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intervista a tino bino
14-1-04
Tutti ne sono convinti: spaccandosi, Lega e Polo alle provinciali hanno
fatto un regalo al centrosinistra. Il traguardo del ballottaggio, fino a
pochi giorni fa giudicato impervio, ora è considerato acquisito per il
centrosinistra. Anzi cominciano a circolare congetture se, fra i tre
candidati maggiori, sarà Cavalli o Bino a svettare al primo turno. Un
sondaggio Datamedia dei primi di dicembre (in presenza di un un terzo di
indecisi) assegnava a Cavalli il 61.3% di preferenze e a Bino (appena sceso
in campo) il 38,7%. Ma se alla performance di Cavalli si toglie il 18%
allora attribuito alla Lega, la forbice Cavalli-Bino tende ad annullarsi.
Il diretto interessato, Tino Bino, pare osservare questi calcoli con
olimpico distacco, fedele alla linea di condotta che s’è dato, tutta attenta
al progetto di governo provinciale e allergica alle risse quotidiane. Che
sono il «pane» delle cronache politiche.
Bino, che valutazione dà della divisione del centrodestra?
Io sono lieto che il centrosinistra si presenti compatto. A Brescia è
unito e con una varietà di sfumature in grado di intercettare il nuovo che
c’è nella società. Giovedì
31 marzo abbiamo presentato il patto sottoscritto da nove formazioni
politiche.
Ci sarà anche Rifondazione: lei come rassicura l’elettorato moderato?
La rassicurazione sta nel progetto che io sono autorizzato a fare con il
consenso di tutti. È importante e positivo avere il consenso anche di chi
prima era fuori. Il progetto indica cose che vanno fatte con la sensibilità
di tutti.
Lei sottolinea l’unità del centrosinistra per additare le divisioni
altrui?
Se guardo al campo avversario constato che ci sono più liste, cioè più
progetti. E probabilmente progetti distanti l’uno dall’altro.
Le hanno fatto un regalo?
(sorride) Se si vuol dire che con il centrodestra unito sarebbe stato
più difficile vincere, questo è certo. Ma tutto il lavoro che noi stiamo
facendo contraddice una lettura fatta di divisioni, lacerazioni. Io ho
un’idea ambiziosa. Non mi interessa la divisione degli avversari ma l’unità
su un progetto condiviso, quello di una società più equa, più solidale, in
cui c’è un primato collettivo - e non individuale - da gestire.
Si aspettava la frattura del fronte avversario?
Non me n’ero mai occupato.
Come giudica l’accusa della Lega a Cavalli di essere ostaggio di un pezzo
della maggioranza?
Intende dire delle lobby?
Mentirei a dire che ne so più della Lega. Se la Lega lo dice avrà le sue
buone ragioni.
Lei s’è sempre rifiutato di esprimere giudizi su Cavalli. Stessa regola
con Cè?
Non ho avuto il piacere di incontrarlo. Mi auguro che in campagna elettorale
ci siano confronti sereni sulla diversità dei progetti. Se alcuni saranno
comuni, penso che i bresciani saranno contenti. Non credo ci si debba
scandalizzare. La politica deve essere una cosa oggettiva: se tutti diciamo
che siamo d’accordo sull’autostrada della Valtrompia, si tratta di trovare
assieme la soluzione migliore, e non di scambiarci accuse su chi ha la colpa
del fatto che non ci sia ancora. Questo è un caso in cui o si vince tutti o
si perde tutti. Credo che le istituzioni siano la parte imparziale della
politica.
Cavalli ha detto che bisogna scongiurare il pericolo di un ritorno al
passato, alla maggioranza sconfitta nel ’99. Si sente il vecchio che torna?
Cito un bravo scrittore: non si è mai vecchi se si ha qualcosa da dire e
qualcuno che ti sta ad ascoltare. Io dico che la società è cambiata ed è
cambiato il modo di intercettarne gli umori, i sentimenti.
È una rilettura della sconfitta del ’99?
Oggi non abbiamo ragioni diverse da cinque anni fa. Abbiamo però imparato a
essere più dentro la società. Probabilmente è finito un periodo in cui i
partiti avevano una dose di autoreferenzialità. I partiti stanno tornando,
ma con più voglia di contatto con la società. E questo ci aiuta.
Cavalli dice che nel ’99 trovò i cassetti del Broletto vuoti di progetti.
