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Tino Bino

  Ultimo aggiornamento: 18-04-04

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Tino Bino

 

intervista a tino bino

14-1-04

Tutti ne sono convinti: spaccandosi, Lega e Polo alle provinciali hanno fatto un regalo al centrosinistra. Il traguardo del ballottaggio, fino a pochi giorni fa giudicato impervio, ora è considerato acquisito per il centrosinistra. Anzi cominciano a circolare congetture se, fra i tre candidati maggiori, sarà Cavalli o Bino a svettare al primo turno. Un sondaggio Datamedia dei primi di dicembre (in presenza di un un terzo di indecisi) assegnava a Cavalli il 61.3% di preferenze e a Bino (appena sceso in campo) il 38,7%. Ma se alla performance di Cavalli si toglie il 18% allora attribuito alla Lega, la forbice Cavalli-Bino tende ad annullarsi.
Il diretto interessato, Tino Bino, pare osservare questi calcoli con olimpico distacco, fedele alla linea di condotta che s’è dato, tutta attenta al progetto di governo provinciale e allergica alle risse quotidiane. Che sono il «pane» delle cronache politiche.
Bino, che valutazione dà della divisione del centrodestra?
Io sono lieto che il centrosinistra si presenti compatto. A Brescia è unito e con una varietà di sfumature in grado di intercettare il nuovo che c’è nella società. Giovedì
31 marzo abbiamo presentato il patto sottoscritto da nove formazioni politiche.
Ci sarà anche Rifondazione: lei come rassicura l’elettorato moderato?
La rassicurazione sta nel progetto che io sono autorizzato a fare con il consenso di tutti. È importante e positivo avere il consenso anche di chi prima era fuori. Il progetto indica cose che vanno fatte con la sensibilità di tutti.
Lei sottolinea l’unità del centrosinistra per additare le divisioni altrui?
Se guardo al campo avversario constato che ci sono più liste, cioè più progetti. E probabilmente progetti distanti l’uno dall’altro.
Le hanno fatto un regalo?
(sorride) Se si vuol dire che con il centrodestra unito sarebbe stato più difficile vincere, questo è certo. Ma tutto il lavoro che noi stiamo facendo contraddice una lettura fatta di divisioni, lacerazioni. Io ho un’idea ambiziosa. Non mi interessa la divisione degli avversari ma l’unità su un progetto condiviso, quello di una società più equa, più solidale, in cui c’è un primato collettivo - e non individuale - da gestire.
Si aspettava la frattura del fronte avversario?
Non me n’ero mai occupato.
Come giudica l’accusa della Lega a Cavalli di essere ostaggio di un pezzo della maggioranza?
Intende dire delle lobby?
Mentirei a dire che ne so più della Lega. Se la Lega lo dice avrà le sue buone ragioni.
Lei s’è sempre rifiutato di esprimere giudizi su Cavalli. Stessa regola con Cè?
Non ho avuto il piacere di incontrarlo. Mi auguro che in campagna elettorale ci siano confronti sereni sulla diversità dei progetti. Se alcuni saranno comuni, penso che i bresciani saranno contenti. Non credo ci si debba scandalizzare. La politica deve essere una cosa oggettiva: se tutti diciamo che siamo d’accordo sull’autostrada della Valtrompia, si tratta di trovare assieme la soluzione migliore, e non di scambiarci accuse su chi ha la colpa del fatto che non ci sia ancora. Questo è un caso in cui o si vince tutti o si perde tutti. Credo che le istituzioni siano la parte imparziale della politica.
Cavalli ha detto che bisogna scongiurare il pericolo di un ritorno al passato, alla maggioranza sconfitta nel ’99. Si sente il vecchio che torna?
Cito un bravo scrittore: non si è mai vecchi se si ha qualcosa da dire e qualcuno che ti sta ad ascoltare. Io dico che la società è cambiata ed è cambiato il modo di intercettarne gli umori, i sentimenti.
È una rilettura della sconfitta del ’99?
Oggi non abbiamo ragioni diverse da cinque anni fa. Abbiamo però imparato a essere più dentro la società. Probabilmente è finito un periodo in cui i partiti avevano una dose di autoreferenzialità. I partiti stanno tornando, ma con più voglia di contatto con la società. E questo ci aiuta.
Cavalli dice che nel ’99 trovò i cassetti del Broletto vuoti di progetti.
