Non ci credo neanche io, ma questo... finalmente.... è...
l'ultimo capitoloooooooooooooooooo *______*
Ebbene sì... dopo 10 mesi... ecco qui è giunta a termine
questa fic ^_____^
Spero che la fine vi piaccia... lo posto oggi perchè è il
compleanno della mia adorata nipotina Natsume ^*^ a cui dico: TI VOGLIO
UN MONDO DI BENE, AUGURIIIIIIII!!!!
Un bacio a tutti e ditemi com'è,ok???
Sakuya
Ecco l?ultima parte? Sì, non sto scherzando, è davvero
la fine! Questo capitolo è molto lungo, avevo pensato anche di
divederlo in due, ma poi ho creduto che sarebbe stato meglio lasciarlo
intero per non spezzare la storia?
I pg ovviamente non sono miei ma di quell?uomo meraviglioso che è
Inoue-sensei (Sì, ok, i soldi me li dai dopo?NdSaku Seeeee, come
no -_- NdInoue)
Un grazie speciale alla mia amica Acua per aver fatto da cavia, per avermi
incoraggiata e per essere la persona meravigliosa che è. Ti voglio
bene tesoro ^*^
Capitolo 11
Hanamichi era steso sul suo letto con lo sguardo fisso sul soffitto.
Non credeva ancora che Akira se ne fosse andato. La cosa che lo rattristava
maggiormente era che il ragazzo non gli portasse il minimo rancore, nonostante
tutto quello che aveva fatto e come si era comportato. Era un semplice
egoista, questo lo faceva star male, eppure Sendo lo aveva incoraggiato
anche prima di tornarsene a casa, anche mentre aspettava l'aereo e mentre
veniva chiamato il suo volo aveva sempre sorriso.
Continuava a dirgli che si sarebbe sistemato tutto, che se amava davvero
Rukawa allora tutta quella situazione avrebbe avuto una soluzione felice,
ma come poteva crederci? Come poteva sperare che si sistemasse tutto?
Rukawa voleva solo essergli amico, voleva solo qualcuno con cui dividere
la solitudine o che lo facesse sentire un po? meno solo... Aveva scelto
lui solo perché aveva riconosciuto che erano molto più simili
di quello che entrambi avrebbero mai ammesso, nient?altro.
Come poteva Rukawa innamorarsi di lui? Di uno stupido, sciocco, immaturo
ragazzino che era scappato nel momento stesso in cui aveva capito di essere
innamorato di una persona che non avrebbe mai potuto avere?
Kaede era così... forte, risoluto, eppure alle volte sembrava anche
fragile e dolce... Questo amava di lui, e non solo.
Non amava la maschera da freddo e insensibile kitsune che portava di fronte
alla gente, ma il suo vero io. Gli occhi tristi, il sorriso sempre nascosto,
la forza di gettare la maschera per creare un contatto...
E poi... gli mancavano le loro chiacchierate al locale, Kaede che non
finiva mai la cena, lui che sbuffava dicendo che non voleva fare tardi
per colpa di una stupida kitsune, ma che in cuor suo era felice per ogni
attimo in più concessogli insieme a quell'angelo...
Che strano, aveva detto ad Akira di essere un angelo e adesso usava lo
stesso termine anche per Rukawa. Era dunque così volubile? Poi
ci pensò un attimo.
Akira era come un angelo custode, quello che lo aveva aiutato e sorretto
nel momento del bisogno, che non lo aveva abbandonato nonostante lui lo
avesse ferito e sfruttato, ma Kaede...
Lui era un angelo di quelli veri, un angelo sceso in Terra per sbaglio
che è in grado di abbagliare con la sua bellezza e di donare gioia
con un sorriso.
Perché vederlo sorridere due volte gli era stato più che
sufficiente. Sapeva che quel sorriso, quelle labbra increspate timidamente,
era il dono più bello e prezioso che qualcuno gli avesse mai fatto
e mai niente avrebbe potuto essere come quel piccolo regalo.
Si sentiva un verme per il comportamento che aveva avuto con Akira, eppure
lui lo aveva perdonato senza remore, ma con Rukawa era diverso. Kaede
non era come Akira...
Aveva alzato il telefono almeno dieci volte, ma tutte e dieci si era fermato
dopo aver composto solo il prefisso e le prime due cifre del numero. Aveva
trovato il suo numero di telefono sull'elenco di Kanagawa che i suoi nonni
tenevano in casa per ogni evenienza, ma se anche fosse riuscito a chiamarlo,
che gli avrebbe potuto dire?
'Mi dispiace ho sbagliato, sai ho capito che ti amo e che non ho voluto
il tuo aiuto solo perché avevo paura di quello che provo??'
Era la verità certo, ma non sempre uno ottiene quello che desidera
solo dicendo la verità anzi, la maggior parte delle volte pronunciare
parole che rispondono all'etichetta di verità, fa talmente male
che non riesce a dirle una seconda volta.
A dire il vero lui non era riuscito a dirla nemmeno una volta la verità...
La sua vita era stata una finzione fino ad allora ed in parte continuava
ad esserlo. Come poteva Kaede innamorarsi di lui avendone visto la vera
natura?
E quando avesse saputo del ritorno di Akira sarebbe stato davvero la fine.
Glielo aveva detto, lo aveva avvertito di non ferire le persone che gli
erano accanto in quella sua fuga senza senso dalla realtà. Eppure
lui si era ben guardato dal dargli ascolto, aveva fatto soffrire Akira,
se stesso, avrebbe fatto soffrire i suoi nonni se fosse tornato a Kanagawa
e in un certo senso aveva fatto soffrire anche lui, Rukawa. Non sapeva
bene come, ma sentiva che lui si aspettava molto da quel rapporto, forse
perché, come lui del resto, non aveva mai avuto un amico vero,
uno di quelli con cui condividere tutto e quando lo aveva trovato... bhe...
prima lo aveva trattato malissimo, poi lo aveva abbracciato mentre se
n?andava.
Strano comportamento il suo non c'era che dire. Non era da nemico, non
era da amico, non era da innamorato. Era invece come se le tre cose si
fossero mischiate insieme... e non n?era uscito niente di buono.
Che doveva fare adesso, come doveva comportarsi? Doveva chiamarlo, stabilire
un contatto con lui? Doveva tornare a Kanagawa, chiedergli scusa per tutti
gli atteggiamenti idioti che aveva avuto con lui da quando si conoscevano?
Doveva dichiaragli il suo amore, dirgli che nulla aveva senso se non c'era
anche lui?
Si alzò dal letto e si sedette alla scrivania.
Aveva scelto quella foto da mettere lì perché rappresentava
tutto il suo passato, quello che lui aveva deciso essere il suo passato,
ma che si stava impunemente presentando come il suo presente, un presente
da cui non poteva più fuggire e un futuro, quello che non conosceva,
quello che quella foto sembra prospettargli, che cercava disperatamente,
come si cerca l'acqua nel deserto.
E tra tutti, in quella foto, un volto. Un solo unico volto che era impresso
a fuoco nella sua mente. Da quello non avrebbe mai potuto fuggire. Ci
aveva provato sin dalla prima volta, da quando i suoi occhi avevano incontrato
quel blu profondo e sconfinato sulla terrazza della scuola, continuava
a provarci anche in quello stesso momento, eppure non ci riusciva.
