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NO HOPE NO FUTURE ::
autore: Shardick - anno 2002
- E-Summer Project -
"Un
uomo si sveglia la mattina e non sa più vivere. Si guarda allo
specchio e non sa più ridere. L'uomo cammina per corridoi bui,
attraversando stanze vuote e sbattendo contro porto chiuse. Il mondo davanti
a sé. Una realtà che non vive e che sente non appartenergli.
L'uomo non ha scelto di viverci, è stato solo catapultato in questa
vita che non lo fa sentire padrone in casa propria."
Clap.
Bryan chiude il libro. Guarda l'orologio: 3.00. I grandi numeri rossi
sullo schermo LCD parlano chiaro. Non è ancora riuscito a dormire.
Vive notti senza sonno e senza sogni. Una stasi che non riesce a rompere.
Un coma che lo fa restare sveglio e cosciente.
La Terra sotto i suoi piedi pulsa come un gigante di metallo morente che
impreca contro l'umanità che la sta uccidendo. E intanto gira su
stessa aspettando il collasso del Sole che porrà fine alle sue
sofferenze.
Si alza dal letto. Guarda fuori. Appoggia la testa al vetro. La città
sotto di lui. Davanti ai suoi occhi. Un essere vivente. Pulsante sotto
i suoi piedi. Quasi come volesse inghiottirlo se non ci sta attento. Asfalto
bagnato che tutto il giorno ha calpestato. Nella notte i riflessi metallici
dell'acqua che sembrano quasi finti. Nebbie dai sobborghi. Sirene che
squarciano l'immacolato silenzio notturno nel disperato tentativo di salvare
un'altra vita. La vita.. cos'è diventato ora vivere in questo secolo
ciò che poteva esserlo prima non lo è certo adesso. Una
società in cui nessuno ha un posto ben preciso. In cui tutto è
fuori posto. In cui bisogna adattarsi ad ogni passo che si compie. Uno,
nessuno, centomila.
Alla periferia Nord, i grattacieli che piombano sui palazzi più
bassi. Mostri d'acciaio e vetro che spezzano il cielo stellato. Luci di
uffici. Abitazioni ai piani alti. Ricchezza che si staglia sulla povertà
più nera. Società divisa fra ricchi e poveri. Chi è
troppo ricco e chi è troppo povero. Quando un tempo si pensava
di non dividere la società in classi. È stanco di guardare.
Stanco di vedere una città morta. Di non avere risposte alle sue
domande. Una luce all'orizzonte si spenge. Come una candela sfiorata da
un soffio di vento che si spegne nel buio. Un altro impiegatuccio che
va a casa dopo una giornata estenuante passata ad amministrare soldi che
non saranno mai i suoi. È come un flash agli occhi di Bryan. Soldi
qual è oggi il valore dei soldi nessuno lo sa. Quando nelle strade
ci si ammazza per un po' di pane. Questo tempo così malato, malsano
e infettivo. Una malattia che si trasmette di generazione in generazione.
Le grandi malattie infettive sono state debellate
questa sopravvive
all'alba dei tempi. Stanco di guardare fuori, si siede e accende la TV.
Programmi vuoti, televendite, inganni e bugie attraverso l'etere. Si sente
soffocare. Cerca di ricordare com'era prima il mondo in cui viveva.. quasi
20 anni prima. Non si stava bene ma certamente si stava meglio. In cui
si nutrivano delle speranze e in cui la notte si sognava. Ora niente speranze
e notti senza sogni.
I suoi occhi si chiudono. In un deserto.. ora si trova in un deserto..
rosso
sembra quasi il tramonto ma la luce è forte, gialla.
La sua ombra neanche si vede sulla sabbia rossa. Cammina è stanco
ed ha sete. Sa di avere una borraccia dietro la sua schiena in uno zaino
ma inspiegabilmente non riesce a raggiungerla. Perché?
non
riesce a capire. Cammina e cammina. All'orizzonte davanti a sé
una figura nera. Una specie di rettangolo nero e lucido, liscio, davanti
a lui, in verticale. Cerca di stringere gli occhi per aguzzare la vista.
