Intro: So che c'è sempre uno scontro, quando si parla di
Evangelion, tra fan di Asuka e fan di Rei, nonostante anche Misato, Maya
e Horaki abbiano i propri fan, sia maschi che femmine
Questa fic la volevo scrivere da tempo, come fosse un modo per sancire
da che parte sto io, e soprattutto per passare un bel po' di tempo con
quella che secondo me è la ragazza più bella dei manga
^__^
Buona lettura, e spero di aver scritto bene. Nelle descrizioni ho sempre
cercato, per quanto potevo, di dare "spazio" ai sensi come l'udito,
l'olfatto, la vista, e il tatto
*****
L'aria fredda che riempiva la piccola baita, si condensava in fuggenti
nuvolette, che nascevano dinanzi ai due col ritmo leggero dei loro respiri
per poi dissolversi, come spaventate, sotto il tepore del piccolo caminetto
di pietre e mattoni, rossi come il sole al tramonto.
Sentiva freddo Shinta, e anche Rei ne aveva.
Pensò fosse bello poter condividere qualcosa con lei, anche la
più semplice e stupida delle cose; avrebbe potuto gioirne o addolorarsene,
riderne o intristirsene sino al pianto
l'avrebbe comunque estasiato
dividere quelle sensazioni con lei, quella ragazza misteriosa e riservata,
bella, forse timida; quella ragazza che aveva amato da sempre.
E così quel freddo poteva diventare il loro tesoro, quelle sensazioni
e quei brividi gelati che provava sapeva che anche Rei li sentiva, anche
lei cercava ristoro per le proprie mani, esili e delicate, avvicinandole
alle piccole labbra, che parevan fatte di petali di rosa
di tutto
ciò ne ebbe piacere.
Pensò poi che fosse una cosa stupida
ma che importanza aveva?
Una sensazione che gli pareva graziosa come questa, una volta dichiaratane
la stupidità, era forse meno bella? Forse questo valeva per una
ragazza, una donna. Ma le sensazioni sono belle o brutte. Non sono mai
stupide, agli occhi e al cuore di chi le prova.
- Le piacerò? - si chiese per un attimo, essendo poi lesto ad evitare
che le ombre dei dubbi potessero macchiare la luce di piacere, forse misero,
nella quale si sentiva immerso assieme a quella ragazza.
*****
Il mattino si era affacciato alle finestre già da qualche ora
quando la ragazza si destò.
Intorpidita ancora dal sonno ristoratore, dopo un'intera giornata passata
a ripercorrere ripide cime innevate, decise di lavarsi per poi scendere
e fare colazione.
Lui era già lì, che in rispettoso silenzio si dava da fare
per accendere il fuoco e scaldare la piccola casa, dalle cui finestre
si scorgeva il bosco che, dopo la nevicata notturna, appariva come un
grande e soffice batuffolo.
L'aroma del caffè appena fatto si spandeva per l'abitazione, quasi
abbracciandosi all'odore acre del legno stagionato delle pareti e delle
scale, rivestite di graziosa ma un po' usurata moquette rossa, rendendo
più piacevole il risveglio di Rei.
Aveva preparato la colazione anche per lei.
Non gli pesava affatto darsi da fare per quella ragazza; solo l'ottenere
da lei un sorriso, un "grazie", il solo farla felice era la
sua felicità.
La ragazza scese le scale, ma non vide Shinta, che era andato a prendere
dalla grossa e umida cantina accanto la baita un altro fascio di legna
per il fuoco, e si diresse verso la piccola cucina, rabbrividendo per
il freddo. La differenza di temperatura tra il piumone e la sala da pranzo,
le stavano facendo rimpiangere l'essersi alzata; ma dopotutto, forse,
era piacevole. L'aria che penetrava dalla porta rimasta accostata era
fredda e pungente, ma portava con sé quel sapore nevoso, quegli
odori freschi di montagna, che forse, pensò, sarebbe bello svegliarsi
sempre così.
Un sibilo gelato fece da introduzione all'ingresso di Shinta, facendo
tremare Rei.