Sarebbe stato troppo banale dire che Rukawa gli era entrato fin dentro
l'anima, perché ormai della sua anima rimaneva ben poco, e sarebbe
stato anche troppo semplice dire che aveva bisogno di lui, perché
ormai Hanamichi conduceva una vita in cui chiunque avrebbe rappresentato
un?ancora di salvezza, una vita vuota e piena di dolore che lui si era
scelto, che lui stesso si era imposto.
Rukawa non era solo quello, no.
Sarebbe stato limitativo dire che aveva bisogno di lui come l'aria e sbrigativo
dire che senza di lui non viveva.
Rukawa ERA la sua anima, l'aria che respirava, la sua vita, il suo destino.
Perché anche a kilomentri e kilomentri di distanza lo sapeva, lo
sentiva dentro, chiaro e regolare come il battito del suo cuore.
Non appena arrivato in albergo si era catapultato nella sua camera, cercando
sull'elenco telefonico tutti i Sakuragi. Erano, per sua fortuna, solo
sei e li aveva chiamati tutti. Un buco nell'acqua.
I suoi nonni non si chiamavano Sakuragi. E adesso? Che avrebbe fatto?
Non poteva girare tutta Kyoto alla ricerca del rossino, senza avere una
meta, un punto di riferimento, un indizio qualsiasi!
Poi gli venne in mente che tutti i suoi compagni di squadra avevano il
numero di cellulare e di casa di Hanamichi.
"Stupido!" si apostrofò con poca dolcezza mentre si batteva
una mano sulla fronte.
Prese il cellulare e cercò il numero di Ayako. Stava per fare la
telefonata quando si rese conto di quanto strana poteva risultare la sua
chiamata.
'Ehi Ayako, sono Rukawa. Dammi il numero di Sakuragi, gli devo dire che
lo amo...' E se anche non le avesse detto così... Come poteva lui,
Kaede Rukawa, chiedere il numero di Sakuragi senza attirarsi dietro un'infinità
di domande e battutine?
Non poteva perdere la faccia così! Ma soprattutto, non gli andava
di mettere in piazza gli affari propri...
Poi un'illuminazione: Mito. L'amico di Hanamichi sarebbe stato perfetto.
Sembrava un bravo ragazzo, in fondo..., era di certo il migliore amico
di Hanamichi e quindi non avrebbe fatto troppe storie se gli avesse detto
la verità... o almeno una parte... Era lì a Kyoto con suo
padre e voleva fare un saluto a Sakuragi. Non c'era niente di male, no?
In fondo erano stati compagni di squadra... avevano condiviso tante cose
insieme... forse Hana gli aveva anche detto che quando lavorava al locale,
lui era lì tutte le sere e si erano trovati a chiacchierare....
Beh, forse no, non gli avrebbe mai detto una cosa del genere, ma doveva
provare, no?
Ovviamente non aveva il suo numero... chi poteva averlo? Forse Miyagi
o Mitsui, loro di tanto in tanto uscivano con Hana&co... Pensò
alle battutine che gli avrebbe potuto fare il loro nuovo capitano e quindi
optò per Mitsui? non che le cose sarebbero andate meglio, ma alle
volte l'ex-teppista sapeva essere anche molto serio... o almeno sperava!
Prese il coraggio a quattro mani e compose il numero.
Uno squillo... due... tre... 'Non può rispondere?... quattro...'Ok
attacco'... cinque...
"Pronto?"
"Ehm... senpai... sono Rukawa..."
"Sì, l'ho letto sul visore... dimmi... qualcosa non va?"
"Ehm... no. Senti... per caso tu hai il numero di Mito?"
"Yohei? A che ti serve il numero di Yohei?"
'Ma da quando 'sto qui è così sospettoso?'
"Ehm... vedi il fatto è che..."
"Aspetta un attimo... Sì... ma... ok, ok... Rukawa?"
"Sì, eccomi"
"Te lo passo, ciao".
'Me lo passa? Mito è lì con lui??? Guarda che fortuna sfacciata..."
"Rukawa? Ciao sono Mito, volevi qualcosa?"
"Ehm sì... Io adesso sono a Kyoto e..."
"Hai carta e penna?"
Anche se Rukawa non poteva vederlo, sapeva che in quell'istante Mito stava
sorridendo, si poteva percepire chiaramente dalla sua voce, diventata
improvvisamente dolce e comprensiva. Non aveva avuto neanche il bisogno
di terminare la frase, Mito aveva capito al volo cosa voleva.
"Sì, vai..."
Scrisse quei numeri ad una velocità impressionante, come se anche
solo averli potesse portarlo finalmente alla gioia.
"Ok, ti ringrazio... Saluta il senpai".
"Sì? Rukawa... Se soffre sei morto, capito?"
"....Sì. Ci sentiamo".
Riagganciò e fece un lungo, profondo sospiro. Mito lo aveva completamente
spiazzato. Perché gli aveva detto quella frase, a che pro? Aveva
capito quali erano i suoi veri sentimenti? Naaa, era impossibile... chiunque
se ne fosse accorto doveva essere un mago o un veggente, perché
mai una volta, se non quando erano da soli, era trasparso qualcosa di
diverso dall'indifferenza più totale, quella che lo caratterizzava
sempre... Certo, non che rispondere alle provocazioni o chiamarlo "do'aho"
ad ogni occasione fosse un segno d?indifferenza, ma... Oh, ma che gliene
fregava se anche Mito lo avesse capito!
Il problema adesso era prendere il cellulare e comporre quel numero.
Che gli avrebbe detto, come si sarebbe comportato? E Hanamichi? Lui come
avrebbe reagito?
All'improvviso gli venne in mente un'altro problema: Sendo.
Si era quasi dimenticato che anche lui era lì a Kyoto, con la piccola,
insignificante, differenza che era lì con Hanamichi, che lui lo
aveva voluto con sé e se non era stupido, a quell'ora, Sendo era
tra le braccia di Hana con la scusa di consolarlo o di renderlo davvero
felice.
Sentì una rabbia immensa salirgli su, dallo stomaco fino ad esplodere
in un urlo che si trattenne appena dall'emettere e che fece tornare il
suo umore più che nero.
"Kaede, posso entrare?"
Finalmente si rese conto che quel martellare insistente non era il suo
cuore che batteva più veloce perché si trovava nella stessa
città di Hanamichi, ma era suo padre che bussava alla porta.
"Hn" disse solo, col suo solito tono e pensò che suo
padre doveva avere un udito ultrafino per riuscire a sentire quella specie
di lamento.
"Kacchan senti io ho una riunione tra un'ora, mi dispiace lasciarti
da solo, ma..."
"Non fa niente, ho altro da fare".
Prese il pallone che era in una sacca e cominciò a farselo girare
su un dito. Non riusciva ad essere gentile con il padre, nonostante lui
stesse facendo di tutto per comportarsi come gli competeva, da padre.
"Ah... va bene, ok... intanto facciamo un giro qui intorno, ti va?"
"Hn". No, non era proprio tagliato per fare il figlio, ma in
quel momento non gli andava di pensarci. Non appena suo padre se ne fosse
andato alla sua riunione lui avrebbe chiamato Hanamichi, avrebbe affrontato
Sendo e gli avrebbe detto di lasciar stare il rossino perché nessuno
se non lui doveva toccarlo, e dopo di quello... Hanamichi lo avrebbe massacrato
di botte. Ma non gli importava, almeno gli avrebbe detto che lo amava.
Fissava il telefono da più di venti minuti. Suo padre lo aveva
salutato per andare alla sua riunione, promettendo di tornare in tempo
per la cena.