Ora vede meglio. Sempre quasi un uomo con una tuta aderente. Pensa quasi
che questo deserto rosso sia qualche mare di Marte. Ma lui non ha la tuta
spaziale e neanche la misteriosa figura davanti a lui. Ormai gli è
a un metro. Cerca di parlare ma dalla sua bocca non esce nessuna parola.
Nessun suono. La sua gola sembra non reagire. La figura davanti a lui
non ha neanche la faccia. È quasi come una delle forme che suo
padre usava al poligono di tiro per gli allenamenti. Uniforme, nera. Morta.
Allunga una mano per toccarla, sentire di che materiale sia fatta, se
sia carne e sangue ciò che ci sia sotto quel tessuto nero. La figura
non sembra tirarsi indietro, non reagisce. La sua mano tocca la tuta.
È morbida e liscia
e come in un vecchio videogioco anni '90
la figura si smembra in tanti pezzi poligonali
come dei pixel di
un mosaico accostato male che era tenuto insieme solo dalla forza di coesione
fra le piece e all'improvviso tutto è rotto in un soffio. E tutto
è distrutto. Bryan rimane sbalordito. Non ha parole e dalla sua
bocca non esce alcun suono. All'improvviso si accorge che il cielo sopra
di lui è completamente colorato di uno scurissimo grigio uniforme.
E si sente perso dentro se stesso.
Apre gli occhi. Di scatto. Si sente disorientato e per un momento cade
sul letto. Scuote la testa e ricomincia a prendere coscienza di dov'è
e di cosa vuole fare. Si mette la giacca di cotone sintetico ed esce.
Non è proprio l'ora più indicata per uscire ma la sua casa
sta quasi diventando una gabbia in cui come un topo nonostante la sua
rabbia deve pur vivere.
Per le strade sente la puzza della zona industriale a ovest che arriva
fino al centro della città. Alte colonne di fumo si alzano da torri
gigantesche bianche e rosse. Cammina per la strada ma in fondo è
come se non ci fosse lì in quella strada. Si ferma davanti ad una
vetrina a vedere i telegiornali delle 4. Un deserto rosso come quello
del sogno. Un uomo con una tuta bianca per terra, e il caso con la visiera
rotta da una pietrata. La telecamera si avvicina allo scheletro e mostra
il viso raggrinzito dalla mancanza di gravità: "Un'altra cupola
andata in frantumi nella Capitale su Marte!" recita lo speaker. Nella
vetrina vede un riflesso alle sue spalle
un cartellone pubblicitario.
Si volta, ne rimane impressionato. Una bambina con una bolla di sapone
in mano. Di nuovo i suoi occhi si chiudono e sogna
la bambina in
un corridoio mentre corre verso una porta
apre la porta e si trova
davanti un bellissimo prato verde e una bolla di sapone sospesa a mezz'aria.
La bambina non capisce ma è attratta dalla bolla sospesa. Si avvicina,
le pone il palmo sotto per sorreggerla e la bolla scompare in un puff.
La bimba cerca di piangere ma lacrime dai suoi piccoli occhi verdi non
ne escono. Allora guarda in su verso il cielo come per cercare una sorta
di speranza. Ma vede il cielo di un grigio uniforme senza mezzetinte né
sole.
Riapre gli occhi.. ancora quel cielo grigio che grava sulle spalle. Si
sente ancora smarrito dentro questa città, sopra questo asfalto,
chiuso nelle sue quattro mura d'avorio. Guarda avanti e vede un'insegna
di cinema che lampeggia a fatica. Nelle tasche ha pochi soldi ma abbastanza
per andare a vedere un film e passare la nottata in attesa che la città
si risvegli dal suo torpore.
In programma un solo film "No hope No future". Decide di entrare.
Nessuno sa se dal quel cinema Bryan ne sia mai uscito.
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