Come era buffo! Doveva aver scelto il fascio di legna più grande
di tutti, perché non ce la faceva nemmeno a portarlo dentro, tanto
da venirne nascosto quasi completamente!
La ragazza, che osservava la scena incuriosita, con la scatola del latte
in mano, poteva scorgerne solo le nude mani, avvinghiate a metà
dell'enorme fascio, e la parte inferiore delle gambe, che cercavano di
farsi largo in maniera alquanto goffa all'interno dell'abitazione.
Giunto dinanzi al camino, lasciò cadere i lunghi ramoscelli a peso
morto, e il tonfo di questi coprì il suo profondo sospiro di fatica.
Finalmente la vide, ancora con il latte in mano, e quei suoi occhioni
che lo miravano con aria perplessa.
Lui le sorrise senza dire nulla, poi si preoccupò di chiudere la
porta.
- Buongiorno Rei.
- Buongiorno.
- Oh ecco
non prepararti il latte, ci ho pensato già io,
è lì sul tavolo - disse indicandole una piccola tovaglietta
rossa sulla quale era poggiato il bicchiere di latte e caffè.
- Beh
grazie, - rispose lei, non sembrando molto colpita dal gesto
- ma forse adesso sarà freddo
ed io ho bisogno di qualcosa
di caldo
- Ah
ma non ti preoccupare, l'ho messo sul fuoco non appena ti sei
alzata
vedi? E' ancora fumante!
Le sorrise di nuovo, mentre la ragazza notò le sinuose nuvolette
di vapore che come nastri di velluto volteggiavano sopra il suo bicchiere.
Senza darlo a vedere, se ne rallegrò.
- Sei stato gentile. Come hai saputo che mi ero svegliata?
- Ho sentito il rumore ferroso del gancio che tiene chiuse le persiane
e ho pensato stessi aprendo la finestra.
Detto questo si chinò di fronte all'esile fiamma, adoperandosi
per accendere il caminetto per bene e rendere l'ambiente più confortevole;
lei gli passò dietro, mentre il ragazzo era intento a spezzare
la legna con quelle sue mani rese gelide e violacee dal trasporto precedente,
e si sedette per la sua colazione.
Sul tavolo c'era anche una busta di piccoli cornetti glassati in superficie.
Li aveva presi per lei.
*****
Finalmente la fiamma sembrava ravvivarsi e il vecchio, rugoso pioppo,
bruciava e scoppiettava vivamente, tanto da arrossare gli occhi di Shinta,
che difatti fu costretto a distogliere per un po' lo sguardo dal suo operato.
Quasi per caso, anche se era nei suoi pensieri ogni istante, le sue attenzioni
si posarono su Rei, ancora persa nel pasto mattutino che quel premuroso
ragazzo le aveva preparato.
Com'era bella! Era incantevole, davvero.
Portava il bicchiere a quelle labbra rosee, così morbide e sottili,
così vive, che non sembravano affatto risentire della rigida temperatura.
E quando beveva
oh, gli sembrava bellissima; chinava un po' la testolina
all'indietro, ed i capelli addormentati sulla fronte e sulle gote, bianche
come la più preziosa e splendida delle perle, si aprivano scoprendo
quel delizioso viso e lasciando in evidenza gli occhi, tenuti socchiusi
mentre sorseggiava.
E come era tenera con quel pigiamone grigio e pesante, rallegrato da dei
buffi orsacchiotti aggrappati ad una stella, che gli andava troppo largo,
così lungo sulle braccia sino a coprire quasi completamente le
candide mani, e sui fianchi, quasi a farla sembrare una bambina che per
gioco indossa i vestiti della mamma.
Si accorse di essere osservata e guardò Shinta come chi attende
che gli si venga chiesto qualcosa.
Lui sorrise un po' imbarazzato, arrossì e chinò il capo,
ritornando al suo fuoco e cercando nella sua mente qualche frase con la
quale giustificare quelle attenzioni che aveva avuto per la ragazza.
Potrei dirle la verità, - pensò - potrei aprirgli il mio
cuore in un gesto coraggioso e forse suicida, dirle che mi piace da morire,
descriverle le sue bellezze come da sempre ne scrivo nelle mie lettere
mai spedite, nei miei appunti cestinati, sui quaderni e sui banchi di
scuola
così, con la stessa poesia e gli stessi sentimenti.