Alla fine si decise: era andato lì solo per quello, solo per poter
sentire la sua voce. Prima di chiamarlo sul cellulare decise che era il
caso di provare a casa.
"Pronto? Casa Komori".
Una voce bassa gli rispose. Doveva essere certamente il maggiordomo o
qualcosa del genere... certo che i nonni di Hanamichi erano davvero ricchi!
"Ehm.. buonasera, mi chiamo Kaede Rukawa, sono un amico di Hanamichi.
Lui è in casa?"
"No, mi dispiace, il signorino è ancora a scuola per gli allenamenti".
'Il signorino?? E poi ero io quello strapieno di soldi, eh? Gli allenamenti?
Senza il basket non ci viviamo io e te, vero?'
"Mi scusi, io adesso sono qui a Kyoto e sono tre settimane che non
vedo Hanamichi, potrebbe darmi l'indirizzo della scuola?"
'Ti prego fa che me lo dia!!!' Certo, come poteva pretendere che dessero
ad uno sconosciuto il nome e l'indirizzo...
"Può prendere nota?"
La fortuna stava decisamente girando dalla sua parte. Davvero gli stava
dando l'indirizzo della scuola di Hana? Forse Hanamichi aveva parlato
di lui in quelle settimane, forse ne aveva parlato talmente tanto che
anche il maggiordomo sapeva il suo nome!
Si costrinse a tornare con i piedi per terra. Quella era stata solo fortuna.
Ringraziò e riagganciò. E adesso? Che faceva? Come si vestiva?
Avrebbe fatto in tempo ad arrivare da lui prima che gli allenamenti finissero?
E Sendo sarebbe stato lì?
Aprì la piccola valigia, ne tirò fuori l'occorrente per
giocare, lo mise insieme alla palla da basket nella sacca, e poi tirò
fuori i vestiti migliori che aveva portato.
Un paio di jeans scuri, attillati nei punti giusti, che gli mettevano
in risalto il sedere e un maglione bianco con il collo alto, non troppo
stretto, non troppo largo... si potevano intravedere i muscoli, senza
però metterli in mostra. Si sistemò i capelli e si guardò
nello specchio a figura intera che era nell'anta dell'armadio.
"Niente male... Hana sarai mio... Sendo ti riduco in polpette...
preparati!"
Prese la sacca e scesa di gran fretta alla reception, dove, chiedendo
aiuto al portiere, scoprì che la scuola del rossino era a solo
10 minuti da lì... a piedi...
Uscì dall'albergo raggiante. Se qualcuno che lo conosceva lo avesse
incontrato di certo non lo avrebbe riconosciuto. Le mani affondate nelle
tasche della giacca, una sciarpa che gli copriva metà del volto
lasciando scoperti solo gli occhi, la sacca con il pallone da basket in
spalla. Certo poteva sembrare il solito Rukawa, ma le differenze fondamentali
erano due: era perfettamente sveglio e i suoi occhi erano diversi. Lasciavano
trasparire tutte le sensazioni che provava in quegli istanti.
Emozione, paura, gioia, angoscia, tensione, felicità, allegria,
amore.
Quando arrivò incrociò due ragazzi che se n?andavano. Erano
piuttosto alti e sembravano sfiniti, probabilmente erano compagni di squadra
di Hanamichi.
Non senza difficoltà, riuscì a tirare fuori la voce, che
sembrava essergli improvvisamente sparita, e a chiedere ai due dove fosse
la palestra. Non gli dissero che era vuota, quindi poteva sperare che
Sakuragi fosse ancora lì.
Aveva il cuore che gli batteva a mille e le mani che gli tremavano, e
non per il freddo.
Si accostò alla porta aperta e vide un angelo.
Un angelo dai capelli rossi che volava in alto, fino a insaccare la palla
nel canestro con uno dei suoi splendidi slam dunk.
Rimase incantato da quella visiono, tanto da non accorgersi della palla
che finiva ai suoi piedi e dello sguardo shoccatissimo che un rossino
senza fiato gli stava lanciando per averlo visto lì, dove di certo
lui non avrebbe dovuto essere.
La palla gli rotolò di alto dopo essersi insaccata alla perfezione.
Era davvero migliorato, se ne rendeva conto e la cosa lo riempiva di gioia,
anche se non era questo il suo pensiero principale. Decise che la cosa
migliore era continuare a giocare per annullare tutti i pensieri e per
questo doveva recuperare la palla, anche se, quando si fermava, sentiva
addosso tutta la stanchezza di giorni di allenamenti sfrenati quali erano
stati quelli dalla partenza di Akira.
Alzò lo sguardo fino al punto in cui si era fermata la palla e
per poco non svenne.
Il pallone si era fermato tra i piedi dell'unico spettatore presente,
un bel ragazzo alto e moro... un ragazzo che in quel momento doveva essere
a Kanagawa, a vivere la sua vita, come se niente fosse.
Per un istante Hanamichi pensò che Akira aveva tradito la sua fiducia
dicendo a Rukawa quali erano i suoi sentimenti, ma le parole che il moretto
pronunciò lo fecero ricredere immediatamente.
"Beh.... Il porcospino dove lo hai lasciato?"
Possibile che non sapesse dire altro? Ciao, come stai? Che cazzo sono
venuto a fare qui... E poi sempre così freddo... era come al solito...
perché continuava ad illudersi? Ma allora perché era lì?
"Aki è tornato a Kanagawa... ce l'ho mandato io..."
'Che cavolo mi è venuto in mente? Non lo vedo da tre settimane
e la prima cosa che gli dico è <Dove hai lasciato il porcospino?>
Ma sono scemo o cosa? No, qui il cervello mi è andato in pappa
a forza di guardare questo corpo da favola che non si muove in maniera
così sensuale... Oh cazzo, no... devo stare calmo... Respira Kaede,
respira... calmo... Ok, ma che muoversi sensualmente?? Adesso mi ammazza...
Però... ok ragioniamo... e smettila di pensare a Hana che fa lo
spogliarello, pervertito di un volpastro che non sei altro!... Sendo non
c'è... Sendo è tornato a Kanagawa... Hanamichi ha rimandato
Sendo a Kanagawa...'
Il flusso di pensieri che colpì la mente di Kaede seguiva un proprio
filo che scorreva così velocemente da non permettergli un cambio
di espressione... sempre che il suo volto volesse cambiare espressione...
"Ah... avete litigato?"
"Ehi volpe perché sei qui? Che ti frega di me e Aki?"
"Niente..." Rukawa abbassò il viso. Ma che stava facendo?
Davvero voleva litigare con lui?
"Senti... sono venuto per parlarti... Se mi batti ti dico quello
che sono venuto a dirti, altrimenti me ne torno a casa..."
"Ehi, aspetta... Tu, sei venuto fino a qui, solo per parlare con
me??? No, ma mi stai prendendo per il culo?"
'Magari... Cazzo Kaede smettilaaaaa!!!' "No, è la verità".
Kaede sollevò bruscamente lo sguardo sul rossino quando una risata
di quelle solite, false e assordanti riempiva l'aria.
"Ah ah ah... sei dovuto venire fino a Kyoto per battere il grande
genio!"
"Smettila di fare l'idiota... credevo avessi capito che con me non
serve..."
Una leggera nota di delusione nella voce. Possibile che ancora dovesse
sentirsi così in pericolo da far finta di essere ciò che
non era con lui?