Io so che l’autostrada di Valtrompia era già progettata, la "corda molle"
era già progettata, la tangenziale sud era progettata e finanziata, la
strada di Vallecamonica era già progettata e finanziata, l’aeroporto era già
aperto. Sarebbe interessante vedere cosa ha messo in moto lui. Però mi lasci
dire che il nostro progetto non sono le infrastrutture: quelle vanno fatte,
ed è meglio se tutti remiamo per farle. Il nostro è un progetto diverso di
crescita del modello bresciano.
Vale a dire?
Il nostro progetto vuole offrire più opportunità, più coesione sociale, più
qualità di lavoro, più capacità di ricerca. Noi siamo convinti che la
tradizione bresciana va continuata, puntando però più sulla qualità che
sulla quantità.
La Provincia ha poteri su questo terreno?
Come no. La ricerca, la formazione professionale, la concertazione sono temi
della Provincia. Le istituzioni devono saper fare sintesi. Per questo noi
abbiamo in mente almeno tre strumenti: un ufficio di ricerche sociali; un
ufficio della conferenza economica e sociale che, entro un anno, dovrà
indicare le prospettive per la nostra provincia; un ufficio del marketing
territoriale. Se l’autostrada è ferma a Bruxelles noi andremo a Bruxelles.
Noi bresciani siamo sufficientemente autorevoli per farci ascoltare anche
là. Io dedicherò un assessorato esclusivamente alle grandi infrastrutture,
che non dovrà occuparsi dei lavori pubblici ma dello stato dei grandi
progetti. Con la città progetteremo una grande area metropolitana.
La Lega accusa il centrosinistra di essere Corsini-dipendente, e la
vostra visione provinciale di essere subordinata alla città.
Il centrosinistra sa che per avere una grande provincia bisogna avere una
grande area metropolitana, puntando sui grandi primati: l’Asm, l’Ospedale
Civile, l’Università. E bisognerà pur dire che il modello policentrico non
ha funzionato. L’unico polo oltre a Brescia che ha dimostrato autentica
capacità attrattiva è stato Desenzano. Per il resto c’è stato un semplice
decentramento di servizi. Per noi deve esserci una grande area metropolitana
e poi vanno assicurati servizi uguali in tutti i luoghi. Pensiamo anche a
una Camera delle autonomie locali perchè noi siamo autonomisti, contro tutti
i neocentralismi, anche regionali.
La Lega vi attacca: il centrosinistra dice di essere conto le centrali ma
governa l’Asm che vuole farne una nella Bassa...
Noi non siamo l’Asm. Io penso che, nel nuovo quadro delle multiutility, le
aziende tenderanno sempre più a fare le aziende. Ma proprio per questo la
Provincia deve garantire correttezza nei servizi. Programmazione,
concertazione, solidarietà sono parole che sembravano abolite: noi le
riporteremo in vita. Questo significa non progettare da soli, e dunque
intercettare i tanti comitati locali che si sono formati.
Cavalli dice che con la giunta Lepidi arrivavano rifiuti da fuori
provincia e con lui questo andazzo è finito.
Non ho strumenti per attaccare nè per difendere su questo terreno. So che il
nostro progetto ragiona su un modello, che è l’ambito territoriale. Se poi
mi chiedessero di manifestare una solidarietà alla Campania io manderei da
loro gli uomini dell’Asm a costruire termoutilizzatori. Esportare know how è
un modo per far maturare i primati bresciani.
La Lega dice che volete difendere il commercio ma dite sì alla combinata
centro commerciale - stadio a Castenedolo.
Il nostro progetto dice che sull’area di Montichiari la priorità
assoluta, nella compatibilità ambientale, è l’aeroporto. Poi bisogna
esaminare quel che ci può stare in una città orizzontale Brescia-Montichiari,
compreso lo stadio.
Ma sulla divisione degli avversari, davvero nessuna considerazione?
Io penso che bisogna rintracciare cos’è la politica, e decidere che le
divisioni fra i partiti servono a unire una concezione della politica, che è
realizzare al meglio il vivere bene assieme, cioè un traguardo a cui tutti
tendiamo con progetti diversi. Allora sarebbe più facile per tutti capire le
divisioni.
Ovvero?
È corretto che chi fa politica non gioisca mai delle debolezze altrui.
Noi riusciamo a fare un progetto alto se anche gli altri progetti sono alti.
Non puoi giocare a tennis se l’avversario non sa tenere in mano la
racchetta. L’obiettivo di tutti non può che essere costruire un modello di
società più giusta ed equa. Se non troviamo tutti assieme le coordinate, la
gente non capisce più su cosa ci si divide e su cosa no.
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