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  Elio Francescone
         
 
         
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Prof.Elio FRANCESCONE, docente di Lettere negli Istituti Superiori Statali.
Ha prodotto due raccolte di poesie: Eirene e La scatola della fantasia. E' membro
della rivista "Rassegna delle Tradizioni Popolari" (Bari) e della Libera Associazione
"Nuovo Rinascimento",nata nel dipartimento di Italianistica dell'Universita' di
Firenze.Si occupa di Storia locale e tradizioni popolari, collaborando con testate
locali di informazione. Ha ottenuto diversi riconoscimenti nel campo della
attivita' letteraria . Vive ed opera a Grottaglie, Taranto.


......................

Lidea, non....deali

Qualche volta ti sento,... sono sicuro... sei tu,
il tuo volto col vento arriva fino a me:
quelle volte mi pento della mia gelosia
ma è soltanto un momento... e il vento presto ti fa volare via.

Ma io voglio un oceano di colori e luci,
voglio un tappeto che corre veloce,
voglio un gregge che pascola nel cielo,
voglio un enorme cappello di pioggia,
voglio una donna che gira nel sole,
voglio un cielo di muschio e di lana.

E allora ingabbierò il vento,
alle porte di quel buio, dove il silenzio
e' la voce sguaiata di una vecchia senza amore:
la mia sara' una ridente nostalgia di un cuore,
una confusione, tra vita e... poesia,
E mi domando se un'idea come sei tu, una idea ... perché tu sei solo lidea (non deali),
possa essere legata a una catena:
ho provato una gran pena, credimi
ascoltando il vento fuori,
che corre libero, ovunque va, ovunque vuole
come adesso i miei pensieri verso di te.

E allora ingabbierò il tempo,
perché la moglie di un pedestre comandante non può vivere
solo e da sola nella mia mente:
perché l'amore non basta mai nell'ora
che é sospesa tra gli angeli,
perché col vento non passa mai il tempo e
questo tempo mi ha cercato, ti ha cercato, ci ha cercato... mentre io cercavo te
o forse mi illudevo di cercare.
E io sono un po' folle, un po' saggio
nello spendere sempre ugualmente la mia paura e il mio coraggio,
la paura e il coraggio di vivere come un peso che ognuno ha portato,
la paura e il coraggio di dire: " io ho sempre tentato
io ho sempre tentato, io ho sempre tentato... almeno".

Ma non ingabbierò te,
non ti chiuderò in nessuna gabbia, neppure di oro,
perché voglio ancora leggere nei colori del vento,
perché voglio sentire i suoni immemori del tempo,
perché voglio guardarmi di spalle mentre parto,
perché voglio pescare il pesce d'oro di un mio e tuo impossibile sogno,
perché voglio scendere dalle stelle per toccare la tua bocca,
perché voglio rubare le chiavi al cielo e darle a te,
perché l'inferno esiste ma solo per me che lo temo,
perché la paura dura più dell'amore e io non voglio aver paura ... ma ho paura,
perché sono un bambino che cammina sull'acqua e tu sei le mie rotaie,
perché sono un uomo che insegue la tua ombra che si chiama, anche, nostalgia di me.

E ti lascerò,
perché non voglio essere violentato dal tuo sogno,
perché, proprio io, ho paura di trovare la tua chiave,
perché non voglio sentire il suono della tua eternità che mi rende sordo,
perché una tua nota suona falsa nel pentagramma della mia vita,
perché manca il tuo lievito che porta alla perfezione dell'amore,
perché non voglio trovare una tua conchiglia rossa nella rete delle mie illusioni,
perché non voglio stare al caldo abbraccio di una tua doccia fredda,
perché non voglio tue promesse che non saranno mai pagate,
perché non posso svenderti i miei sogni,
perché, alla fine, mi hai detto e, forse, mi hai dato solo... le tue "stronzate".

E ti lascerò,
e quel giorno senza di te non sarà un giorno triste:
lo regalerò ad un uomo fermo sulla strada che va verso il sole,
all'eco silenzioso di una immagine ormai troppo lontana,
al famelico cuore di un leone assetato,
a qualcuno che insegue la vita regalando sorrisi,
alla gelida carezza di una violenza subita,
alla donna che entra in un giardino ormai senza cancello,
a qualcuno che si è perso nel suo stesso abbandono,

E ti lascerò........
per poter vivere di nuovo e ... sognare
ospite di un ballo in maschera in cui tu non ci sei e io sono solo la maschera,
una maschera che unisce piacere ed amore senza poter mai creare... un dolore!




Sei dunque tu

Sei dunque tu,
Dio del tumore di mia madre,
Dio dei bambini di Brasilia,
Dio degli sguardi di terrore ubriachi,
Dio delle donne di Zabrè riunite in
cooperative?