"Già... non serve... Mica vorrai giocare così vero?"
?Non serve?. Lo aveva ammesso, la voce calda di sempre, quella che solo
lui conosceva, o che così credeva essere. Probabilmente anche Sendo
sapeva tutto di lui, anzi, forse lo conosceva anche meglio. Forse si era
innamorato di lui e lo aveva rimandato a Kanagawa solo per provare a vedere
se riuscivano a stare separati... Kaede scosse la testa, per allontanare
quei pensieri e concentrarsi solo sulle parole di Hanamichi e non sulle
sue stupide fantasticherie.
"Ho portato il cambio, dove vado?"
Avrebbe potuto anche cambiarsi velocemente in un angolo, ma non voleva
che quel corpo sudato e invitante davanti a lui lo 'distraesse'...
"Esci da quella porta, corridoio a sinistra, prima a destra e seconda
porta a sinistra. Hai capito o vuoi che ti accompagni?"
Certo ci mancava solo che lo accompagnasse e magari restasse lì
impalato a guardarlo... a quel punto altro che sfida!
"Non sono stupido come te..."
"Tu... baka kitsune!!! Non sai...."
"Do'aho" gli sussurrò passandogli accanto mentre si dirigeva
fuori dalla palestra. Lo aveva detto con un tono che niente aveva dell'insulto...
Hanamichi si accorse come era maledettamente sexy quella voce anche se
non faceva niente per esserlo! In realtà non sapeva che l'intento
del moro era proprio quello!
In men che non si dica Rukawa tornò in palestra, con una maglietta,
un paio di pantaloncini e la solita fascetta al braccio. Sembrava tutto
come sempre, non fosse stato che erano in un'altra città, Rukawa
aveva sfidato Sakuragi e non il contrario, e nell'aria c'era molto più
che una sfida, sembrava che la vita di entrambi dipendesse da quel match.
"Si arriva a 11, se vinci tu ti dico perché sono qui, ma,
se vinco io..."
"Se vinci tu, e non vincerai, ti dirò una cosa che altrimenti
non ti direi per nessuna ragione al mondo".
"Che sono più bravo di te già lo so..." Rukawa
era divertito da quella situazione.
Era andato lì per riprendersi Hanamichi e niente lo avrebbe fermato,
anche se avesse vinto quella sfida gli avrebbe confessato lo stesso i
suoi sentimenti.
Hanamichi era convinto che mai avrebbe avuto la possibilità di
dire a Rukawa quello che provava per lui, ma quella sfida gli si prospettava
come la migliore occasione che gli si fosse mai presentata, la prima e
forse anche l'ultima.
Si sarebbe impegnato con tutto se stesso, ma, qualsiasi fosse stato il
risultato, avrebbe detto lo stesso a Kaede quello che provava, era troppo
importante.
Rukawa fu il primo ad andare in attacco e riuscì a segnare, dopo
essersi smarcato con una banalissima finta. Hanamichi era troppo perso
nei suoi pensieri, non molto casti, sul corpo perfetto della volpe per
accorgersi che lui si era già mosso. Scosse la testa e ricordò
a se stesso che avrebbe fatto di tutto per vincere! Era troppo curioso
di sapere cosa aveva da dirgli Rukawa!
Per tutto il proseguimento della partita nessuno dei due fu concentrato
nello stesso momento. Se Hanamichi si perdeva in chissà quali pensieri,
Rukawa sfruttava l'occasione per segnare, ma se era quest'ultimo a perdersi
nei meandri della propria mente, allora era il rossino ad approfittarne.
"9 pari volpe... chi segna questo vince!" Disse Hanamichi atterrando
dopo un bellissimo tiro in sospensione che Rukawa non era riuscito a bloccare
perché saltato in ritardo.
Rukawa era in attacco, Hanamichi in difesa.
Kaede abbassò i fianchi cercando di studiare il suo avversario:
i capelli che gli ricadevano in ciocchette scomposte sul viso, il torso
nudo, libero dalla maglietta gettata in un angolo poco prima, il respiro
accelerato, i muscoli tirati per lo sforzo.
Meraviglioso, semplicemente meraviglioso e assolutamente perfetto.
Kaede fissò i suoi occhi in quelli di Hanamichi, come era solito
fare con tutti i suoi avversari.
Pozzi d'ambra, cioccolato fuso e denso, i suoi occhi erano senza dubbio
una delle cose che Rukawa amava di più in lui. Era come se sprigionassero
un calore profondo e senza limiti capace di avvolgerlo e portarlo lontano,
dove niente poteva ferirlo o anche sono infastidirlo. Un luogo in cui
era sicuro, dove voleva passare il resto dell'eternità.
Hanamichi continuò a fissare Kaede nonostante quei suoi occhi
blu sembrassero bruciargli dentro. Erano in quella posizione da un tempo
brevissimo ma che per lui durava da tutta una vita. Tante volte i loro
sguardi si erano incontrati,e tante volte avevano espresso i sentimenti
più differenti, ma ora... Ora ne era certo. Tutto quello che voleva
era solo perdersi in quegli occhi, annegare in quell'oceano e perdersi
nell'anima che essi celavano, perché niente e nessuno poteva portargli
via quello che prova in quell'istante: un amore sconfinato e senza limiti.
Kaede lasciò cadere la palla senza distogliere lo sguardo da quegli
occhi magnetici e profondi.
Pochi passi lo separavano dal suo amore, tante volte era stato vicino
a toccarlo, ma mai ci era riuscito veramente, non era mai riuscito a toccare
la sua anima, ma adesso sentiva che avrebbe potuto, che ci sarebbe riuscito.
Si avvicinò fino ad essere a pochi centimetri da lui, lo guardò
fisso e improvvisamente i suoi occhi s?illuminarono, le sue labbra s?incurvarono
e lui sorrise, come mai aveva fatto prima di allora.
"Ammazzami se vuoi ma io ti amo e sono disposto a morire per te...
anche se preferire vivere con te..." Continuò a sorridere
e allungò le braccia fino a sfiorare il corpo immobile di Hanamichi.
Lo abbracciò stretto, ma questo era un abbraccio diverso dai precedenti,
adesso poteva finalmente far capire l'amore che metteva in quel gesto
e non nasconderlo dietro il semplice affetto o la semplice comprensione.
Hanamichi era completamente immobile, non riusciva più a dire
o fare niente.
Quegli occhi lo avevano rapito e portato in un posto dal quale non voleva
far ritorno, lo avevano condotto direttamente nell'anima di Kaede e da
lì non sarebbe mai più scappato, non avrebbe fatto di nuovo
l'errore che lo perseguitava fin da quando ne aveva ricordo.
"Ammazzami se vuoi, ma io ti amo e sono disposto a morire per te...
anche se preferire vivere con te..."
Un sogno. Doveva di certo essere morto ed ora era in paradiso, perché
mai, neanche nei suoi sogni più profondi aveva immaginato una scena
del genere, mai aveva sperato realmente che Rukawa fosse innamorato di
lui, e invece...
Due braccia sottili ma terribilmente forti lo strinsero all'altezza della
vita, mentre lui rimaneva lì, completamente immobile e senza riuscire
quasi a respirare. Aveva la mente in completo black out, solo quelle parole
gli rimbombavano nella mente.
"... io ti amo... io ti amo... io ti amo..."
