile armonia
Gusto l'acre sapore dell'esistenza.
Oggi esulto per me,
Novella Fenice,
Rinata dalle ceneri di innumerevoli passati.
E' l'antica fine che precede l'inizio.
E' il nuovo inizio che precede la fine.
Sono l'infante nel corpo di un uomo
Sono il vecchio nell'animo del bambino.
Nel deserto è nato un fiore
Nei miei occhi brilla la speranza'.
FINE
|