Fiumicino…
il territorio… Grassi e...
La superficie su cui si estende il 44° Circolo didattico è costituita da un’area molto vasta affacciata sul mar Tirreno che comprende Fiumicino, e l’Isola Sacra. Questo territorio, le cui origini si perdono negli anni dell’Impero Romano, ha visto avvicendarsi sulle foce del Tevere, uomini e culture diverse, sviluppando nei suoi abitanti sentimenti di accoglienza civile e tollerante nei confronti di chiunque vi si stabilisca.
Gran
parte della popolazione che si è insediata infatti a Fiumicino e... dintorni
proviene da tutte le regioni d’Italia, in particolare dal Centro – Sud. Agli
italiani si sono aggiunti di recente molti lavoratori extracomunitari che hanno contribuito a dare a Fiumicino la
connotazione di città multiculturale e plurietnica.
Nell’immaginario dei romani Fiumicino è legato al viaggio: via mare o via … cielo.
Se infatti fino alla prima
metà del secolo ormai passato Fiumicino aveva
conservato il suo carattere di “borgo marinaro” dagli anni 60, con l’inaugurazione dell’Aeroporto Leonardo
da Vinci ha assunto le caratteristiche di una città che non ha perso però la
dimensione di un luogo dove hanno ancora senso i rapporti umani, dove negli
innumerevoli locali, ristoranti, pub, è
possibile passare ore serene insieme agli amici, dove nelle calde giornate
estive è possibile prendere la “tintarella naturale”.
Abbiamo chiesto ai nostri alunni che frequentano la terza classe perché alla
nostra scuola era stato dato il nome di G.B. Grassi.
- Era un cantante!
- No era un calciatore!
- Quello che ha costruito la scuola!
- Boh!!!!
Allora abbiamo deciso di raccontare ai nostri alunni
una storia, la bellissima storia di un
dottore che trasformò una palude
infestata dalla malaria in una ridente
cittadina di mare che per riconoscenza volle dare il suo nome alla scuola
elementare.
La
storia è talmente piaciuta ai nostri alunni che abbiamo pensato di scriverla e
di raccontarla anche a voi.
C’era una volta….. “un Re” direte voi. Si il re c’era ma viveva lontano da quel piccolo
paese in cui si svolge questa storia.
Era un paese così piccolo che bastavano dieci minuti
per visitarlo tutto: qualche casa, la chiesa e una grande torre di guardia che
sovrastava tutto
C‘era il mare oltre la torre, ed un fiume scorreva proprio davanti alle case. La poca gente che viveva in quel posto si dedicava ai lavori del porto o alla pesca. Tutto intorno la campagna era desolatamente abbandonata, non si poteva coltivare od utilizzare per il pascolo perché il terreno era acquitrinoso, una palude.
Passavano gli anni e quel paese non progrediva, la
popolazione non aumentava, le case non si costruivano: anzi la gente appena
iniziava l’estate se ne andava e tornava in autunno inoltrato.
Perché? chiederete voi?
Se volete una risposta andate pure avanti….
Ebbene dovete sapere che in quel luogo, come in molti
altri era impossibile vivere a causa
della malaria. Era questa una malattia molto grave che colpiva tutti,
grandi e piccoli.
Aveva quel nome
perché si pensava fosse causata dall’aria cattiva “la mala
aria” che si respirava vicino alle paludi e agli
stagni, e poiché nel periodo estivo era più facile ammalarsi si preferiva
andare a vivere altrove.
Perfino i comandanti delle imbarcazioni si rifiutavano
di trasportare le merci in quel porto.
Era un problema serio, la gente continuava ad
ammalarsi e la malattia portava febbri molto forti: e spesso per chi si
ammalava non c’era niente da fare.
Il
piccolo cimitero del paese si andava riempiendo del terribile morbo.
I dottori
nelle città cercavano affannosamente un rimedio. Finalmente fu scoperto il chinino che riusciva a far
passare la febbre della malaria.
Il chinino era una medicina molto amara, per questo
veniva data, specialmente ai bambini con una zolletta di zucchero o con la
cioccolata.