Non si rese conto delle lacrime che cominciarono ad uscire dai suoi occhi
senza permesso, non si accorse nemmeno delle sue braccia che aveva stretto
a sé quel corpo così perfetto, cingendogli il collo, non
si accorse della voce dolce di Rukawa che gli diceva di calmarsi, che
era lì con lui, non si accorse nemmeno dei mille lievi baci che
gli toccavano il volto.
Sentì la sua voce, lontana, come se non fosse stato lui a parlare
e sentì le sue braccia serrarsi di più attorno a quel corpo,
come per essere certe che non era solo un sogno.
"Anche io ti amo... ti amo così tanto che potrei morire per
dimostrartelo..."
"Non voglio che tu muoia, dimostramelo amandomi..."
Di tutto quello che stava succedendo se ne rese conto solo quando due
labbra morbide si posarono sulle sue, una lingua velluta chiese il permesso
di entrare nella sua bocca e intraprese insieme alla sua una danza che
sembrava senza fine e che unì, sopra ogni altra cosa, le loro anime.
Kaede si staccò a malincuore da quel bacio passionale e carico
di sentimenti, quando entrambi erano in grosso deficit di aria, maledicendo
mentalmente una cosa stupida come il dover respirare per sopravvivere.
"Io... era così tanto che..."
Poggiò due dita sulle labbra del rossino, che ormai aveva smesso
da molto di piangere, ma che aveva ancora il viso rigato di lacrime, per
impedirgli di parlare oltre. Avrebbero avuto molto tempo per le spiegazioni,
ora era di altro che entrambi avevano bisogno...
"O adesso tu vieni con me in albergo, oppure sbarro le porte e ti
sbatto addosso ad un muro... oppure potrei portarti nelle docce..."
Hanamichi arrossì violentemente a quelle parole, ma si limitò
ad abbassare la testa annuendo, trascinando poi Rukawa per mano verso
gli spogliatoi.
Fu un vero miracolo il fatto che entrambi fossero riusciti a fare la doccia
in silenzio (o meglio, fu un miracolo che Hanamichi riuscisse a stare
zitto!), ma soprattutto placando i loro bollenti spiriti. Del resto Hamichi
era fin troppo teso e anche emozionato per permettere che la passione
li cogliesse lì. Voleva che tutto fosse perfetto per la loro prima
volta insieme, anche perché quella era la sua prima volta e basta.
Si chiese, guardandolo di sfuggita, se Kaede aveva avuto altre esperienze
prima e provò una fitta di gelosia ad immaginare il suo bel volpino
tra le braccia di un altro, o peggio di un'altra... Si chiese per tutto
il tragitto perché uno popolare
come lui, fra tutte le donne della Terra, e poteva averle davvero tutte
data la sua bellezza e più lo guardava più se ne rendeva
conto, avesse scelto proprio un tipo banale e senza nessuna particolare
attrattiva come lui.
"Hana... ti amo. Capito do'hao?" disse piano Rukawa mentre
il portiere prendeva la sua chiave tra le altre. Era come se potesse leggere
in quegli occhi, e adesso ci vedeva tanta insicurezza. Temette di aver
corso troppo, pensò che forse Hanamichi non era ancora pronto e
del resto, non era convinto lui stesso di esserlo. Si erano appena dichiarati
il loro amore reciproco, era vero, ma c'era una strana atmosfera di aspettativa
tra loro, e poi il fatto che Hanamcihi fosse in completo silenzio da ben
25 minuti non era una cosa buona... beh forse solo un po?...
Hanamichi si limitò ad annuire alle parole del volpino e la cosa
spaventò ancora di più Kaede che percorse gli ultimi metri,
dalla hall all'ascensore e poi da lì alla sua stanza, con un?ansia
sempre crescente che lentamente stava prendendo il posto dell'euforia
e della gioia di pochi attimi prima.
Entrò, buttò la borsa in terra e si sedette a gambe incrociate
sul letto dopo essersi tolto la giacca. Guardò Hanamichi sorridendo
con estrema dolcezza ed invitandolo accanto a lui.
E il rossino così fece. Si tolse la giacca, si sedette sul letto
e dopo un attimo appoggiò la testa sulle gambe del moro, mentre
lui cominciava ad accarezzargli i capelli con dolcezza, per farlo rilassare.
"Che c'è?"
Una semplice e logica domanda. Ma cosa poteva rispondergli? Una convinzione
si stava facendo largo in lui ma era ancora troppo nebulosa per riuscire
a spiegarla, e poi in quel momento, desiderava fare l'amore col suo Kaede
più di ogni altra cosa, ma si vergognava troppo per dirlo.
"Io... non so spiegartelo ancora..."
"Ti sei pentito di quello che hai detto?"
"No! Come credi che potrei farlo??!!"
Hanamichi si alzò a sedere e piantò i suoi magnifici occhi
in quelli altrettanto belli del volpino che ora lo fissavano con una leggera
nota di preoccupazione.
Come poteva, quel volpino artico, credere davvero che si fosse pentito?
Dopo tutto quello che aveva passato per ammetterlo a se stesso!
"Sei così... strano... freddo..."
"Freddo? Io... sarei FREDDO??"
Hanamichi si gettò su Kaede facendo finire entrambi sdraiati e
si mise seduto a cavalcioni su di lui.
"Chi sarebbe quello freddo di noi due kitsune?"
"Ok, sei finito!"
Con un colpo di reni Kaede invertì le posizioni e si abbassò
fino ad essere ad un soffio dal viso del suo compagno. Il respiro di entrambi
cominciò a farsi improvvisamente corto. La tensione era stata spezzata
ed entrambi aspettavano con ansia l'evolversi della situazione.
"Sei mio adesso..."
Kaede sorrise di nuovo, un vero record per lui, ma si sa, l'amore è
capace di molti miracoli...
Si abbassò a baciare il rossino che non aspettava altro e che si
strinse di più al suo amore per intensificare il contatto.
Come i vestiti finirono sul pavimento in meno di due secondi nessuno dei
due avrebbe mai saputo dirlo.
Le mani di Kaede accarezzavano, esploravano e toccavano ogni millimetro
di pelle con cui venivano a contatto e quelle del rossino non erano da
meno.
La pelle di Kaede era così morbida e vellutata al tocco che per
chiunque sarebbe stato impossibile non desiderarne sempre di più.
Rukawa lasciò finalmente respirare il rossino, dopo una serie di
lunghi e profondi baci, ma solo per dedicarsi al suo collo e al suo petto
provocando un numero sempre crescente di sospiri e piccoli gemiti a Hanamichi,
completamente rapito dai quei semplici gesti.
Una scossa percorse i loro corpi, quando finalmente le loro virilità,
ancora ricoperte dalla stoffa leggera dei boxer, vennero in contatto,
una scossa che si ripeté più e più volte.
La mano del moro scese a torturare un capezzolo mentre baciava di nuovo
il rosso che accarezzava febbrilmente la sua schiena.
"Ti voglio Hana" disse con voce roca e terribilmente eccitante
Kaede nell'orecchio di Hanamichi prima di leccarlo dolcemente, mordicchiando
e succhiando il lobo, cosa che fece letteralmente impazzire il rossino,
che non poté impedirsi di gemere più forte mentre si stringeva
ancora di più alla volpe e gli allacciava la vita con una gamba,
come in un tacito, ma molto esplicito invito a continuare.
