La ritirata italiana in Russia
All'invasione tedesca dell’Unione Sovietica presero parte, oltre a truppe
romene ungheresi, slovacche, fìnlandesi e di volontari spagnoli, anche
unità italiane. Si trattò dapprima di un corpo d’armata di circa 62.000 uomini,
denominato "Corpo di Spedizione Italiano in Russia" (CSIR), al comando
del generale Messe, che venne poi integrato con altre unità sino a
raggiungere nel momento di massimo impegno l’entità di un’armata di 230.000
uomini (VIII armata o ARMIR, Armata Italiana Russia), al comando del generale Gariboldi.
Dotati di scarsissimi mezzi (per i trasporti solamente 55 carri leggeri e
380 pezzi anticarro, in grado di scalfire appena le pesanti corazze dei carri
armati), del tutto impreparati, malamente equipaggiati, questi soldati, impegnati sul Don,
subirono lo sfondamento del fronte tra il dicembre ‘42 e il
gennaio ‘43: nella ritirata che ne seguì, nel corso della quale i “camerati tedeschi”
si rifiutarono di fornire loro i mezzi di trasporto necessari per porsi
in salvo, furono decimati, oltre che dai
combattimenti, dal
freddo intensissimo
dell’inverno russo.
Circa 85.000 combattenti italiani in
Russia non fecero
più ritorno; 27.000
i congelati.
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