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La nostra città: Maddaloni


Viaggio in provincia

Il gonfalone

Il gonfalone comunale di Maddaloni

Maddaloni ieri e...
panorama maddaloni ieri

... oggi...
panorama Maddaloni

Il castello
Il castello

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Il nome di Mataluni compare la prima volta in un documento firmato dal principe longobardo di Benevento, Arechi II, dove viene indicata la chiesa di S.Martino.Correva l'anno 774. Altre chiese, forse più antiche, vengono affrescate da valenti artisti. In una di queste, S.Maria de Commendatis, sede dei Templari e dei Cavalieri di Malta, viene redatto nel 1300 uno dei primi documenti in lingua volgare   (il nostro italiano). La pergamena riporta le regole dell'Ordine dei "Disciplinati di Maddaloni" ed è oggi custodita presso la Curia Vescovile di Caserta. Nel 1390 Magdaloni viene data in feudo al francese Carlo Artus che edifica, a fine '300, la bellissima Torre Sud, oggi quasi cadente. Da contea, con l'università della nobile famiglia Carafa, Maddaloni diviene Ducato. Diomede Carafa, nobile figura di mecenate, fa edificare a valle del castello, nel 1465, il Palazzo Ducale, oggi Villaggio dei Ragazzi. Il castello sulla collina era stato incendiato nel 1460 da Ferrante d'Aragona per punire il ribelle Pietro da Mondrago, feudatario.
 
 Nel cortile del Villaggio dei Ragazzi, già antistante il vecchio Palazzo Ducale, si svolgeva la fiera settimanale sotto il controllo del Duca. La piazza , nel 1702, come ricorda il Piccicchelli, era luogo di passeggio, riunioni, affari. Nel '600 Mataloni è uno dei più importanti centri del reame. Artisti illustri, come il fiorentino Giovanni Balducci, che dipinge il soffitto a cassettoni della Chiesa dell'Annunziata, Pompeo Landulfo, Marco Pino, i Funaro, Fabrizio Santafede, Paolo de Matteis, Mattia Preti e Francesco de Mura si avvicendano nella nostra città lasciando un patrimonio pittorico culturale di inestimabile valore. (dal sito www.gruppoarcheologicocalatino.org)



Il nostro Santuario


il santuario

concelebrazione
Il Rettore del Santuario Don Angelo Delli Paoli concelebra con S.E. Nogaro
 
san michele
La statua di San Michele
S. Maria del monte
La statua di Santa Maria del Monte
i fedeli
I fedeli
 