Era un rimedio talvolta insufficiente, bisognava
scoprire la causa della malattia per vincerla definitivamente.
Uno di questi dottore venne a fare i suoi studi
proprio nel piccolo paese… “questo è uno dei centri di infezione malarica
più terribili” disse.
Il dottore era nato nel 1854 a Rovellasca in provincia
di Como e si interessava di biologia e di zoologia. Si era laureato a Pavia e
ora insegnava all’Università di Roma.
Era nella capitale da poco tempo ma già da qualche
anno si dedicava allo studio della
malaria.
Un suo collega francese aveva scoperto nel 1879 il
parassita causa di questa forma di infezione, bisognava al più presto capire
come si trasmetteva all’uomo.
Aveva
pochi mezzi, il nostro dottore, la scienza non aveva fatto molti progressi.:
disporre di un semplice microscopio era già tanto.
Con queste poche possibilità giunse a capire che la
malattia aveva a che fare con le zanzare. Prese allora a cercare questi
insetti.
Spesso si faceva aiutare dai bambini, dava loro una
scatolina: “riempitela di zanzare” diceva, ed i ragazzi correvano
nelle campagne a cercarle e in cambio ricevevano a volte qualche spicciolo.
Era ormai conosciuto
in tutto il paese, la gente lo salutava con affetto e lui rispondeva
sorridendo. Chi poteva lo aiutava specie negli spostamenti da un posto
all’altro della vasta campagna. Un principe che abitava in una grande villa
fuori del paese, ogni tanto gli offriva da mangiare ma non si degnava di
mangiare con lui, anzi lo ospitava in cucina con la servitù.
Il dottore era di animo buono e non ci badava,
continuava il suo lavoro fino a sera, poi raggiungeva la piccola stazione del
paese “Quante zanzare ha catturato oggi dottore?” gli domandava il capostazione.
“Tante ma non quella giusta - rispondeva - che ci vuol fare? Riproveremo
domani. Dammi un biglietto di andata e ritorno.” E così dicendo faceva scivolare sul bancone
una lira e cinquantacinque centesimi.
Passò
del tempo e finalmente un giorno nel 1898 il dottore poté annunciare di aver trovato la specie giusta: quella che trasmetteva la malaria era una
zanzara di tipo “anofele” e solo quella.
Incredibile! La gente moriva per una semplice puntura di zanzara!
La voce si sparse rapidamente, forse più velocemente
tra la gente del paese che fra i dotti scienziati. E mentre questi ultimi
ancora discutevano tra di loro, covando
in cuore una certa invidia per il dottore di paese, questi si dava da
fare per porre immediatamente fine all’epidemia.
Regola numero uno:
La gente adesso che sapeva cominciò a difendersi dal
terribile insetto mettendo alle
finestre delle case una rete sottile che impediva alle zanzare di entrare.
Le paludi, dove le zanzare si riproducevano furono prosciugate e lungo i corsi d’acqua
si spargeva il petrolio per avvelenare le larve dell’anofele.
Tutti sapevano cosa fare e nella gente tornò la
fiducia.
Il successo non interessava il nostro dottore, egli
osservava i bambini che ora giocavano sereni anche d’estate: questa era la
migliore ricompensa.
Il paese piano piano rifioriva, tutti gli erano
grati e perfino il principe si degnò
finalmente di ospitarlo alla sua tavola.
Il dottore diventò senatore e passò gli ultimi anni
della sua vita a scrivere e a studiare. Anche se lontano il suo cuore era
rimasto nel piccolo paese dove tutti lo ricordavano con affetto.
Prima di morire chiese di essere sepolto nella terra
dove aveva svolto la sua missione di scienza e quindi nel piccolo cimitero del paese dove :
Avrete senz’altro capito che il nome del piccolo paese
è proprio Fiumicino e il nome del dottore, come puoi leggere nella lapide del cimitero di Santo Ippolito di Porto è
proprio il nome della nostra scuola:
Giovan Battista Grassi