Non avevano bisogno di parole, solo loro contavano, solo il loro mondo,
le carezze sempre più ardite di Kaede, i gemiti via via più
intensi di Hanamichi, i loro occhi, velati di passione, che s?incontravano
e s?incatenavano per non lasciarsi più, i loro cuori che battevano
sempre più veloci, insieme, i loro respiri più convulsi,
ma sempre in sincronia, come se non avessero fatto altro per tutta la
vita, come se fosse stato creato un solo essere, poi diviso in due perfette
metà, che ora si erano incontrate di nuovo.
La mano di Kaede scivolò piano sui boxer di Hana e il moro aspettò
uno sguardo che gli concedesse il permesso di continuare, sguardo che
arrivò immediatamente.
Mentre lo accarezzava con una mano scese con tutto il corpo fino ad arrivare
con le labbra ad accarezzare il membro duro di Hanamichi, ancora protetto
dai boxer.
Il rossino inarcò la schiena e non vide il sorrisetto compiaciuto
che increspò le labbra del moro mentre toglieva anche quell'ultimo
ostacolo al raggiungimento della sua meta.
Kaede si fermò un istante ad osservare il corpo nudo del suo koibito.
Il respiro affannato, la pelle ricoperta d?impalpabili goccioline di cristallo,
gli occhi socchiusi. Uno spettacolo, e lui era il solo spettatore. Si
abbassò e baciò con reverenza la punta del membro di Hanamichi,
che al contatto tra quelle labbra fresche e la sua pelle bruciante di
desiderio, sussultò e strinse il lenzuolo sotto di lui con entrambe
le mani.
Kaede cominciò a depositare lievi baci lungo tutta l'asta mentre
alternava giochi di lingua, saliva e riscendeva con lentezza esasperante
che sembrava studiata, ma era solo frutto dell'istinto.
"Ka... Kae... ti.. prego.."
Come si poteva rifiutare qualcosa a quelle labbra dolci che pronunciavano
quelle parole con una voce così bassa e sensuale da rischiare di
farlo venire così, in quello stesso momento?
Ovviamente era impossibile e così Rukawa non si fece ripetere la
richiesta due volte, prendendo in bocca in una sola volta l'eccitazione
fremente di Hanamichi facendolo gridare di sorpresa e piacere.
Succhiava e leccava, baciava e mordicchiava con dolcezza, sempre di più,
sempre più spesso. Senza preavviso Hanamichi prese una delle mani
di Kaede che gli tenevano e accarezzavano i fianchi con languide carezze,
e se la portò alla bocca. Leccò e baciò quasi con
foga quelle dita, rapito e trasfigurato da un piacere mai provato e che
voleva donare anche al suo amante.
Piano, lasciando una scia umida lungo il loro tragitto quelle dita scesero,
fino arrivare all'apertura di Hanamichi, che s?irrigidì immediatamente
quandosentì il primo dito entrare. Kaede si mosse piano, per far
abituare il suo
ragazzo a quell'intrusione che presto sarebbe diventata ben più
grande.
Mentre continuava la sua opera di suzione sul membro di Hanamichi continuò
a prepararlo aumentando il numero delle dita, causando gemiti strozzati
al rossino.
Quando sentì che ormai era prossimo a raggiungere il limite, si
fermò e si posizionò tra le sue gambe, dopo aver tolto con
un gesto rapido i boxer che ancora indossava e che erano diventati maledettamente
stretti, nonostante fossero di leggero cotone. Gli si avvicinò
fino a raggiungere il suo orecchio.
"Ti amo Hana-chan, vuoi fare l'amore con me?" Poteva sembrare
una domanda stupida, in fondo erano già andati molto, forse troppo,
oltre per fermarsi, ma in quelle parole c'era racchiuso molto di più.
Vuoi fare l'amore con me? Ti vuoi fidare di me? Vuoi affidarti a me? Vuoi
amarmi come io amo te? Vuoi essere finalmente felice e rendere felice
anche me?
Ecco cosa nascondeva quella domanda, e anche senza parlare Hanamichi lo
aveva compreso perfettamente.
"Ti amo Kae-chan e voglio fare l'amore con te..."
Kaede sorrise e cominciò ad affondare nel corpo stretto e caldo
di Hanamichi che non riuscì a trattenere un urlo di dolore. Kaede
si fermò, aveva troppa paura di fargli del male, paura che il dolore
andasse oltre quello fisico e che lui smettesse di dargli quella fiducia
appena ottenuta e che era costata ad entrambi sofferenza e dolore.
"Co...continua..." Hanamichi si aggrappò a quelle spalle
larghe e rassicuranti e affondò il viso nell'incavo del collo del
moro che, lentamente, ricominciò a spingere mentre con una mano
riprendeva a massaggiare l'eccitazione ancora insoddisfatta del rossino.
A mano a mano che le spinte aumentavano di frequenza, anche il ritmo del
massaggio aumentava, come i gemiti di Kaede e quelli di Hanamichi, che
si erano finalmente trasformati in espressioni di piacere e non più
di dolore.
Ci riuscì, Kaede riuscì a trovare il punto che donava più
piacere a Hanamichi che si sentì, per la prima volta in vita sua,
davvero completo. Sentiva di appartenere a qualcuno e che quel qualcuno
apparteneva a lui.
Non un pensiero attraversava le loro menti, non un dubbio, non un'incertezza.
Erano pieni solo di loro stessi, del loro amore appena nato e dell'estasi
di stare insieme.
Kaede venne urlando il nome del suo compagno, che sentendosi inondato
e appagato del seme del moro, lo imitò chiamando il suo nome mentre
si riversava sui loro corpi intrecciati.
Uscì a fatica dall'amante, procurandogli un gemito di dolore. Lo
avvolse protettivamente tra le sue braccia e lo sentì stringersi
a lui, affondare la testa sul suo petto e accoccolarsi come un cucciolo
contro il suo corpo.
"Mi fa male tutto..."
"E vedrai domattina..."
"Ah... devo avvertire casa..." Hanamichi fece per muoversi ma
una fitta di dolore alla schiena lo bloccò e ci pensò Kaede
ad allungargli il telefono.
"Hana... ti amo".
Lo guardò con gli occhi che gli diventavano di un blu più
intenso di quello del cielo e più profondo di quello del mare e
gli accarezzò la guancia mentre il rossino gli sorrideva dolcemente
e gli sussurrava un "Anch'io" prima che dall'altra parte alzassero
la cornetta.
Kaede si svegliò talmente felice che non gli sembrava possibile.
Avvertì immediatamente il calore del corpo che giaceva accanto
al suo, stretto e intrecciato al suo come per cercare conforto e riparo.
Tutto quello che poteva offrirgli era un amore puro e incondizionato e
forse questo, ricambiato com?era, avrebbe dato ad entrambi la pace e la
serenità che a lungo avevano cercato.
"Buongiorno volpe"
"Ma sei sveglio?"
La capigliatura rossa che giaceva tranquillamente sul suo petto si mosse
fino a far rispecchiare gli occhi color cioccolato di Hanamichi in quelli
ancora assonnati di Kaede.
"Praticamente non ho dormito..."
"Ti fa male? Insomma sono stato troppo..."
"Ma no! Non è per quello scemo!... Ehi? e il bacio del buongiorno?"
Il rossino sorrise così dolcemente che la preoccupazione nella
voce del moro scomparve all?istante ed entrambi si persero in un lungo,
dolce bacio.
"Allora oggi dirai ai tuoi nonni che torni a Kanagawa?"