villa quarto
La casa di accoglienza del Santuario: Villa Quarto

comitato
I collaboratori del Santuario

gli accollatori
Gli accollatori

bendizione
La benedizione della statua del Santo

Chiediamo a Michele Schioppa {Storico del culto Micaelico} se ha notizie- sulla
Statua di San Michele Arcangelo, Patrono di Maddaloni...
-La documentazione d'archivio ci porta a pensare che la statua che rappresenta l'arcangelo Michele, patrono, che si venera in Maddaloni sia della seconda metà del XVIII secolo, e la si attribuisce allo scultore napoletano Saverio Donato Fortunato, il Simulacro rappresenta un giovane guerriero del Medioevo, con l'elmo piumato, l'armatura a maglia, con l'indice e il medio della mano sinistra regge una bilancia contenente due anime e con la destra, armata di lancia colpisce Satana che ha sotto i piedi calzanti il coturno, tra le fiamme infernali. La nostra risulterà con il tempo restaurata molteplici volte. Dal De Sivo apprendiamo di un restauro fatto nel 1837 per volontà della cittadinanza, che si ritenne protetta dall'Arcangelo durante il colera, che mieté centinaia di vittime. Il Piscitelli ci parla di un altro restauro della statua, avvenuto nel 1857, perché danneggiata dalle tarme, in quell'occasione né migliorò le fattezze; lo stesso fu fatto anche nel 1859, furono spesi 200 ducati. Ci risulta, però, che un restauro vi sia stato anche nel corso dell'anno 1858, lo stesso risulta essere stato effettuato sotto la direzione del Barone Antonio Corvo. La notizia è ricordata da una etichetta posta alla base della stessa statua. Un altro restauro l'abbiamo nel 1860 per mano dello scultore Costantino Calì; il quale fu retribuito col ricavato della vendita delle offerte in oro al Santo; la spesa ammontava a 170 ducati.
In quell' occasione fu redatto un atto dal quale si apprese che gli amministratori dell'Eremo affermano che la statua è di quattrocento anni prima: notizia questa difficilmente assecondabile. Sempre grazie ad una etichetta posta alla base della statua sappiamo di un restauro avvenuto nel corso del 1891 ed è stato realizzato a devozione di un fedele siglatosi M.D.S. Si ha modo di credere che un possibile restauro la statua lo abbia avuto con l'anno 1900 allorquando il dotto Enrico Santamaria Nicolini ebbe ad apportare un opera di recupero generale alla struttura e parla anche dello stato fatiscente in cui si trovava la effige. Nell'agosto del 1988 l'artista napoletano Mario Smeraglia, con lo studio in S. Marco Evangelista, effettuò un altro restauro in occasione dei festeggiamenti di settembre. A seguito dei danni riportati dal trafugamento dalla statua nella notte tra il 28-29 aprile 1993 e il successivo ritrovamento avvenuto il 14 maggio 1993 nella campagna dei Camaldoli in Napoli, lo stesso artista napoletano ha provveduto al restauro in soli 23 glOrm. Con il marzo 200 l su richiesta del rettore del Santuario di San Michele, don Angelo Delli Paoli, lo stesso Smeraglia si preoccuperà, a seguito di verifica dell' effige, di produrre una relazione nella quale si evidenzia come la statua risulti (per la sua antichità e per i continui restauri, fragile e delicata), da qui la necessità, da un lato, di prestare attenzione durante i trasporti, dall' altro, di provvedere ad un restauro tale da recuperare l'opera lignea.
Della relazione si è avuta notizia, da parte del Rettore, in forma pubblica, il terzo sabato d'agosto 2002 in occasione della celebrazione che ha preceduto la discesa per le scale della statua in occasione dei festeggiamenti di settembre. Attualmente la statua, onde evitare che la sua stabilità possa compromettersi, necessita, sulla scorta probabilmete di una collaborazione tra i volontari della città e del monte, di un opera di restauro affidata a società specializzate professioniste in tal campo e non a restauri occasionali.
...inoltre, domandiamo a Schioppa se ha notizie su l'origine del culto sul monte...
Una popolazione si caratterizza per delle partièolarità, e nel caso di Maddaloni, la cui religiosità è da sempre molto sentita, per il culto al santo patrono: il principe della schiera celeste, Michele. Un rapporto di fede quello rivolto all'Arcangelo che sul finire del primo millennio si poneva come quello mariano odierno, in particolare per i suoi infiniti titoli protettivi. Da qui il binomio attuale rappresentato dal doppio culto sul monte maddalonese. San Michele è venerato nel Eremo-Santuario che svetta a 524 metri sul mare, sul monte Tifata nella zona di Maddaloni, e le cui origini risalgono al VIII sec. d.C. Il luogo sacro sovrasta Maddaloni e le pianure circostanti; lo sguardo si infrange sul Vesuvio e si perde nello splendido golfo di Napoli.
Una leggenda avvolge l'origine del culto, laddove una influenza l'avrà avuta l'invasione longobarda, e della struttura sacra. Si narra, infatti, che sia stato lo stesso Arcangelo a volere sulla cresta dei monti maddalonesi una chiesetta, anche se di modeste condizioni, a lui dedicata. Per far ciò si servi di un giovane che portava al pascolo le sue capre sul monte. Infatti, questo giovinotto una mattina condusse il gregge sulla sommità del monte, sicuro di trovare pascoli migliori. Giunto sul posto, fu attratto dalla presenza di un giovane molto distinto, sia nel suo agire sia nel vestire, occupato a trasportare pietre calcaree sulla parte più alta della vetta; il nostro capraio, però, non si preoccupò di aiutare il coetaneo distinto per evitare che si disperdessero le capre. Raccontato al padre quanto accaduto sul monte il genitore esorta il figlio ad aiutare il coetaneo distinto, cosa che farà lasciando le capre unite a brucare erba. Per più giorni il capraio aiutò il giovane sconosciuto nella sua opera, ma poiché alla mungitura i genitori constatarono un aumento della produzione del latte, incuriositi, vollero appurare dal figlio quello che accadeva sul monte. In questo modo a seguito di un consulto con le autorità ecclesiastiche del posto invitarono il capraio per l'indomani a domandare al giovane sconosciuto chi egli fosse, e, questi, rispose di essere l'Arcangelo Michele e che desiderava l'erezione di una chiesa, là dove aveva ammucchiato le pietre calcaree. Le autorità, ecclesiastica e civile ed il popolo, appena vennero a conoscenza del desiderio dell'Arcangelo, edificarono nel luogo prescelto dal Santo una chiesetta a lui dedicata. Di questa prima fabbrica non abbiamo alcuna descrizione visto che durante i secoli è stata restaurata'varie volte, in quanto è esposta alle intemperie, anche ,se la struttura attuale risente degli interventi di inizio secolo scorso. Il documento più utile a dimostrare la remota origine del culto e della fabbrica sul monte dedicato all'Arcangelo di Benevento Landulfo in una Bolla alla Diocesi di Sant'Agata dei Goti delinea i confini di quella stessa Diocesi, riportando anche il nostro Eremo: ''landulphus divina ordinate clementia Archiepiscopus Sanctae Beneventanensis Ecclesiae, Clero, Ordini, Plebi consistenti in S. Agatae, dilectissimis filius in Domino salutem [..] lndeque progeditur in strada, quae dicitur a Benevento in Capua; ab eadem itaque strada revolendo prebenditur rursum ditur, in monte Magdaluni, qui dicitur Sanctus...'
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