Malta e i convogli

L'interdipendenza tra la situazione di Malta e le operazioni nel Deserto non apparve mai cosi' chiara come nel 1942; la difesa dell’isola in quell’anno costitui' la chiave di volta della lunga lotta per la difesa delle posizioni della GranBretagna in Egitto e nel Medio Oriente. Negli accaniti combattimenti terrestri nel Deserto occidentale la vittoria fu quasi sempre strappata di strettissima misura e dipese spesso dal ritmo col quale i rifornimenti potevano affluire per mare ai due avversari. Per gli inglesi, ciò significava un viaggio di due o tre mesi per la rotta del Capo, soggetto a tutti i pericoli degli attacchi subacquei, e l’impiego di enormi quantità di naviglio di prim’ordine. Per le forze dell'Asse, c’era invece solo da compiere, in due o tre giorni, la traversata del Mediterraneo, che richiedeva l’impiego d’un numero limitato di navi di tonnellaggio minore. Attraverso la rotta di Tripoli stava però l’isola-fortezza di Malta. L’isola era già stata convertita in una base offensiva e difensiva formidabil,e e negli ultimi giorni del 1941 i tedeschi erano stati costretti a compiere uno sforzo supremo, in parte coronato da successo, per rallentarne la micidiale attività.
Nel 1942 gli attacchi aerei contro Malta crebbero d’intensità e la situazione dell’isola divenne presto disperata. In gennaio, mentre la controffensiva di Rommel proseguiva brillantemente il suo corso, Kesselring concentrò i suoi attacchi contro gli aeroporti di Malta. Sotto la pressione tedesca, la marina italiana impiegò le corazzate per scortare i convogli diretti a Tripoli. La flotta britannica del Mediterraneo, ridotta nella triste situazione che e' già descritta, poteva opporsi a tali movimenti solo in maniera assai limitata. I loro sommergibili e le forze aeree operanti da Malta continuarono tuttavia a far pagare un salato pedaggio. Nel febbraio l’ammiraglio Raeder, la cui reputazione in quel momento era assai grande, cercò di convincere Hitler dell’importanza di una vittoria decisiva nel Mediterraneo. Il 13 febbraio, giorno successivo alla brillante fuga attraverso la Manica degli incrociatori da battaglia tedeschi, egli aveva trovato il Fùhrer in condizioni di spirito particolarmente favorevoli sicché le sue raccomandazioni ebbero alla fine qualche successo.
L'intervento dei tedeschi in Africa settentrionale e nel Mediterraneo, che era stato all’inizio una misura puramente difensiva per sottrarre alla disfatta il più debole alleato, era ora visto in una luce nuova, ossia come una mossa offensiva per distruggere la potenza britannica nel Medio Oriente. Raeder insistette sugli avvenimenti asiatici e sull’ingresso della potenza nipponica nell’Oceano Indiano. Nel corso del suo rapporto dichiarò tra l’altro: «Suez e Bàssora sono i pilastri occidentali delle posizioni britanniche in Oriente. Se dovessero crollare sotto il peso d’un attacco concertato dell’Asse, le conseguenze per l’Impero britannico sarebbero disastrose. . . ». Hitler ne fu impressionato e, dopo aver prestato sino allora poca attenzione allo sterile tentativo di aiutare l’Italia, acconsenti' a questo punto a sviluppare il suo vasto piano di conquista di tutto il Medio Oriente. L’ammiraglio Raeder insistette sul fatto che Malta era la chiave di tutto il settore e sollecitò l’allestimento immediato di mezzi di trasporto per prenderla d’assalto. Hitler e i suoi consiglieri militari non approvarono il piano d’un attacco con forze trasportate per mare. Il Fùhrer aveva solo da poco impartito l’ordine di annullare definitivamente i piani a lunga scadenza per l’invasione dell’Inghilterra, che si trascinavano dal 1940. Il massacro delle sue predilette truppe aviotrasportate a Creta, nell’anno precedente, contribuiva a trattenerlo. In tale occasione però fu d’accordo con Raeder nel dichiarare che Malta doveva essere occupata e che forze tedesche dovevano partecipare all’attacco. Ma approvò con riserve mentali, continuando a sperare che gli attacchi della Luftwaffe avrebbero provocato la capitolazione dell’isola o ne avrebbero almeno paralizzato ogni capacità difensiva e offensiva. Quanto agli inglesi, cercarono di far affluire rifornimenti a Malta da oriente.