Io so che l’autostrada di Valtrompia era già progettata, la "corda molle" era già progettata, la tangenziale sud era progettata e finanziata, la strada di Vallecamonica era già progettata e finanziata, l’aeroporto era già aperto. Sarebbe interessante vedere cosa ha messo in moto lui. Però mi lasci dire che il nostro progetto non sono le infrastrutture: quelle vanno fatte, ed è meglio se tutti remiamo per farle. Il nostro è un progetto diverso di crescita del modello bresciano.
Vale a dire?
Il nostro progetto vuole offrire più opportunità, più coesione sociale, più qualità di lavoro, più capacità di ricerca. Noi siamo convinti che la tradizione bresciana va continuata, puntando però più sulla qualità che sulla quantità.
La Provincia ha poteri su questo terreno?
Come no. La ricerca, la formazione professionale, la concertazione sono temi della Provincia. Le istituzioni devono saper fare sintesi. Per questo noi abbiamo in mente almeno tre strumenti: un ufficio di ricerche sociali; un ufficio della conferenza economica e sociale che, entro un anno, dovrà indicare le prospettive per la nostra provincia; un ufficio del marketing territoriale. Se l’autostrada è ferma a Bruxelles noi andremo a Bruxelles. Noi bresciani siamo sufficientemente autorevoli per farci ascoltare anche là. Io dedicherò un assessorato esclusivamente alle grandi infrastrutture, che non dovrà occuparsi dei lavori pubblici ma dello stato dei grandi progetti. Con la città progetteremo una grande area metropolitana.
La Lega accusa il centrosinistra di essere Corsini-dipendente, e la vostra visione provinciale di essere subordinata alla città.
Il centrosinistra sa che per avere una grande provincia bisogna avere una grande area metropolitana, puntando sui grandi primati: l’Asm, l’Ospedale Civile, l’Università. E bisognerà pur dire che il modello policentrico non ha funzionato. L’unico polo oltre a Brescia che ha dimostrato autentica capacità attrattiva è stato Desenzano. Per il resto c’è stato un semplice decentramento di servizi. Per noi deve esserci una grande area metropolitana e poi vanno assicurati servizi uguali in tutti i luoghi. Pensiamo anche a una Camera delle autonomie locali perchè noi siamo autonomisti, contro tutti i neocentralismi, anche regionali.
La Lega vi attacca: il centrosinistra dice di essere conto le centrali ma governa l’Asm che vuole farne una nella Bassa...
Noi non siamo l’Asm. Io penso che, nel nuovo quadro delle multiutility, le aziende tenderanno sempre più a fare le aziende. Ma proprio per questo la Provincia deve garantire correttezza nei servizi. Programmazione, concertazione, solidarietà sono parole che sembravano abolite: noi le riporteremo in vita. Questo significa non progettare da soli, e dunque intercettare i tanti comitati locali che si sono formati.
Cavalli dice che con la giunta Lepidi arrivavano rifiuti da fuori provincia e con lui questo andazzo è finito.
Non ho strumenti per attaccare nè per difendere su questo terreno. So che il nostro progetto ragiona su un modello, che è l’ambito territoriale. Se poi mi chiedessero di manifestare una solidarietà alla Campania io manderei da loro gli uomini dell’Asm a costruire termoutilizzatori. Esportare know how è un modo per far maturare i primati bresciani.
La Lega dice che volete difendere il commercio ma dite sì alla combinata centro commerciale - stadio a Castenedolo.
Il nostro progetto dice che sull’area di Montichiari la priorità assoluta, nella compatibilità ambientale, è l’aeroporto. Poi bisogna esaminare quel che ci può stare in una città orizzontale Brescia-Montichiari, compreso lo stadio.
Ma sulla divisione degli avversari, davvero nessuna considerazione?
Io penso che bisogna rintracciare cos’è la politica, e decidere che le divisioni fra i partiti servono a unire una concezione della politica, che è realizzare al meglio il vivere bene assieme, cioè un traguardo a cui tutti tendiamo con progetti diversi. Allora sarebbe più facile per tutti capire le divisioni.
Ovvero?
È corretto che chi fa politica non gioisca mai delle debolezze altrui. Noi riusciamo a fare un progetto alto se anche gli altri progetti sono alti. Non puoi giocare a tennis se l’avversario non sa tenere in mano la racchetta. L’obiettivo di tutti non può che essere costruire un modello di società più giusta ed equa. Se non troviamo tutti assieme le coordinate, la gente non capisce più su cosa ci si divide e su cosa no.