Erano stesi, così come si erano svegliati, abbracciati talmente
stretti da lasciare solo lo spazio necessario alla respirazione, come
se entrambi avessero paura che il loro amore si rivelasse essere solo
un sogno.
"No..."
"Ah... senti so che ci vorrà qualche giorno e se non vuoi
tornare domani con ma va bene, però.."
"Io non torno a Kanagawa."
Kaede si irrigidì: doveva aver sentito male, sì, senza dubbio.
"Come scusa?"
"Non torno".
"Hana... cazzo Hana guardami! Che significa che non torni?"
Kaede si era messo a sedere e ora aveva gli occhi puntati sul rossino,
era in attesa di una risposta. Possibile che tutto quello che era successo
fosse solo un'altra illusione? A che scopo avevano fatto l'amore se poi
lui non voleva tornare a casa?
Hanamichi si sollevò a sua volta e fissò gli occhi in quelli
del suo ragazzo.
Era difficile, ma ci aveva pensato tutta la notte, era quella la cosa
che si stava facendo largo in lui, la consapevolezza di dovercela fare
da solo.
"Kae adesso la mia vita è qui, o almeno un parte di essa...
Io... non so se riesco a spiegartelo bene..."
"Beh provaci perché per adesso ho sentito solo stronzate!"
"Kae ascolta..." Hanamichi prese un profondo respiro e poi riprese
a guardare fisso Kaede. Lui doveva capire! Era l'unico che potesse farlo,
l'unico.
"Io ho passato tutta la mia vita a scappare. Scappavo dai miei amici,
da quelli che non mi conoscevano, dal basket e soprattutto da te. Fingevo
di essere qualcuno che non ero e solo tu hai visto il vero me, quello
che mi ostinavo a nascondere perché la paura di soffrire era troppa..."
"Questo..."
"No, lasciami finire adesso che ho cominciato..." Aspettò
che Rukawa annuisse e poi riprese a parlare. "Poi sei arrivato tu...
o meglio, ho capito che l'odio che dicevo di provare per te serviva solo
per non ammettere che in realtà eravamo identici, che solo tu avresti
potuto capirmi come avevi cominciato a fare. E quando mi sono reso conto
che tu eri già molto più importante di quello che credevo
e che avevi visto di me molto più di chiunque altro, sono scappato
da Akira. Lui mi ha aiutato, non so perché, non credo che lo abbia
fatto solo per amore..."
A quelle parole e al nome di Sendo, vide le mani di Kaede stringersi convulsamente.
Se lo avesse avuto lì davanti, lo avrebbe preso di certo a pugni,
ma il sorriso rassicurante che Hanamichi gli fece, fu come un calmante
e il moro tornò improvvisamente sereno, ben cosciente dei reali
sentimenti del rossino verso quel porcospino che camminava su due zampe.
"Comunque lui mi aiutato, non venendo qui, ma facendomi capire che
non potevo nascondere in eterno i miei sentimenti. Mi ha scritto una lettera
prima di andarsene. C'è scritto che lui sapeva che ti amavo...
ti amo... dal primo istante in cui ci ha visti insieme in quell'amichevole,
ma che se me lo avesse detto sarebbe stato troppo semplice. Ha detto che
mi capiva e che si augurava che fossimo felici... La cosa veramente importante
però, quella che ho ripromesso a me stesso, è che non avrei
mai più fatto affidamento sugli altri, che avrei mostrato sempre
e solo il vero Hanamichi e che sarei andato avanti con le mie sole forze
per riscoprire il vero me stesso e... ecco, diventare una persona migliore...
una persona degna di te..."
"Hana ma io non sono nessuno! Non devi sentirti inferiore a me! Tu
sei stato creato per me come io per te e..."
Hanamichi strinse le mani del volpino che si erano lanciate sulle sue,
intrecciando le loro dita.
"Lo so... e visto che lo sai anche tu, cerca di capirmi... Adesso
io e te... siamo una coppia, vero?" chiese con un po? d?incertezza,
ma la luce che accese gli occhi del moro non lasciava adito a dubbi.
"Do'aho prova a dire che non sei il mio ragazzo che ti faccio a fette!"
"Eh eh eh... ok, ok... Kae..." Sospirò "... io ti
amo, lo capisci? Niente mi potrà tenere separato da te! Non ti
dico che non ci vedremo più, non sia mai!, solo... lasciami qui...
non so per quanto..."
Kaede si alzò, recuperò i boxer poco distanti, li infilò
e se ne andò nella poltrona che stava nell'angolo, dove si lasciò
sprofondare, portando le ginocchia al mento e abbassando il viso per coprire
gli occhi con la frangia.
Hanamichi rimase fermo un attimo, poi prese a fatica il lenzuolo, se lo
mise sulle spalle e andò da Rukawa.
Lo costrinse con la forza (Anf, anf... pat,pat... è__é NdHana
^^;;; NdSaku) a tirare giù le gambe e vi si sedette a cavalcioni
sopra, sfruttando anche il fatto che era nudo per attirare l'attenzione
del volpino, poi lo abbracciò avvolgendo anche lui con il lenzuolo.
"Kae...guaradami ti prego... io ti amo e..."
"Se mi amassi resteresti con me!" gridò lui sollevando
finalmente il viso e mostrando le lacrime che lo solcavano. Questa volta
non era riuscito ad impedirsi di piangere, dopo tutto quello che era successo,
dopo tutto quello che entrambi avevano passato. Come poteva Hanamichi
non voler stare con lui?
Una piccola parte del suo cervello, quella ancora in grado di ragionare,
gli diceva che in fondo non c'era niente di male, che Hanamichi doveva
crescere da solo, senza appoggiarsi a nessuno e lo stesso valeva per lui.
Se Hanamichi fosse tornato di certo si sarebbero chiusi a bozzolo su loro
stessi, cercando l'uno nell'altro la forza di andare avanti, finendo,
senza rendersene conto, a considerarsi solo come una parte dell'altro
e non come esseri viventi che potevano e dovevano farcela da soli. Il
vero problema era tutto il resto della sua materia grigia che urlava e
scalciava come un bambino che faceva i capricci, perché come sempre,
la paura di rimanere solo, ora che finalmente
aveva trovato un posto nel mondo, era troppo forte.
Hanamichi sorrise dolcemente, sapeva come si stava sentendo il suo ragazzo,
aveva passato tutta la notte in quello stato di indecisione.
Se fosse tornato sarebbe stato felice, ma avrebbe continuato ad essere
debole e lui non voleva esserlo, non voleva far sobbarcare Kaede anche
della sua vita, doveva diventare forte per lui, anche se la paura di rimanere
solo, ora che finalmente aveva trovato il suo posto nel mondo, era troppa.
Si chinò a baciare quelle perle salate e poi baciò sulle
labbra il volpino.
"Tu sai che è la cosa giusta". Disse solo questo, sapeva
che Kaede lo capiva, lo aveva sempre fatto, anche senza bisogno che parlasse.
"Anche io ho paura... E se incontrassi qualcun altro? Se t?innamorassi
di un'altra persona? Se mi tradissi? Se ti accorgessi che non siamo fatti
l'uno per l'altro? Credi che non me lo sia domandato? Amore... che bello
chiamarti così... io devo fidarmi di te e tu di me, ma soprattutto
dobbiamo fidarci del nostro amore..."
"Da quando un do'hao come te è così saggio?"
chiese Kaede abbozzando un sorriso. Hanamichi aveva ragione e il fatto
che anche lui avesse le sue stesse paure era il segno che lo amava davvero.