Quattro navi riuscirono a passare in gennaio; il convoglio di tre navi del febbraio fu invece completamente distrutto dagli attacchi aerei. In marzo, l’incrociatore Naiad, che batteva la bandiera dell’ammiraglio Vian, fu colato a picco da un sommergibile. Entro maggio l’isola avrebbe corso il rischio d’esser ridotta alla fame.
L’Ammiragliato fu pronto a correre tutti i rischi necessari per far affluire rifornimenti. Il 20 marzo, quattro navi mercantili salparono da Alessandria con una forte scorta, costituita da quattro incrociatori leggeri e da una flottiglia di unità minori. L’ammiraglio Vian, che era stavolta a bordo del Cleopatra, ne era ancora il comandante. Prima dell’alba del giorno 22 gli attacchi aerei ebbero inizio, mentre navi da guerra italiane pesanti stavano avvicinandosi. L’Euryalus avvistò poco dopo quattro navi verso nord e subito l’ammiraglio britannico accostò per attaccare, mentre il convoglio si allontanava verso sud-ovest al riparo di una cortina fumogena. Gli incrociatori dell'Asse si ritirarono, ma solo per ritornare due ore più tardi con l’appoggio della corazzata Littorio e di due navi che furono ritenute due incrociatori. Durante le due ore successive le navi britanniche della squadra dell’ammiraglio Vian s’impegnarono in un’audace e brillante azione, nonostante la straordinaria sproporzione di forze, per proteggere il convoglio, che era intanto oggetto di violenti attacchi da parte di bombardieri tedeschi.
Grazie all’efficace cortina di fumo e all’ostinata difesa opposta dalla scorta, che navigava a breve distanza, e dalle stesse navi mercantili, nessuna di queste fu danneggiata. Alla sera il nemico si allontanò. Quattro incrociatori leggeri e undici cacciatorpediniere avevano tenuto in scacco, in una giornata burrascosa, una delle più potenti corazzate che solcassero i mari, scortata da due incrociatori pesanti, da un incrociatore leggero e da dieci cacciatorpediniere. Sebbene il Cleopatra e tre cacciatorpediniere fossero stati colpiti, tutte le navi continuarono a combattere vigorosamente sino alla fine. Il convoglio dovette dirigersi su Malta senza scorta. L’ammiraglio Vian non poteva infatti far rifornimento nell’isola e non poteva perciò proteggere il convoglio più a lungo; ben poco del suo carico prezioso doveva giungere ai difensori di Malta. I violenti attacchi aerei vennero ripresi allorché le navi si accostarono all’isola: il Clan Campbell e successivamente il Breconshire furono affondati mentre si trovavano a 8 miglia appena dalla meta. Le altre due navi raggiunsero il porto solo per esservi affondate mentre erano in corso le operazioni di scarico; delle 6.000 tonnellate di rifornimenti trasportate dalle quattro navi, solo 5.000 furono sbarcate. Malta aveva scorte per non più di tre mesi. Questo episodio fece decidere agli inglesi di non inviare altri convogli sino a quando non avessero potuto rafforzare l’isola con un buon numero di caccia. Durante il mese di marzo, l’Eagle ne aveva lanciati 34, ma non bastava certo. L’azione dell’ammiraglio Vian aveva convinto i tedeschi che la marina italiana non intendeva combattere e che essi dovevano fare assegnamento sulle proprie risorse. Gli attacchi aerei di Kesselring contro Malta del mese di aprile inflissero gravi danni al bacino portuale e alle navi alla fonda. Le unità della flotta non potevano più servirsi dell’isola come base; prima della fine del mese tutto ciò che poteva tenere il mare fu ritirato. La RAF continuò a combattere per la propria esistenza e per quella di tutta l’isola. In quelle settimane critiche gli inglesi poterono disporre solo d’un manipolo di caccia efficienti; i loro uomini furono impiegati sino al limite estremo di resistenza per impedire l’annientamento e per alimentare il flusso costante di apparecchi che si servivano di Malta come base intermedia verso l’Egitto.