Non potrebbe che farle piacere. Potrei dirle che l'amo.
Ma non ne trovò il coraggio. Credette che forse, dopotutto, sarebbe
stato un peccato rovinare in questo modo l'unica giornata che poteva passare
solo con lei, che un imbarazzo, un suo rifiuto, avrebbe pesato sull'atmosfera,
forse per lui solo illusoria, per tutto il resto della giornata. Della
mattinata anzi, perché i loro amici sarebbero tornati per il primo
pomeriggio.
Prese la parola.
- Rei, ormai il ceppo ha preso bene
vieni a metterti qui davanti,
avrai freddo.
La ragazza annuì, prese il bicchiere e si sedette accanto al ragazzo,
su di una piccola sedia di legno verniciata in verde scuro, col sedile
di paglia intrecciata ormai sfilacciata dal tempo.
Stettero in silenzio per qualche minuto e mentre lei finiva la sua colazione,
lui prolungava mani e piedi verso quelle fiamme che parevano danzare,
muovendosi dolcemente come se accompagnate da una musica lenta e melodica,
e di tanto in tanto, con un'asta di ferro fredda a consumata dagli anni
di lavoro, disponeva i legni all'interno del camino, per far continuare
quella leggera danza il più possibile.
- Come ti senti oggi? - Sentiva il bisogno di rompere quel silenzio,
non voleva che Rei tornasse nella sua stanza perché annoiata; e
poi, era realmente preoccupato delle sue condizioni.
- Credo di stare ancora male
ma forse un po' meglio di ieri. La febbre
è un po' scesa
- L'hai misurata?
- No, ma lo sento.
Ancora alcuni minuti di silenzio. Gli unici rumori che si avvertivano
provenivano dall'ardere del vecchio pioppo, che scoppiettava come la notte
di capodanno, e il forte sibilare del vento, che faceva battere ripetutamente
le persiane di legno da poco riverniciate, lasciate aperte per far entrare
la debole luce esterna alla quale il maltempo aveva impedito di godere
della luminosità e del tepore solare.
Si alzò un momento per prendere un'arancia. Le chiese se anche
lei ne volesse ma rifiutò.
- Ti sei svegliato presto questa mattina Shin
- Eh già
- entrambi avevano lo sguardo fisso sul possente
legno che si trasformava lentamente in minuta polvere cinerea.
- Come mai?
Sorrise un attimo, poi rispose:
- Sapevo che eri malata e mi sembrava una buona cosa farti trovare la
casa già calda al risveglio
ma forse non mi sono alzato abbastanza
presto
- e accennò a un sorriso.
Rei chinò il capo e prese a giocare con le dita.
L'abito arancione del frutto, che Shinta aveva regalato alla calda brace
del caminetto, ardeva lentamente, spandendo il suo dolce e gradevole profumo.
- E tu, come stai
?
- Oh, sto bene grazie! Il ginocchio certo mi fa ancora male e mi ha impedito
di andare assieme agli altri oggi, ma posso camminare tranquillamente!
- e così dicendo si diede due pacche sul ginocchio, come per mostrarne
la perfetta robustezza ed efficienza.
Già, erano entrambi costretti in casa oggi.
- Che fortuna! - pensò Shinta quando il giorno prima, verso le
nove di sera, Rei si ritirò nella sua stanza perché aveva
freddo e mal di testa, per poi scendere poco dopo e annunciare di avere
la febbre.
- E' già il secondo forfait per domani! - replicò ridendo
Mariko.
Shinta infatti già si era tirato indietro per l'escursione del
giorno dopo non appena rientrato in casa; il ginocchio destro, che spesso
gli procurava fastidi, non aveva retto ad un intero giorno di camminate,
tra sentieri aspri e ripidi e pericolosi ghiacciai.
*****
Finalmente, un delizioso tepore avvolse la casa, e il fuoco, più
vivo e splendente che mai, svolgeva a pieno il suo compito.
