valle cimoliana 2006 pagina da ultimare |
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anche quest’anno, per varie ragioni personali, non abbiamo potuto mettere in programma una settimana intera: solo 4 giorni all’inizio di settembre, in cui ci volevamo cimentare con il gruppo del duranno, già conosciuto nel 2001. l’idea era di percorrere il 6° e 7° tratto dell’alta via n° 6 dei silenzi, selvaggia e poco frequentata, partendo da cimolais e arrivando a erto. questo è, secondo noi, il tratto più interessante e impegnativo di tutta l’alta via: i percorsi sono lunghi e solitari, si attraversano valloni franosi, occorre portarsi il necessario per passare la notte nel bivacco e anche uno spezzone di corda (15-20 metri) può servire. siamo fra le province di belluno e di pordenone, anzi per la precisione sempre all’interno del “parco delle dolomiti friulane” che comprende la bellissima val cimoliana e le creste dei monfalconi e del duranno. in questa zona il telefono non “prende” mai. quest’estate eravamo in quattro, g., c., f. e io. purtroppo ho fatto un errore con la macchina fotografica e non ho nessuna immagine; ora devo cercare delle foto su altre fonti. il mio diario martedì 5 settembre |
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partiti da firenze non troppo presto, parcheggiate all’inizio e alla fine del percorso previsto le 2 auto e camminato un paio d’ore, dal parcheggio prima del ponte contoz a quota 800 metri al rifugio pordenone (1250 m). tappa - diciamo - di riscaldamento, a cena chiacchieriamo con due escursionisti solitari che hanno altre mete, la notte dormiamo con la finestra aperta per il caldo.
cartolina del rifugio pordenone
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la valle cimoliana (foto di giorgio ghielmetti) |
mercoledì 6
il campanile di val montanaia nell'unica foto che sono riuscito a salvare, peraltro non bella
questo è un esempio dell'ambiente, alla forcella spe |
dal rifugio pordenone il sentiero 352 attraversa la val montanaia, sale ripido in un bosco, si affaccia sul versante sud del famoso campanile, prosegue fra salite e falsipiani verso nord, taglia alcuni ghiaioni, di cui uno è particolarmente franoso e richiede attenzione e infine sale fra i larici fino al col cadorin a quota 1800 m. a questo punto sono quasi le undici, il panorama è bellissimo, appare in lontananza, rosso stinto, il bivacco gervasutti. il sentiero prosegue quasi in pari fra i mughi, si devono attraversare due valloni e infine la valle san lorenzo, dove non bisogna fare l’errore che abbiamo fatto noi, cercando un passaggio in alto; il sentiero è ben segnato, e anche se parzialmente franato è sempre il cammino migliore per giungere dall’altra parte e poi salire decisamente fra il verde fino a giungere al bivacco. non conviene fermarsi qui per mangiare qualcosa perché non c’è acqua, ma proseguire in salita e discesa per altri venti-trenta minuti fino alla fonte che si trova oltre la forcella spe.a questo punto, siamo nella valle santa maria e mancano ancora circa tre ore di cammino e due valichi. si prosegue sul sentiero a diritto, in leggera discesa nella val misera, poi si sale a una piccola forcella a quota 1960; si scende, si entra nella valle dei lares, in cui il sentiero va quasi in orizzontale; anche qui si può trovare acqua buona. è ben visibile il tragitto da seguire fino a una forcella; ancora cinque minuti e siamo alla sella che si affaccia sulla valle dei frassine. |
la valle dei frassin con la casera |
la casera laghetto di sopra (entrambe le foto sono prese dal web) |
questo è forse il momento migliore della giornata, quando si vede apparire il bivacco laghetto di sopra, la nostra meta; manca ancora mezz’ora di cammino, ma ormai ci siamo, sono circa le sei e la valle deserta è di una selvaggia bellezza. la casera laghetto è in pietra, con l’interno in legno, ricostruita nel 1987 con 8 posti letto; non è vero che non ci sono le coperte. qui abbiamo tirato fuori il fornellino e ci siamo fatti da mangiare, poi a letto presto con la luna piena. addirittura uno di noi ha voluto provare il sacco-piuma e dormire fuori ! |
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giovedì 7 dopo aver ripulito e lasciato tutto a posto, siamo partiti in salita verso la val dei drap, salendo per oltre un’ora, prima su prati e poi in un vallone pietroso fino alla forcella a quota 2290. da qui si deve scendere per circa 400 m di dislivello, e anche qui mi raccomando di non ripetere il nostro errore: siamo scesi troppo, lungo il ripido sentiero (segnato) che riporta in fondovalle. invece bisogna dirigersi, nei pressi di un nevaio, a una piccola sella sulla destra, attraversarla, poi risalire fino a un intaglio nella roccia, dal quale si attraversa un canalone. si risale poi su facili rocce, fino alla cosiddetta forcella dei cacciatori, oltre la quale siamo nella parte alta del cadin dei cantoni, canale profondo che occorre risalire sulla sinistra per ascendere alla forcella compol (2450 m) che, oltre a essere il tratto più difficile, è il punto più alto di queste due tappe. a questo punto si è già camminato per cinque-sei ore; dalla forcella compol la discesa è verso il cadin dei frati, per gradoni rocciosi e lastroni in direzione sinistra, poi dopo circa 300 m di dislivello verso destra fino al canalone; è una discesa impegnativa, in cui può servire la corda. c’è poi da risalire un intaglio roccioso, scendere, risalire, infine si arriva sull’erba in vista del bivacco greselin.
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le cartine ... seconda tappa
terza tappa
ultimo giorno |
non è
finita qui, perché ora, se è molto tardi, occorre pernottare in bivacco per la
seconda volta consecutiva; altrimenti rimangono altre tre-quattro ore di
cammino per stare più comodi al rifugio. dunque, coraggio e via: si risale un
canalone roccioso, si scende e ci si tiene sulla destra fino a una piccola
spalla erbosa; si continua lungo dei lastroni inclinati dove c’è una corda
metallica, poi si piega verso sinistra e si sale per rocce e ghiaie non facili
alla forcella duranno 2200 m. non è ancora la fine, ma già si comincia a vedere il tetto del rifugio; si scende per salti rocciosi poi finalmente è sentiero, torna la vegetazione, prima erba poi larici, abeti e infine ecco il rifugio, la cena, la camerata. |
venerdì 8 bene, il nostro giro è a conclusione: se fossimo rimasti al bivacco, avremmo ancora sei ore di cammino, invece dal rifugio maniago resta solo mezza mattinata in discesa, dapprima ripida nel bosco poi al sole sulla sterrata della val zemola, fino al parcheggio di erto.
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aggiornato ottobre 2006 |