Identità, differenza e nuova cittadinanza



Qualcuno ha detto che la democrazia comincia a due. La cosa vale anche per l'identità. Essa, infatti, nasce, si rafforza, si modifica, si integra, solo se vi è l'incontro con l'altro. L'incontro senza pre-giudizi, fa nascere il dialogo e il confronto facendo emergere tra i due protagonisti le identità (che accomunano) e le differenze (che ci distinguono).  Le combinazioni tra identità e differenze sono infinite ed esse fanno sì che ciascuno di noi sia unico e che in questa unicità sia simile a tutti gli altri. Dobbiamo lottare perché tutti abbiano uguaglianza nei diritti e nei doveri, ma lottare anche per salvaguardare le differenze che ci distinguono e che arricchiscono e rendono piacevole e stimolante l'umanità. La globalizzazione culturale tende sempre di più ad un pensiero unico, ad appiattire le menti per portare a quell'uomo ad una dimensione che Sartre paventava qualche decennio fa.

L'identità non è data una volta per tutte, ma si modifica e si arricchisce continuamente. E' come il vestito di Arlecchino che è fatto di tanti colori, di nuove pezze che sostituiscono strappi e lacerazioni, di nuovi rammendi e cuciture che si sostituiscono al vecchio "io" per farci rinnovare. La storia insegna che le persone e i popoli che si chiudono a difesa della loro identità sono destinati a sparire. 
Anche il nostro Veneto è il frutto di miscugli, interazioni, scorrerie, scambi che nel corso della storia lo hanno modificato profondamente: basta analizzare linguisticamente i dialetti o leggere le architetture di Venezia per rendersene conto. La "razza Piave" , se esiste, è il risultato di infinite contaminazioni e la "cultura veneta" di innumerevoli, ricche e varie mescolanze. Venezia ha un grande passato proprio per la sua capacità di attrarre "l'altro", di riconoscerne il valore e di farne proprie le conoscenze.

Franco Pittau, Coordinatore dell'équipe che cura il dossier statistico annuale della Caritas scrive: "L'immigrazione fa parte del nostro presente e del nostro futuro e un atteggiamento di pregiudiziale ostilità nei suoi confronti sarebbe come chiudersi alla storia. Sappiamo che in questo grande fenomeno sociale vi sono anche scorie e aspetti problematici: facciamocene tutti carico, senza limitarci però a queste parzialità, e abituiamoci, italiani e immigrati, a vivere in città multiculturali e multireligiose nelle quali la diversità, così come lo è stato per il mondo produttivo, può diventare un'opportunità anche per la crescita sociale"

E a scuola?
Non sappiamo il futuro che attenderà gli studenti, abbiamo solo una vaga idea del mondo che si troveranno di fronte. Di una cosa siamo però convinti, che dovranno vivere molti cambiamenti (sociali ed economici) e che dovranno imparare a convivere con situazioni variegate, che mutano con celerità. La scuola diventa oggi quanto mai palestra di competenze sociali, oltre che di acquisizione di conoscenze tecniche e disciplinari. Chi non recepisce i cambiamenti culturali, avrà un futuro difficile. Saranno favoriti nella vita, al contrario, coloro che avranno attivato l'abitudine all'analisi, al confronto, all'incontro. In questo contesto il processo educativo richiede che l'educazione interculturale, come educazione alla e nella differenza, divenga l'orizzonte di tutto il percorso formativo  e la scuola il luogo in cui si sperimenta la convivenza democratica e la cittadinanza attiva.

Coniugare insieme locale e globale, identità e differenza, l'io e l'altro è compito del cittadino planetario.