Il ponte di "Remagen"
Nella tarda mattinata del 7 marzo
1945 un distaccamento della 9à divisione corazzata americana
(una unità del III corpo della 1à
armata del gen. Hodges), al comando
del tenente Karl Timmermann, sbuca dai boschi dell’Eifel
che sovrastano il Reno di fronte
alla piccola città di Remagen. Al
primo colpo d’occhio verso il corso d’acqua Timmermann e i suoi
uomini restano allibiti e increduli: c’è un ponte, un ponte ancora
intatto che attraversa il fiume,
sostenendo una ferrovia a doppio
binario. Lo spettacolo è inconsueto, anzi senz’altro unico, nei
paesaggi che può offrire la Germania del 1945: fin dai primi
giorni dell’anno, infatti, i comandanti
posti a presidio dei passaggi sul Reno
hanno ricevuto l’ordine di Hitler di far saltare tutti
i ponti non appena le forze tedesche abbiano raggiunto la riva
orientale del corso d’acqua: nessun ponte, comunque, dovrebbe
essere catturato intatto dagli Alleati, pena la condanna a morte
dei responsabili.
La ferrovia sul ponte di Remagen
(che è dedicato a Ludendorff)
scompare sulla riva orientale in
un tunnel nel quale si stanno ammassando civili e militari tedeschi.
Perché il ponte sia ancora intatto è un mistero: probabilmente il
ritardo nelle operazioni di sgombero della riva sinistra del Reno
non ha consentito di provvedere
in tempo alla sua demolizione, o
forse gli americani sono giunti
in vista della riva prima del previsto; fatto sta che Timmermann
riceve l’ordine dal comandante la
9à divisione corazzata di attaccare il ponte e di prenderlo intatto.
Con i suoi uomini il giovane ufficiale americano si lancia verso il
Reno, attraversa la scarpata della ferrovia e raggiunge il corso
d’acqua. Pochi minuti dopo, un
grande boato scuote l’aria: i guastatori tedeschi hanno azionato il
dispositivo per far saltare i quattro
piloni che sorreggono la struttura metallica del manufatto. Ma
quando la nuvola di fumo si dirada il ponte è ancora li,
miracolosamente intatto: tempo pochi minuti e
Timmermann e i suoi soldati raggiungono la riva destra,
mentre gli ultimi civili e militari tedeschi
scompaiono nel tunnel e alcuni guastatori americani
provvedono a strappare i fili di un
secondo detonatore disinnescando
una carica inesplosa di 250 kg di
dinamite.
La notizia dell’attraversamento
del ponte di Remagen raggiunge
in breve i supremi comandi alleati, suscitando viva sorpresa ed
emozione: ne viene informato lo
stesso Eisenhower che, contravvenendo ai rigidi piani di attacco,
ordina al gen. Bradley, comandante il XII Gruppo di armate (di
cui fa parte la 1à armata USA)
di “mandare avanti” tutte le truppe disponibili.
Con una straordinaria dimostrazione di flessibilità, gli americani
sono in grado di sfruttare appieno l’insperata opportunità che si
è loro offerta ed entro sera riescono a stabilire una solida testa
di ponte oltre il Reno.
L’incredibile notizia raggiunge anche il Bunker della Cancelleria di
Hitler, la cui collera si scatena
immediatamente: la testa più illustre che
cade è quella del feldmaresciallo von
Rundstedt che viene sollevato dalla carica di
comandante supremo delle forze
tedesche sul fronte occidentale
("E' un uomo finito”, dichiara il
Fuhrer, “non ne voglio più sapere”) e sostituito con Kesselring,
richiamato dal fronte italiano.
Utilissima, ed efficace soprattutto
dal punto di vista psicologico, la
conquista del ponte di Remagen
non costituisce tuttavia un episodio decisivo
nell’ambito dell’offensiva alleata.
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