CAFFÈ A
RAPALLO
di Eugenio
Montale
Natale nel
tepidario lustrante, truccato dai
fumi che svolgono tazze, velato tremore di lumi oltre i chiusi cristalli,
profili di femmine nel grigio, tra lampi di
gemme e screzi di sete... Son giunte a queste native tue
spiagge, le nuove Sirene!; e qui
manchi Camillo, amico, tu storico di cupidige e di brividi.
S'ode grande
frastuono nella via.
È passata di
fuori l'indicibile musica delle trombe di lama e dei piattini arguti
dei fanciulli: è passata la musica
innocente.
Un mondo gnomo ne
andava con strepere di muletti e di
carriole, tra un lagno di montoni di cartapesta e un bagliare di sciabole
fasciate di stagnole. Passarono i
Generali con le feluche di cartone e impugnavano aste di torroni; poi furono i
gregari con moccoli e lampioni, e le tinnanti scatole ch'ànno il suono più
trito, tenue rivo che incanta l'animo dubitoso: (meraviglioso
udivo).
L'orda passò col rumore d'una zampante greggia che il tuono recente
impaura. L'accolse la pastura che per noi più non
verdeggia.
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