Ancora una volta lo sguardo cadde sulla ragazza.
Ma stavolta lei se ne accorse subito e ricambiò Shinta guardandolo
dritto negli occhi; lui non se ne intimorì, non volse lo sguardo.
Continuò ad ammirarla.
I suoi occhi erano meravigliosi, sembravan quelli dolci, lucidi e puri
di un cerbiatto, e le veloci e fuggenti fiamme ci si rispecchiavano maestosamente.
La bocca, piccola e chiusa, con quelle labbra così sottili e bagnate,
lo faceva impazzire, gli trasferiva un forte impulso, uno sfrenato desiderio
di baciarla.
Con sua grande sorpresa, quella bocca si schiuse leggermente, e le labbra
di miele si sporsero un po' in avanti, portandosi dietro il bel visino
d'angelo, che voleva avvicinarsi a Shinta.
Si interrogò solo per un istante se avesse capito bene, se poteva
veramente baciare quelle labbra per le quali avrebbe rubato la luna, ma
la scia di porpora che colorava le gote di Rei e i suoi occhi lucidi e
sognanti lo fecero destare da ogni assurdo sospetto.
La prese per le mani, la tirò a sé e fece sì che
le loro labbra si sfiorassero lievemente.
Si fecero entrambi poi un pochino indietro, scambiandosi uno sguardo volto
a cercare nell'altro, la triste ombra di un ripensamento o di un rifiuto.
Non ne trovarono, così lui le si accostò e le baciò
le labbra socchiuse una, due, tre volte, finché, come i giovani
petali d'un bocciolo di rosa primaverile bagnato della rugiada mattutina,
non si schiusero completamente.
Si scambiarono un bacio lungo, profondo e dolce.
Le dita dell'uno, rosee e lunghe come quelle di un pianista, si intrecciavano
con quelle sottili, affusolate e bianche di latte dell'altra, e parevano
rincorrersi lentamente in una giostra di emozioni e sentimenti finalmente
risvegliati.
Il bruciare della legna, scaldava la parte del volto dei ragazzi che le
era mostrata, e non faceva altro che aumentare il calore che l'uno e l'altro
sentivano dentro; la fiamma che si era accesa nel loro cuore, e di cui
quel bacio di cioccolata ne era il perfetto combustibile.
Poi lui decise di sciogliere l'armonioso abbraccio delle loro dita; con
una mano le cinse le spalle, carezzandole, mentre l'altra passava fievolmente
tra i corti capelli di lei, che a sua volta abbracciò il ragazzo
poco più su della vita.
Gli ultimi resti della scorza di arancia si contorcevano tra le braci,
regalando il loro dolce profumo, le sedie vecchie e malconce scricchiolavano
sotto il peso dei due.
Bianco e soffice come la panna, un cumulo di neve fresca cadde dalla piccola
tettoia in legno che contornava la baita, posandosi in terra con un morbido
tonfo.
Più in là, fra gli scatoloni lasciati lungo il viale in
pietra rossiccia, una gattina grigia cercava un po' di tepore.
Gli impianti sciistici, così lontani, si intravedevano appena,
e appena se ne avvertiva il metallico e regolare rumore
deboli erano
anche le voci delle persone che si erano volute regalare qualche giorno
di divertimento sui campi da sci.
Fu un bacio intensissimo.
Se ne staccarono quasi simultaneamente, entrambi rossi in volto, e per
parecchi minuti cercarono di non cancellare con le parole, lo zucchero
che era rimasto loro sulle labbra.
Prese di nuovo il ferro da camino e con ripetuti colpetti ruppe la parte
inferiore del pioppo, e la pioggia di cenere si illuminò incandescente
al contatto con le braci roventi, per poi spegnersi e morire poco dopo.
- Shin
Si voltò per guardarla, ma gli occhi da cerbiatto che prima aveva
ammirato, erano rivolti verso il fuoco.
- Eh? - un po' tremante nella voce, non trovò nulla di meglio
da dire.
- Sei stato molto gentile oggi
grazie. - Si voltò e gli sorrise,
con gli occhi illuminati e umidi. Non voleva mostrarlo, ma un battito
di palpebre la tradì ed una fresca goccia di rugiada le percorse
la guancia, andando poi a morire sulle labbra rosee di pesca.
