Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee
spirava un vento gelido e c'era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la
notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle
pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro.
Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «è nato!».
«Eh?» fece un altro
senza afferrare l'allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La
notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa».
Un altro compagno osservò: «Guardate là, c'è una grotta. Andiamo dentro un
momento, saremo riparati dal vento».
Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l'elmetto, si
sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase
all'entrata e voltò le spalle all'interno con fare superiore: ma era perché
aveva gli occhi pieni di lacrime.
Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po' di terra umida e
manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello
da presepio. Poi stese il fazzoletto nell'elmetto del compagno e vi depose il
Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla
neve.
Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela,
l'accese e la pose vicino all'insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a
recitare: "Padre nostro che sei nei cieli...". Tutti continuarono e
avevano il cuore grosso da far male.
Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare
l'atmosfera che si era creata.
Improvvisamente alle loro spalle una voce disse.«Fröhliche Weihnachten» (Buon
Natale).
Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi
puntate stavano all'imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in
piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale ».
I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e
avevano bisogno anche loro di un po' di presepio, anche se povero. Si guardarono
confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella
melodia natalizia che tutti conoscevano.
Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si
spense l'ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici
e gli tese la mano che l'altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto,
augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano
una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la
teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù
rimanendo per alcuni attimi in preghiera.
Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle,
senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra.
L'amore vince l'odio
«Pace in terra agli uomini di buona volontà» cantavano gli angeli attorno
alla grotta di Betlemme. Anche quest'anno però in molte parti della Terra non
c'è pace vera. Le armi continuano a coprire con il loro micidiale canto di
morte ogni parola di pace.
La pace vera non è però frutto dell'attività dei politici: nasce nei nostri
cuori e si diffonde attorno a noi. Se vogliamo che il mondo sia nella pace
dobbiamo essere noi gli operatori di pace e saremo beati e chiamati figli di
Dio.
PREGHIERA
In principio
con Te c'era la tenerezza.
Con lei Tu hai fatto
la volta del cielo:
hai fissato in alto
Sirio e Alfa del Centauro
e il cammino delle stelle.
Con essa Tu hai
fondato i continenti:
hai dato vita agli uccelli
tra le fronde,
all'odore della terra
dopo la pioggia,
al percorso dei delfini
tra le onde dell'oceano.
Con essa Tu hai creato
l'uomo e la donna:
la bellezza dei loro corpi
e l'amore che li culla
come un fiume di fuoco.