Lo sbarco alleato in Sicilia il 10
luglio e la rapidità con la quale
gli anglo-americani avanzano sull’isola hanno seminato stupore e
costernazione nel paese, creando
disappunto e preoccupazione nel
governo e aumentando il malumore nel partito fascista e nelle
alte gerarchie militari. La notizia
ha raggiunto Mussolini nella sua
residenza a Villa Torlonia; i militari lo hanno informato che le
difese “tengono”, ma nel pomeriggio, quando il Duce è rientrato
a Palazzo Venezia, gli è stata recata la notizila
che la base di Augusta è già stata conquistata dalle
truppe inglesi. Non c’è proprio
di che stare tranquilli anche perché nei giorni 11-14 la situazione
sull ‘isola è peggiorata notevolmente per le forze dell’Asse. Il
giorno 16 un gruppo di gerarchi
fascisti ha chiesto udienza a Mussolini:
oltre al segretario del partito fascista, facevano parte della
delegazione Acerbo, Bottai, De
Bono, De Cieco, De Vecchi, Farinacci, Giuriati e Teruzzi.
Come spiegherà Scorza, la richiesta di udienza è stata determinata
dal fatto che, mentre da un lato
tutti i gerarchi sono stati mobilitati per risollevare con discorsi
propagandistici il morale del popolo, dall’altro li si lascia senza
direttive, e tenendoli all’oscuro di
quanto sta accadendo in Sicilia.
Alla fine, alla precisa richiesta di
Mussolini (“Insomma, che cosa
volete?”) ha risposto Scorza avanzando timidamente la proposta di
riunire il “Gran Consiglio del Fascismo”,
supremo organo del regime. In appoggio a Scorza sono
intervenuti alcuni gerarchi (Bottai, Farinacci, Giuriati) i quali
con varie argomentazioni hanno
cercato di convincere il Duce che
è quella la sede più opportuna
per dibattere un problema cosi'
importante per le sorti della nazione (Bottai ha fatto notare tra
l’altro che l’ultima seduta del
Gran Consiglio la si è tenuta il 7
dicembre 1939). Mussolini però
ha eluso la richiesta con un rinvio sostenendo
che in quei giorni doveva preparare il suo incontro con Hitler
(previsto a Feltre per il 19) e che avrebbe esaminato la cosa al suo rientro a
Roma. L’udienza era finita.
Della convocazione del Gran
Consiglio si è riparlato dopo il
convegno di Feltre, e dopo il primo
bombardamento aereo di Roma dello stesso 19 luglio.
La mattina del 21luglio il segretario del partito,
Scorza, ha annunciato a Grandi che il Duce gli
ha ordinato di riunire il supremo
organo del regime: la convocazione è prevista per le 17 del 24
luglio. Nel pomeriggio dello stesso
giorno Grandi ha terminato la
prima stesura provvisoria di un
ordine del giorno che intende presentare al
Gran Consiglio nell’intento di ottenere un definitivo
chiarimento con il Duce. Una
copia Grandi l’ha inviata subito
a Scorza, più tardi ha sottoposto
lo scritto all’attenzione di Pederzoni e
Bottai e li ha trovati solidali con lui.
Il 22 luglio il documento stilato
da Grandi è finito sul tavolo di
Mussolini: ve lo aveva portato
proprio Scorza, tormentato dal
problema della lealtà verso il Duce.A sentire Scorza, la reazione
di Mussolini è stata violenta. “Il
Duce” scrive Scorza “montò su
tutte le furie.., e aggiunse che era
arrivato finalmente il momento di
mettere le carte in tavola...”
E' stato comunque deciso che sarà presentato e sottoposto al
Gran Consiglio un ordine del
giorno di tenore opposto a quello Grandi.
Il 24 luglio, nelle prime ore del
pomeriggio, Dino Grandi ha dettato il testo definitivo del suo
ordine del giorno: il passo più
importante è quello in cui si dichiara che
“è necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni
statali, attribuendo alla Corona,
al Gran Consiglio, al Governo, al
Parlamento, alle Corporazioni i
compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e
costituzionali”. Il Gran Consiglio
del fascismo deve inoltre invitare
il governo ad insistere presso il
re “affinché Egli voglia.., assumere con l’effettivo comando
delle forze armate di terra, di mare
e dell’aria.., quella suprema iniziativa di decisione che le nostre
istituzioni a lui attribuiscono...
Si tratta di una vera e propria
ribellione contro Mussolini.
Una copia del suo documento,
Grandi l’ha fatta avere al re assieme ad un biglietto in cui tra
l’altro chiedeva a Vittorio Emanuele,
“in quest’ora grave e decisiva per le sorti della nazione e
della monarchia”, di non abbandonare la Patria.