Mentre gli equipaggi degli aerei combattevano e il personale a terra s’affannava a provvedere alle operazioni di rifornimento e di revisione in vista dei successivi scontri, i soldati riparavano gli aeroporti bombardati. Malta riusci' a spuntarla solo di strettissima misura, mentre nelle Isole britanniche gli inglesi vivevano settimane piene di ansie. Durante i mesi di aprile e di maggio 126 aerei furono fatti arrivare dalla Wasp e dalla Eagle alla guarnigione di Malta, con risultati assai notevoli. I bombardamenti, che avevano raggiunto il loro culmine in aprile, cominciarono allora a diminuire d’intensità, in buona parte in seguito alle grandi battaglie aeree del 9 e del 10 maggio, quando 60 Spitfire appena giunti intervennero nei combattimenti con effetti micidiali. Le incursioni diurne cessarono bruscamente; in giugno, la situazione si prestava per un altro tentativo in grande stile d’approvvigionamento dell’isola: stavolta ci si proponeva di far passare due convogli simultaneamente, uno da oriente e un altro da occidente.
Sei navi entrarono nel Mediterraneo da ovest la notte dell’ 11 giugno, scortate dall’incrociatore Cairo fornito di batterie contraeree, e da nove cacciatorpediniere. Per appoggiare queste navi l’ammiraglio Curteis disponeva della corazzata Malaya, delle portaerei Eagle e Argus, di due incrociatori e di Otto cacciatorpediniere. Il giorno 14 cominciarono, al largo della Sardegna, i violenti attacchi aerei: una nave mercantile fu affondata e l’incrociatore Liverpool danneggiato e messo fuori combattimento. La sera stessa le unità pesanti di copertura si ritiravano poiché il con- voglio si avvicinava al canale di Sicilia; la mat- tina successiva, quando si trovava a sud di Pantelleria, esso venne però attaccato da due incrociatori italiani, appoggiati da cacciatorpediniere e da numerosi aerei. Le navi britanniche furono soverchiate e nello scontro che ne segui' il cacciatorpediniere Bedouin fu colato a picco e un altro gravemente danneggiato prima che si potesse costringere il nemico a ripiegare, esso pure con perdite. Gli attacchi aerei continuarono per tutto il giorno e tre altre navi mercantili andarono perdute; le due navi superstiti del convoglio decimato giunsero a Malta quella notte. Il convoglio orientale di undici navi fu anche meno fortunato. L’ammiraglio Vian, che ne era ancora una volta il comandante, disponeva in quest’occasione di 1 squadra di copertura d’incrociatori e di cacciatorpediniere assai più potente di quella che aveva costretto il nemico a ripiegare in marzo, ma era privo dell’appoggio di corazzate o portaerei, mentre era da prevedere che il grosso della flotta italiana sarebbe stato impiegato per intercettare il convoglio. Questo, dopo esser salpato il giorno 11, fu oggetto di violenti e continui attacchi aerei il giorno 14, allorché si trovava a sud di Creta. La sera di quel giorno, Vian apprese che la flotta nemica, comprendente due corazzate della classe Littorio aveva lasciato Taranto, presumibilmente per sbarrargli la strada.Gli inglesi sperarono che i loro sommergibili e i loro aerei operanti dalla Cirenaica e da Malta riuscissero ad attaccare con successo il nemico durante la fase di avvicinamento.
Un incrociatore italiano fu infatti colpito e più tardi affondato; ma ciò non era abbastanza. Il nemico continuò ad avanzare verso sud-est e lo scontro con una squadra nemica di forze soverchianti parve inevitabile per il mattino del giorno 15. Il convoglio e la sua scorta dovettero far ritorno in Egitto, dopo aver perduto l’incrociatore Hermione a opera d’un sommergibile, oltre a tre cacciatorpediniere e a due navi mercantili in seguito ad attacchi aerei; anche le perdite della RAF furono notevoli. Da parte italiana, un incrociatore pesante andò perduto e una corazzata fu danneggiata, ma l’accesso a Malta da oriente continuava a essere sbarrato. Nessun convoglio tentò nuovamente di passare da questo lato sino a novembre. Cosi', nonostante tutti i gli sforzi degli inglesi, solo due navi cariche di rifornimenti, su diciassette, riuscirono ad arrivare a destinazione; la crisi nell’isola perciò continuava.

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