- Rei
ti voglio bene. Ti voglio un bene da morire.
Non riusciva ancora ad aprirsi completamente, a dirle che l'amava. Ma
stavolta era veramente meglio così. Entrambi ora conoscevano i
propri sentimenti e quelli dell'altro.
Si udirono i passi veloci e fulminei di una lepre che, col suo manto candido,
si confondeva nell'immensa coperta di neve.
Rei si alzò e si diresse al tavolo, fermandosi davanti alla finestra.
Tenne bloccata con le dita l'estremità della manica del suo pigiama
per dissolvere l'opacità che impediva la vista dal gelido vetro.
Stette un po' lì a rimirare il paesaggio, poi alzò leggermente
lo sguardo.
- Shinchan
vieni a vedere.
Il fatto che lo avesse chiamato Shinchan gli diede gioia.
Si alzò per raggiungere Rei, ed una volta dinanzi alla finestra,
con un dito disegnò sul vetro due pallini all'altezza degli occhi
una riga verticale poco più in basso per il naso ed un piccolo
arco per disegnare la bocca sorridente.
Tentò di guardare attraverso i due cerchi.
- Non vedo nulla Rei, che c'è?
Lei lo guardò, e sorrise di nuovo.
- Che scemo che sei
! Vieni qui.
Lo afferrò per la manica del maglione azzurro e lo avvicinò
a sé ponendoselo davanti.
Da dietro lei lo abbracciava, passando le sottili braccia sopra le spalle
del ragazzo, e lasciandole incrociare poco sotto il mento.
La testolina era reclinata su un lato, adagiata sul morbido tessuto grigio
che le copriva la spalla; le labbra carezzavano con baci semplici e innocenti
il collo di Shin, mentre i piedini si distendevano per livellare la differenza
di altezza tra i due.
- Guarda! - gli fece lei.
- Oh
ha ripreso a nevicare
- replicò - probabilmente
gli altri saranno costretti dentro qualche rifugio montano finché
non smette
- Già
- rispose Rei stringendo più forte il ragazzo,
che con le dita carezzava le mani dell'angelo che aveva dietro.
- Forse è meglio che me ne torni a letto, sennò non mi passa
più - aggiunse Rei sciogliendosi da Shinta e carezzandogli il viso
con un dito; - Vieni a farmi compagnia?
- Certo
- le rispose baciandola poco più su delle esili sopracciglia.
Stette qualche istante pensieroso, poi le baciò di nuovo la fronte,
stavolta più a lungo.
- Rei
- esclamò con un velo di sorpresa il ragazzo - sembra
sembra
che la febbre ti sia passata, la tua fronte è fresca!
- Sarà stato il tuo bacio
- replicò innocentemente
la bella fanciulla.
- Ma
ieri
quanto avevi di temperatura?
Gli sorrise, lui capì e ricambiò il sorriso, poi lo prese
per la mano e lo accompagnò su per le scale. Aprì la porta
della sua camera, un po' più fredda rispetto alla sala da pranzo,
e lo condusse dentro assieme a lei.
Le affusolate e candide dita presero a sbottonare il comodo pigiama e
la porta della camera si chiuse alle loro spalle.
Come polvere di stelle, limpidi fiocchi di neve cadevano regolari e lenti
dal grigio cielo, volteggiando accompagnati dal soffio gelido delle montagne,
prima di riposarsi in terra assieme agli altri.
La gattina aveva trovato riparo dalla neve e ristoro dal freddo sotto
uno scatolone più grande, rannicchiata a dei vecchi indumenti di
lana come un grosso batuffolo grigio, coi quali si coprì.
Un nuovo ceppo bruciava e scoppiettava nel caminetto, più fulgido
e lucente che mai. Maestose e calde fiamme illuminavano la stanza e proiettavano
lunghissime le ombre delle sedie lasciate vuote.
In questo silenzio, il rumore delle pesanti persiane della camera di Rei
che si chiusero.
- 36 e mezzo Shin
OWARI
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