Moni Ovadia in un suo spettacolo “Oylem Goylem” , dedicato al popolo ebraico, parla dell'esilio adoperando delle espressioni delicate e forti insieme. Penso che le sue parole possano essere adattate anche all'universo della migrazione. Ricordando a memoria, Moni Ovadia, dice pressappoco così: Noi siamo
soliti considerare l'esilio come qualcosa di duro, di spietato,
di crudele. Ed è così. L'esiliato è
costretto ad abbandonare la sua terra, i suoi cari, i suoi amici.
E qui non si conclude il dolore dell'esilio. L'esiliato lascia
alle proprie spalle gli sguardi che hanno fatto la ricchezza dei
suoi occhi; i suoni che sono stati l'opulenza delle sue orecchie;
i profumi che hanno inebriato le sue narici; i sapori che hanno
coccolato il suo palato. |