"Ehi tu, volpastro malefico! Parli con il tensai cosa credi!"
Hanamichi sorrise e poi si strinse più forte a Kaede, abbracciandolo
così stretto da soffocarlo.
"Ti amo Kae-chan, non dimenticartelo!"
"Anche io ti amo... Ma visto che mi hai chiamato volpastro malefico
devi pagare! Specie visto che mi stai apertamente provocando!"
Hanamichi cominciò a giocherellare distrattamente con i capelli
del moro, come se non lo avesse sentito.
"Sì, certo... io ti provoco? diciamo piuttosto che non puoi
resistere al tensai!"
Kaede lo scostò da sé, lo guardò per un interminabile
istante e poi lo baciò di nuovo.
Si ricordò che probabilmente suo padre avrebbe voluto fare colazione
con lui, ma avrebbe dovuto aspettare ancora per un bel po?...
UN ANNO E MEZZO DOPO. CERIMONIA DEL DIPLOMA, LICEO SHOHOKU
Il preside aveva fatto un lungo e noiosissimo discorso di commiato alla
classe di diplomati di quell'anno. Ora tutta la scuola era riversata nel
cortile e si stava interessando ai vari banchetti preparati per la festa
da tutte le classi dell'istituto.
Un ragazzo moro era seduto sotto un albero, vicino alla palestra.
Aveva passato lì i tre anni più belli della sua vita, la
squadra che aveva avuto il primo anno era stata meravigliosa, benché
anche i compagni che aveva avuto gli anni seguenti erano stati sempre
bravi e il secondo anno del liceo avevano persino vinto il campionato
nazionale. Quell'anno erano arrivati in finale ma avevano perso. Il liceo
H di Kyoto li aveva battuti e tutto grazie al loro capitano. Anche lui
era diventato capitano quell'anno, ma il suo avversario aveva sorpreso
tutti con la sua bravura. Era davvero migliorato in quei tre anni, era
un giocatore nuovo da quando aveva messo piede per la prima volta in quella
palestra.
Si alzò e si pulì, i pantaloni dalla polvere, aprì
la porta della palestra ed entrò. Purtroppo non c'erano palloni
in giro, così fece finta di avere la sfera in mano, si tolse la
giaccia restando in maglietta e cominciò a scartare invisibili
avversari.
Tutti quelli che aveva battuto in quel tempo, quelli che, con le loro
sfide, gli avevano permesso di diventare il numero uno del Giappone...
numero uno a parimerito con il capitano della squadra che li aveva battuti
l'estate precedente. Per quello non poteva andare negli Stati Uniti, non
era ancora il numero uno assoluto del Giappone.
L'ultimo avversario, un ragazzo della sua età, alto poco più
di lui, i capelli corti che gli ricadevano in ciocchette scomposte sulla
fronte, rossi come il fuoco e come il suo cuore che batteva. Scartò
anche lui, come non era riuscito a fare in quella partita, e segnò
uno splendido slam dunk con una palla immaginaria.
Clap, clap, clap. Qualcuno stava battendo le mani. Si voltò e vide
il volto del suo ultimo rivale, il solo che contasse realmente, illuminato
dai raggi del solo di primavera.
"Peccato che tu non ci sia riuscito in quella partita..."
"Do'aho"
"Teme baka kitsune!"
Kaede allargò le braccia sorridendo e il rossino si gettò
tra esse rischiando di far cadere entrambi per terra. Gli buttò
le braccia al collo e lo baciò profondamente, con trasporto e una
gioia senza limiti che gli riempiva il cuore.
Si staccarono solo quando erano sull'orlo della crisi respiratoria.
"Non dovevi venire domani?"
"Sorpresa!"
"E la cerimonia?"
"Non ci sono andato..."
"Do'aho!... Sono felice che tu sia qui... quanto resti? Ancora non
me lo hai detto... e poi dobbiamo prenotare il volo se vogliamo trovare
posto, io voglio andarci almeno in vacanza negli Stati Uniti!"
"Ehi kitsune... prendi fiato! Cavolo non ci vediamo per quindici
giorni e mi diventi un chiacchierone?"
"Do'aho!"
"Sei monotono!... Richiedimelo.."
"Eh?"
"Richiedimi quanto resto..."
"Quanto resti?" Kaede sollevò gli occhi al cielo, a volte
sembrava proprio un bambino!
"Per sempre."
Gli occhi del moro si allargarono per la sorpresa e rimase a bocca aperta
per l'espressione soddisfatta che aveva Hanamichi. Quel cretino lo aveva
fatto apposta! Ah, ma gliel'avrebbe fatta pagare, eccome se l?avrebbe
fatto!
Aveva giusto in mente due o tre ideuzze al riguardo...
"Hana... che vuoi dire?"
"Torno qui... se mi vuoi ancora..."
Se lo voleva ancora? Aveva fatto tutta quella storia, erano stati insieme
un anno e mezzo ammazzandosi per passare insieme più tempo possibile,
viaggiando tra Kyoto e Kanagawa, dalle due alle quattro volte al mese,
e poi... gli chiedeva se LUI lo voleva lì?
"Tu sei un... do'aho!"
"Sì, lo so" rispose l'altro sorridendo.
Ormai ce l'aveva fatta, era riuscito a trovare la propria strada, da solo.
Voleva fare il giocatore professionista, proprio come Kaede, e poi avrebbe
fatto l'allenatore. E se non fosse riuscito a sfondare... beh intanto
che ci provava si sarebbe iscritto all'università, aveva fatto
l'esame d?ammissione nella stessa di Kaede senza dirgli niente, ed era
stato accettato. E aveva fatto tutto da solo. Aveva dimostrato a se stesso
che poteva farcela da solo, senza appoggiarsi a Kaede. Era diventato forte.
Kaede lo baciò di nuovo e di nuovo si perse in quelle iridi nocciola,
calde e profonde che gli avevano fatto perdere la ragione e per le quali
era cresciuto e maturato.
Sarebbe diventato un giocatore professionista e avrebbe realizzato il
suo sogno, e se anche non ci fosse riuscito, non aveva importanza. Il
suo vero sogno, quello per cui viveva e per cui era diventato quello che
era, era lì, tra le sue braccia, niente sarebbe potuto andare storto
d'ora in avanti.
"Tu sei stato creato per me..."
"... come io per te."
Hanamichi iniziò la frase che Kaede completò. Quelle parole
erano rimaste marchiate a fuoco nell'anima di entrambi e niente e nessuno
avrebbe impedito loro di ricordarle per sempre.
Hanamichi era la metà mancante di anima che Kaede aveva cercato
per tutta la vita e Kaede, allo stesso modo, era la metà di Hanamichi,
come due parti di uno stesso oggetto che combaciano e una volta uniti
non possono essere più separati.
FINEEEEEEEEEEEE!!!!!!!
SAKU: ç_____ç Ci sono riuscita, l?ho finita ç____ç
Sono commossa... BUAAAAAAAAAAHHHHHHH ç________ç
HANA: Ce? ce l?hai fatta *_____* Amore? questa tortura è finita
*___*
KAE: Sì, siamo liberi *_____*
SAKU: ¬_¬ dopo tutto l?impegno che c?ho messo
H&K: -________-
SAKU: Basta, ci rinuncio -_-
Grazie a tutti voi che siete arrivati fino a qui e avete sopportato tutti
i miei scleri e le mie pazzie. UN bacio a tutti e ancora grazie ^__^
|