Tu ritorni indietro nel tempo,
perché io sono dentro di Te e
fuori di Te,
e Tu sei dentro di me e fuori di me,
tra questi cieli, questi uccelli,
queste pietre, questi ulivi.

Questo tuo suono di pace
conosce i miei silenzi
ed i miei sogni,
ed il fruscio degli alberi è clemente
come una mite aurora.

Vieni, o Dio,con le mani giunte
ed udrai i miei sospiri,
poveri,
di un fanciullo pallido,
e la piazza della chiesa, il sonno
della memoria e l'odore
d'incenso.

Dio degli eterni e dei miei
tanti errori,
quante cose ho schiacciato per non
morire;
poche volte ti ho cercato
ma sempre ti ho voluto,
mentre le bianche mani toccavano
un santino colorato,
memoria e sogno,
fichi ed erba gialla,
cielo stellato e voce di
donna.

Prigioniero di me stesso e
degli altri,
con te mi tornerà la fiaba dei
giorni lontani:
non sono più solo
su una piazza deserta di sole


Dolce signora

Dolce signora della mia prima
elementare,
hai sempre sulla bocca
quella semplice canzone da due
soldi?

Sai,
sento ancora le grandi gocce di pioggia
che battono sui vetri,
ed oggi , pensa un po',
anche la mia scrivania è color noce.

Forse non sei stata veramente
così bella
come ti ricordo:
sei soltanto un aquilone sperduto tra
le nuvole grigie dei rimpianti
e trasportato in alto dal vento.

Ho avuto un sogno troppo
breve
per farti risvegliare oggi,
dolce signora di un mondo ovattato!
Nel tuo cuore batte ancora
la pioggia di quel novembre buio
che ora sento dentro di me?

Un bacio corre sull'illusione
della mia fanciullezza
e la vecchia estate è ferma,
catino della memoria, infernale ed impietoso.

Dolce signora della mia prima
elementare,
adesso sto danzando con una sconosciuta:
forse ho volato oltre l'aurora.

Ma tu non avrai freddo
e suonerò per tutta una vita elementare,
con una chitarra spezzata:
ricorderò ancora il bambino vestito
d'azzurro,
mentre è il profumo del tuo fiore
rosso
che mi ha ucciso.



A Gallo Domenico, malato di leucemia

Troppo belli i tuoi occhi,
bambino mio,
per gli ulivi della tua terra
che alitano speranze di vita e di
morte,
quando un glabro labbro
copre una mascherina bianca
e tu vedi l'orsa maggiore di un cielo
dipinto
ed una donna che fuma
ed il padre di una cicogna impazzita:

Io non voglio che tu conosca l'autunno
della vita
in un mondo salvato da poeti:
l'ora della stella non è ancora giunta
quando Dio ti risparmia
la fatica di cercarlo.

Corte e povere le statue scomparse
per me,
che vorrei tanto darti una poesia
per non farti andare via.
Figlio di un dio di moda,
non deporre il tuo giglio appassito
su un muro di carta:
sulla stessa via delle icone
tu sconfiggerai l'ambiguità di un
Cristo duale.

Sorridimi,
almeno un po',
mentre la tua vena ballerina
brucia
su un orizzonte senza limiti,
e si lega alla plastica ed al genio
come un vecchio cinese
in un festival di giganti.

Bambino mio,
dalle ali di rosa,
il vento soffia e spinge lontano
tuo giocattolo rotto:
il lungo sogno della terraferma
ti abituerà a vincere.



L'anno 3000


Il cielo è nero
su una chitarra
che accompagna il cavaliere della luna
mentre
un giocatore sublime
danza vorticosamente
con una gonna al vento
e i capelli rossi di donna
su una bianca spiaggia.

Uccelli migranti sulla
nube
della grande sera
costruiscono i nidi di ghiaccio
dell'ultima estate perduta.

Il ciclo dei robot
è oltre il tramonto:
stirpi di uomini vagano
nella città della vertigine
e gli angeli
piangono i 150 anni in giallo
in un giardino dell'Eden.
Io guardo il segreto del
millennio
per la straordinaria storia dell'uomo.

Cittadino della XXVII città
muoio
alla ricerca di balene
che restano sedute sulla spiaggia.

Il coprifuoco indaga
sul gioco delle passioni:
dunque vivrò come
le famiglie dei castori,
delle foche,
degli scoiattoli
e dormirò,
per l'ultima volta,
su un letto di leoni,
simile a stirpi di uomini
nella terra di Canaan.

Il libro dei re si apre,
ormai,
sulla fondazione della terra
con insostenibile leggerezza:
mostra, solo,
una mano senza pelle,
complice di Dio.

Ecco un centauro lontano
che piange
lacrime d'ambra
su una croce di cristallo:
forse domani
la mia stanza vuota
si riempirà
delle piaghe della storia.
 

   
             
 
 
 
 
             
             
             
             
             


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