Alle 17 in punto del 24 luglio ha
inizio la riunione. Vi partecipano
oltre ai due quadrumviri De Bono
e De Vecchi, al segretario del
partito Scorza e al presidente del
Senato Suardo, Grandi, Acerbo,
Ciano, Galbiati, Pareschi, Polverelli, Farinacci, Albrini, Frattari,
Gottardi, Rossoni, De Marsico,
Biggini, Federzoni, Bastianini,
Bottai, Cianetti, Tringali-Casanova, Alfieri, De Stefani, Balella,
Buffarini-Guidi, Bignardi e Marinelli.
Mussolini fa un lungo preambolo di autodifesa in cui ricorda come si
è arrivati alla convocazione del
Gran Consiglio, riassume la situazione militare sui vari fronti
dichiara che non è stato lui a
voler assumere il comando supremo delle forze armate, ma che la
carica gli è stata affidata il 16
giugno 1940 dal re; racconta poi
a grandi linee gli avvenimenti più
importanti del conflitto, dallo
sbarco anglo-americano in Africa
settentrionale all’abbandono della
Tunisia da parte delle forze dell’Asse, dalla caduta di Pantelleria
allo sbarco alleato in Sicilia.
Comincia la discussione: l’intervento più atteso ovviamente è
quello di Grandi che illustra il
suo ordine del giorno parlando
fuori dei denti, senza mezzi termini, come ha appunto chiesto
Mussolini esordendo nella sua
esposizione. Dalle sue parole salta fuori una sconcertante verità:
il fascismo si ribella al suo capo.
Dal canto suo l’ex ministro degli
Esteri Ciano (genero del Duce)
accusa la Germania di non avere
per prima rispettato i patti e che
comunque la situazione è cosi grave che anche i sacrifici più pesanti
non potrebbero riaccendere alcuna speranza di vittoria.
Verso mezzanotte Scorza propone
un rinvio della seduta all’indomani.
Ma Grandi si oppone vivacemente e il Duce si adegua, ma
sospende la seduta per mezz’ora.
Mentre Mussolini si intrattiene con
il segretario del partito Scorza e
con altri fedelissimi, Grandi raccoglie
le firme di coloro che intendono sostenere il suo ordine
del giorno. Il primo a firmare è
De Bono, poi firmano De Vecchi e Ciano, quindi Acerbo, De
Stefani, Cianetti, De Marsico, Pareschi,
Gottardi, Balella, Bignardi, Guardo, Rossoni, Albini, Marinelli.
Alla ripresa della seduta, Grandi
mette l’ordine del giorno firmato
sulla scrivania di Mussolini. Si
susseguono altri interventi che
delineano le singole posizioni dei
membri del Gran Consiglio:
quando è punto sul vivo, Mussolini
replica riuscendo per brevi attimi a far pendere dalla sua
l’ago della bilancia (come quando
esclama che se con quel documento
si vuole liquidare il regime è meglio dirlo chiaramente).
Ma Grandi para il colpo dichiarando che la persona del Duce è
fuori discussione (“Il duce non
c’entra”).
Tra accuse, sfoghi personali, repliche acide e
ripensamenti, arrivano circa le 3 del mattino, quando Mussolini dichiara aperta la
votazione sugli ordini del giorno
presentati, quello di Grandi, appunto,
e quello di Scorza, di appoggio incondizionato al duce. Il
documento Grandi viene approvato con 19 voti favorevoli e 8
contrari più I astenuto. “L’ordine
del giorno Grandi è approvato”
dice Mussolini, e continua: “Signori,
con questo ordine del giorno avete aperto la crisi del regime”.
Il giorno dopo, 25 luglio, Mussolini è convocato per le 17 dal
re, che ha già deciso per conto
suo di liquidarlo una volta per
tutte. Il voto “di sfiducia” del
Gran Consiglio gli ha comunque
notevolmente facilitato il compito:
e a Mussolini che gli fa notare come il voto, secondo la
legge, abbia puro valore consultivo,
Vittorio Emanuele III replica secco: “No, caro duce, il voto
del Gran Consiglio è tremendo
nella sostanza, non vi create illusioni”.
Mussolini sembra rassegnato.Si chiede: “Che ne sarà
di me’? E della mia famiglia?”.
Il re lo rassicura e alle 17,20 lo
riaccompagna alla porta. Dopo
mezz’ora il maresciallo d’italia
Pietro Badoglio riceve dal sovrano l’incarico di formare il nuovo
governo: una delle sue prime disposizioni è
di proibire ogni indiscrezione sulla notte del Gran
Consiglio. HOME |